Personaggi: Bill, Tom, David, Saki, OMC
Genere: Drammatico, Romantico, Hurt/Comfort
Avvisi: Lemon, slash, WIP
Rating: NC-17
Capitoli: 15 (on hiatus)
Note: Moscow Intimacy è la mia re-interpretazione di un'altra fanfiction che s'intitola "Ti amo" ed è opera di Alba. Potete trovare l'originale qui. Alba è perfettamente a conoscenza della mia versione, quindi non datevi disturbo ad urlare al plagio.
Riassunto: Sapendo di non poter continuare a vivere accanto al fratello dopo avergli dichiarato il suo amore, Bill se ne va facendo perdere le sue tracce. Tom va a cercarlo, per chiarire la situazione.
Genere: Drammatico, Romantico, Hurt/Comfort
Avvisi: Lemon, slash, WIP
Rating: NC-17
Capitoli: 15 (on hiatus)
Note: Moscow Intimacy è la mia re-interpretazione di un'altra fanfiction che s'intitola "Ti amo" ed è opera di Alba. Potete trovare l'originale qui. Alba è perfettamente a conoscenza della mia versione, quindi non datevi disturbo ad urlare al plagio.
Riassunto: Sapendo di non poter continuare a vivere accanto al fratello dopo avergli dichiarato il suo amore, Bill se ne va facendo perdere le sue tracce. Tom va a cercarlo, per chiarire la situazione.
08. Ready, set, go!
Per qualche strana ragione Tom sapeva che quel silenzio non sarebbe durato a lungo: forse perchè intuiva che Bill non poteva rimanere a vita nel gabinetto.
Dopo mezz'ora di silenzio assoluto, Tom sentì la porta scattare ma non si mosse. Rimase con la testa nascosta tra le braccia e attese.
Bill fece qualche passo incerto verso di lui. Tom sentì le assi di legno scricchiolare leggermente sotto il suo peso, ma continuò ad ignorarlo.
"Tomi?"
"Cosa vuoi?" borbottò.
Bill deglutì così forte che Tom riconobbe il suono del pomo d'adamo che gli andava su e giù per la gola. "Io..."
Tom non voleva dargliela vinta velocemente. Di solito, in momenti simili, era sufficente che Bill facesse il primo passo - uno qualunque, bastava una parola - e lui si scioglieva. Non lo faceva neanche finire di parlare e lo aveva già abbracciato. Ma stavolta Tom voleva che il suo adorabile e isterico fratellino si impegnasse un po' di più per avere la sua attenzione e il suo perdono. Solo che non si aspettava che Bill uscisse dal bagno in quelle condizioni.
"T-tomi..." la voce di Bill fu scossa da un tremolio evidente. Una nota di indecisione, di terrore, di tristezza tutto quanto insieme. E Tom non era mai riuscito a fare il duro, in vita sua. Alzò la testa e trovò quella silfide di suo fratello in lacrime, il mascara che colava di nuovo come la sera precedente.
"Beh, che hai adesso?" esclamò, confuso.
Bill scosse la testa, tirando su col naso.
Tom si tirò su dal pavimento e lo prese per le spalle, cercando il suo sguardo. "Bill?"
Il cantante balbettò qualcosa di indecifrabile, e quando suo fratello sollevò un sopracciglio ancora più confuso di prima inspirò profondamente e ci riprovò: "Non voglio... non volevo...oh, accidenti..." alzò gli occhi al cielo. Odiava non avere le parole. "Non so cosa mi è preso. Lo so che dobbiamo tornare a casa, solo che forse non me lo aspettavo così presto"
Tom gli accarezzò una spalla, dolcemente. "Ti porterei da qualche altra parte, se fosse possibile, lo sai questo vero? Ma David sta dando fuori di matto e se tiriamo troppo la corda la casa di produzione potrebbe stancarsi"
Bill annuì, più a sè stesso che a lui, ma continuava a piangere.
"Bill, dai, non è così grave" cercò di rassicurarlo il fratello. "Che ti prende?"
"Odio litigare con te!" sbottò il moro, singhiozzando.
"Anche io, ma tanto finisce sempre così. Quindi qual'è il problema?"
"Non lo so!" esclamò Bill. "Non riesco a fermarmi. Mi sento così.... Tomi dimmi che non mi odi per quello che ti ho detto!!"
Tom guardò sconvolto Bill che gli si buttava tra le braccia scosso dai singhiozzi. Era difficile credere che si stesse disperando a quel modo dopo che, solo trenta minuti prima, era stato pronto a mangiarlo vivo e ad accusarlo delle cattiverie più atroci. "Bill, calmati! Va tutto bene. Sei una testa di cazzo ma ci sono abituato"
"Dimmi che non mi odi" ripetè Bill mugolando, senza staccarsi da lui.
Tom sospirò. "No che non ti odio. Contento ora?"
Bill tirò un'ultima volta su col naso, improvvisamente di nuovo calmo. Si pulì le sbavature sulle guance e sugli occhi accuratamente.
"Possiamo tornare a casa, allora?" si assicurò Tom, prima di ritrovarsi di nuovo con un fratello che gli tirava dietro la piastra per capelli. "Siamo d'accordo?"
Bill annuì, le mani ancora sul petto del gemello.
"E ..." si affrettò ad aggiungere Tom. "... non c'entra niente con quello che è successo ieri sera. Qualunque cosa sia, avremo modo di ragionarci sopra quando saremo entrambi a Berlino"
"Va bene" acconsentì Bill, con la voce ancora un po' tremula.
Tom sorrise, in quel suo modo caratteristico. "Perchè finisce sempre a singhiozzi? Ce lo hai scritto sul contratto che devi piangere? Ti pagano a lacrime?"
Bill ridacchiò, incapace di mantenere un contegno lacrimevole e disperato quando c'era suo fratello. Gli tirò un pugno leggero. "Scemo!"
"No, dico sul serio! M'interessa!" scherzò il biondo. "Potrei farci un pensierino!"
In tutta risposta Bill lo strinse in un abbraccio, nascondendogli il viso su una spalla. "Ti voglio bene, Tom" disse, convinto.
"Anche io"
Rimasero così per un po', con Tom rigido come un fuso: le smancerie non erano il suo forte. Non era mai stato capace di fare coccole, tenere la gente per mano o dimostrare affetto in un modo che non richiedesse un po' più di... elaborazione, diciamo. Quello coccoloso era sempre stato Bill, quando non era isterico. "Hem, Bill?"
"Sì?"
"Lo sai che per colpa del tuo teatrino non ho ancora fatto la doccia?" esclamò il biondo, per togliersi d'impaccio.
Bill si allontanò da lui con disgustata lentezza. "Ma. Che. Schifo. TOM!" gracchiò, scandalizzato.
Tom rise. "Non è colpa mia!"
"Fila a farti la doccia!" gli ordinò il gemello, indicando il bagno perentorio.
"Vado, vado"
Ci vollero altre due ore prima che tutto fosse pronto. Mentre Tom faceva la doccia, Bill aveva praticamente disfatto la sua valigia alla ricerca di abiti adatti, come se andare all'areoporto fosse una serata di gala e ci era voluta almeno un'altra mezz'ora perchè il cantante riuscisse a richiudere la Sansonite con tutta la roba che ci aveva stipato dentro.
Quando raggiunsero l'Areoporto Internazionale di Monaco, erano già le 4 del pomeriggio e Andreas li attendeva letteralmente accampato nella sala d'attesa, con un libro aperto in mano e tutto intorno una bella collezione di cibo-spazzatura comprensiva di quattro o cinque menù di Burger King ancora caldi, pizza assortita e una dozzina tra gli snack più calorici che il genere umano avesse mai creato.
Bill non si stupì che Andreas fosse stato coinvolto nella faccenda. Andreas era sempre coinvolto, non importava in cosa. E soprattutto, non importava che lo volesse. Qualsiasi cosa fosse successa ai due gemelli negli ultimi diciotto anni, Andreas era sempre stato al loro fianco a condividerne le gioie e le sofferenze. Soprattutto le sofferenze.
"Pensavo aveste deciso di trasferirvi qui a Monaco" commentò sarcastico il biondino, riuscendo a posare gli occhi su Bill senza rabbrividere al pensiero di quello che gli era stato raccontato quella mattina. "Lo sapete da quanto sono qui?"
"A giudicare dalle schifezze che ti circondano, più o meno una settimana" commentò Bill, con aria di superiorità. Poi, tra le mille cartacce di merendine, scorse un barattolo gigante di caramelle gommose e ci si buttò sopra a pesce senza chiedere il permesso. "Oh! Caramelle!"
"Prego fa pure..." brontolò interdetto Andreas.
"Hai fatto i biglietti?"
Andreas annuì. "Ben sapendo che la Bella Addormentata qui" indicò Bill, che gli ringhiò contro con un serpente al limone che gli scondinzolava dalle labbra "avrebbe impiegato un'eternità a prepararsi, ho preso i biglietti per il volo delle cinque. A quanto pare vi resta giusto il tempo per il check in".
Le valigie furono imbarcate velocemente, con una sovratassa alla valigia di Bill che pesava più o meno come un piccolo elefante; quindi i tre ragazzi tornarono a sedersi in saletta dove ognuno di loro si guardò bene dal sollevare l'argomento imbarazzante. Andreas raccontò loro la sua vita nelle ultime settimane, Tom raccontò agli altri due cos'era successo mentre Bill non c'era. E Bill li ascoltò entrambi con entusiasmo, facendo più domande possibili in modo che non scendesse mai il silenzio. Ad un certo punto però, complice la coca-cola di Andreas o forse il quintale di caramelle gommose, Bill dovette andare in bagno e si avventurò da solo per il terminal in cerca della toilet con il suo zainetto nero sulle spalle.
L'aeroporto di Monaco era piuttosto grande. Bill tentò più volte di capire dove fosse e dove dovesse dirigersi ma le grandi mappe disposte sui muri non erano di grande aiuto. O forse lui non era mai stato capace di leggerle, in effetti.
Si aggirò a caso un po' ovunque. Passando, oltretutto, più e più volte di fronte ad Andreas e Tom senza vederli (e senza che loro vedessero lui!), perdendosi ogni volta che svoltava un angolo.
La folla era immensa. C'erano centinaia di persone che si muovevano e lui, sinceramente, non le stava neanche guardando. Fu per questo che non vide i quattro uomini in giacca e cravatta scura che gli venivano incontro. Perso com'era a cercare di leggere l'ennesima cartina che gli indicava Voi siete qui - SI MA QUI DOVE? - non si rese conto che gli stavano venendo addosso fino a che non sbattè violentemente contro il muro.
"Ma che diamine! Stia più--" ma le parole gli morirono in gola.
Uno degli uomini, nascosto dietro le lenti scure degli occhiali, gli sorrise. "Salve, René"
Rimasti soli, Tom e Andreas si erano messi d'impegno a guardare l'infinito per non dover interagire. In realtà, era Tom che fissava una mattonella del pavimento come se volesse farci un buco in mezzo per non dare ad Andreas la possibilità di fare domande a cui non voleva rispondere. Il punto era che ad Andreas non interessava affatto che fosse lui a dargli quella possibilità. E se la prese da solo.
"Che cosa hai deciso di fare, alla fine?" chiese, appoggiando le braccia sulle gambe per avvicinarsi ad un Tom ingobbito.
"Potremmo evitare di parlare di questo?" replicò Tom, nervoso. "Non ce lo abbiamo un altro argomento? Che ne so, i soliti: sport, musica, donne..."
Andreas si strinse nelle spalle. "Non mi sembra il caso di prendersela. Credevo che avessi affrontato la faccenda quando Bill si è svegliato. Comunque possiamo anche spingerci su altri terreni. Vediamo, a quanto ricordo dall'ultima volta che abbiamo fatto sport - qualsiasi tipo di sport - sei finito con qualche stiramento. Riguardo alla musica.... no, non ho voglia di parlare dei Tokio Hotel..." a quel punto Tom spalancò gli occhi, folgorato da un'idea "... e ASSOLUTAMENTE NO! Non voglio parlare di Samy Deluxe! Quante volte devo dirtelo che il rap di fabbricazione extra-americana mi fa ancora più schifo di quello originale?"
Tom sbuffò abbacchiato. "Beh allora non ci resta che parlare di donne"
"Argomento un po' ridicolo visti i recenti sviluppi"
"Andreas!" sbottò il chitarrista. "Guarda che non sono diventato gay!"
Il biondo indicò a caso fra la folla. "Gridalo più forte, credo che la signora laggiù vestita di verde non ti abbia sentito bene"
"Beh, in ogni caso: ti ho già detto che non parlerò di Bill"
Andreas non si scompose. "Pienamente d'accordo. Ce ne parlerà lui stesso a sufficenza una volta saliti sull'aereo"
"Comunque non ho deciso ancora niente" seguitò il chitarrista, senza che l'amico avesse insistito.
"Non ne avete parlato?"
"No, cioè... sì" Tom sospirò. Sapeva che se avesse lasciato ad Andreas la possibilità di aprire bocca, sarebbe finita in quel modo. "Bill si è fatto un sacco di paranoie. Mi ha perfino accusato di ... di beh, di aver fatto quello che ho fatto perchè volevo riportarlo a casa"
"E non è così?"
"MA TI PARE?!?" sclerò Tom, con gli occhi un po' a scodella.
Andreas rise. "Non lo mettevo in dubbio, tranquillo. Stavo slo scherzando" sorrise ancora, poi si ricompose. "Nemmeno tu saresti stato così cretino da fare sesso con qualcuno per questo. Soprattutto con Bill".
Tom rimase in silenzio per un po', quindi espirò. "In realtà... " abbozzò timidamente. "Noi, non... abbiamo fatto proprio tutto tutto."
"Ah no?"
Tom scosse la testa, brevemente. "Mi sono limitato a strusc--"
"Hey Hey Hey! No, Eh! Basta così!" Andreas mise le mani avanti freneticamente "Non voglio sapere i dettagli, d'accordo? E tu non vuoi raccontermeli, te lo garantisco"
"Okay. Niente particolari"
"Sicuro?"
"Sì" confermò il chitarrista.
"Bene" Andreas espirò per il pericolo scampato. "Dunque?"
Tom si strinse nelle spalle. "Cosa vuoi che ti dica? Mi è mancato il coraggio"
"Il coraggio di farlo con Bill... oppure il coraggio di farlo e basta?" chiese Andreas, con un'occhiata più che eloquente.
"Ancora con queste allusioni, Andreas? Non è che io non lo abbia già fatto!"
"Oh certo. Sono sicuro che quelle...... quante? Due? Ragazze sarebbero pronte a confermarlo" esclamò prontamente Andreas, fingendosi convinto.
Tom s'innervosiva sempre quando entravano in discorsi simili. Si alzò dalla panchina quasi con un balzo, sembrava già pronto ad andarsene offeso ma fece soltanto due passi e poi tornò seduto. Sbuffò frustrato.
"Lo sappiamo tutti e due che non hai tutta questa esperienza Tom" mormorò Andreas, tornando serio. "Puoi lasciare la storia del SexGott hai giornali"
Tom ignorò il consiglio. Lo sapevano tutti e due che Andreas aveva ragione, quindi non vedeva il motivo di dirlo anche a voce alta. "Bill era molto preso, davvero" mormorò, recuperando il filo del discorso "Ma credo che non si renda conto...."
Bill non aveva avuto così tanta paura da quando un plotone di quindicenni urlanti non aveva buttato giù le transenne e gli era venuto incontro ululando come coyote. Per lui, che allora era uno scricciolo ancora più piccolo di adesso, era stata un'esperienza traumatizzante. Ricordava Saki che lo prendeva di peso e se lo issava in spalla, gridando a Tom e agli altri di correre. Le ragazzine si erano poi schiantate contro la catena umana degli altri bodyguard, ma c'era mancato soltanto un soffio. David aveva commentato che molto probabilmente lo avrebbero spogliato anche della pelle se solo fossero riuscite a mettergli le mani addosso. E quell'immagine lo aveva perseguitato nel sonno per anni.
Adesso però, era anche peggio. Non c'erano adolescenti urlanti che volevano un figlio da lui, ma quattro enormi energumeni vestiti come i Man in Black che lo avevano circondato.
I quattro lavoravano al DNH, li riconosceva.
"Che cosa volete da me?" esclamò, incollandosi alla parete.
Quello più alto e più grosso di tutti, che aveva la testa pelata e lucida come una palla da bowling lo squadrò da capo a piedi. "Dovresti mostare un po' più di rispetto, ragazzino" sibilò, con fare irritato. "Lo sai per chi lavoriamo"
"Dite pure al vostro capo che non mi fa paura" esclamò Bill, mentendo.
"Glielo dirai tu stesso"
In due lo afferrarono per le braccia. Bill provò a liberarsi ma fu ovviamente inutile, visto che anche uno solo di loro pesava tre volte più di lui e aveva mani come palanche.
Si mise a strepitare, ma una poderosa stretta alla spalla lo convinse a smettere. "Ti conviene non farti notare" gli suggerì l'unico che parlava. "O potrebbe finire male"
Con passo marziale e formazione da squadrone romano gli fecero attraversare tutto il terminal e lo trascinarono in uno degli hangar che era chiuso per riparazioni. Lo scaraventarono dentro, quindi chiusero il portellone rimanendo fuori a fare la guardia.
Non appena si fu alzato da terra, Bill si gettò contro il portellone chiuso e si mise a battere coi pugni e a gridare. "Hey, brutti scimmioni! Lasciatemi andare!"
"Su.. su, calmati adesso" chiosò alle sue spalle una voce dolce come il miele e velenosa come il curaro. "Non sprecare energie inutili"
Bill si girò di scatto e Fabian gli sorrise, quasi scintillante nel suo completo avana. Sembrava lo stereotipo del trafficante in sudamerica, il che contrastava nettamente con la sua pelle candida e i tratti slavi del viso. Bill gli lanciò un'occhiata inviperita, quindi scattò di lato all'improvviso per sfuggirgli ma Fabian lo fermò facilmente. "Hey! Non è affatto educato da parte tua andartene via così"
"Che cosa vuoi?" sibilò Bill.
Il sorriso di Fabian non si spense. "Dimmelo tu" rispose. "Non hai forse qualcosa che mi appartiene?"
"Ti sbagli! Io non--"
Fabian lo immobilizzò contro il muro, quindi gli frugò nelle tasche e nello zaino. Ci volle poco perchè trovasse un sacchetto di plastica e tutta la polvere bianca che Bill avesse razziato in casa sua. "E questa cos'è, Bill? La tua riserva di borotalco?" lo spintonò contro il muro ancora una volta, poi lo lasciò andare.
Bill incrociò le braccia al petto e guardò altrove con la sua aria annoiata e infastidita.
"Sai che dovrei ammazzarti per questo?" chiese Fabian, stringendo tutte le vocali in quella sua pronuncia così strana.
Bill non cambiò espressione. Continuò testardo a guardarsi intorno, come se fosse irritato per il tempo che stava perdendo. Un bambino sgridato dalla mamma.
"Pensavi di farla passare con il bagaglio a mano?" sbottò ancora Fabian. "Sei un principiante. Ti avrebbero arrestato prima ancora di mettere piede sull'aereo"
"Non posso tornare a Berlino senza" esclamò serio Bill.
Fabian si strinse nelle spalle. "Non partire" gli si avvicinò, schiacciandolo contro il muro e sfiorandolo appena con le labbra. "Stavamo bene insieme, no?"
"Piantala!" Bill si divincolò, riuscendo ad allontanarsi dalla sua stretta. Si chinò sotto il braccio che Fabian teneva teso per impedirgli di fuggire e si rimise meglio lo zaino sulle spalle.
"Non merito un trattamento del genere" gli fece notare l'uomo.
Bill non rispose.
"Sono stato un po' brusco, ieri, lo ammetto" acconsentì Fabian. "Ma queste cose succedono ogni tanto"
Il cantante gli dedicò un'occhiata impietosita. In piedi, con l'anca spostata di lato - come al solito - sembrava una bella bambola dagli occhi truccati. "Vuoi darmi un po' di roba, oppure no?"
Fabian si leccò le labbra. "Solo se tu mi dai qualcosa in cambio" fu la risposta. Gli girò intorno lentamente, senza mai toccarlo e guardandolo come un lupo guarda un agnello sperduto e bello in carne.
Bill sembrò contrariato. "E' finita. Smettila"
"Oh, fammi indovinare" esclamò l'uomo, ridacchiando. "Il bimbo preferisce giocare col fratellino?"
"Vaffanculo, Fabian!" Bill lo spinse via, incamminandosi verso il portellone che ora veniva riaperto forse sotto precisi ordini di Fabian.
Il russo si mise a ridere. "Non arriverai alla scaletta dell'aereo con quella che hai in corpo, René" lo avvertì. "Tornerai da me strisciando"
Tom aveva fatto un breve riassunto delle proprie sensazioni. Aveva spiegato ad Andreas che era tutto talmente incerto che non se l'era sentita di arrivare fino in fondo, che questo avrebbe dato alle cose una piega troppo netta.
"Beh, quello che avete fatto gliela dà comunque quella piega" gli fece notare il biondo, dopo che ebbe finito di parlare.
"Lo so" ammise Tom. "E' solo che c'erano troppi fattori in mezzo. Non me l'aspettavo, è mio fratello, sarebbe stata la sua prima volta.... insomma Andreas, la sua prima volta capisci? Che c'entro io con la sua prima volta? Non dovrei avere a che fare neanche con la seconda o con la terza!"
Andreas si strinse nelle spalle. "Bill ti vuole bene"
"Gliene voglio anche io. Solo che non so se è lo stesso tipo di bene" mormorò il chitarrista, sistemandosi i dreadlock come meglio poteva. "Insomma, quando lo vedo... mi impazziscono gli ormoni, ma questo non significa niente"
"Che sei stressato, sicuramente"
"A-ah, molto divertente Andreas" commentò sarcastico Tom. "Mi sei molto d'aiuto"
"Io non posso aiutarti, Tom" ammise il biondo. "Non so se sia giusto o sbagliato. Siete talmente simili e talmente uniti che sinceramente - a pensarci bene - non era poi così strano che succedesse. Milioni di fans lo pensavano già da anni! Insomma, chi sono io per dirti che è un'idiozia? L'unica cosa che penso è che Bill sia molto fragile e tu tendenzialmente molto goffo nel gestire i tuoi sentimenti. Quindi che tu decida di proseguire questa cosa o di spezzargli il cuore, sappi che ogni tua azione avrà una pesante conseguenza. Che questo ti piaccia o no tu hai la responsabilità maggiore"
Tom sospirò. Non c'era molto altro da dire e in fondo Andreas aveva ragione. Per quanto lui stesso avesse urlato a Bill che non poteva sopportare da solo il peso di quella faccenda, quali altre soluzioni c'erano? Bill innamorato era una mina vagante, una sorta di bomba pronta ad esplodere: aveva una visione idilliaca delle relazioni, un concetto profondo dell'amore, qualcosa di puro e inviolabile. Qualcosa che si tramutava in una responsabilità enorme per chi gli stava accanto. Se era fuggito di casa quando lui non aveva corrisposto subito i suoi sentimenti, che ne sarebbe rimasto di Bill se Tom avesse detto o fatto qualcosa di sbagliato involontariamente?
La voce dell'altoparlante annunciò il loro volo con voce gracchiante.
"E' il nostro" esclamò Andreas balzando in piedi. "Dov'è tuo fratello?"
Tom si guardò intorno, automaticamente agitato. Suo fratello riusciva a perdersi in camera sua, quindi era facile che fosse finito con i bagagli diretti in Manciuria.
Poi però una cresta di leone fece capolino tra la folla. "Eccolo là!"
"Recuperalo e prendiamo 'sto benedetto aereo. Se non tocco suolo Berlinese entro tre ore, vi ammazzo tutti e due".
Per qualche strana ragione Tom sapeva che quel silenzio non sarebbe durato a lungo: forse perchè intuiva che Bill non poteva rimanere a vita nel gabinetto.
Dopo mezz'ora di silenzio assoluto, Tom sentì la porta scattare ma non si mosse. Rimase con la testa nascosta tra le braccia e attese.
Bill fece qualche passo incerto verso di lui. Tom sentì le assi di legno scricchiolare leggermente sotto il suo peso, ma continuò ad ignorarlo.
"Tomi?"
"Cosa vuoi?" borbottò.
Bill deglutì così forte che Tom riconobbe il suono del pomo d'adamo che gli andava su e giù per la gola. "Io..."
Tom non voleva dargliela vinta velocemente. Di solito, in momenti simili, era sufficente che Bill facesse il primo passo - uno qualunque, bastava una parola - e lui si scioglieva. Non lo faceva neanche finire di parlare e lo aveva già abbracciato. Ma stavolta Tom voleva che il suo adorabile e isterico fratellino si impegnasse un po' di più per avere la sua attenzione e il suo perdono. Solo che non si aspettava che Bill uscisse dal bagno in quelle condizioni.
"T-tomi..." la voce di Bill fu scossa da un tremolio evidente. Una nota di indecisione, di terrore, di tristezza tutto quanto insieme. E Tom non era mai riuscito a fare il duro, in vita sua. Alzò la testa e trovò quella silfide di suo fratello in lacrime, il mascara che colava di nuovo come la sera precedente.
"Beh, che hai adesso?" esclamò, confuso.
Bill scosse la testa, tirando su col naso.
Tom si tirò su dal pavimento e lo prese per le spalle, cercando il suo sguardo. "Bill?"
Il cantante balbettò qualcosa di indecifrabile, e quando suo fratello sollevò un sopracciglio ancora più confuso di prima inspirò profondamente e ci riprovò: "Non voglio... non volevo...oh, accidenti..." alzò gli occhi al cielo. Odiava non avere le parole. "Non so cosa mi è preso. Lo so che dobbiamo tornare a casa, solo che forse non me lo aspettavo così presto"
Tom gli accarezzò una spalla, dolcemente. "Ti porterei da qualche altra parte, se fosse possibile, lo sai questo vero? Ma David sta dando fuori di matto e se tiriamo troppo la corda la casa di produzione potrebbe stancarsi"
Bill annuì, più a sè stesso che a lui, ma continuava a piangere.
"Bill, dai, non è così grave" cercò di rassicurarlo il fratello. "Che ti prende?"
"Odio litigare con te!" sbottò il moro, singhiozzando.
"Anche io, ma tanto finisce sempre così. Quindi qual'è il problema?"
"Non lo so!" esclamò Bill. "Non riesco a fermarmi. Mi sento così.... Tomi dimmi che non mi odi per quello che ti ho detto!!"
Tom guardò sconvolto Bill che gli si buttava tra le braccia scosso dai singhiozzi. Era difficile credere che si stesse disperando a quel modo dopo che, solo trenta minuti prima, era stato pronto a mangiarlo vivo e ad accusarlo delle cattiverie più atroci. "Bill, calmati! Va tutto bene. Sei una testa di cazzo ma ci sono abituato"
"Dimmi che non mi odi" ripetè Bill mugolando, senza staccarsi da lui.
Tom sospirò. "No che non ti odio. Contento ora?"
Bill tirò un'ultima volta su col naso, improvvisamente di nuovo calmo. Si pulì le sbavature sulle guance e sugli occhi accuratamente.
"Possiamo tornare a casa, allora?" si assicurò Tom, prima di ritrovarsi di nuovo con un fratello che gli tirava dietro la piastra per capelli. "Siamo d'accordo?"
Bill annuì, le mani ancora sul petto del gemello.
"E ..." si affrettò ad aggiungere Tom. "... non c'entra niente con quello che è successo ieri sera. Qualunque cosa sia, avremo modo di ragionarci sopra quando saremo entrambi a Berlino"
"Va bene" acconsentì Bill, con la voce ancora un po' tremula.
Tom sorrise, in quel suo modo caratteristico. "Perchè finisce sempre a singhiozzi? Ce lo hai scritto sul contratto che devi piangere? Ti pagano a lacrime?"
Bill ridacchiò, incapace di mantenere un contegno lacrimevole e disperato quando c'era suo fratello. Gli tirò un pugno leggero. "Scemo!"
"No, dico sul serio! M'interessa!" scherzò il biondo. "Potrei farci un pensierino!"
In tutta risposta Bill lo strinse in un abbraccio, nascondendogli il viso su una spalla. "Ti voglio bene, Tom" disse, convinto.
"Anche io"
Rimasero così per un po', con Tom rigido come un fuso: le smancerie non erano il suo forte. Non era mai stato capace di fare coccole, tenere la gente per mano o dimostrare affetto in un modo che non richiedesse un po' più di... elaborazione, diciamo. Quello coccoloso era sempre stato Bill, quando non era isterico. "Hem, Bill?"
"Sì?"
"Lo sai che per colpa del tuo teatrino non ho ancora fatto la doccia?" esclamò il biondo, per togliersi d'impaccio.
Bill si allontanò da lui con disgustata lentezza. "Ma. Che. Schifo. TOM!" gracchiò, scandalizzato.
Tom rise. "Non è colpa mia!"
"Fila a farti la doccia!" gli ordinò il gemello, indicando il bagno perentorio.
"Vado, vado"
Ci vollero altre due ore prima che tutto fosse pronto. Mentre Tom faceva la doccia, Bill aveva praticamente disfatto la sua valigia alla ricerca di abiti adatti, come se andare all'areoporto fosse una serata di gala e ci era voluta almeno un'altra mezz'ora perchè il cantante riuscisse a richiudere la Sansonite con tutta la roba che ci aveva stipato dentro.
Quando raggiunsero l'Areoporto Internazionale di Monaco, erano già le 4 del pomeriggio e Andreas li attendeva letteralmente accampato nella sala d'attesa, con un libro aperto in mano e tutto intorno una bella collezione di cibo-spazzatura comprensiva di quattro o cinque menù di Burger King ancora caldi, pizza assortita e una dozzina tra gli snack più calorici che il genere umano avesse mai creato.
Bill non si stupì che Andreas fosse stato coinvolto nella faccenda. Andreas era sempre coinvolto, non importava in cosa. E soprattutto, non importava che lo volesse. Qualsiasi cosa fosse successa ai due gemelli negli ultimi diciotto anni, Andreas era sempre stato al loro fianco a condividerne le gioie e le sofferenze. Soprattutto le sofferenze.
"Pensavo aveste deciso di trasferirvi qui a Monaco" commentò sarcastico il biondino, riuscendo a posare gli occhi su Bill senza rabbrividere al pensiero di quello che gli era stato raccontato quella mattina. "Lo sapete da quanto sono qui?"
"A giudicare dalle schifezze che ti circondano, più o meno una settimana" commentò Bill, con aria di superiorità. Poi, tra le mille cartacce di merendine, scorse un barattolo gigante di caramelle gommose e ci si buttò sopra a pesce senza chiedere il permesso. "Oh! Caramelle!"
"Prego fa pure..." brontolò interdetto Andreas.
"Hai fatto i biglietti?"
Andreas annuì. "Ben sapendo che la Bella Addormentata qui" indicò Bill, che gli ringhiò contro con un serpente al limone che gli scondinzolava dalle labbra "avrebbe impiegato un'eternità a prepararsi, ho preso i biglietti per il volo delle cinque. A quanto pare vi resta giusto il tempo per il check in".
Le valigie furono imbarcate velocemente, con una sovratassa alla valigia di Bill che pesava più o meno come un piccolo elefante; quindi i tre ragazzi tornarono a sedersi in saletta dove ognuno di loro si guardò bene dal sollevare l'argomento imbarazzante. Andreas raccontò loro la sua vita nelle ultime settimane, Tom raccontò agli altri due cos'era successo mentre Bill non c'era. E Bill li ascoltò entrambi con entusiasmo, facendo più domande possibili in modo che non scendesse mai il silenzio. Ad un certo punto però, complice la coca-cola di Andreas o forse il quintale di caramelle gommose, Bill dovette andare in bagno e si avventurò da solo per il terminal in cerca della toilet con il suo zainetto nero sulle spalle.
L'aeroporto di Monaco era piuttosto grande. Bill tentò più volte di capire dove fosse e dove dovesse dirigersi ma le grandi mappe disposte sui muri non erano di grande aiuto. O forse lui non era mai stato capace di leggerle, in effetti.
Si aggirò a caso un po' ovunque. Passando, oltretutto, più e più volte di fronte ad Andreas e Tom senza vederli (e senza che loro vedessero lui!), perdendosi ogni volta che svoltava un angolo.
La folla era immensa. C'erano centinaia di persone che si muovevano e lui, sinceramente, non le stava neanche guardando. Fu per questo che non vide i quattro uomini in giacca e cravatta scura che gli venivano incontro. Perso com'era a cercare di leggere l'ennesima cartina che gli indicava Voi siete qui - SI MA QUI DOVE? - non si rese conto che gli stavano venendo addosso fino a che non sbattè violentemente contro il muro.
"Ma che diamine! Stia più--" ma le parole gli morirono in gola.
Uno degli uomini, nascosto dietro le lenti scure degli occhiali, gli sorrise. "Salve, René"
Rimasti soli, Tom e Andreas si erano messi d'impegno a guardare l'infinito per non dover interagire. In realtà, era Tom che fissava una mattonella del pavimento come se volesse farci un buco in mezzo per non dare ad Andreas la possibilità di fare domande a cui non voleva rispondere. Il punto era che ad Andreas non interessava affatto che fosse lui a dargli quella possibilità. E se la prese da solo.
"Che cosa hai deciso di fare, alla fine?" chiese, appoggiando le braccia sulle gambe per avvicinarsi ad un Tom ingobbito.
"Potremmo evitare di parlare di questo?" replicò Tom, nervoso. "Non ce lo abbiamo un altro argomento? Che ne so, i soliti: sport, musica, donne..."
Andreas si strinse nelle spalle. "Non mi sembra il caso di prendersela. Credevo che avessi affrontato la faccenda quando Bill si è svegliato. Comunque possiamo anche spingerci su altri terreni. Vediamo, a quanto ricordo dall'ultima volta che abbiamo fatto sport - qualsiasi tipo di sport - sei finito con qualche stiramento. Riguardo alla musica.... no, non ho voglia di parlare dei Tokio Hotel..." a quel punto Tom spalancò gli occhi, folgorato da un'idea "... e ASSOLUTAMENTE NO! Non voglio parlare di Samy Deluxe! Quante volte devo dirtelo che il rap di fabbricazione extra-americana mi fa ancora più schifo di quello originale?"
Tom sbuffò abbacchiato. "Beh allora non ci resta che parlare di donne"
"Argomento un po' ridicolo visti i recenti sviluppi"
"Andreas!" sbottò il chitarrista. "Guarda che non sono diventato gay!"
Il biondo indicò a caso fra la folla. "Gridalo più forte, credo che la signora laggiù vestita di verde non ti abbia sentito bene"
"Beh, in ogni caso: ti ho già detto che non parlerò di Bill"
Andreas non si scompose. "Pienamente d'accordo. Ce ne parlerà lui stesso a sufficenza una volta saliti sull'aereo"
"Comunque non ho deciso ancora niente" seguitò il chitarrista, senza che l'amico avesse insistito.
"Non ne avete parlato?"
"No, cioè... sì" Tom sospirò. Sapeva che se avesse lasciato ad Andreas la possibilità di aprire bocca, sarebbe finita in quel modo. "Bill si è fatto un sacco di paranoie. Mi ha perfino accusato di ... di beh, di aver fatto quello che ho fatto perchè volevo riportarlo a casa"
"E non è così?"
"MA TI PARE?!?" sclerò Tom, con gli occhi un po' a scodella.
Andreas rise. "Non lo mettevo in dubbio, tranquillo. Stavo slo scherzando" sorrise ancora, poi si ricompose. "Nemmeno tu saresti stato così cretino da fare sesso con qualcuno per questo. Soprattutto con Bill".
Tom rimase in silenzio per un po', quindi espirò. "In realtà... " abbozzò timidamente. "Noi, non... abbiamo fatto proprio tutto tutto."
"Ah no?"
Tom scosse la testa, brevemente. "Mi sono limitato a strusc--"
"Hey Hey Hey! No, Eh! Basta così!" Andreas mise le mani avanti freneticamente "Non voglio sapere i dettagli, d'accordo? E tu non vuoi raccontermeli, te lo garantisco"
"Okay. Niente particolari"
"Sicuro?"
"Sì" confermò il chitarrista.
"Bene" Andreas espirò per il pericolo scampato. "Dunque?"
Tom si strinse nelle spalle. "Cosa vuoi che ti dica? Mi è mancato il coraggio"
"Il coraggio di farlo con Bill... oppure il coraggio di farlo e basta?" chiese Andreas, con un'occhiata più che eloquente.
"Ancora con queste allusioni, Andreas? Non è che io non lo abbia già fatto!"
"Oh certo. Sono sicuro che quelle...... quante? Due? Ragazze sarebbero pronte a confermarlo" esclamò prontamente Andreas, fingendosi convinto.
Tom s'innervosiva sempre quando entravano in discorsi simili. Si alzò dalla panchina quasi con un balzo, sembrava già pronto ad andarsene offeso ma fece soltanto due passi e poi tornò seduto. Sbuffò frustrato.
"Lo sappiamo tutti e due che non hai tutta questa esperienza Tom" mormorò Andreas, tornando serio. "Puoi lasciare la storia del SexGott hai giornali"
Tom ignorò il consiglio. Lo sapevano tutti e due che Andreas aveva ragione, quindi non vedeva il motivo di dirlo anche a voce alta. "Bill era molto preso, davvero" mormorò, recuperando il filo del discorso "Ma credo che non si renda conto...."
Bill non aveva avuto così tanta paura da quando un plotone di quindicenni urlanti non aveva buttato giù le transenne e gli era venuto incontro ululando come coyote. Per lui, che allora era uno scricciolo ancora più piccolo di adesso, era stata un'esperienza traumatizzante. Ricordava Saki che lo prendeva di peso e se lo issava in spalla, gridando a Tom e agli altri di correre. Le ragazzine si erano poi schiantate contro la catena umana degli altri bodyguard, ma c'era mancato soltanto un soffio. David aveva commentato che molto probabilmente lo avrebbero spogliato anche della pelle se solo fossero riuscite a mettergli le mani addosso. E quell'immagine lo aveva perseguitato nel sonno per anni.
Adesso però, era anche peggio. Non c'erano adolescenti urlanti che volevano un figlio da lui, ma quattro enormi energumeni vestiti come i Man in Black che lo avevano circondato.
I quattro lavoravano al DNH, li riconosceva.
"Che cosa volete da me?" esclamò, incollandosi alla parete.
Quello più alto e più grosso di tutti, che aveva la testa pelata e lucida come una palla da bowling lo squadrò da capo a piedi. "Dovresti mostare un po' più di rispetto, ragazzino" sibilò, con fare irritato. "Lo sai per chi lavoriamo"
"Dite pure al vostro capo che non mi fa paura" esclamò Bill, mentendo.
"Glielo dirai tu stesso"
In due lo afferrarono per le braccia. Bill provò a liberarsi ma fu ovviamente inutile, visto che anche uno solo di loro pesava tre volte più di lui e aveva mani come palanche.
Si mise a strepitare, ma una poderosa stretta alla spalla lo convinse a smettere. "Ti conviene non farti notare" gli suggerì l'unico che parlava. "O potrebbe finire male"
Con passo marziale e formazione da squadrone romano gli fecero attraversare tutto il terminal e lo trascinarono in uno degli hangar che era chiuso per riparazioni. Lo scaraventarono dentro, quindi chiusero il portellone rimanendo fuori a fare la guardia.
Non appena si fu alzato da terra, Bill si gettò contro il portellone chiuso e si mise a battere coi pugni e a gridare. "Hey, brutti scimmioni! Lasciatemi andare!"
"Su.. su, calmati adesso" chiosò alle sue spalle una voce dolce come il miele e velenosa come il curaro. "Non sprecare energie inutili"
Bill si girò di scatto e Fabian gli sorrise, quasi scintillante nel suo completo avana. Sembrava lo stereotipo del trafficante in sudamerica, il che contrastava nettamente con la sua pelle candida e i tratti slavi del viso. Bill gli lanciò un'occhiata inviperita, quindi scattò di lato all'improvviso per sfuggirgli ma Fabian lo fermò facilmente. "Hey! Non è affatto educato da parte tua andartene via così"
"Che cosa vuoi?" sibilò Bill.
Il sorriso di Fabian non si spense. "Dimmelo tu" rispose. "Non hai forse qualcosa che mi appartiene?"
"Ti sbagli! Io non--"
Fabian lo immobilizzò contro il muro, quindi gli frugò nelle tasche e nello zaino. Ci volle poco perchè trovasse un sacchetto di plastica e tutta la polvere bianca che Bill avesse razziato in casa sua. "E questa cos'è, Bill? La tua riserva di borotalco?" lo spintonò contro il muro ancora una volta, poi lo lasciò andare.
Bill incrociò le braccia al petto e guardò altrove con la sua aria annoiata e infastidita.
"Sai che dovrei ammazzarti per questo?" chiese Fabian, stringendo tutte le vocali in quella sua pronuncia così strana.
Bill non cambiò espressione. Continuò testardo a guardarsi intorno, come se fosse irritato per il tempo che stava perdendo. Un bambino sgridato dalla mamma.
"Pensavi di farla passare con il bagaglio a mano?" sbottò ancora Fabian. "Sei un principiante. Ti avrebbero arrestato prima ancora di mettere piede sull'aereo"
"Non posso tornare a Berlino senza" esclamò serio Bill.
Fabian si strinse nelle spalle. "Non partire" gli si avvicinò, schiacciandolo contro il muro e sfiorandolo appena con le labbra. "Stavamo bene insieme, no?"
"Piantala!" Bill si divincolò, riuscendo ad allontanarsi dalla sua stretta. Si chinò sotto il braccio che Fabian teneva teso per impedirgli di fuggire e si rimise meglio lo zaino sulle spalle.
"Non merito un trattamento del genere" gli fece notare l'uomo.
Bill non rispose.
"Sono stato un po' brusco, ieri, lo ammetto" acconsentì Fabian. "Ma queste cose succedono ogni tanto"
Il cantante gli dedicò un'occhiata impietosita. In piedi, con l'anca spostata di lato - come al solito - sembrava una bella bambola dagli occhi truccati. "Vuoi darmi un po' di roba, oppure no?"
Fabian si leccò le labbra. "Solo se tu mi dai qualcosa in cambio" fu la risposta. Gli girò intorno lentamente, senza mai toccarlo e guardandolo come un lupo guarda un agnello sperduto e bello in carne.
Bill sembrò contrariato. "E' finita. Smettila"
"Oh, fammi indovinare" esclamò l'uomo, ridacchiando. "Il bimbo preferisce giocare col fratellino?"
"Vaffanculo, Fabian!" Bill lo spinse via, incamminandosi verso il portellone che ora veniva riaperto forse sotto precisi ordini di Fabian.
Il russo si mise a ridere. "Non arriverai alla scaletta dell'aereo con quella che hai in corpo, René" lo avvertì. "Tornerai da me strisciando"
Tom aveva fatto un breve riassunto delle proprie sensazioni. Aveva spiegato ad Andreas che era tutto talmente incerto che non se l'era sentita di arrivare fino in fondo, che questo avrebbe dato alle cose una piega troppo netta.
"Beh, quello che avete fatto gliela dà comunque quella piega" gli fece notare il biondo, dopo che ebbe finito di parlare.
"Lo so" ammise Tom. "E' solo che c'erano troppi fattori in mezzo. Non me l'aspettavo, è mio fratello, sarebbe stata la sua prima volta.... insomma Andreas, la sua prima volta capisci? Che c'entro io con la sua prima volta? Non dovrei avere a che fare neanche con la seconda o con la terza!"
Andreas si strinse nelle spalle. "Bill ti vuole bene"
"Gliene voglio anche io. Solo che non so se è lo stesso tipo di bene" mormorò il chitarrista, sistemandosi i dreadlock come meglio poteva. "Insomma, quando lo vedo... mi impazziscono gli ormoni, ma questo non significa niente"
"Che sei stressato, sicuramente"
"A-ah, molto divertente Andreas" commentò sarcastico Tom. "Mi sei molto d'aiuto"
"Io non posso aiutarti, Tom" ammise il biondo. "Non so se sia giusto o sbagliato. Siete talmente simili e talmente uniti che sinceramente - a pensarci bene - non era poi così strano che succedesse. Milioni di fans lo pensavano già da anni! Insomma, chi sono io per dirti che è un'idiozia? L'unica cosa che penso è che Bill sia molto fragile e tu tendenzialmente molto goffo nel gestire i tuoi sentimenti. Quindi che tu decida di proseguire questa cosa o di spezzargli il cuore, sappi che ogni tua azione avrà una pesante conseguenza. Che questo ti piaccia o no tu hai la responsabilità maggiore"
Tom sospirò. Non c'era molto altro da dire e in fondo Andreas aveva ragione. Per quanto lui stesso avesse urlato a Bill che non poteva sopportare da solo il peso di quella faccenda, quali altre soluzioni c'erano? Bill innamorato era una mina vagante, una sorta di bomba pronta ad esplodere: aveva una visione idilliaca delle relazioni, un concetto profondo dell'amore, qualcosa di puro e inviolabile. Qualcosa che si tramutava in una responsabilità enorme per chi gli stava accanto. Se era fuggito di casa quando lui non aveva corrisposto subito i suoi sentimenti, che ne sarebbe rimasto di Bill se Tom avesse detto o fatto qualcosa di sbagliato involontariamente?
La voce dell'altoparlante annunciò il loro volo con voce gracchiante.
"E' il nostro" esclamò Andreas balzando in piedi. "Dov'è tuo fratello?"
Tom si guardò intorno, automaticamente agitato. Suo fratello riusciva a perdersi in camera sua, quindi era facile che fosse finito con i bagagli diretti in Manciuria.
Poi però una cresta di leone fece capolino tra la folla. "Eccolo là!"
"Recuperalo e prendiamo 'sto benedetto aereo. Se non tocco suolo Berlinese entro tre ore, vi ammazzo tutti e due".