Personaggi: Bill, Tom, David, Saki, OMC
Genere: Drammatico, Romantico, Hurt/Comfort
Avvisi: Lemon, slash, WIP
Rating: NC-17
Capitoli: 15 (on hiatus)
Note: Moscow Intimacy è la mia re-interpretazione di un'altra fanfiction che s'intitola "Ti amo" ed è opera di Alba. Potete trovare l'originale qui. Alba è perfettamente a conoscenza della mia versione, quindi non datevi disturbo ad urlare al plagio.
Riassunto: Sapendo di non poter continuare a vivere accanto al fratello dopo avergli dichiarato il suo amore, Bill se ne va facendo perdere le sue tracce. Tom va a cercarlo, per chiarire la situazione.
Genere: Drammatico, Romantico, Hurt/Comfort
Avvisi: Lemon, slash, WIP
Rating: NC-17
Capitoli: 15 (on hiatus)
Note: Moscow Intimacy è la mia re-interpretazione di un'altra fanfiction che s'intitola "Ti amo" ed è opera di Alba. Potete trovare l'originale qui. Alba è perfettamente a conoscenza della mia versione, quindi non datevi disturbo ad urlare al plagio.
Riassunto: Sapendo di non poter continuare a vivere accanto al fratello dopo avergli dichiarato il suo amore, Bill se ne va facendo perdere le sue tracce. Tom va a cercarlo, per chiarire la situazione.
10.Cocaine (Girl)
And now I'm washed up,
I've had my fun...
and I feel like the mud
(Nirvana - Cocaine Girl)
La casa sapeva un po' di chiuso e Bill si era dato da fare ad aprire tutte le finestre. Tom aveva riacceso gas e riscaldamento, senza mai perdere di vista il fratello con la coda dell'occhio: sembrava che si fosse un po' ripreso.
Bill si voltò e gli sorrise. "Era da tanto che non venivamo qui"
"Almeno due anni" confermò Tom. "Credo che neanche mamma ci sia venuta"
"Era proprio come me la ricordavo" Bill si lasciò andare sul divano e fece segno a Tom di raggiungerlo. Si fece abbracciare, quindi avvolse entrambi nella coperta che aveva recuperato da uno degli armadi. "Sa di casa, non trovi?"
Tom non rispose. Per lui quel posto non aveva niente di speciale, anzi. Gli ricordava le urla di sua madre e suo padre che tentavano di farsi tutto il male possibile, le litigate fuoriose e il rumore dei piatti che si rompevano contro il muro. Ricordava il terrore negli occhi di Bill quando era sembrato che li avrebbero divisi e che ognuno di loro sarebbe andato a vivere con un genitore diverso. Bill era scappato via e si era chiuso in cantina, rifiutando di aprire a chiunque se non a lui. E Tom aveva passato tutta la notte ad abbracciarlo, a dirgli che sarebbe andato tutto bene. Bill aveva pianto così tanto da sfinirsi.... e poi era andata com'era andata. Simone aveva ottenuto l'affidamento e Bill si era dimenticato il terrore, aveva fatto uno dei suoi sorrisoni e si era scrollato di dosso tutto l'incidente.
Lui, come al solito, non c'era riuscito. Ecco qual'era la differenza tra loro: la sensibilità di Bill era esagerata ma priva di memoria. Tom era una spugna, invece, assorbiva qualunque cosa.
"A cosa pensi?" gli chiese Bill, riportandolo alla realta.
"Niente di particolare" mentì il fratello. "Sono solo un po' stanco"
Bill aveva occhiaie profonde, ma i suoi occhi non erano più opachi come lo erano stati sull'aereo. Si mosse nell'abbraccio che lo legava a Tom e cercò le sue labbra.
Tom non se lo aspettava. Rimase immobile all'inizio, come se quello che stava accadendo non avesse alcun senso. In fondo era successo tutto così in fretta che non aveva ancora neanche capito dove rimettere tutti i pezzi, quanto e come dovesse agire. Era ancora indeciso se evitare ulteriori contatti col fratello, se limitarli alle sole nottate o se....
Poi però Bill premette gentilmente contro la sua bocca, senza demordere, e lui si lasciò andare. Lo baciò piano all'inizio, fu quasi soltanto uno sfiorare di labbra, poi approfondì quel contatto, stringendolo a sè.
Bill gli si sciolse tra le braccia completamente, una sensazione che aveva già sperimentato la notte precedente: il corpo di Bill aderiva al suo e poi ci si appoggiava, come se non riuscisse a sostenere il proprio peso. Tom se lo sentiva addosso anche se erano entrambi seduti.
Era uno strano calore quello che si stava sprigionando. Tom non lo aveva mai provato con nessuna ragazza ma - con suo grande sorpresa - si rese conto che lo aveva sempre provato con Bill, anche prima di finirci a letto. Molte volte, da bambini e da ragazzi erano stati abbracciati sul divano insieme sotto la stessa coperta ed era stato lo stesso calore, lo stesso tipo di conforto.
I baci di Bill si erano fatti più profondi; scivolarono lentamente lungo la mandibola e si fermarono sul collo. Tom reclinò la testa all'indietro, esponendo ancora più pelle alle amorevoli cure di Bill. Lo sentì mordere piano e succhiare con studiata lentezza la piacevole ferita che gli aveva procurato: non si preoccupò che fosse in un punto particolarmente visibile, non sarebbe stato strano per la produzione se Tom avesse avuto un segno rosso. Li aveva sempre.
Il suo cervello registrò quello che stava avvenendo, mise in fila i concetti uno ad uno e glieli presentò perchè ci ragionasse sopra: Tom era quasi disteso su un divano, con Bill tra le braccia che gli succhiava il collo. Il corpo di Bill era morbido e caldo e probabilmente quello che sentiva non era il mazzo di chiavi nella tasca dei pantaloni mostruosamente aderenti di suo fratello. L'allarme scampanellò immediatamente nella testa del chitarrista.
"O-ok Bill..?" gli sussurrò piano all'orecchio, cercando di tirarsi fuori da quel tepore. Le mani del cantante gli stavano accarezzando piano la pancia.
"Mm?" Bill si scostò dal collo ma tornò a baciarlo sulle labbra. Gli occhi semi-chiusi.
Tom ricambiò il bacio, cercando contemporaneamente di sgusciare via dalla sua stretta. "Forse dovremmo sistemare un po' le nostre cose..." azzardò.
Bill si appoggiò di nuovo sulle sue labbra e gli strappò un altro bacio. "Lo faremo senz'altro dopo" sorrise, divertito.
"Non fare il pigro"
Il sorrise di suo fratello divenne ferino e gli occhi brillarono. "Posso darti qualche buon motivo per rimandare" gli sussurrò all'orecchio.
Tom benedì il cellulare che si mise a suonare proprio in quel momento, salvandolo. "Pronto?" rispose, prima ancora di leggere chi era sul display. E avrebbe senz'altro dovuto.
Bill si mise seduto accanto a lui, sbuffando infastidito.
"Siete deficenti o cosa?" ululò la voce di David dall'altra parte.
"Ciao anche a te David" rispose il chitarrista, lanciando un'occhiata più che esplicativa al fratello. Bill non si scompose. Si alzò dal divano con aria annoiata e ancheggiò fino alla cucina, mostrando a Tom - senza apparente intenzione - lo spettacolo del suo sedere che ondeggiava armonico.
Tom deglutì, faticando a staccare gli occhi da suo fratello. Solo allora si rese conto che David stava ancora parlando e lui non aveva sentito una parola. "Come dicevi, scusa?"
"Non mi stavi ascoltando?" sbraitò il manager dall'altra parte.
"No! No! Cioè sì..." Tom si alzò dal divano, lanciò un'ultima occhiata a Bill che aveva recuperato una lattina dalla dispensa, quindi si voltò. "E' solo che la linea è disturbata"
"No, siete voi quelli disturbati!" lo apostrofò David. "Saki mi ha detto che siete a Magdeburg! Vi ha dato di volta il cervello?!?"
Tom sospirò. "No, io.... David senti, sono stati due giorni difficili. Abbiamo bisogno di tempo"
"Non lo avete"
"Bill ha bisogno di un po' di tranquillità"
Dall'altra parte David non parlava: ululava. "E' stato via tre settimane, non gli è bastata come vacanza??"
"E' complicato, David" Tom fece il giro del divano e non potè fare a meno di rimettere gli occhi su Bill che ora era appoggiato al lavandino e gli dava la schiena. "In fondo cosa sarà mai qualche giorno in più?"
"Sono quattro interviste e cinquemila euro buttati nel cesso, ecco cos'è" replicò stizzito l'uomo al telefono. "La casa di produzione sta---"
"--sta dando di matto, me ne rendo conto" lo assecondò Tom. "Ma ti giuro che..."
Bill aveva appoggiato la lattina sul piano della cucina ed era piegato in maniera strana. Tom non potè fare a meno di notare il tremore leggero delle sue dita che aprivano il rubinetto.
"Tom?" David, dall'altra parte della cornetta.
"Sì, ci sono"
"Senti, ti dò tre giorni. Solo tre ma vi voglio qui mercoledì mattina, niente più proroghe"
Tom annuì, senza mai staccare gli occhi da suo fratello.
"Mi hai sentito?"
"Sì, David, solo tre giorni"
"Non costringermi a venire là a prendervi"
"Ci saremo"
Poi Tom aveva lanciato il telefono sul divano senza spegnerlo e si era gettato su suo fratello che aveva perso i sensi.
"Hey..."
Non un grande esordio dopo mezz'ora di preoccupante silenzio, ma a Tom fu sufficente per rilassarsi. Sorrise al fratello che aveva appena pronunciato quell'unica, flebile parolina, e gli accarezzò la testa. "Hey anche a te"
"Cos'è successo?"
Tom era seduto al capezzale del letto matrimoniale nella camera di sua madre. Portare suo fratello in braccio fino a lì era stata dura visto che neanche lui era massiccio. "Sei andato giù come una pera" rispose.
Bill socchiuse gli occhi, mentre gli tornava la memoria. "Un capogiro, forse"
"Forse" concordò il biondo. "O forse dovremmo aspettarci di peggio"
Il cantante socchiuse gli occhi e volse lo sguardo altrove. "Non ci sarà nessun problema"
"Bill..."
"Non ci sarà" ribadì il moro, con la sua solita stizza. Poi fece forza sulle braccia per alzarsi ma sembrò fare una gran fatica.
"E' meglio se rimani disteso. Ti va un po' di the?" propose Tom, cercando di ignorare l'atteggiamento insopportabile del fratello. "Hai bisogno di zuccheri"
L'espressione nauseata di Bill fu un bel corollario alla sua risposta. "Dio no, ho la nausea. E' da quando siamo scesi dall'aereo che ce l'ho"
"E' solo un po' d'acqua calda zuccherata, non credo che--"
"Tom, ti ho detto che non lo voglio"
Il rasta ci rimase leggermente male, ma si limitò a sospirare. Se voleva portar fuori suo fratello da quell'inferno, doveva avere pazienza. Anzi, doveva averla per tutti e due.
"Voglio alzarmi" continuò Bill, col solito cipiglio.
"Ok, d'accordo. Ti va un film? C'è ancora qui tutta la mia collezione" Tom mostrò un prodigioso ghigno mefistofelico.
"Esplosioni, sangue e turpiloquio continuo?" chiese Bill alzando un sopracciglio, così che gli si formarono tre o quattro rughe sopra l'occhio destro. "No, grazie. Ne faccio volentieri a meno. Vado a farmi un giro..."
"Vengo con te!" si affrettò a dirgli Tom, aiutandolo anche ad alzarsi in piedi.
Bill allontanò il braccio del fratello con stizza. "Tom lasciami! Non sono impedito!" sbraitò.
Tom aprì la bocca per replicare, ma la richiuse quasi subito. "Cercavo solo di aiutarti"
"Beh non hai bisogno di venirmi dietro come se avessi tre anni!"
"Bill, sei appena svenuto! Sono preoccupato!"
Il cantante lo superò, roteando gli occhi al cielo come se la frase di Tom fosse stata incredibilmente noiosa. Si tolse la maglia, camminando, e la gettò in terra quindi tornò in salotto per rovistare nella sua valigia con Tom sempre dietro che tentava di ignorare le sue forme longilinee. "Bill, ascoltami per lo meno"
"Ti sto ascoltando" arrivò da Bill, accosciato di fronte alla valigia mentre cercava qualcosa di adeguato da mettersi.
Tom si ritrovò di nuovo a sospirare. Ricordava vagamente sua madre che faceva la stessa cosa ogni volta che tentava di far capire loro qualcosa e loro si rifiutavano di starla a sentire.
Non avrebbe mai pensato di finire come sua madre. "Che tu abbia avuto un capogiro o sia sato un effetto collaterale di tutta la roba che ti sei fatto... non ha nessuna importanza. Metti che succeda di nuovo mentre sei fuori! E' pericoloso!"
Bill aveva ormai scartato metà del suo guardaroba. Aveva sul viso la faccia da Mio Dio, non ho niente da mettermi! che saltava fuori periodicamente ogni due mesi e che costringeva Saki ad uno stressante tour de force per un centinaio di boutique differenti. Saki odiava portare Bill a fare shopping, e non perchè fosse shopping, ma perchè Bill era devastante quando doveva comprare qualcosa: si provava tutto tre milioni di volte, pretendeva colori che non c'erano, taglie inesistenti e se aveva una certa idea in testa non si fermava fino a che non trovava quello che aveva pensato esattamente. E per Saki questo significava scortarlo per pomeriggi interi, tenendo d'occhio lui che vagolava senza logica da un negozio all'altro e tenendo d'occhio anche il gruppo di ragazzine che puntualmente si formava e lo seguiva uggiolando per avere la sua attenzione. Tom sperò che suo fratello non pretendesse che lui prendesse il posto di Saki: era pronto a legarlo e imbavagliarlo per evitarsi tale tortura. "Tom, sto bene" ripetè Bill, alla fine, riuscendo a trovare una maglietta di suo gradimento. "E starò via soltanto un po'. Non ho bisogno della tata"
"Perchè non posso venire con te?" insistette Tom. "Mi sentirei più tranquillo"
"Perchè non ce n'è bisogno Tom!" esclamò alla fine suo fratello, esasperato. "Sono grande e vaccinato. E posso cavarmela da solo!"
Bill si riavviò i capelli davanti allo specchio del corridoio e approvò la propria immagine riflessa dopo aver ritoccato leggermente il trucco. Notò lo sguardò preoccupato di suo fratello nello specchio e gli sorrise, anche se non era il sorriso dolce che piaceva a Tom. "Ci vediamo dopo?"
Tom fu costretto a cedere. "Quando torni?"
Bill si strinse nelle spalle frivolo. "Non troppo tardi!"
Il non più tardi di Bill superò la mezzanotte.
Tom aveva camminato avanti e indietro per il corridoio l'equivalente del percorso della maratona di New York almeno tre volte e non si era ancora fermato. Aveva provato a chiamare suo fratello sul cellulare almeno cinquanta volte ma ovviamente quel cretino si guardava bene dal rispondere. Nel tentativo di calmarsi aveva guardato un film alla televisione ma non riusciva ad esaltarsi per le sparatorie e le budella che saltavano da tutte le parti, il suo cervello era fisso sul pensiero di Bill. E se gli fosse successo qualcosa? Se fosse svenuto di nuovo? O peggio! Se avesse deciso di scappare ancora?
Questa ipotesi Tom l'aveva scartata alla fine, perchè la valigia di Bill era ancora in salotto, adorabilmente disfatta e se c'era una cosa che Bill non avrebbe mai fatto era partire senza almeno quattro cambi con sè.
Quando ormai aveva già immaginato ogni possibile scenario apocalittico e non seppe più se uscire a cercarlo o chiamare la polizia sentì la porta aprirsi. Tom si buttò giù dal divano, senza più neanche in testa il cappellino che gli era scivolato giù nel dormiveglia. "Bill!"
Bill gli sorrise, quindi inciampò nel primo scalino. E poi nel secondo. E si mise a ridere:
Tom gli fu subito accanto e lo sostenne. "Cosa diavolo...?"
"Sono ubriaco" rise ancora il cantante.
Tom allontanò il viso dall'alito pestilenziale del fratello. C'era odore di Vodka ogni volta che diceva qualcosa. "Lo sento" commentò. "Dove sei stato fin'ora?"
"Ovunque! Questo posto è un buco"
"E' Magdeburg, mica Los Angeles! Cosa ti aspettavi?" lo rimproverò il fratello. "Non te la ricordi più la tua città?"
Bill sembrò non averlo neanche sentito. Si lasciò trascinare in salotto e si sedette sul divano con un'altra risata impastata di vodka.
"Guarda come sei ridotto..." Tom gli sbottonò il giubbotto, mentre Bill si metteva a canticchiare una nenia su degli elefanti e un filo di ragnatela. Gli sfilò una manica, ma Bill teneva l'altro braccio bloccato contro il corpo, impedendogli di sfilare anche l'altra.
Il cantante si piegò in avanti, prima ridendo e poi emettendo un gridolino di sdegno. "Lasciami stare" piagnucolò lagnoso, stringendosi il braccio sulla pancia. Il giubbotto gli pendeva quasi sfilato da una parte.
Tom sbuffò, spogliarlo diventava faticoso se Bill non lo assecondava nei movimenti. Era capitato soltanto una volta in passato che Bill avesse bevuto tanto da non reggersi neanche in piedi. In quell'occasione Tom aveva dovuto togliergli i vestiti, mettergli il pigiama e infilarlo sotto le coperte. Il tutto mentre Bill insisteva per ballare la macarena. "Dammi una mano invece di lamentarti" cercò di convincerlo, dolcemente.
"Gno" protestò Bill, guardandolo attraverso le palpebre quasi chiuse.
Tom lo ignorò e cercò di sfilargli nuovamente la manica che era rimasta. Bill fece un po' di resistenza, poi Tom riuscì nell'impresa.
Lo costrinse ad alzarsi in piedi e lo sostenne mentre Bill gli si appoggiava addosso a peso morto. "Devi dormire" gli disse, trascinandolo per il corridoio.
Una volta in camera lo fece sedere sul letto e gli tirò via le scarpe e i pantaloni con asettica praticità. In quel momento non gli passava neanche per l'anticamera del cervello quanto fossero sensuali i fianchi di suo fratello.
Bill gli gettò le braccia al collo. "Io lo so perchè mi stai spogliando" gli sussurrò divertito sulle labbra con un sorriso un po' ebete e lo sguardo vacuo. Ridacchiò. "Perchè vuoi fare sesso con me"
Tom espirò, pazientemente. Gli tirò su la maglietta e gliela tirò via, ignorando le proteste di Bill che rimase incastrato nella scollatura prima col naso e poi con i capelli.
"No! No! Io lo so cosa vuoi tu!" continuò il cantante imperterrito e tutto spettinato. "Tu vuoi che...che..."
Tom aspettò che finisse la frase, nella speranza di poterlo poi mettere a letto definitivamente. "Tu vuoi che..." Bill sembrò pensieroso. Il cervello gli andava così a rilento che non aveva più le parole. Ci mise un po' prima di tornare a guardarlo, l'occhio sempre più lucido e il viso sempre più convinto. "... tu vuoi stendermi su questo letto e scoparmi".
"No Bill, voglio che tu dorma almeno otto ore" rispose Tom, liberandosi dalle braccia di suo fratello e tirando indietro le coperte.
"E' quello che vorresti fare" continuava a blaterare il cantante. "Toccarmi e sentirmi e .... e avermi! Ma non puoi"
Tom lo stava ascoltando soltanto a metà. Stava ponderando se mettergli il pigiama oppure no. Forse faceva troppo freddo per farlo dormire in mutande, ma l'idea di dover affrontare un'altra lotta per un paio di pantaloni gli appariva troppo snervante.
"Tu non puoi. Solo Tom può"
Il chitarrista rimase immobile, aspettando. Bill rimase in silenzio a lungo, guardandolo così intensamente che Tom finì per accorgersi di avere gli occhi di suo fratello addosso.
Si voltò lentamente, Bill era tornato molto serio come fanno spesso le persone ubriache.
"Fabian voleva. Lui lo voleva ogni dannata sera" esclamò. La sua espressione era cambiata di nuovo. Era quella composta e sicura di sè che Tom conosceva e gli aveva visto addosso un sacco di volte. Era suo fratello, quello, come se avesse di nuovo acquistato lucidità.
"Bill..."
"Però non gliel'ho mai permesso perchè io voglio te"
Tom deglutì, sembrava di parlare con un posseduto. Eppure sapeva che le ultime parole erano più sincere di quanto Bill avesse mai detto da sobrio. Che cosa doveva rispondere? Cosa ci si aspettava che facesse, lui, con un fratello completamente ubriaco che gli confessava di aver consacrato la propria verginità a lui? Cosa...
Fu Bill ad annullare la distanza che c'era tra di loro e a togliergli il peso di una risposta. Incrociò le dita appena dietro la sua nuca e lo baciò lentamente. Tom sentì il sapore della vodka sulla sua lingua e quello blandamente chimico del lucidalabbra di Bill. Il cantante si distese, portandoselo dietro ma Tom lo assecondò solo per dargli un altro bacio - più tenero del primo. "Non è il momento, Bill" gli sussurrò poi alzandosi.
Gli occhi nocciola del moro brillarono per un istante, ma non disse niente. Non c'era modo di decifrare cosa gli passasse per la testa. Si passò vagamente la lingua sulle labbra, cercando di non perdere il sapore di Tom che ci era rimasto sopra e lo guardò fisso senza dire niente.
"Dormi ora"
"Tomi?"
Tom era quasi arrivato alla porta quando Bill lo aveva richiamato indietro. Si voltò ad osservare la sagoma scura di suo fratello nel letto. "Sì?" chiese.
"Grazie di essere venuto a prendermi"
Tom si svegliò al suono di suo fratello che vomitava l'anima.
In realtà all'inizio non si accorse subito di cosa si trattava ma gli bastò poco per rendersi conto che il suono convulso che proveniva dal bagno non poteva essere altro che quello di suo fratello chino sulla tazza del gabinetto.
Tom lanciò un'occhiata alla sveglia e inquadrò le quattro del mattino con un'occhiata disgustata. Era un'ora indecente che avrebbe dovuto essere bandita dalla legge. Non era naturale essere in piedi quando il cielo era a metà tra quello del giorno e quello della notte. A meno che non si rientrasse da una discoteca, ma quello era un caso a parte. Si passò una mano tra i dreads scompigliati e si avviò a passo strascicato verso il bagno.
Suo fratello abbracciava la tazza come se fosse l'amore della sua vita. Se ogni volta che si era piegato su di essa aveva seriamente vomitato qualcosa, molto probabilmente non aveva più organi interni.
"Bill?"
Il cantante si voltò ma non disse niente. Fu Tom a spaventarsi: Bill era pallido come la morte e aveva gli occhi di nuovo febbricitanti. Non sembrava affatto che stesse vomitando dopo una sbronza. Si gettò verso di lui, tenendogli i capelli mentre rigettava di nuovo. "Da quanto sei qui?"
"Non lo so" la voce di Bill era strozzata, e molto fioca.
Tom aspettò che si liberasse del tutto e lo aiutò a pulirsi con la carta igienica. Gocce di sudore gli scivolavano lungo le tempie e la mascella: sudava eppure doveva avere la febbre altissima. Tom trascinò il fratello a sedere sul pavimento e lo strinse a sè.
"Credo che sia.... una crisi" balbettò Bill.
"Andrà tutto bene" cercò di rassicurarlo Tom accarezzandogli la testa. "Stai tranquillo"
"Tom..."
"Shh..." Tom gli dette un bacio sulla tempia. "Sono qui"
Bill si sistemò meglio tra le sue braccia e Tom lo cullò piano, per tranquillizzarlo.
La tende della piccola finestra erano scostate, Tom vide la luce rosa dell'alba colorare la città oltre il fiume Elbe. Appoggiò la testa contro il muro alle sue spalle e sentì il sonno che defluiva definitivamente dal suo corpo: non avrebbe potuto riaddormentarsi neanche se avesse voluto. Chiuse gli occhi rifiutandosi di pensare a cosa sarebbe successo di lì a qualche giorno; di pensare a qualunque cosa in effetti. Sembrava che l'unica cosa possibile da fare fosse rimanere lì seduti in terra, con le mattonelle fredde sotto la pelle e suo fratello che ancora tremava come se non potesse più smettere.
"Che sensazione è?" chiese Tom, fissando lo sguardo sul lavandino che stava prendendo forma nel buio.
Bill scosse la testa. "Non lo so. E' come.... un bisogno" mormorò. "E' come se sapessi con assoluta certezza che starei meglio se mi facessi"
Rimasero ancora in silenzio. Tom sembrava non essere neanche lì, si limitava ad accarezzare la testa di Bill mentre lentamente lui si calmava. Poi alla fine, quando ormai l'intera stanza era piena di sole, Tom scostò Bill leggermente. "Riesci ad alzarti?" gli chiese piano.
Bill annuì. Poggiò entrambe le mani a terra e si tirò su in piedi con l'aiuto del fratello. Tom lo tenne stretto, anche se Bill non dava affatto l'impressione di non potersi reggere in piedi: erano inquietanti i cambiamenti che avvenivano in lui a distanza di poche ore. "E' meglio se torni a stenderti" gli disse poi mentre entrambi si avviavano lungo il corridoio.
"No, io.."
"Bill, per favore, non fare i capricci"
Bill sorrise. La prima volta in dodici ore. Un sorriso stanco, ma abbastanza dolce da ricordare quello che era stato soltanto un mese prima. Tom rispose a quel sorriso quasi automaticamente.
Bill si passò una mano tra i capelli sudati e appiccicosi. "Dio, guarda in che stato sono. Devo darmi una sistemata..."
Tom scosse la testa. "Che prima donna che sei! Lo farai più tardi. Ora hai bisogno di dormire"
"Da quando sai di cosa ho bisogno?" lo prese in giro Bill.
Un sopracciglio si sollevò arcuandosi amabilmente sugli occhi nocciola di Tom. "L'ho sempre saputo. Io so sempre tutto"
Bill abbassò lo sguardo, vagamente rosso sulle guance. "Lo so"
Tom tossicchiò in imbarazzo e preferì dissimulare abilmente. Una volta in camera, lo fece stendere di nuovo sotto le coperte e gli tastò la fronte in maniera molto professionale come faceva sempre quando Bill aveva l'influenza e si disperava nel letto come se avesse una malattia terminale. Era sempre stato lui ad occuparsi di Bill quando stava male. C'era una sorta di legge non scritta per cui doveva essere lui e basta. Nessuno aveva mai preso il suo posto, era come intromettersi nella loro intimità di fratelli. Metteva a disagio. "Sembra che la febbre sia scesa di nuovo" constatò il rasta. "Hai sete? Un po' di latte magari?"
Bill scosse la testa. "Rimani con me finchè non mi addormento?"
"Sapevo che lo avresti detto" Tom sorrise.
And now I'm washed up,
I've had my fun...
and I feel like the mud
(Nirvana - Cocaine Girl)
La casa sapeva un po' di chiuso e Bill si era dato da fare ad aprire tutte le finestre. Tom aveva riacceso gas e riscaldamento, senza mai perdere di vista il fratello con la coda dell'occhio: sembrava che si fosse un po' ripreso.
Bill si voltò e gli sorrise. "Era da tanto che non venivamo qui"
"Almeno due anni" confermò Tom. "Credo che neanche mamma ci sia venuta"
"Era proprio come me la ricordavo" Bill si lasciò andare sul divano e fece segno a Tom di raggiungerlo. Si fece abbracciare, quindi avvolse entrambi nella coperta che aveva recuperato da uno degli armadi. "Sa di casa, non trovi?"
Tom non rispose. Per lui quel posto non aveva niente di speciale, anzi. Gli ricordava le urla di sua madre e suo padre che tentavano di farsi tutto il male possibile, le litigate fuoriose e il rumore dei piatti che si rompevano contro il muro. Ricordava il terrore negli occhi di Bill quando era sembrato che li avrebbero divisi e che ognuno di loro sarebbe andato a vivere con un genitore diverso. Bill era scappato via e si era chiuso in cantina, rifiutando di aprire a chiunque se non a lui. E Tom aveva passato tutta la notte ad abbracciarlo, a dirgli che sarebbe andato tutto bene. Bill aveva pianto così tanto da sfinirsi.... e poi era andata com'era andata. Simone aveva ottenuto l'affidamento e Bill si era dimenticato il terrore, aveva fatto uno dei suoi sorrisoni e si era scrollato di dosso tutto l'incidente.
Lui, come al solito, non c'era riuscito. Ecco qual'era la differenza tra loro: la sensibilità di Bill era esagerata ma priva di memoria. Tom era una spugna, invece, assorbiva qualunque cosa.
"A cosa pensi?" gli chiese Bill, riportandolo alla realta.
"Niente di particolare" mentì il fratello. "Sono solo un po' stanco"
Bill aveva occhiaie profonde, ma i suoi occhi non erano più opachi come lo erano stati sull'aereo. Si mosse nell'abbraccio che lo legava a Tom e cercò le sue labbra.
Tom non se lo aspettava. Rimase immobile all'inizio, come se quello che stava accadendo non avesse alcun senso. In fondo era successo tutto così in fretta che non aveva ancora neanche capito dove rimettere tutti i pezzi, quanto e come dovesse agire. Era ancora indeciso se evitare ulteriori contatti col fratello, se limitarli alle sole nottate o se....
Poi però Bill premette gentilmente contro la sua bocca, senza demordere, e lui si lasciò andare. Lo baciò piano all'inizio, fu quasi soltanto uno sfiorare di labbra, poi approfondì quel contatto, stringendolo a sè.
Bill gli si sciolse tra le braccia completamente, una sensazione che aveva già sperimentato la notte precedente: il corpo di Bill aderiva al suo e poi ci si appoggiava, come se non riuscisse a sostenere il proprio peso. Tom se lo sentiva addosso anche se erano entrambi seduti.
Era uno strano calore quello che si stava sprigionando. Tom non lo aveva mai provato con nessuna ragazza ma - con suo grande sorpresa - si rese conto che lo aveva sempre provato con Bill, anche prima di finirci a letto. Molte volte, da bambini e da ragazzi erano stati abbracciati sul divano insieme sotto la stessa coperta ed era stato lo stesso calore, lo stesso tipo di conforto.
I baci di Bill si erano fatti più profondi; scivolarono lentamente lungo la mandibola e si fermarono sul collo. Tom reclinò la testa all'indietro, esponendo ancora più pelle alle amorevoli cure di Bill. Lo sentì mordere piano e succhiare con studiata lentezza la piacevole ferita che gli aveva procurato: non si preoccupò che fosse in un punto particolarmente visibile, non sarebbe stato strano per la produzione se Tom avesse avuto un segno rosso. Li aveva sempre.
Il suo cervello registrò quello che stava avvenendo, mise in fila i concetti uno ad uno e glieli presentò perchè ci ragionasse sopra: Tom era quasi disteso su un divano, con Bill tra le braccia che gli succhiava il collo. Il corpo di Bill era morbido e caldo e probabilmente quello che sentiva non era il mazzo di chiavi nella tasca dei pantaloni mostruosamente aderenti di suo fratello. L'allarme scampanellò immediatamente nella testa del chitarrista.
"O-ok Bill..?" gli sussurrò piano all'orecchio, cercando di tirarsi fuori da quel tepore. Le mani del cantante gli stavano accarezzando piano la pancia.
"Mm?" Bill si scostò dal collo ma tornò a baciarlo sulle labbra. Gli occhi semi-chiusi.
Tom ricambiò il bacio, cercando contemporaneamente di sgusciare via dalla sua stretta. "Forse dovremmo sistemare un po' le nostre cose..." azzardò.
Bill si appoggiò di nuovo sulle sue labbra e gli strappò un altro bacio. "Lo faremo senz'altro dopo" sorrise, divertito.
"Non fare il pigro"
Il sorrise di suo fratello divenne ferino e gli occhi brillarono. "Posso darti qualche buon motivo per rimandare" gli sussurrò all'orecchio.
Tom benedì il cellulare che si mise a suonare proprio in quel momento, salvandolo. "Pronto?" rispose, prima ancora di leggere chi era sul display. E avrebbe senz'altro dovuto.
Bill si mise seduto accanto a lui, sbuffando infastidito.
"Siete deficenti o cosa?" ululò la voce di David dall'altra parte.
"Ciao anche a te David" rispose il chitarrista, lanciando un'occhiata più che esplicativa al fratello. Bill non si scompose. Si alzò dal divano con aria annoiata e ancheggiò fino alla cucina, mostrando a Tom - senza apparente intenzione - lo spettacolo del suo sedere che ondeggiava armonico.
Tom deglutì, faticando a staccare gli occhi da suo fratello. Solo allora si rese conto che David stava ancora parlando e lui non aveva sentito una parola. "Come dicevi, scusa?"
"Non mi stavi ascoltando?" sbraitò il manager dall'altra parte.
"No! No! Cioè sì..." Tom si alzò dal divano, lanciò un'ultima occhiata a Bill che aveva recuperato una lattina dalla dispensa, quindi si voltò. "E' solo che la linea è disturbata"
"No, siete voi quelli disturbati!" lo apostrofò David. "Saki mi ha detto che siete a Magdeburg! Vi ha dato di volta il cervello?!?"
Tom sospirò. "No, io.... David senti, sono stati due giorni difficili. Abbiamo bisogno di tempo"
"Non lo avete"
"Bill ha bisogno di un po' di tranquillità"
Dall'altra parte David non parlava: ululava. "E' stato via tre settimane, non gli è bastata come vacanza??"
"E' complicato, David" Tom fece il giro del divano e non potè fare a meno di rimettere gli occhi su Bill che ora era appoggiato al lavandino e gli dava la schiena. "In fondo cosa sarà mai qualche giorno in più?"
"Sono quattro interviste e cinquemila euro buttati nel cesso, ecco cos'è" replicò stizzito l'uomo al telefono. "La casa di produzione sta---"
"--sta dando di matto, me ne rendo conto" lo assecondò Tom. "Ma ti giuro che..."
Bill aveva appoggiato la lattina sul piano della cucina ed era piegato in maniera strana. Tom non potè fare a meno di notare il tremore leggero delle sue dita che aprivano il rubinetto.
"Tom?" David, dall'altra parte della cornetta.
"Sì, ci sono"
"Senti, ti dò tre giorni. Solo tre ma vi voglio qui mercoledì mattina, niente più proroghe"
Tom annuì, senza mai staccare gli occhi da suo fratello.
"Mi hai sentito?"
"Sì, David, solo tre giorni"
"Non costringermi a venire là a prendervi"
"Ci saremo"
Poi Tom aveva lanciato il telefono sul divano senza spegnerlo e si era gettato su suo fratello che aveva perso i sensi.
"Hey..."
Non un grande esordio dopo mezz'ora di preoccupante silenzio, ma a Tom fu sufficente per rilassarsi. Sorrise al fratello che aveva appena pronunciato quell'unica, flebile parolina, e gli accarezzò la testa. "Hey anche a te"
"Cos'è successo?"
Tom era seduto al capezzale del letto matrimoniale nella camera di sua madre. Portare suo fratello in braccio fino a lì era stata dura visto che neanche lui era massiccio. "Sei andato giù come una pera" rispose.
Bill socchiuse gli occhi, mentre gli tornava la memoria. "Un capogiro, forse"
"Forse" concordò il biondo. "O forse dovremmo aspettarci di peggio"
Il cantante socchiuse gli occhi e volse lo sguardo altrove. "Non ci sarà nessun problema"
"Bill..."
"Non ci sarà" ribadì il moro, con la sua solita stizza. Poi fece forza sulle braccia per alzarsi ma sembrò fare una gran fatica.
"E' meglio se rimani disteso. Ti va un po' di the?" propose Tom, cercando di ignorare l'atteggiamento insopportabile del fratello. "Hai bisogno di zuccheri"
L'espressione nauseata di Bill fu un bel corollario alla sua risposta. "Dio no, ho la nausea. E' da quando siamo scesi dall'aereo che ce l'ho"
"E' solo un po' d'acqua calda zuccherata, non credo che--"
"Tom, ti ho detto che non lo voglio"
Il rasta ci rimase leggermente male, ma si limitò a sospirare. Se voleva portar fuori suo fratello da quell'inferno, doveva avere pazienza. Anzi, doveva averla per tutti e due.
"Voglio alzarmi" continuò Bill, col solito cipiglio.
"Ok, d'accordo. Ti va un film? C'è ancora qui tutta la mia collezione" Tom mostrò un prodigioso ghigno mefistofelico.
"Esplosioni, sangue e turpiloquio continuo?" chiese Bill alzando un sopracciglio, così che gli si formarono tre o quattro rughe sopra l'occhio destro. "No, grazie. Ne faccio volentieri a meno. Vado a farmi un giro..."
"Vengo con te!" si affrettò a dirgli Tom, aiutandolo anche ad alzarsi in piedi.
Bill allontanò il braccio del fratello con stizza. "Tom lasciami! Non sono impedito!" sbraitò.
Tom aprì la bocca per replicare, ma la richiuse quasi subito. "Cercavo solo di aiutarti"
"Beh non hai bisogno di venirmi dietro come se avessi tre anni!"
"Bill, sei appena svenuto! Sono preoccupato!"
Il cantante lo superò, roteando gli occhi al cielo come se la frase di Tom fosse stata incredibilmente noiosa. Si tolse la maglia, camminando, e la gettò in terra quindi tornò in salotto per rovistare nella sua valigia con Tom sempre dietro che tentava di ignorare le sue forme longilinee. "Bill, ascoltami per lo meno"
"Ti sto ascoltando" arrivò da Bill, accosciato di fronte alla valigia mentre cercava qualcosa di adeguato da mettersi.
Tom si ritrovò di nuovo a sospirare. Ricordava vagamente sua madre che faceva la stessa cosa ogni volta che tentava di far capire loro qualcosa e loro si rifiutavano di starla a sentire.
Non avrebbe mai pensato di finire come sua madre. "Che tu abbia avuto un capogiro o sia sato un effetto collaterale di tutta la roba che ti sei fatto... non ha nessuna importanza. Metti che succeda di nuovo mentre sei fuori! E' pericoloso!"
Bill aveva ormai scartato metà del suo guardaroba. Aveva sul viso la faccia da Mio Dio, non ho niente da mettermi! che saltava fuori periodicamente ogni due mesi e che costringeva Saki ad uno stressante tour de force per un centinaio di boutique differenti. Saki odiava portare Bill a fare shopping, e non perchè fosse shopping, ma perchè Bill era devastante quando doveva comprare qualcosa: si provava tutto tre milioni di volte, pretendeva colori che non c'erano, taglie inesistenti e se aveva una certa idea in testa non si fermava fino a che non trovava quello che aveva pensato esattamente. E per Saki questo significava scortarlo per pomeriggi interi, tenendo d'occhio lui che vagolava senza logica da un negozio all'altro e tenendo d'occhio anche il gruppo di ragazzine che puntualmente si formava e lo seguiva uggiolando per avere la sua attenzione. Tom sperò che suo fratello non pretendesse che lui prendesse il posto di Saki: era pronto a legarlo e imbavagliarlo per evitarsi tale tortura. "Tom, sto bene" ripetè Bill, alla fine, riuscendo a trovare una maglietta di suo gradimento. "E starò via soltanto un po'. Non ho bisogno della tata"
"Perchè non posso venire con te?" insistette Tom. "Mi sentirei più tranquillo"
"Perchè non ce n'è bisogno Tom!" esclamò alla fine suo fratello, esasperato. "Sono grande e vaccinato. E posso cavarmela da solo!"
Bill si riavviò i capelli davanti allo specchio del corridoio e approvò la propria immagine riflessa dopo aver ritoccato leggermente il trucco. Notò lo sguardò preoccupato di suo fratello nello specchio e gli sorrise, anche se non era il sorriso dolce che piaceva a Tom. "Ci vediamo dopo?"
Tom fu costretto a cedere. "Quando torni?"
Bill si strinse nelle spalle frivolo. "Non troppo tardi!"
Il non più tardi di Bill superò la mezzanotte.
Tom aveva camminato avanti e indietro per il corridoio l'equivalente del percorso della maratona di New York almeno tre volte e non si era ancora fermato. Aveva provato a chiamare suo fratello sul cellulare almeno cinquanta volte ma ovviamente quel cretino si guardava bene dal rispondere. Nel tentativo di calmarsi aveva guardato un film alla televisione ma non riusciva ad esaltarsi per le sparatorie e le budella che saltavano da tutte le parti, il suo cervello era fisso sul pensiero di Bill. E se gli fosse successo qualcosa? Se fosse svenuto di nuovo? O peggio! Se avesse deciso di scappare ancora?
Questa ipotesi Tom l'aveva scartata alla fine, perchè la valigia di Bill era ancora in salotto, adorabilmente disfatta e se c'era una cosa che Bill non avrebbe mai fatto era partire senza almeno quattro cambi con sè.
Quando ormai aveva già immaginato ogni possibile scenario apocalittico e non seppe più se uscire a cercarlo o chiamare la polizia sentì la porta aprirsi. Tom si buttò giù dal divano, senza più neanche in testa il cappellino che gli era scivolato giù nel dormiveglia. "Bill!"
Bill gli sorrise, quindi inciampò nel primo scalino. E poi nel secondo. E si mise a ridere:
Tom gli fu subito accanto e lo sostenne. "Cosa diavolo...?"
"Sono ubriaco" rise ancora il cantante.
Tom allontanò il viso dall'alito pestilenziale del fratello. C'era odore di Vodka ogni volta che diceva qualcosa. "Lo sento" commentò. "Dove sei stato fin'ora?"
"Ovunque! Questo posto è un buco"
"E' Magdeburg, mica Los Angeles! Cosa ti aspettavi?" lo rimproverò il fratello. "Non te la ricordi più la tua città?"
Bill sembrò non averlo neanche sentito. Si lasciò trascinare in salotto e si sedette sul divano con un'altra risata impastata di vodka.
"Guarda come sei ridotto..." Tom gli sbottonò il giubbotto, mentre Bill si metteva a canticchiare una nenia su degli elefanti e un filo di ragnatela. Gli sfilò una manica, ma Bill teneva l'altro braccio bloccato contro il corpo, impedendogli di sfilare anche l'altra.
Il cantante si piegò in avanti, prima ridendo e poi emettendo un gridolino di sdegno. "Lasciami stare" piagnucolò lagnoso, stringendosi il braccio sulla pancia. Il giubbotto gli pendeva quasi sfilato da una parte.
Tom sbuffò, spogliarlo diventava faticoso se Bill non lo assecondava nei movimenti. Era capitato soltanto una volta in passato che Bill avesse bevuto tanto da non reggersi neanche in piedi. In quell'occasione Tom aveva dovuto togliergli i vestiti, mettergli il pigiama e infilarlo sotto le coperte. Il tutto mentre Bill insisteva per ballare la macarena. "Dammi una mano invece di lamentarti" cercò di convincerlo, dolcemente.
"Gno" protestò Bill, guardandolo attraverso le palpebre quasi chiuse.
Tom lo ignorò e cercò di sfilargli nuovamente la manica che era rimasta. Bill fece un po' di resistenza, poi Tom riuscì nell'impresa.
Lo costrinse ad alzarsi in piedi e lo sostenne mentre Bill gli si appoggiava addosso a peso morto. "Devi dormire" gli disse, trascinandolo per il corridoio.
Una volta in camera lo fece sedere sul letto e gli tirò via le scarpe e i pantaloni con asettica praticità. In quel momento non gli passava neanche per l'anticamera del cervello quanto fossero sensuali i fianchi di suo fratello.
Bill gli gettò le braccia al collo. "Io lo so perchè mi stai spogliando" gli sussurrò divertito sulle labbra con un sorriso un po' ebete e lo sguardo vacuo. Ridacchiò. "Perchè vuoi fare sesso con me"
Tom espirò, pazientemente. Gli tirò su la maglietta e gliela tirò via, ignorando le proteste di Bill che rimase incastrato nella scollatura prima col naso e poi con i capelli.
"No! No! Io lo so cosa vuoi tu!" continuò il cantante imperterrito e tutto spettinato. "Tu vuoi che...che..."
Tom aspettò che finisse la frase, nella speranza di poterlo poi mettere a letto definitivamente. "Tu vuoi che..." Bill sembrò pensieroso. Il cervello gli andava così a rilento che non aveva più le parole. Ci mise un po' prima di tornare a guardarlo, l'occhio sempre più lucido e il viso sempre più convinto. "... tu vuoi stendermi su questo letto e scoparmi".
"No Bill, voglio che tu dorma almeno otto ore" rispose Tom, liberandosi dalle braccia di suo fratello e tirando indietro le coperte.
"E' quello che vorresti fare" continuava a blaterare il cantante. "Toccarmi e sentirmi e .... e avermi! Ma non puoi"
Tom lo stava ascoltando soltanto a metà. Stava ponderando se mettergli il pigiama oppure no. Forse faceva troppo freddo per farlo dormire in mutande, ma l'idea di dover affrontare un'altra lotta per un paio di pantaloni gli appariva troppo snervante.
"Tu non puoi. Solo Tom può"
Il chitarrista rimase immobile, aspettando. Bill rimase in silenzio a lungo, guardandolo così intensamente che Tom finì per accorgersi di avere gli occhi di suo fratello addosso.
Si voltò lentamente, Bill era tornato molto serio come fanno spesso le persone ubriache.
"Fabian voleva. Lui lo voleva ogni dannata sera" esclamò. La sua espressione era cambiata di nuovo. Era quella composta e sicura di sè che Tom conosceva e gli aveva visto addosso un sacco di volte. Era suo fratello, quello, come se avesse di nuovo acquistato lucidità.
"Bill..."
"Però non gliel'ho mai permesso perchè io voglio te"
Tom deglutì, sembrava di parlare con un posseduto. Eppure sapeva che le ultime parole erano più sincere di quanto Bill avesse mai detto da sobrio. Che cosa doveva rispondere? Cosa ci si aspettava che facesse, lui, con un fratello completamente ubriaco che gli confessava di aver consacrato la propria verginità a lui? Cosa...
Fu Bill ad annullare la distanza che c'era tra di loro e a togliergli il peso di una risposta. Incrociò le dita appena dietro la sua nuca e lo baciò lentamente. Tom sentì il sapore della vodka sulla sua lingua e quello blandamente chimico del lucidalabbra di Bill. Il cantante si distese, portandoselo dietro ma Tom lo assecondò solo per dargli un altro bacio - più tenero del primo. "Non è il momento, Bill" gli sussurrò poi alzandosi.
Gli occhi nocciola del moro brillarono per un istante, ma non disse niente. Non c'era modo di decifrare cosa gli passasse per la testa. Si passò vagamente la lingua sulle labbra, cercando di non perdere il sapore di Tom che ci era rimasto sopra e lo guardò fisso senza dire niente.
"Dormi ora"
"Tomi?"
Tom era quasi arrivato alla porta quando Bill lo aveva richiamato indietro. Si voltò ad osservare la sagoma scura di suo fratello nel letto. "Sì?" chiese.
"Grazie di essere venuto a prendermi"
Tom si svegliò al suono di suo fratello che vomitava l'anima.
In realtà all'inizio non si accorse subito di cosa si trattava ma gli bastò poco per rendersi conto che il suono convulso che proveniva dal bagno non poteva essere altro che quello di suo fratello chino sulla tazza del gabinetto.
Tom lanciò un'occhiata alla sveglia e inquadrò le quattro del mattino con un'occhiata disgustata. Era un'ora indecente che avrebbe dovuto essere bandita dalla legge. Non era naturale essere in piedi quando il cielo era a metà tra quello del giorno e quello della notte. A meno che non si rientrasse da una discoteca, ma quello era un caso a parte. Si passò una mano tra i dreads scompigliati e si avviò a passo strascicato verso il bagno.
Suo fratello abbracciava la tazza come se fosse l'amore della sua vita. Se ogni volta che si era piegato su di essa aveva seriamente vomitato qualcosa, molto probabilmente non aveva più organi interni.
"Bill?"
Il cantante si voltò ma non disse niente. Fu Tom a spaventarsi: Bill era pallido come la morte e aveva gli occhi di nuovo febbricitanti. Non sembrava affatto che stesse vomitando dopo una sbronza. Si gettò verso di lui, tenendogli i capelli mentre rigettava di nuovo. "Da quanto sei qui?"
"Non lo so" la voce di Bill era strozzata, e molto fioca.
Tom aspettò che si liberasse del tutto e lo aiutò a pulirsi con la carta igienica. Gocce di sudore gli scivolavano lungo le tempie e la mascella: sudava eppure doveva avere la febbre altissima. Tom trascinò il fratello a sedere sul pavimento e lo strinse a sè.
"Credo che sia.... una crisi" balbettò Bill.
"Andrà tutto bene" cercò di rassicurarlo Tom accarezzandogli la testa. "Stai tranquillo"
"Tom..."
"Shh..." Tom gli dette un bacio sulla tempia. "Sono qui"
Bill si sistemò meglio tra le sue braccia e Tom lo cullò piano, per tranquillizzarlo.
La tende della piccola finestra erano scostate, Tom vide la luce rosa dell'alba colorare la città oltre il fiume Elbe. Appoggiò la testa contro il muro alle sue spalle e sentì il sonno che defluiva definitivamente dal suo corpo: non avrebbe potuto riaddormentarsi neanche se avesse voluto. Chiuse gli occhi rifiutandosi di pensare a cosa sarebbe successo di lì a qualche giorno; di pensare a qualunque cosa in effetti. Sembrava che l'unica cosa possibile da fare fosse rimanere lì seduti in terra, con le mattonelle fredde sotto la pelle e suo fratello che ancora tremava come se non potesse più smettere.
"Che sensazione è?" chiese Tom, fissando lo sguardo sul lavandino che stava prendendo forma nel buio.
Bill scosse la testa. "Non lo so. E' come.... un bisogno" mormorò. "E' come se sapessi con assoluta certezza che starei meglio se mi facessi"
Rimasero ancora in silenzio. Tom sembrava non essere neanche lì, si limitava ad accarezzare la testa di Bill mentre lentamente lui si calmava. Poi alla fine, quando ormai l'intera stanza era piena di sole, Tom scostò Bill leggermente. "Riesci ad alzarti?" gli chiese piano.
Bill annuì. Poggiò entrambe le mani a terra e si tirò su in piedi con l'aiuto del fratello. Tom lo tenne stretto, anche se Bill non dava affatto l'impressione di non potersi reggere in piedi: erano inquietanti i cambiamenti che avvenivano in lui a distanza di poche ore. "E' meglio se torni a stenderti" gli disse poi mentre entrambi si avviavano lungo il corridoio.
"No, io.."
"Bill, per favore, non fare i capricci"
Bill sorrise. La prima volta in dodici ore. Un sorriso stanco, ma abbastanza dolce da ricordare quello che era stato soltanto un mese prima. Tom rispose a quel sorriso quasi automaticamente.
Bill si passò una mano tra i capelli sudati e appiccicosi. "Dio, guarda in che stato sono. Devo darmi una sistemata..."
Tom scosse la testa. "Che prima donna che sei! Lo farai più tardi. Ora hai bisogno di dormire"
"Da quando sai di cosa ho bisogno?" lo prese in giro Bill.
Un sopracciglio si sollevò arcuandosi amabilmente sugli occhi nocciola di Tom. "L'ho sempre saputo. Io so sempre tutto"
Bill abbassò lo sguardo, vagamente rosso sulle guance. "Lo so"
Tom tossicchiò in imbarazzo e preferì dissimulare abilmente. Una volta in camera, lo fece stendere di nuovo sotto le coperte e gli tastò la fronte in maniera molto professionale come faceva sempre quando Bill aveva l'influenza e si disperava nel letto come se avesse una malattia terminale. Era sempre stato lui ad occuparsi di Bill quando stava male. C'era una sorta di legge non scritta per cui doveva essere lui e basta. Nessuno aveva mai preso il suo posto, era come intromettersi nella loro intimità di fratelli. Metteva a disagio. "Sembra che la febbre sia scesa di nuovo" constatò il rasta. "Hai sete? Un po' di latte magari?"
Bill scosse la testa. "Rimani con me finchè non mi addormento?"
"Sapevo che lo avresti detto" Tom sorrise.