Personaggi: Bill, Tom, David, Saki, OMC
Genere: Drammatico, Romantico, Hurt/Comfort
Avvisi: Lemon, slash, WIP
Rating: NC-17
Capitoli: 15 (on hiatus)
Note: Moscow Intimacy è la mia re-interpretazione di un'altra fanfiction che s'intitola "Ti amo" ed è opera di Alba. Potete trovare l'originale qui. Alba è perfettamente a conoscenza della mia versione, quindi non datevi disturbo ad urlare al plagio.
Riassunto: Sapendo di non poter continuare a vivere accanto al fratello dopo avergli dichiarato il suo amore, Bill se ne va facendo perdere le sue tracce. Tom va a cercarlo, per chiarire la situazione.
Genere: Drammatico, Romantico, Hurt/Comfort
Avvisi: Lemon, slash, WIP
Rating: NC-17
Capitoli: 15 (on hiatus)
Note: Moscow Intimacy è la mia re-interpretazione di un'altra fanfiction che s'intitola "Ti amo" ed è opera di Alba. Potete trovare l'originale qui. Alba è perfettamente a conoscenza della mia versione, quindi non datevi disturbo ad urlare al plagio.
Riassunto: Sapendo di non poter continuare a vivere accanto al fratello dopo avergli dichiarato il suo amore, Bill se ne va facendo perdere le sue tracce. Tom va a cercarlo, per chiarire la situazione.
12. Twin
Your warmth, your warmth
Is surrounding,
Your gaze
Beams a hole into me
Controlling again
Unseparated twins
Controlling again
You've sucked
All the breath out of me
You’ll squeeze
All the life out of me
(Twin - Muse)
Bravo Tom, complimenti. E adesso?
Il chitarrista trovava estremamente ironico e crudele da parte del suo cervello spegnersi a fasi alterne per poi riaccendersi quando meno serviva e scuotere le sinapsi per ricordargli il casino in cui si era infilato.
La reazione di Bill lo aveva fatto infuriare. A ben pensarci le reazioni di suo fratello producevano sempre quell'effetto. Solo che questa volta era stato diverso. Profondamente diverso.
Innanzi tutto era stato ingiustamente - Tom era ancora piuttosto convinto di questo - accusato di essere un fedifrago. Parlare con belle ragazze dalle tette grosse non era come portarsele a letto. Di questo era sicuro. Quindi, per forza di cose, non doveva essersi comportato poi tanto male.
E poi, le paranoie di Bill avevano superato di gran lunga il limite, andandosi a schiantare non solo contro il muro della sua capacità di comprenderle ma anche con la logica universale.
Quale essere umano dotato di un minimo - un minimo! - di raziocinio si sarebbe mai preoccupato del perchè non fosse riuscito a concludere un rapporto sessuale col proprio fratello senza trovare assolutamente anomalo il fatto di averlo anche solo iniziato?
Che poi, per amore di cronaca, l'ego di Tom - in quanto ancora ospitato in un corpo maschile pressochè etero e soprattutto altamente testosteronico - ci teneva a sottolineare che a voler essere pignoli il rapporto lo aveva concluso eccome; che poi non si dicesse in giro che lui non era in grado o cose simili. Era pur sempre il SexGott, per la miseria!
In più, e questo non aveva proprio trovato il modo di ricordarlo a Bill senza sembrare troppo sdolcinato (o troppo grezzo, a seconda delle parole che gli sarebbero uscite di bocca), se non era andato oltre lo aveva fatto per lui. Perchè ci teneva. Perchè era spaventato all'idea di combinare un casino e non poter tornare più indietro.
Erano tutti discorsi bellissimi. Quello che gli sfuggiva, adesso, era come - dopo aver sollevato la questione morale proprio davanti agli occhi lacrimosi di Bill - avesse finito col dimostrargli le sue teorie direttamente nel letto.
Il suo gran cervello doveva essersi spento nel tragitto verso il materasso per poi tornare vagamente presente ora che aveva una mano infilata nelle mutande di suo fratello che mormorava il suo nome con quel misto di candore e devastante sensualità che aveva il potere di sterminargli tutti i neuroni.
Per recuperare un pensiero anche solo vagamente razionale stava dando fondo a tutta la sua capacità di mettere un'idea dietro ad un'altra. Più pensava, meno ci riusciva. E il bello di tutto questo era che non aveva idea del perchè avesse così tanto bisogno di pensare, di mettere in movimento quelle due rotelle arrugginite che aveva nella scatola cranica e che non giravano da quando andava all'asilo, più o meno. Lui che era abituato a sbattere una sul letto, a farsela e festa finita. Tante care cose, arrivederci e grazie. Non è che avesse mai avuto veramente bisogno di un organo pensante in quelle occasioni. La sua necessità si fermava ad organo. Punto.
"Tomi, sei ancora con me?"
Certo che c'era. C'era anche troppo, per la miseria. E forse stava impazzendo.
Il profumo di Bill era ovunque, non solo su Bill. Era come se impregnasse le coperte, e l'aria, la stanza intera. Il mondo, insomma; perchè in quel preciso istante il mondo corrispondeva esattamente a quella stanza. Comprensiva di aria, coperte e fratello. Per Tom non c'era nient'altro che valesse la pena di prendere in considerazione. E quel profumo era di una dolcezza intensa, ma non nauseante. Non avrebbe saputo come spiegarlo, era zuccheroso ma anche forte. Era inebriante, ecco. Forse era quella la parola. E lo percepiva dannatamente forte mentre baciava suo fratello proprio sotto il lobo dell'orecchio, dov'era così morbido e carnoso che era praticamente impossibile non mordicchiarlo.
Lasciò scivolare ancora più a fondo la propria mano oltre l'elastico di Bill, per accarezzarlo con più convinzione. Suo fratello piegò istintivamente le gambe verso il busto ed emise un gemito strozzato, contorcendosi deliziosamente sotto il suo braccio disteso.
Aprì gli occhi per osservarlo, con la testa reclinata all'indietro sul materasso e la gola esposta, bianca lattea com'era abituato a vederla ogni giorno eppure all'improvviso così accattivante.
Le mani di suo fratello trovarono il suo viso e lo attirarono verso di sè, costringendolo a sollevarsi leggermente per stare più comodo. Bill si gettò sulle sue labbra con foga, divorandolo senza ritegno, domandandogli sempre di più man mano che il ritmo della sua mano aumentava. "Spogliami" arrivò piano, all'improvviso, tanto che Tom non fu neanche tanto convinto di aver sentito davvero.
Bill spalancò gli occhi nel buio artificiale della stanza. "Voglio sentire la tua pelle" mormorò di nuovo, guardandolo dritto negli occhi senza un minimo di esitazione. "Toglimi i vestiti"
Ora, a Tom si poteva chiedere di tutto. Davvero, era un ragazzo piuttosto disponibile. Ma non si poteva pretendere che si comportasse razionalmente se lo si guardava con occhi torbidi di libido e gli si ordinava di essere spogliati. No, seriamente, Bill doveva saperlo questo. Doveva saperlo per forza o non gli avrebbe detto quelle parole. Non con quella voce, Dio Santo! Tom si avventò su di lui, praticamente strappandogli la maglietta di dosso con uno strattone. Bill gridò, preso alla sprovvista, ma si guardò bene dal protestare.
Anzi, si sollevò seduto e tirò via la maglia di Tom, mentre lui gli toglieva i pantaloni con straordinaria agilità. Senza dubbio un miglioramento dall'ultima volta.
"Bill--"
"Zitto" lo ghiacciò il cantante, spingendolo giù.
Tom accolse con maschile gratitudine la presa di posizione del fratello che gli si distese addosso. Pelle contro pelle. Calore contro calore. I suoi respiri un tutt'uno con quelli di Tom.
Bill non aveva mai veramente smesso di baciarlo. La sua lingua aveva tracciato percorsi privi di logica sul petto di Tom che aveva definitivamente messo sul comodino quei due neuroni che ancora si ostinavano a darsi testate per simulare un barlume d'intelligenza. Tutto ciò che riusciva a compredere era il corpo nudo di Bill tra le sue braccia e il suo incessante muoversi su di lui, con lentezza. E quel calore tremendo che emanavano in due e che sembrava avvolgerli come una coperta.
A volte Bill tornava indietro e gli leccava le labbra, per baciarlo ancora. E i suoi baci non erano più nè teneri nè casti, erano scariche elettriche che arrivavano dritte dentro al suo stomaco e gli facevano muovere i fianchi anche senza volerlo.
Non facevano che togliersi a vicenda il comando mentre si rotolavano tra le lenzuola. Si bloccavano i polsi sul materasso e si chiudevano la bocca quasi con violenza. Era bello sentire Bill così vivo, così deciso. Così suo quando lo accarezzava eppure così poco propenso a lasciargli totalmente il controllo.
Quando il moro si lasciò scivolare lungo il corpo disteso del fratello, il cuore di Tom ebbe un fremito e lo stomaco gli si contrasse anticipando quello che doveva venire. Ora che poteva concepire il sesso orale e Bill nella stessa frase, con lui come complemento di termine sapeva di poter crepare senza rimpianti. Le mani di Bill scivolarono sulle sue cosce, le unghie lo graffiarono appena.
Morbido e umido. Tom sollevò il collo per guardarlo, perchè non poteva farne a meno, perchè era ipnotico ed era eccitante.
Gli occhi di suo fratello erano serrati ma si aprirono di scatto incrociando i suoi come se avesse sentito. E aveva sentito. Perchè era il suo gemello e non c'era una stramaledetta sensazione che non potesse anticipare. Tom non sapeva dove Bill avesse le mani, non sapeva nemmeno dov'era perchè per quel che valeva: tutta la sua concentrazione era focalizzata in un punto soltanto. E quindi Bill era ovunque, nell'unico luogo possibile. Qualcuno avrebbe potuto entrare e strangolarlo, tanto Tom non se ne sarebbe nemmeno accorto.
Tom gemette, incapace di trattenersi. Ben sapendo che non poteva resistere a lungo, non in quel modo. Lo chiamò con la voce rotta dal desiderio di cose che non avrebbe saputo nemmeno spiegare e Bill sorrise, lasciando pesanti tracce di saliva prima di tornare da lui e baciarlo, lasciandosi stendere docilmente.
Tom ci aveva provato.
Sul serio, ce l'aveva messa davvero tutta, bisognava dargliene atto, ma per qualche strana ragione non stava funzionando. La cosa era evidentemente oltre la sua portata, non c'erano altre spiegazioni.
Forse ci voleva un quoziente intellettivo da ingegneri nucleari o qualcosa di simile. Magari sarebbe stato tutto molto più semplice con un piombino e una squadra. Ringhiò, muovendosi per quella che nella sua testa era l'ennesima volta di troppo. Scopare con suo fratello era un fottuto gioco ad incastro, ecco cosa! Un cazzo di tetris da materasso!
Non importava l'inclinazione nè quanto e come si spostasse, non tornava mai un emerito...
Era sempre troppo in alto o troppo in basso. O troppo, che era anche peggio.
Bill intanto, rassegnato, aveva finito col distendersi comodo, le braccia allungate sopra la testa. Ogni tanto lanciava occhiate verso Tom che aveva preso a spostargli il sedere a destra e a manca con la disinvoltura di chi sta cercando il posto migliore per il vaso di fiori sulla credenza.
"Tom?"
"Aspè, aspè ci sono quasi..."
Bill sollevò un sopracciglio. "Posso assicurarti di no"
Tom non lo stava nemmeno a sentire. Era diventata una questione di principio. Non era possibile che lui - il SEX GOTT! - non fosse in grado di fare una cosa simile. Per la miseria, la dinamica doveva pur essere la stessa no?
"Tom?!" Bill ci riprovò di nuovo, anche perchè suo fratello lo aveva praticamente trascinato fuori dai cuscini. "TOM!"
Il chitarrista sollevò la testa, con gli occhioni ambrati rotondi e impegnatissimi. Sbattè un paio di volte le lunghe ciglia bionde, in attesa di poter tornare a svolgere i suoi compiti, come era sempre stato abituato a fare.
Bill sospirò, roteando gli occhi al cielo. "E' più in giù. Non sono mica una donna!" afferrò uno dei cuscini più piccoli e se lo mise sotto la schiena. "Prova così"
Il viso di Tom s'illuminò quando i pezzi del puzzle andarono tutti a posto, e l'incastro fu deliziosamente perfetto. "Oh... sì" annuì compiaciuto.
Bill socchiuse gli occhi, cercando di ricreare l'atmosfera che era andata un po' a farsi benedire negli ultimi minuti. "Vieni qua" allungò le braccia, attirandolo a sè. E per un lungo, terribilmente tenero istante, si abbracciarono e basta.
Ora che tutte le cose erano andate al loro posto, Tom poteva tornare a concentrarsi su suo fratello senza temere di avere a che fare con una forma di vita aliena. Gli accarezzò il viso gentilmente, sistemandogli i capelli dietro le orecchie vagamente a sventola che gli piaceva prendere in giro anche se erano uguali alle sue ed entrambi avevano finito per ingegnarsi a trovare il modo di tenerle nascoste. "Sei davvero sicuro, Bill?" gli respirò sulle labbra, prima di baciarlo. Lo sentì tremare sotto la punta delle dita, lo stomaco gli si strinse in un nodo: lo voleva disperatamente, ma l'idea di averlo facendogli male era improponibile.
Bill annuì senza parlare, troppo concentrato a mantenere insieme i pezzi di se stesso per dire qualcosa.
Allora Tom lo baciò sulla guancia e sul naso. "Voglio che tu chiuda gli occhi" mormorò, la voce bassa e morbida. Bill fece come gli chiedeva, cullato dalle note gravi di suo fratello che aveva già parlato così attraverso il buio ma non era mai stato tanto ipnotico.
Tom gli baciò il mento e il collo, lasciando una traccia calda e umida di sè. "Voglio che ti rilassi" disse ancora all'orecchio del fratello. "Sarò con te tutto il tempo"
Il chitarrista ricordò quanto fosse stato divertente due anni prima raccontare a Georg le stronzate che si era inventato per una groupie particolarmente nervosa. In realtà era stato un mezzo disastro perchè nemmeno lui ne sapeva granchè, ma aveva dovuto nasconderlo in qualche modo e l'unico che aveva trovato era stato ridere delle frasi mielose con il suo migliore amico. Eppure adesso, con suo fratello disteso sotto di sè che si fidava così ciecamente di lui da fare esattamente quello che gli diceva, non sembravano più solo stronzate: lo leggeva sul viso impaurito di Bill che aveva bisogno di essere rassicurato. Aveva bisogno delle stronzate e di crederci, anche.
Tom si portò un dito alle labbra e poi lo lasciò scivolare tra le gambe del fratello. Bill trasalì, inarcando la schiena. I suoi muscoli eressero un muro. "Calmati" Tom non aveva idea di dove gli provenisse tutta quella sicurezza. Doveva essere una reazione naturale alla confusione assoluta di Bill. Ancora una volta, era l'equilibrio perfetto. Strinse Bill per un fianco, serrando la presa fin quasi a sentire l'osso del bacino. Dopo quell'ostentazione di comando, il moro sembrò calmarsi. Il muro si ritrasse, lasciando le dita di Tom libere di muoversi.
Bill respirava forte, prendendo boccate d'aria quasi affannose. "Tom... "
"Hai tu il controllo Bill" gli assicurò il gemello, piegando il polso delicatamente per sentirlo più a fondo. "Dimmi solo di smettere"
Bill, gli occhi serrati, scosse la testa fin troppo velocemente. Mugolò qualcosa di indefinibile, tra il dolore e il piacere che si stavano facendo strada in lui alla stessa velocità.
Tom in realtà non riusciva a risolversi perchè la visione di suo fratello, così perfettamente nudo e inerme tra le sue mani era devastante ed eccitante... ma non c'era modo di evitargli il trauma. Non poteva prepararlo, nè rendergliela migliore. Gli avrebbe fatto male. E non c'era altro da dire.
Lo prese per i fianchi e Bill si mosse, impercettibile, seguendo i suoi movimenti e cercandolo ad occhi chiusi. Tom lo cullò contro il proprio corpo, cercando di rendere più dolce quella sostituzione. Scivolò in lui così piano che lo sentì cedere e gli lesse sul viso ogni singolo istante di dolore.
Bill emise un gemito strozzato e roco e ritrasse istintivamente le gambe, facendo leva sul materasso. Il suo corpo cercò ostinato di allontanare quello di Tom che faticava anche solo a rimanere presente a sè stesso.
Il suo cervello, sempre così confuso, adesso era un caos di sensazioni devastanti. Aveva già provato piacere, certo, ma quello era... altro. E si sentiva orribile al pensiero che l'unico vero desiderio che albeggiava dentro di lui in quel momento era andare avanti, senza tenere in considerazione nient'altro che la pressione sorda che lo avvolgeva, andare avanti mentre suo fratello sotto di lui piangeva. Oh cazzo, Bill...
"Bill?" lo chiamò con un grugnito indistinto, mentre espirava per ritrovare la realtà da cui era stato strappato via.
Il cantante si copriva gli occhi con l'avambraccio, mordendosi il labbro inferiore per non scoppiare in singhiozzi.
"Bill, parlami..."
"Fa male"
Tom lo sentiva spingere di riflesso, una reazione naturale all'intrusione. La cosa non avrebbe migliorato la situazione, però. Si piegò delicatamente in avanti, cercando di mantenere il movimento il più rigido possibile ma sembrò non bastare.
"Fermo!"
"Bill"
"Sta fermo" singhizzò il moro inarcandosi e stringendo i denti. "Non ti muovere"
Tom obbedì, sentendosi in colpa per quello che stava avvenendo. Suo fratello continuava a tenersi gli occhi coperti e a stringere i denti. Il suo respiro non si era mai calmato da quando aveva preso a boccheggiare qualche istante prima. "Bill..." provò a chiamarlo ancora. Intorno a lui, il corpo del moro era caldo e irresistibile. Si chiese come potesse essere tanto bello se stava devastando Bill così tanto.
"Passerà" rispose il cantante. La voce tremula, tentando di convincere più se stesso che lui. Nonostante le nascondesse, le lacrime scendevano ancora. "Deve passare"
Tom rimase a guardarlo per un istante, indeciso sul da farsi. Se avesse aspettato Bill, probabilmente non sarebbero più andati oltre. Se aspettava in generale ancora un po', forse non ci sarebbe stato più bisogno di disquisire sul quando e sul come. Nonostante le proteste del fratello, si chinò su di lui e lo baciò piano. All'inizio Bill serrò le labbra, quasi permaloso ma Tom insistette fino a farlo cedere. "Rilassati" gli sussurrò ipnotico all'orecchio. Nel muoversi si spinse più a fondo nel fratello, Bill gemette di nuovo ma il suono non giunse mai alle orecchie di Tom che si era di nuovo perso nel suo mondo fantastico. "Dio, Bill...." esalò, senza riuscire a mettere insieme una frase di senso compiuto. Serrò la presa sotto le ginocchia di Bill e anticipò, di un solo istante, quel piccolo breve singulto che sapeva sarebbe uscito dalle labbra di suo fratello.
All'inizio aveva fatto male, più di quanto Bill avrebbe mai creduto possibile. E la sorpresa era stata anche peggiore perchè si era aspettato una sensazione completamente diversa. Lo aveva voluto così tanto: suo fratello, il suo corpo, il respiro di Tom dritto in bocca, eppure aveva fatto così dannatamente male. Era stata una delusione fortissima. E poi c'era, in fondo al suo stomaco, la consapevolezza di doverci riuscire a tutti i costi perchè questo era importante. Significava dimostrare a Tom tutta una serie di cose che lo avrebbero convinto a rimanere con lui. Nella sua testa non contava nient'altro: essere perfetto per Tom.
Poi però qualcosa era cambiato e Bill non sapeva spiegare esattamente come, nè quando. Prima il dolore acuto e lancinante, l'impressione di non poter reggere tutta la sofferenza, di non essere.... beh, di non essere anatomicamente adatto per quella cosa. E poi? E poi insieme al dolore pulsante e sordo e tremendo, anche quella nota piacevole. Il peso caldo di Tom sulla pancia e la sua presenza in modi che non pensava di poter provare. Suo fratello non era solo con lui, era in lui che era una cosa fantastica e pazzesca insieme. Tom non era più un punto preciso, era tanti punti.... era il suo ovunque. L'unica cosa su cui Bill riuscisse a focalizzare l'attenzione.
E poi suo fratello gli disse di rilassarsi e avrebbe voluto picchiarlo perchè non c'era modo di rilassarsi quando la tensione gli si era insinuata fin sotto le unghie, quando ogni fottuto nervo del suo corpo era in tensione! E provava esattamente la stessa quantità di piacere e di dolore che si irradiavano dal punto in cui lui e Tom collidevano. Eppure... eppure non lo aveva fatto. Non lo aveva picchiato perchè la sua voce era dolce e morbida e gli era scivolata giù lungo il collo, e lo aveva distratto mentre Tom prendeva a muoversi, nemmeno più tanto lentamente, nemmeno più tanto presente.
E faceva male ma faceva anche bene e Bill pensò che non sarebbe stato così se non fosse stato suo fratello. Implorò, pregò e desiderò tutto quello che fosse possibile implorare, pregare e desiderare nel giro di qualche attimo con il cervello confuso dall'eccitazione e da un dolore così profondo da farti piangere. Promise dentro di sè che non lo avrebbe permesso a nessun altro, che era solo di Tom, che era solo per Tom; tutto si fece confuso e caldo e umido, Bill si inarcò sotto la stretta forte di Tom che gli baciava il collo. E Bill pensò che doveva per forza essere soltanto Tom perchè tutto quel piacere e tutto quel dolore, quell'andare oltre al limite erano cose che solo suo fratello poteva vedere di lui. Nessuno, dio, nessun doveva osservare il suo viso e il suo corpo scosso dai tremiti. Nessuno doveva sentirlo invocare il nome di Tom come se non ci fosse nient'altro al mondo che quella sillaba: Tom, Tom, Tom...
Solo Tom. In quel momento e per tutte le volte a venire. A Bill non importava come sarebbe andata a finire, se suo fratello sarebbe rimasto con lui, se lo avrebbe voluto aldilà di quella notte di sesso, aldilà della droga e della sua fuga. Bill non sapeva niente, ma nessuno lo avrebbe più avuto oltre suo fratello. In qualsiasi caso. In qualsiasi modo.
Perchè faceva troppo male, per consegnare la propria sofferenza a chi non lo conosceva come Tom. E perchè era troppo bello per condividerlo con qualcuno che non custodisse metà della sua anima.
Tom aveva seriamente smesso di pensare. Certo era una cosa che faceva spesso, soprattutto se stava facendo sesso, ma in questo caso era diverso. I suoi pensieri non erano slittati su argomenti strettamente legati alle sue azioni. I suoi pensieri si erano semplicemente dissolti.
Dal momento in cui aveva stretto suo fratello, la sua mente era diventata uno schermo nero. Riusciva a distinguere solo le sensazioni, i pensieri stessi si erano sciolti in brividi, e lui le percepiva con ogni singola parte di sè.
La pelle di suo fratello si era fatta rovente, Tom sentiva il suo ansimare contro l'orecchio, il mormorare indistinto del suo nome in un mantra infinito che non sembrava voler smettere e il chitarrista non si ricordava di aver mai sentito iniziare.
Bill era semplicemente stupendo e Tom non aveva parole per descrivere quanto fosse eccitante il suo viso accaldato, le labbra appena dischiuse a lasciare intravedere il piercing argentato che gli perforava la lingua. Seguì il suo corpo che si inarcava e lasciò scivolare una mano lungo il fianco di Bill, lungo la pancia fino a trovare ciò che stava cercando. Bill tremò e scattò appena Tom lo sfiorò con la punta delle dita e si contorse sotto il suo corpo quando prese ad accarezzarlo, forse privo di gentilezza, perso nella voglia che aveva di portare sè stesso e Bill alla fine di quella follia. Tom non trovò più il tempo, tra le sue spinte, di analizzare quello che stava facendo. Se fosse davvero giusto, se gli fosse permesso di farlo. Nel momento in cui sentì Bill contrarsi intorno a lui, capì che non gliene importava un cazzo se qualcuno aveva qualcosa da ridire. Bill era parte di sè, lo era stato prima che quella cellula si dividesse e ora erano riusciti a tornare al punto di partenza. E non avrebbe permesso a nessuno di portargli via quella consapevolezza, di portargli via Bill.... di fare a Bill e con Bill quello che stava facendo lui.
Ringhiò forte, un suono di gola che trovò un eco perfetta nella voce del fratello, sentì Bill cedere e lasciarsi andare un attimo prima di collassare su di lui. Un solo secondo, un solo brevissimo attimo. Tom registrò solo vagamente l'appiccicosa umidità tra le sue dita e le sue gambe, mentre si appoggiava con la fronte alla spalla di Bill, senza più fiato nè coscienza di sè.
Sorrise, e seppe che Bill stava facendo lo stesso.
Lo seppe perchè era suo fratello.
Ed era sufficente a capire ogni cosa.
Your warmth, your warmth
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(Twin - Muse)
Bravo Tom, complimenti. E adesso?
Il chitarrista trovava estremamente ironico e crudele da parte del suo cervello spegnersi a fasi alterne per poi riaccendersi quando meno serviva e scuotere le sinapsi per ricordargli il casino in cui si era infilato.
La reazione di Bill lo aveva fatto infuriare. A ben pensarci le reazioni di suo fratello producevano sempre quell'effetto. Solo che questa volta era stato diverso. Profondamente diverso.
Innanzi tutto era stato ingiustamente - Tom era ancora piuttosto convinto di questo - accusato di essere un fedifrago. Parlare con belle ragazze dalle tette grosse non era come portarsele a letto. Di questo era sicuro. Quindi, per forza di cose, non doveva essersi comportato poi tanto male.
E poi, le paranoie di Bill avevano superato di gran lunga il limite, andandosi a schiantare non solo contro il muro della sua capacità di comprenderle ma anche con la logica universale.
Quale essere umano dotato di un minimo - un minimo! - di raziocinio si sarebbe mai preoccupato del perchè non fosse riuscito a concludere un rapporto sessuale col proprio fratello senza trovare assolutamente anomalo il fatto di averlo anche solo iniziato?
Che poi, per amore di cronaca, l'ego di Tom - in quanto ancora ospitato in un corpo maschile pressochè etero e soprattutto altamente testosteronico - ci teneva a sottolineare che a voler essere pignoli il rapporto lo aveva concluso eccome; che poi non si dicesse in giro che lui non era in grado o cose simili. Era pur sempre il SexGott, per la miseria!
In più, e questo non aveva proprio trovato il modo di ricordarlo a Bill senza sembrare troppo sdolcinato (o troppo grezzo, a seconda delle parole che gli sarebbero uscite di bocca), se non era andato oltre lo aveva fatto per lui. Perchè ci teneva. Perchè era spaventato all'idea di combinare un casino e non poter tornare più indietro.
Erano tutti discorsi bellissimi. Quello che gli sfuggiva, adesso, era come - dopo aver sollevato la questione morale proprio davanti agli occhi lacrimosi di Bill - avesse finito col dimostrargli le sue teorie direttamente nel letto.
Il suo gran cervello doveva essersi spento nel tragitto verso il materasso per poi tornare vagamente presente ora che aveva una mano infilata nelle mutande di suo fratello che mormorava il suo nome con quel misto di candore e devastante sensualità che aveva il potere di sterminargli tutti i neuroni.
Per recuperare un pensiero anche solo vagamente razionale stava dando fondo a tutta la sua capacità di mettere un'idea dietro ad un'altra. Più pensava, meno ci riusciva. E il bello di tutto questo era che non aveva idea del perchè avesse così tanto bisogno di pensare, di mettere in movimento quelle due rotelle arrugginite che aveva nella scatola cranica e che non giravano da quando andava all'asilo, più o meno. Lui che era abituato a sbattere una sul letto, a farsela e festa finita. Tante care cose, arrivederci e grazie. Non è che avesse mai avuto veramente bisogno di un organo pensante in quelle occasioni. La sua necessità si fermava ad organo. Punto.
"Tomi, sei ancora con me?"
Certo che c'era. C'era anche troppo, per la miseria. E forse stava impazzendo.
Il profumo di Bill era ovunque, non solo su Bill. Era come se impregnasse le coperte, e l'aria, la stanza intera. Il mondo, insomma; perchè in quel preciso istante il mondo corrispondeva esattamente a quella stanza. Comprensiva di aria, coperte e fratello. Per Tom non c'era nient'altro che valesse la pena di prendere in considerazione. E quel profumo era di una dolcezza intensa, ma non nauseante. Non avrebbe saputo come spiegarlo, era zuccheroso ma anche forte. Era inebriante, ecco. Forse era quella la parola. E lo percepiva dannatamente forte mentre baciava suo fratello proprio sotto il lobo dell'orecchio, dov'era così morbido e carnoso che era praticamente impossibile non mordicchiarlo.
Lasciò scivolare ancora più a fondo la propria mano oltre l'elastico di Bill, per accarezzarlo con più convinzione. Suo fratello piegò istintivamente le gambe verso il busto ed emise un gemito strozzato, contorcendosi deliziosamente sotto il suo braccio disteso.
Aprì gli occhi per osservarlo, con la testa reclinata all'indietro sul materasso e la gola esposta, bianca lattea com'era abituato a vederla ogni giorno eppure all'improvviso così accattivante.
Le mani di suo fratello trovarono il suo viso e lo attirarono verso di sè, costringendolo a sollevarsi leggermente per stare più comodo. Bill si gettò sulle sue labbra con foga, divorandolo senza ritegno, domandandogli sempre di più man mano che il ritmo della sua mano aumentava. "Spogliami" arrivò piano, all'improvviso, tanto che Tom non fu neanche tanto convinto di aver sentito davvero.
Bill spalancò gli occhi nel buio artificiale della stanza. "Voglio sentire la tua pelle" mormorò di nuovo, guardandolo dritto negli occhi senza un minimo di esitazione. "Toglimi i vestiti"
Ora, a Tom si poteva chiedere di tutto. Davvero, era un ragazzo piuttosto disponibile. Ma non si poteva pretendere che si comportasse razionalmente se lo si guardava con occhi torbidi di libido e gli si ordinava di essere spogliati. No, seriamente, Bill doveva saperlo questo. Doveva saperlo per forza o non gli avrebbe detto quelle parole. Non con quella voce, Dio Santo! Tom si avventò su di lui, praticamente strappandogli la maglietta di dosso con uno strattone. Bill gridò, preso alla sprovvista, ma si guardò bene dal protestare.
Anzi, si sollevò seduto e tirò via la maglia di Tom, mentre lui gli toglieva i pantaloni con straordinaria agilità. Senza dubbio un miglioramento dall'ultima volta.
"Bill--"
"Zitto" lo ghiacciò il cantante, spingendolo giù.
Tom accolse con maschile gratitudine la presa di posizione del fratello che gli si distese addosso. Pelle contro pelle. Calore contro calore. I suoi respiri un tutt'uno con quelli di Tom.
Bill non aveva mai veramente smesso di baciarlo. La sua lingua aveva tracciato percorsi privi di logica sul petto di Tom che aveva definitivamente messo sul comodino quei due neuroni che ancora si ostinavano a darsi testate per simulare un barlume d'intelligenza. Tutto ciò che riusciva a compredere era il corpo nudo di Bill tra le sue braccia e il suo incessante muoversi su di lui, con lentezza. E quel calore tremendo che emanavano in due e che sembrava avvolgerli come una coperta.
A volte Bill tornava indietro e gli leccava le labbra, per baciarlo ancora. E i suoi baci non erano più nè teneri nè casti, erano scariche elettriche che arrivavano dritte dentro al suo stomaco e gli facevano muovere i fianchi anche senza volerlo.
Non facevano che togliersi a vicenda il comando mentre si rotolavano tra le lenzuola. Si bloccavano i polsi sul materasso e si chiudevano la bocca quasi con violenza. Era bello sentire Bill così vivo, così deciso. Così suo quando lo accarezzava eppure così poco propenso a lasciargli totalmente il controllo.
Quando il moro si lasciò scivolare lungo il corpo disteso del fratello, il cuore di Tom ebbe un fremito e lo stomaco gli si contrasse anticipando quello che doveva venire. Ora che poteva concepire il sesso orale e Bill nella stessa frase, con lui come complemento di termine sapeva di poter crepare senza rimpianti. Le mani di Bill scivolarono sulle sue cosce, le unghie lo graffiarono appena.
Morbido e umido. Tom sollevò il collo per guardarlo, perchè non poteva farne a meno, perchè era ipnotico ed era eccitante.
Gli occhi di suo fratello erano serrati ma si aprirono di scatto incrociando i suoi come se avesse sentito. E aveva sentito. Perchè era il suo gemello e non c'era una stramaledetta sensazione che non potesse anticipare. Tom non sapeva dove Bill avesse le mani, non sapeva nemmeno dov'era perchè per quel che valeva: tutta la sua concentrazione era focalizzata in un punto soltanto. E quindi Bill era ovunque, nell'unico luogo possibile. Qualcuno avrebbe potuto entrare e strangolarlo, tanto Tom non se ne sarebbe nemmeno accorto.
Tom gemette, incapace di trattenersi. Ben sapendo che non poteva resistere a lungo, non in quel modo. Lo chiamò con la voce rotta dal desiderio di cose che non avrebbe saputo nemmeno spiegare e Bill sorrise, lasciando pesanti tracce di saliva prima di tornare da lui e baciarlo, lasciandosi stendere docilmente.
Tom ci aveva provato.
Sul serio, ce l'aveva messa davvero tutta, bisognava dargliene atto, ma per qualche strana ragione non stava funzionando. La cosa era evidentemente oltre la sua portata, non c'erano altre spiegazioni.
Forse ci voleva un quoziente intellettivo da ingegneri nucleari o qualcosa di simile. Magari sarebbe stato tutto molto più semplice con un piombino e una squadra. Ringhiò, muovendosi per quella che nella sua testa era l'ennesima volta di troppo. Scopare con suo fratello era un fottuto gioco ad incastro, ecco cosa! Un cazzo di tetris da materasso!
Non importava l'inclinazione nè quanto e come si spostasse, non tornava mai un emerito...
Era sempre troppo in alto o troppo in basso. O troppo, che era anche peggio.
Bill intanto, rassegnato, aveva finito col distendersi comodo, le braccia allungate sopra la testa. Ogni tanto lanciava occhiate verso Tom che aveva preso a spostargli il sedere a destra e a manca con la disinvoltura di chi sta cercando il posto migliore per il vaso di fiori sulla credenza.
"Tom?"
"Aspè, aspè ci sono quasi..."
Bill sollevò un sopracciglio. "Posso assicurarti di no"
Tom non lo stava nemmeno a sentire. Era diventata una questione di principio. Non era possibile che lui - il SEX GOTT! - non fosse in grado di fare una cosa simile. Per la miseria, la dinamica doveva pur essere la stessa no?
"Tom?!" Bill ci riprovò di nuovo, anche perchè suo fratello lo aveva praticamente trascinato fuori dai cuscini. "TOM!"
Il chitarrista sollevò la testa, con gli occhioni ambrati rotondi e impegnatissimi. Sbattè un paio di volte le lunghe ciglia bionde, in attesa di poter tornare a svolgere i suoi compiti, come era sempre stato abituato a fare.
Bill sospirò, roteando gli occhi al cielo. "E' più in giù. Non sono mica una donna!" afferrò uno dei cuscini più piccoli e se lo mise sotto la schiena. "Prova così"
Il viso di Tom s'illuminò quando i pezzi del puzzle andarono tutti a posto, e l'incastro fu deliziosamente perfetto. "Oh... sì" annuì compiaciuto.
Bill socchiuse gli occhi, cercando di ricreare l'atmosfera che era andata un po' a farsi benedire negli ultimi minuti. "Vieni qua" allungò le braccia, attirandolo a sè. E per un lungo, terribilmente tenero istante, si abbracciarono e basta.
Ora che tutte le cose erano andate al loro posto, Tom poteva tornare a concentrarsi su suo fratello senza temere di avere a che fare con una forma di vita aliena. Gli accarezzò il viso gentilmente, sistemandogli i capelli dietro le orecchie vagamente a sventola che gli piaceva prendere in giro anche se erano uguali alle sue ed entrambi avevano finito per ingegnarsi a trovare il modo di tenerle nascoste. "Sei davvero sicuro, Bill?" gli respirò sulle labbra, prima di baciarlo. Lo sentì tremare sotto la punta delle dita, lo stomaco gli si strinse in un nodo: lo voleva disperatamente, ma l'idea di averlo facendogli male era improponibile.
Bill annuì senza parlare, troppo concentrato a mantenere insieme i pezzi di se stesso per dire qualcosa.
Allora Tom lo baciò sulla guancia e sul naso. "Voglio che tu chiuda gli occhi" mormorò, la voce bassa e morbida. Bill fece come gli chiedeva, cullato dalle note gravi di suo fratello che aveva già parlato così attraverso il buio ma non era mai stato tanto ipnotico.
Tom gli baciò il mento e il collo, lasciando una traccia calda e umida di sè. "Voglio che ti rilassi" disse ancora all'orecchio del fratello. "Sarò con te tutto il tempo"
Il chitarrista ricordò quanto fosse stato divertente due anni prima raccontare a Georg le stronzate che si era inventato per una groupie particolarmente nervosa. In realtà era stato un mezzo disastro perchè nemmeno lui ne sapeva granchè, ma aveva dovuto nasconderlo in qualche modo e l'unico che aveva trovato era stato ridere delle frasi mielose con il suo migliore amico. Eppure adesso, con suo fratello disteso sotto di sè che si fidava così ciecamente di lui da fare esattamente quello che gli diceva, non sembravano più solo stronzate: lo leggeva sul viso impaurito di Bill che aveva bisogno di essere rassicurato. Aveva bisogno delle stronzate e di crederci, anche.
Tom si portò un dito alle labbra e poi lo lasciò scivolare tra le gambe del fratello. Bill trasalì, inarcando la schiena. I suoi muscoli eressero un muro. "Calmati" Tom non aveva idea di dove gli provenisse tutta quella sicurezza. Doveva essere una reazione naturale alla confusione assoluta di Bill. Ancora una volta, era l'equilibrio perfetto. Strinse Bill per un fianco, serrando la presa fin quasi a sentire l'osso del bacino. Dopo quell'ostentazione di comando, il moro sembrò calmarsi. Il muro si ritrasse, lasciando le dita di Tom libere di muoversi.
Bill respirava forte, prendendo boccate d'aria quasi affannose. "Tom... "
"Hai tu il controllo Bill" gli assicurò il gemello, piegando il polso delicatamente per sentirlo più a fondo. "Dimmi solo di smettere"
Bill, gli occhi serrati, scosse la testa fin troppo velocemente. Mugolò qualcosa di indefinibile, tra il dolore e il piacere che si stavano facendo strada in lui alla stessa velocità.
Tom in realtà non riusciva a risolversi perchè la visione di suo fratello, così perfettamente nudo e inerme tra le sue mani era devastante ed eccitante... ma non c'era modo di evitargli il trauma. Non poteva prepararlo, nè rendergliela migliore. Gli avrebbe fatto male. E non c'era altro da dire.
Lo prese per i fianchi e Bill si mosse, impercettibile, seguendo i suoi movimenti e cercandolo ad occhi chiusi. Tom lo cullò contro il proprio corpo, cercando di rendere più dolce quella sostituzione. Scivolò in lui così piano che lo sentì cedere e gli lesse sul viso ogni singolo istante di dolore.
Bill emise un gemito strozzato e roco e ritrasse istintivamente le gambe, facendo leva sul materasso. Il suo corpo cercò ostinato di allontanare quello di Tom che faticava anche solo a rimanere presente a sè stesso.
Il suo cervello, sempre così confuso, adesso era un caos di sensazioni devastanti. Aveva già provato piacere, certo, ma quello era... altro. E si sentiva orribile al pensiero che l'unico vero desiderio che albeggiava dentro di lui in quel momento era andare avanti, senza tenere in considerazione nient'altro che la pressione sorda che lo avvolgeva, andare avanti mentre suo fratello sotto di lui piangeva. Oh cazzo, Bill...
"Bill?" lo chiamò con un grugnito indistinto, mentre espirava per ritrovare la realtà da cui era stato strappato via.
Il cantante si copriva gli occhi con l'avambraccio, mordendosi il labbro inferiore per non scoppiare in singhiozzi.
"Bill, parlami..."
"Fa male"
Tom lo sentiva spingere di riflesso, una reazione naturale all'intrusione. La cosa non avrebbe migliorato la situazione, però. Si piegò delicatamente in avanti, cercando di mantenere il movimento il più rigido possibile ma sembrò non bastare.
"Fermo!"
"Bill"
"Sta fermo" singhizzò il moro inarcandosi e stringendo i denti. "Non ti muovere"
Tom obbedì, sentendosi in colpa per quello che stava avvenendo. Suo fratello continuava a tenersi gli occhi coperti e a stringere i denti. Il suo respiro non si era mai calmato da quando aveva preso a boccheggiare qualche istante prima. "Bill..." provò a chiamarlo ancora. Intorno a lui, il corpo del moro era caldo e irresistibile. Si chiese come potesse essere tanto bello se stava devastando Bill così tanto.
"Passerà" rispose il cantante. La voce tremula, tentando di convincere più se stesso che lui. Nonostante le nascondesse, le lacrime scendevano ancora. "Deve passare"
Tom rimase a guardarlo per un istante, indeciso sul da farsi. Se avesse aspettato Bill, probabilmente non sarebbero più andati oltre. Se aspettava in generale ancora un po', forse non ci sarebbe stato più bisogno di disquisire sul quando e sul come. Nonostante le proteste del fratello, si chinò su di lui e lo baciò piano. All'inizio Bill serrò le labbra, quasi permaloso ma Tom insistette fino a farlo cedere. "Rilassati" gli sussurrò ipnotico all'orecchio. Nel muoversi si spinse più a fondo nel fratello, Bill gemette di nuovo ma il suono non giunse mai alle orecchie di Tom che si era di nuovo perso nel suo mondo fantastico. "Dio, Bill...." esalò, senza riuscire a mettere insieme una frase di senso compiuto. Serrò la presa sotto le ginocchia di Bill e anticipò, di un solo istante, quel piccolo breve singulto che sapeva sarebbe uscito dalle labbra di suo fratello.
All'inizio aveva fatto male, più di quanto Bill avrebbe mai creduto possibile. E la sorpresa era stata anche peggiore perchè si era aspettato una sensazione completamente diversa. Lo aveva voluto così tanto: suo fratello, il suo corpo, il respiro di Tom dritto in bocca, eppure aveva fatto così dannatamente male. Era stata una delusione fortissima. E poi c'era, in fondo al suo stomaco, la consapevolezza di doverci riuscire a tutti i costi perchè questo era importante. Significava dimostrare a Tom tutta una serie di cose che lo avrebbero convinto a rimanere con lui. Nella sua testa non contava nient'altro: essere perfetto per Tom.
Poi però qualcosa era cambiato e Bill non sapeva spiegare esattamente come, nè quando. Prima il dolore acuto e lancinante, l'impressione di non poter reggere tutta la sofferenza, di non essere.... beh, di non essere anatomicamente adatto per quella cosa. E poi? E poi insieme al dolore pulsante e sordo e tremendo, anche quella nota piacevole. Il peso caldo di Tom sulla pancia e la sua presenza in modi che non pensava di poter provare. Suo fratello non era solo con lui, era in lui che era una cosa fantastica e pazzesca insieme. Tom non era più un punto preciso, era tanti punti.... era il suo ovunque. L'unica cosa su cui Bill riuscisse a focalizzare l'attenzione.
E poi suo fratello gli disse di rilassarsi e avrebbe voluto picchiarlo perchè non c'era modo di rilassarsi quando la tensione gli si era insinuata fin sotto le unghie, quando ogni fottuto nervo del suo corpo era in tensione! E provava esattamente la stessa quantità di piacere e di dolore che si irradiavano dal punto in cui lui e Tom collidevano. Eppure... eppure non lo aveva fatto. Non lo aveva picchiato perchè la sua voce era dolce e morbida e gli era scivolata giù lungo il collo, e lo aveva distratto mentre Tom prendeva a muoversi, nemmeno più tanto lentamente, nemmeno più tanto presente.
E faceva male ma faceva anche bene e Bill pensò che non sarebbe stato così se non fosse stato suo fratello. Implorò, pregò e desiderò tutto quello che fosse possibile implorare, pregare e desiderare nel giro di qualche attimo con il cervello confuso dall'eccitazione e da un dolore così profondo da farti piangere. Promise dentro di sè che non lo avrebbe permesso a nessun altro, che era solo di Tom, che era solo per Tom; tutto si fece confuso e caldo e umido, Bill si inarcò sotto la stretta forte di Tom che gli baciava il collo. E Bill pensò che doveva per forza essere soltanto Tom perchè tutto quel piacere e tutto quel dolore, quell'andare oltre al limite erano cose che solo suo fratello poteva vedere di lui. Nessuno, dio, nessun doveva osservare il suo viso e il suo corpo scosso dai tremiti. Nessuno doveva sentirlo invocare il nome di Tom come se non ci fosse nient'altro al mondo che quella sillaba: Tom, Tom, Tom...
Solo Tom. In quel momento e per tutte le volte a venire. A Bill non importava come sarebbe andata a finire, se suo fratello sarebbe rimasto con lui, se lo avrebbe voluto aldilà di quella notte di sesso, aldilà della droga e della sua fuga. Bill non sapeva niente, ma nessuno lo avrebbe più avuto oltre suo fratello. In qualsiasi caso. In qualsiasi modo.
Perchè faceva troppo male, per consegnare la propria sofferenza a chi non lo conosceva come Tom. E perchè era troppo bello per condividerlo con qualcuno che non custodisse metà della sua anima.
Tom aveva seriamente smesso di pensare. Certo era una cosa che faceva spesso, soprattutto se stava facendo sesso, ma in questo caso era diverso. I suoi pensieri non erano slittati su argomenti strettamente legati alle sue azioni. I suoi pensieri si erano semplicemente dissolti.
Dal momento in cui aveva stretto suo fratello, la sua mente era diventata uno schermo nero. Riusciva a distinguere solo le sensazioni, i pensieri stessi si erano sciolti in brividi, e lui le percepiva con ogni singola parte di sè.
La pelle di suo fratello si era fatta rovente, Tom sentiva il suo ansimare contro l'orecchio, il mormorare indistinto del suo nome in un mantra infinito che non sembrava voler smettere e il chitarrista non si ricordava di aver mai sentito iniziare.
Bill era semplicemente stupendo e Tom non aveva parole per descrivere quanto fosse eccitante il suo viso accaldato, le labbra appena dischiuse a lasciare intravedere il piercing argentato che gli perforava la lingua. Seguì il suo corpo che si inarcava e lasciò scivolare una mano lungo il fianco di Bill, lungo la pancia fino a trovare ciò che stava cercando. Bill tremò e scattò appena Tom lo sfiorò con la punta delle dita e si contorse sotto il suo corpo quando prese ad accarezzarlo, forse privo di gentilezza, perso nella voglia che aveva di portare sè stesso e Bill alla fine di quella follia. Tom non trovò più il tempo, tra le sue spinte, di analizzare quello che stava facendo. Se fosse davvero giusto, se gli fosse permesso di farlo. Nel momento in cui sentì Bill contrarsi intorno a lui, capì che non gliene importava un cazzo se qualcuno aveva qualcosa da ridire. Bill era parte di sè, lo era stato prima che quella cellula si dividesse e ora erano riusciti a tornare al punto di partenza. E non avrebbe permesso a nessuno di portargli via quella consapevolezza, di portargli via Bill.... di fare a Bill e con Bill quello che stava facendo lui.
Ringhiò forte, un suono di gola che trovò un eco perfetta nella voce del fratello, sentì Bill cedere e lasciarsi andare un attimo prima di collassare su di lui. Un solo secondo, un solo brevissimo attimo. Tom registrò solo vagamente l'appiccicosa umidità tra le sue dita e le sue gambe, mentre si appoggiava con la fronte alla spalla di Bill, senza più fiato nè coscienza di sè.
Sorrise, e seppe che Bill stava facendo lo stesso.
Lo seppe perchè era suo fratello.
Ed era sufficente a capire ogni cosa.