Personaggi: Bill, Tom, David, Saki, OMC
Genere: Drammatico, Romantico, Hurt/Comfort
Avvisi: Lemon, slash, WIP
Rating: NC-17
Capitoli: 15 (on hiatus)
Note: Moscow Intimacy è la mia re-interpretazione di un'altra fanfiction che s'intitola "Ti amo" ed è opera di Alba. Potete trovare l'originale qui. Alba è perfettamente a conoscenza della mia versione, quindi non datevi disturbo ad urlare al plagio.

Riassunto: Sapendo di non poter continuare a vivere accanto al fratello dopo avergli dichiarato il suo amore, Bill se ne va facendo perdere le sue tracce. Tom va a cercarlo, per chiarire la situazione.
09. Here it's the house

Lets stay home
It's cold outside
And I have so much
To confide to you
(Here it's the house - Depeche Mode)


Il viaggio stava andando relativamente bene.
Tom ricordava di aver pensato questo prima di cadere addormentato.
Lui e Andreas sedevano rispettivamente al finestrino e al corridoio, con Bill nel mezzo come un bambino.
Una volta saliti a bordo dell'aereo, Bill si era un po' lagnato di non avere il posto accanto al finestrino. Lo aveva chiesto a suo fratello, ma Tom si era rifiutato di concederglielo: non amava gli aerei, voleva per lo meno avere la possibilità di guardare fuori.
Un po' imbronciato, Bill era stato in silenzio a lungo, per la gioia degli altri due, poi però si era dimenticato perchè fosse arrabbiato e aveva preso a parlare ininterrottamente.
Dopo un'ora di idiozie sparate una dietro l'altra, il fratello e l'amico si era infilati le cuffie degli i-pod facendogli sapere, neanche troppo sottilmente, che ne avevano abbastanza di lui e delle sue ciance. Bill si era imbronciato ancora, si era dimenticato il motivo subito dopo, quindi si era messo a leggere.
A quel punto Tom era caduto in una sorta di dormiveglia, cullato dal calore dell'abitacolo e dalla musica. Aveva sentito vagamente il fratello muoversi sul suo sedile e tentare di infastidire Andreas, ma poi tutto si era fatto buio ed invitante. L'idea era quella di dormire tutto il viaggio, di riprendere le forze perse durante la notte e possibilmente evitare di rendersi conto che si trovava su un trabiccolo di ferro a migliaia di metri d'altezza, ma ovviamente niente di tutto questo gli fu permesso.

Bill amava andare in aereo.
Gli aerei erano comodi, veloci e ben attrezzati. Il tourbus non gli era mai piaciuto altrettanto: forse perchè in quel caso i viaggi erano molto più sfiancanti e la convivenza forzata in pochi metri lo rendeva molto nervoso. A lui piaceva avere il suo spazio, ampio magari, e con tutte le sue cose disposte come voleva lui: una cuccetta striminzita - nella quale spesso entrava a fatica - con i suoi diecimila bagagli tutti stipati in fondo e nemmeno disfatti non erano esattamente la sua idea di comodità. E poi di solito gli altri tre avevano abitudini agghiaccianti. Tom era un mostro: tanto bellino e tanto caro, ma assolutamente insopportabile per qualsiasi essere umano che avesse un minimo di senso dell'ordine. Bill trovava sempre i suoi calzini ovunque e quelle magliette appese dappertutto. Quello che aveva in mano in testa al bus finiva sempre in fondo e viceversa. E poi c'era sempre qualcuna delle sue fasce che penzolava da qualche parte come un cappio. Georg si preoccupava solo dei suoi capelli e del suo basso. Una volta messe in salvo entrambe le cose, lui era a posto. Era più ordinato di Tom, certo, ma mangiava come un animale. Cucinava, e lasciava tutto quanto nel mezzo. Non chiudeva i barattoli e rimetteva nel frigo il cartone del latte vuoto. In quanto a Gustav, Bill poteva iniziare al mattino e arrivare alla sera senza aver ancora finito di elencare tutto quello che non gli andava a genio del batterista. A cominciare dalla tavoletta del cesso lasciata alzata.
Ognuno degli altri tre avrebbe avuto bibbie intere da raccontare sui difetti di Bill, ovviamente, ma questo era un dettaglio trascurabile nella testa del cantante... il quale era seriamente convinto di essere perfetto. Senza scherzi!
Per questi e altri motivi, dunque, aveva sempre preferito spostarsi in aereo: un bel sedile comodo di prima classe, un po' di cibo, il tempo di leggere o di dormire. Tutto così rilassante (a meno che suo fratello non si mettesse ad agitare le braccia facendogli i versi dietro le spalle, certo...).
Dopo aver infastidito in tutte le maniere possibili i suoi due compagni di viaggio, Bill aveva deciso di mettersi a leggere: la storia era una di quelle strappalacrime che suo fratello etichettava come storie zuccherate e ricoperte di melassa, ma era rilassante. E poi parlava di gente normale. Con una vita normale, dove la cosa più stressante per la protagonista era avere una verifica di inglese il giorno dopo. Nessuno dei personaggi del libro aveva mai lavorato 16 ore al giorno senza un attimo di respiro, rilasciato interviste a Roma e Berlino lo stesso giorno, oppure era stato costretto a girare mascherato come un talebano per non essere assalito da ragazze in lacrime.
Stava quasi riuscendo a rilassarsi completamente e a dimenticare cosa sarebbe successo una volta messo piede a Berlino, quando iniziò a sentirsi male.
La testa gli girava così forte che non riusciva a tenere gli occhi aperti. Aveva riposto il libro nello zaino e si era appoggiato al sedile cercando un po' di sollievo. Il rumore ovattato del motore era diventato assordante, come se il suo udito si fosse acuito. Era capitato talvolta che durante una serata i suoi sensi si fossero sviluppati a tal punto che la musica gli era risultata fastidiosa. Dipendeva da quanto aveva sniffato o da quanto era stanco. Adesso la sensazione era più o meno la stessa. Si premette forte le mani sulle orecchie e mugugnò qualcosa d'incomprensibile.
Accanto a lui, Tom dormiva tanto placidamente da fare quasi tenerezza: la testa di lato e un leggero broncino, l'i-pod stretto nella mano inerme.
Bill non voleva dargli fastidio, ma quel mal di testa era insopportabile. E poi la nausea che gli era salita alla gola lo stava uccidendo. Si alzò frettolosamente. Andreas si rese conto che voleva passare quando ormai Bill gli aveva pestato entrambi i piedi. "Bill!"
"Scusami! Devo andare in bagno!"
Il cantante attraversò il corridoio a grandi passi e s'infilò nel bagno praticamente di testa, vomitando anche l'anima nel water prima ancora di aver richiuso la porta. Quando ebbe finito rimase a guardare il vuoto con occhi spenti per qualche istante. La stanza continuava a girargli intorno come una giostra e lui faceva fatica a stare in piedi.
Si appoggiò alla parete e allungò un braccio per chiudere la porta con aria stanca. "Cazzo..." pensava che Fabian stesse solo cercando di spaventarlo ma a quanto pareva aveva detto il vero. Come avrebbe fatto da lì a due giorni, quando i sintomi da astinenza sarebbero stati ben più gravi di un attacco di vomito e qualche giramento di testa?
Affrontare tutti i loro impegni in quelle condizioni era impensabile. E poi c'era la questione David: non avrebbe potuto tenergli la cosa nascosta troppo a lungo. Se davvero fosse diventata una dipendenza già così grave, allora....
Un altro conato di vomito lo costrinse a piegarsi sulla tazza. Tossì, sputando: non aveva più niente da vomitare ormai.
"Bill? Tutto bene?" la voce di suo fratello. Dopo che Bill aveva preso a pedate Andreas e quest'ultimo aveva urlato in aramico, gli era stato un po' impossibile continuare a dormire.
E quando si era reso conto che Bill era in bagno già da un quarto d'ora, aveva iniziato a preoccuparsi.
Il cantante si pulì la bocca e aprì la porta per uscire. Suo fratello era talmente vicino che ci andò a sbattere contro. Bill sorrise leggermente. "Hey, eri proprio dietro la porta!"
"Tutto ok?"
"Sì tutto ok... " Bill fece qualche passo avanti ma la stanza continuava a girare. Sbattè contro la parete del corridoio e Tom fu pronto a riprenderlo al volo.
"Bill!" esclamò, sorpreso. Lo aiutò ad appoggiarsi senza mai lasciarlo. "Cosa ti prende?"
"E' solo un giramento di testa. Tranquillo".
Tom però non era affatto tranquillo. Il viso di Bill aveva raggiunto un pallore cadaverico e i suoi movimenti si erano fatti più lenti e più inesatti. Non si reggeva nemmeno in piedi! "Vieni a sederti. Tu non stai bene..."
Una volta a posto, Tom si fece portare una coperta e ci avvolse Bill quasi come un neonato. La temperatura di suo fratello aveva iniziato a salire di nuovo e il respiro si era fatto pesantissimo. Tom pensò alle parole di Fabian, a quel Non ti preoccupare, è solo l'effetto della cocaina, gli passerà.
A questo, in effetti non aveva pensato. Non solo dovevano inventarsi una bella storia per giustificare l'assenza prolungata di Bill, ma c'era da affrontare anche il fatto che suo fratello si drogasse e ora non avesse più nessuno spacciatore a cui riscaldare il letto.
Tom non aveva mai avuto veramente voglia di uccidere qualcuno. Eppure negli ultimi due giorni quell'istinto si era già ripresentato alla sua mente due volte.
Era un dato su cui riflettere.
"Forse sarebbe meglio che tu prendessi un'aspirina" azzardò Andreas dal basso della sua ignoranza in materia, guardando il gomitolo di coperte che era Bill. "L'hostess dovrebbe averla"
Il biondo si fece portare la pasticca e la passò a Bill insieme al bicchiere . Lui prese la medicina ubbidiente, quindi alzò il bracciolo che divideva il suo posto da quello di Tom e si ranicchiò sulle sue ginocchia, continuando a tremare.
Tom gli accarezzò piano la testa, dolcemente. "Andrà tutto bene" mormorò, quando Bill gli rivolse uno sguardo più che eloquente. Non avevano mai avuto bisogno di parlarsi davvero.
"E se...?"
"Ci sono io" lo interruppe Tom. "Tutto tornerà a posto"
Eppure entrambi sapevano che era una bugia.

Ad aspettarli all'areoporto c'era Saki, nella sua bella divisa nera d'ordinanza: pantaloni e giacca, elegante ma sportivo. L'uomo se ne stava immobile nel gruppo di persone in trepidante attesa oltre la vetrata. Tom si accorse di lui quasi subito, abituato com'era a scorgere la sua presenza ovunque... per poi evitarla, naturalmente. Ogni volta che partecipavano ad un party, infatti, doveva scansare la guardia del corpo per poter fare quello che voleva. La sua era diventata un'arte.
Andreas seguì il suo sguardo e notò l'uomo mentre recuperava i suoi bagagli sul tapis roulant. "C'è Saki" commentò, con nonchalance. Aiutò Bill a tirare via una delle sue enormi valigie che lo stava trascinando con sè nella sua folle corsa.
Tom recuperò l'altra borsa del fratello, mentre lui - avvolto nell'enorme maglia che Tom gli aveva prestato - tremava leggeremente. "L'ho visto" rispose. "Ora comincia il difficile"
Bill estrasse la maniglia del trolley per tirarselo dietro, si girò per fare altrettanto con l'altra ma Andreas lo anticipò gentilmente. "Lascia Bill, faccio io"
"Grazie"
Tom stava ancora guardando Saki che, ovviamente, li aveva già visti da un pezzo. Alzò un braccio per segnalare la propria posizione e Saki rispose allo stesso modo. Il rasta sospirò, preparandosi. "Andiamo" esclamò agli altri due, quindi prese per mano suo fratello e gli sorrise, cercando di apparire rilassato.
Quando Bill fu abbastanza vicino perchè Saki potesse constatare che era ancora tutto intero, la guardia del corpo si sciolse perdendo tutta la sua durezza. Abbracciò Bill stretto, come fosse stato figlio suo, e non disse una parola per almeno cinque minuti strizzandolo come un peluche.
"Ehm... Saki, credo che tu lo stia soffocando" commentò Tom, notando che un certo qual colorito bluastro si era impadronito della pelle di Bill.
La guardia del corpo allora lo lasciò andare. "Bentornato Bill" esclamò, guardandolo negli occhi emozionato. "Come stai? Stai bene?...." lo abbracciò di nuovo, incapace di trattenersi neanche qualche istante. "Sia ringraziato il cielo. Sei tutto intero!"
"Non per molto se continui così!"
"Ci hai fatti preoccupare, lo sai?" lo rimproverò Saki, anche se scherzosamente. "Tua madre era disperata. E David.... beh, lasciamo perdere"
Bill si immaginò cosa lo aspettasse una volta arrivato in presenza del loro manager. A ben pensarci aveva più paura della sua reazione che non quella della madre. In fondo Simone avrebbe lasciato passare tutto in secondo piano rispetto al suo ritorno, ma David no. Non aveva nessun affetto paterno che potesse cancellare l'enorme cazzata che aveva fatto. Sarebbe stato incazzatissimo, lui. Deglutì e sentì la stretta di suo fratello farsi più forte.
"Adesso andiamo. Sono tutte qui le vostre valigie?" chiese Saki, contando mentalmente i quattro borsoni. "Chiamo uno dei ragazzi fuori e prendiamo il carrello"
L'uomo pronunciò qualcosa nel suo auricolare e i ragazzi videro accorrere immediatamente altre due guardie del corpo. Ce n'era sparse per tutto l'areoporto a voler guardare bene.
"Abbiamo le macchine della produzione, arriveremo in mezz'ora" annunciò Saki, mentre li scortava fuori dall'areoporto, cercando di attirare meno attenzione possibile. Sia Tom che Bill si erano cammuffati per abitudine - sotto il cappuccio di una maglia il primo, dietro due giganteschi occhiali di Prada il secondo - ma era difficile non notare lo stuolo di uomini in nero che apriva e chiudeva loro la strada.
"Dove stiamo andando?" chiese Tom. Non aveva mai lasciato la mano di Bill e suo fratello si guardava bene dall'allontanarsi. I brividi erano passati così com'erano venuti, anche la temperatura era scesa, ma si sentiva ancora pesantamente intorpidito come quando l'influenza era ancora in incubazione.
"A casa" rispose Saki. Aprì per loro le portiere, attendendo pazientemente che Tom e Bill entrassero dentro l'enorme auto nera della produzione. Andreas stava salendo dalla parte opposta con l'aiuto di un altro degli uomini di Saki.
Tom attese che Saki facesse il giro e si sedesse al posto del passeggero. "E' proprio necessario?" chiese stupidamente.
"Credo di sì, Tom" Saki sorrise, divertito. "La produzione è in fermento per il vostro ritorno. David vuole vedere Bill, immagino per assicurarsi che sia davvero lui. E poi c'è vostra madre. Non volete rivederla tutti e due?"
Tom espirò, quindi si lasciò andare sul sedile posteriore. "Sì" balbettò vagamente, anche se il pensiero di vedere sua madre non gli aveva neanche sfiorato l'anticamera del cervello.
Non si chiese perchè Saki avesse immediatamente avvertito tutti del loro ritorno. D'altronde David doveva essere davvero sull'urlo di una crisi depressiva e Saki doveva aver pensato che se stavano tornando tutto dovesse essersi risolto. Si era sentito giustificato a parlare, a liberarsi di quell'enorme segreto. Non poteva certo biasimarlo se aveva diffuso la notizia, lo aveva fatto perchè sembrava la cosa giusta da fare. Ma Saki non sapeva assolutamente niente di quello che era successo.
Nella casa che avevano preso a Berlino ci sarebbe stata troppa gente. Tutti quanti si sarebbero aspettati delle spiegazioni da Bill, lo avrebbero subissato di domande. Si voltò verso Bill che era seduto nel mezzo del sedile, tra lui e Andreas, e si era accoccolato contro il suo fianco avvolto in quella felpa enorme. Teneva le mani dentro le maniche e guardava la strada oltre il finestrino con occhi lontani. Non aveva detto una sola parola da quando erano scesi dall'aereo e sembrava ancora più piccolo e sparuto di quando se n'era andato. Tom sapeva che anche lui si era reso conto di cosa lo aspettava, e non gli piaceva affatto il modo in cui stava reagendo. Il vecchio Bill si sarebbe infuriato isterico, questo nuovo Bill si stava rassegnando. Sembrava che, non avendo modo di difendersi dal dolore, dagli interrogatori, dalle conseguenze, avesse deciso di sopportare. Solo che non poteva, non con le crisi che sarebbero arrivate. Tom lo sapeva. E Voleva un po' di pace per suo fratello. Non voleva che sbattessero Bill indietro nella sua vecchia vita appena messo piede giù dall'aereo, facendogli recuperare tutto il tempo perso. "Saki..." iniziò di nuovo.
L'uomo si voltò, invitandolo a continuare con lo sguardo.
"Forse sarebbe meglio un posto un po' più tranquillo" Tom indicò Bill con un cenno della testa e Saki seguì il suo sguardo comprendendo. Bill sembrava davvero scollegato dalla realtà, non si era nemmeno accorto che lo stavano guardando. E Bill si accorgeva sempre se era al centro dell'attenzione.
Saki sembrò pensarci un istante. "Tom, vi stanno aspettando" mormorò incerto. Capiva che Tom poteva avere ragione, ma non sapeva cosa farci.
Fu Andreas a venire in loro aiuto. "C'è la vostra vecchia casa a Magdeburg" esclamò, attirando su di sè l'attenzione del biondo e della guardia del corpo. "Sono soltanto un centinaio di chilometri. Sarà al massimo un'ora di autostrada"
"E' una grande idea" esclamò Tom, improvvisamente esaltato.
"Tom, la produzione..."
"Soltanto un paio di giorni" insistette il ragazzino. A quel punto Bill si era riscosso dalla sua apatia e ascoltava, gli occhi nocciola sui propri piedi. "Due giorni e poi torneremo, più in forma di prima. Saki, ti prego..."
La guardia del corpo guardò Tom dritto in faccia, come aveva fatto all'ospedale quando Tom aveva insistito per recuperare suo fratello da solo, e vi trovò la stessa determinazione. Bill sembrava tanto fragile da potersi spezzare da un momento all'altro e non era affatto sicuro che David avesse voglia di stargli troppo dietro. Lo aveva sentito parlare nelle ultime ore e sembrava che tutto ciò che gli interessasse fosse il numero di interviste che sarebbe riuscito a recuperare in pochi giorni. David non era cattivo, era solo un uomo a cui i suoi superiori stavano facendo un sacco di pressioni; lui, per conseguenza, le avrebbe fatte ai ragazzi. "David mi ucciderà..." borbottò, scuotendo la testa mentre apriva il cellulare.
Tom sorrise.

La loro vecchia casa a Magdeburg non era poi così vecchia. Sua madre l'aveva mantenuta con il divorzio, insieme all'auto, agli alimenti e ai due gemelli naturalmente. Non era enorme, ma sarebbe stata più che spaziosa per i ragazzi da soli: c'erano tre camere da letto, un cucinotto e la sala che sua madre utilizzava come studio.
Andreas aiutò Tom a scaricare la valigia dall'auto, mentre Saki aiutava Bill a portare le sue in casa. "Allora... è tutto a posto" azzardò il biondino.
Tom esitò qualche istante. "No, non lo è affatto" ammise alla fine, guardandosi per bene le scarpe come se fossero state interessantissime. Chiuse il bagagliaio perchè la guardia all'interno non potesse ascoltare la loro conversazione sul retro dell'auto.
"Immagino di no, ma forse questi due giorni da soli vi faranno be--"
"Si è drogato" buttò lì alla fine Tom, puntando gli occhi nocciola dritti in quelli di Andreas. L'amico sembrò non afferrare subito il soggetto di quell'affermazione, quindi il rasta aggiunse: "Bill. Si è fatto di coca"
Andreas ci mise un po' a riprendersi. Di solito era uno che non si convolgeva mai - in fondo non aveva fatto una piega di fronte alla notizia che i due gemelli erano andati a letto insieme - solo che questa volta la novità era arrivata un po' troppo improvvisa. "Ne sei sicuro?" riuscì a balbettare alla fine. Banale, forse, ma fu il massimo che gli uscì dalle labbra.
Tom annuì. "Gliela passava quel tipo e adesso non c'è più nessuno"
"Da quanto?"
"Non lo so, da quando si sono incontrati penso" Tom si lanciò uno sguardo attorno, cercando di sembrare indifferente. Individuò Saki che usciva dalla casa e Bill subito dietro di lui che sorrideva debolmente. Sembrava che Saki gli avesse detto qualcosa di divertente.
"In aereo... quello non era un principio d'influenza, vero?" chiese Andreas, riconducendo quell'improvviso malessere a cause ben più gravi.
Tom scosse la testa.
"Fantastico" esclamò Andreas, vagamente sfinito. "Cos'altro mi tieni nascosto, Tom? Avete procreato per caso?"
Tom sgranò gli occhi, colto di sorpresa. "Certo che no! Andreas non è possibile!"
"...."
Il chitarrista lo guardò colto da un dubbio improvviso. "Perchè non è possibile, vero?" chiese, tanto per stare tranquillo.
Andreas riuscì a rivolgergli un'occhiata impietosita, devastata e incredula insieme. "A volte mi chiedo chi ti ha dato la licenza di ESISTERE al mondo, Tom!" sospirò, paterno. "Non mi abbasserò nemmeno a rispondere"
"Ma.."
"Informati da solo sull'argomento, da bravo" continuò Andreas, mentre la tensione si alleggeriva come del resto era giusto che succedesse. Tom glielo aveva detto proprio per quel motivo. "Usa il tuo laptop per qualcosa di diverso dai film porno!"
Il biondo si caricò in spalla il borsone di Tom, mentre il chitarrista gli caracollava dietro, ancora pieno di dubbi. Quando arrivarono sulla porta Andreas si voltò di nuovo serio. "Io non posso restare qui, ho delle cose da fare e mia madre mi uccide se non torno a casa per il compleanno di nonna" esclamò "ma sono a mezz'ora d'aereo. Stai qui con lui, vedi come va e se hai bisogno di aiuto mi chiami, d'accordo?"
Tom annuì. "Grazie per essere venuto"
"Oh, è stato un piacere. Con voi due c'è sempre da divertirsi"
"Già" sorrise amaro Tom.
Un quarto d'ora più tardi lui e Bill erano fermi sulla porta, a guardare le auto della produzione che si allontanavano, lasciando loro ancora qualche giorno di libertà.

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