Personaggi: Bill, Tom, David, Saki, OMC
Genere: Drammatico, Romantico, Hurt/Comfort
Avvisi: Lemon, slash, WIP
Rating: NC-17
Capitoli: 15 (on hiatus)
Note: Moscow Intimacy è la mia re-interpretazione di un'altra fanfiction che s'intitola "Ti amo" ed è opera di Alba. Potete trovare l'originale qui. Alba è perfettamente a conoscenza della mia versione, quindi non datevi disturbo ad urlare al plagio.

Riassunto: Sapendo di non poter continuare a vivere accanto al fratello dopo avergli dichiarato il suo amore, Bill se ne va facendo perdere le sue tracce. Tom va a cercarlo, per chiarire la situazione.
04. Rescue Me

Komm und rette mich
Ich verbrenne innerlich
Komm und rette mich
Ich schaff´s nich´ ohne dich
Komm und rette mich
Rette mich
Rette mich*

[Rette Mich - Schrei 2005]


Tom rilesse nuovamente l'indirizzo sul biglietto di carta e osservò il locale di fronte a sè, dall'altro lato della strada. Il tubo al neon dell'insegna formava la shilouette sinousa di un gatto la cui coda si piegava nelle lettere DNH.
Fuori dalla porta c'erano due buttafuori che stavano smistando i clienti. La fila era enorme e si perdeva fino in fondo alla strada, ma a giudicare dalle persone che vedeva in attesa, il locale non doveva essere un posto molto legale.
C'erano sì giovani di tutti i tipi, agghindati per uscire a ballare il sabato sera come anche lui e suo fratello avevano fatto tante volte, ma Tom aveva anche intravisto uomini di mezz'età nei loro completi da lavoro accompagnati da ragazzine e ragazzini molto discinti che a stento potevano avere la sua stessa età. Per non parlare di tutte quelle belle ragazze vestite praticamente soltanto di brillantini che continuavano ad entrare dalla porta di servizio.
Tom sospettava che quelle non fossero pagate semplicemente per ballare sui cubi.
Aveva chiamato Saki per farsi confermare l'indirizzo, ma sembravano non esserci errori.
Un locale pericolosamente sulla linea del porno. Perchè mai Bill avrebbe dovuto telefonare da un posto del genere? L'unica volta che si erano ritrovati in un posto simile era stato al parti di Samy Delux e Tom ricordava la faccia di suo fratello in mezzo a tutte quelle tette. Aveva passato metà della sera a coprirsi il viso con le mani, almeno quanto lui aveva provato a metterle addosso a tutto quel ben di Dio che gli passava di fianco. Improvvisamente, alla luce delle nuove rivelazioni, tanta timidezza e tanto disagio da parte di Bill non gli sembrava più così anormale.
Sospirò, mentre percorreva la fila a ritroso per incolonnarsi: d'altronde se Bill era davvero lì dentro, qualcuno doveva pur sacrificarsi ed entrare a recuperarlo, no? Intanto che aspettava, tentò di rendersi presentabile, era arrivato a Monaco alle 19.00 e si era dato appena il tempo di lasciare la valigia in camera prima di dirigersi lì. Non era una fashion victim come suo fratello, ma ci teneva ad apparire al meglio nello stile che si era scelto, quindi faceva molto caso ai particolari anche se i suoi - al contrario di quelli del fratello - erano tutti sopra la taglia XL. Si risistemò la maglia che gli pendeva un po' da una parte, quindi tolse il cappellino e si fece passare meglio la fascia sui dreadlocks che erano tutti scarmigliati.
Non riusciva mai a farli stare come voleva lui, di solito a queste cose ci pensava suo fratello. Era lui quello con le aspirazioni da parrucchiere! Georg lo prendeva sempre in giro dicendo che Bill con in mano un flacone di lacca faceva meno danni che col microfono. La reazione naturale del suo gemello a questa frase era di solito gridare isterico ed inseguire il bassista con il suddetto flacone, fino a tirarglielo dietro.... e mancarlo. Bill non aveva mira.
Ci volle quasi mezz'ora perchè la fila scorresse fino all'entrata. Davanti a lui c'erano due ragazze, una con una treccia di capelli neri così lunga che le batteva allegramente sul sedere ogni volta che faceva un passo. L'altra aveva i capelli corti e biondi e continuava a voltarsi verso di lui sorridendo. Tom sollevò entrambe le sopracciglia velocemente, con la sua solita espressione da grand'uomo. Gli passò vagamente per la testa di mollare lì suo fratello e di divertirsi per un paio d'ore prima di andarlo a recuperare - sempre ammesso che fosse davvero lì dentro - ma il buttafuori infranse crudelmente i suoi sogni di gloria facendo passare le due ragazze e bloccando lui. "Mi dispiace, amico. Sei un po' troppo giovane"
"Quella tipa avrà si e no 15 anni" protestò Tom, indicando una ragazza che stava oltrepassando la porta. "Io sono maggiorenne!"
"Sì certo, come no" rise l'uomo.
Tom fece per aprire bocca per replicare, ma qualcuno lo precedette.
"Fallo entrare Angus"

La serata sembrava andare bene.
Il DNH aveva una buona affluenza tutta la settimana, ma il sabato il numero delle persone raddoppiava. In breve avrebbero raggiunto la capacità massima prima delle tre, non che la cosa lo preoccupasse troppo. Riempiva sempre il locale ben più di quanto fosse consentito dalla legge. Beh, faceva anche tante altre cose che non erano legali, per cui....
Fabian sorrise ad una delle cubiste. Il nome gli sfuggiva, ma era stata assunta da poco e si stava praticamente contorcendo sul suo quadrato di spazio libero per farsi notare. Tutte quelle che ballavano sulla folla erano passate per il suo letto, non vedeva il motivo di negare lo stesso privilegio alle nuove arrivate. Avrebbe fatto in modo di organizzare la cosa, una di queste sere.
Salì le scale, diretto verso l'uscita per lustrarsi gli occhi sulla folla in entrata ed elargire un po' della sua bontà facendo passare qualcuno a caso tra gli scartati che ancora si aggiravano intorno al locale nella speranza di entrare. Gli piaceva dimostrarsi magnanimo di tanto in tanto. Rise tra sè.
Non era ancora arrivato alla porta, quando sentì il trambusto. Uno dei suoi buttafuori stava discutendo animatamente con qualcuno che insisteva per entrare. Si avvicinò lentamente, si appoggiò alla parete e rimase a bocca aperta.
Di fronte a lui, proprio sul primo scalino d'entrata, c'era Renè. O quello che Renè sarebbe stato se avesse avuto i capelli biondi, i dreadlocks e l'abbigliamento di un rapper americano di pessimo gusto. Il viso del ragazzo sconosciuto era identico a quello di Renè, Fabian non poteva sbagliarsi. Avrebbe riconosciuto quegli occhi ovunque. E la linea diritta del naso. Perfino la forma del viso non variava di un centimetro da quella di Renè!
Certo lo sconosciuto era leggermente più maschile, ma chiunque poteva esserlo in confronto a Renè.
Sconcertato ma divertito, lasciò che il ragazzino esprimesse le proprie ragioni agitando le braccia esili con fare quasi frenetico. Non poteva essere una coincidenza. I sosia esistevano, forse, ma non così somiglianti. Non così uguali. Se non avesse saputo che Renè era sulla pista da ballo avrebbe pensato che si trattasse di lui travestito. Lo colse la curiosità di capire chi fosse, e il pensiero ancora più malato di rimorchiarlo. "Fallo entrare, Angus" esclamò, con un mezzo sorriso verso il ragazzino che solo allora sembrò rendersi conto della sua presenza e gli riservò uno sguardo a dir poco sospettoso dal basso verso l'alto.
Tom squadrò Fabian con occhio critico: aveva forse trent'anni, ma non riusciva a dargli un'eta precisa. Era uno di quei tipi che forse si era fatto tirare a diciotto anni e che arrivato ai quaranta sarebbe stato tutto un cadere di pelle di qua e di là. Tom odiava quel tipo di fighetti che se la tirava anche senza motivo. Aveva addosso un completo grigio e una camicia bordeaux, senza cravatta. Qualcosa che voleva essere molto chic ma anche molto casual; Gustav, con il suo solito tatto, lo avrebbe etichettato come finocchio. Il che era un po' surreale calcolando che era amico di Bill e .... beh, comunque sia non avevano mai fatto caso a questi piccoli dettagli incoerenti fra di loro. In fondo erano pur sempre quattro maschi in fase adolescenziale: nessuno si aspettava dell'intelligenza da loro.
"Allora, non vuoi entrare al DNH?" ripetè Fabian.
Tom non si fidava di quel tipo. Un brivido di inquetudine gli era sceso giù per la schiena al suono della sua voce, c'era qualcosa di distorto in lui e Tom non voleva averci a che fare. Solo che quello sembrava l'unico modo per entrare. Senza rispondergli, si tirò giù la tesa del cappello ed entrò a testa bassa.
L'uomo ridacchiò e lo seguì, affiancandoglisi nel corridoio stretto e illuminato soltanto da luci al neon di dubbio gusto. Tom iniziava ad odiare quel posto ancora prima di vederlo completamente. E iniziava ad odiare Bill per essersi andato a cacciare là dentro.
Non poteva, come tutti gli emo di questo mondo, ranicchiarsi sul pavimento del bagno e piangere sulle tragedie della sua vita?
"Perchè mi sta seguendo?" Tom si fermò all'improvviso, costringendo Fabian a fare lo stesso. Non era neanche riuscito a raggiungere la fine del corridoio senza farsi saltare i nervi.
"Beh, ti ho fatto entrare nel mio locale" Fabian continuava a sorridere. L'idea di avere per le mani un secondo Renè identico al primo continuava a ripetersi ossessiva nel suo cervello e la cosa lo deliziava. La droga, poi, stava rendendo il tutto molto esilarante. "Non mi merito neanche un ringraziamento?"
"Il locale è suo?" chiese immediatamente Tom, ignorando le richieste di ringraziamento.
Fabian annuì, stringendo appena gli occhi scuri. "Sì, il DNH è come un figlio per me. Ma comincia a darmi del tu. Piacere, io sono Fabian"
Tom guardò con diffidenza la mano che l'altro gli porgeva. Dopo averci pensato un po' su, decise di ignorare anche quella. "Una persona che conosco mi ha chiamato da qui ieri mattina. Forse lei la conosce, si chiama Bill"
Fabian fece finta di pensarci un po' su, nonostante i pezzi del puzzle stessero tornando tutti quanti al loro posto. Era dunque quel ragazzino biondo l'interlocutore di René, il quale dopotutto non si chiamava René. "Non conosco nessuno con quel nome" mentì.
Clienti del locale passarono loro accanto e costrinsero Fabian a spostarsi. L'uomo ne approfittò per spingersi un po' troppo palesemente verso Tom, il quale si scansò un po' di lato, impedendogli di toccarlo. "Ma di qui passa un sacco di gente" continuò Fabian, sempre guardandolo con quell'occhio da triglia. "Potrei confondermi"
Tom espirò esasperato. "Non fa niente, lasci perdere" e riprese a camminare, ancora più spedito di prima. Uscì dal corridoio, direttamente nella sala superiore: c'era così tanta gente che perfino lui - amante delle folle umane - faticava a respirare. I fari del soffitto sparavano laser rossi a ritmo di musica, l'intero locale era avvolto in una sorta di sudario color bordeaux che rendeva tutto enormemente volgare. Le ballerine che aveva visto ballavano effettivamente sui cubi, ma di quel poco che avevano addosso non era rimasto un bel niente. E qualsiasi cosa stessero tirando su da quel tavolino, Tom era certo non fosse legale. Qualcuno passando lo urtò con la spalla e quasi gli versò un cuba libre sui pantaloni. Si fece largo tra le persone, con Fabian sempre alle calcagna che continuava a sorridere per solo lui sapeva cosa. Annotò mentalmente che se mai fosse riuscito a trovare Bill in quella bolgia lo avrebbe ucciso con le proprie mani.
Trovarlo non fu difficile. Tom lo vide non appena riuscì a raggiungere una delle balaustre, solo che quando lo vide desiderò intensamente non esserci mai riuscito.
C'era un palco in fondo alla sala sotto di lui. Ora che non c'erano band ad esibirsi, la gente ballava anche là sopra. E Bill era lì. E ballava.

La musica era una melodia dai toni sommessi e vibranti, non troppo ritmica. Bill si muoveva lentamente: i movimenti dei suoi fianchi erano appena percettibili eppure sembrava sciogliersi liquido ad ogni nuovo giro di basso.
La voce della cantante accarezzava il suo corpo, gli scivolava tra le le dita e gli premeva piano sulla pancia per poi insinuarsi, morbida e calda, dentro i suoi pantaloni.
Bill chiuse gli occhi e reclinò la testa, la luce dei fari gli bagnò la gola umida come acqua rossa. Si sentiva bene e sapeva che era merito della cocaina. Gli sembrava di sentire la musica perfino attraverso i pori della pelle. C'era calore tutto intorno, un vapore. Una sorta di respiro unico che lo avvolgeva e gli faceva salire la febbre.
Sentiva lo sguardo di tutti addosso, e le mani perfino. Decine di braccia che si allungavano verso di lui. Gli sembrava di potersi fondere con ogni persona del locale, con tutti quei corpi. Con la musica stessa. La sua felicità era chimica, ma non aveva bisogno d'altro.
Non sentiva più nient'altro.

Il corpo di suo fratello era tutto ciò che Tom riuscisse a vedere, come se la stanza avesse perso i contorni o fosse completamente vuota. Il movimento ritmico delle sue anche lo aveva ipnotizzato. Quel suo leggero spingersi avanti con il bacino e poi piegarsi in basso a seguire la voce per poi risalire. Piano. Lento. Sinuoso. Gli stava dando alla testa come vino. Lo stesso tipo di intorpidimento, lo stesso tipo di eccitante euforia. Gocce di sudore scivolavano lungo la linea diritta del naso di Bill e si posavano sulle sue labbra appena dischiuse. Ogni volta Tom sentiva lo stomaco stringersi dolorosamente.
Bill continuava a ballare, muovendosi così semplicemente e al tempo stesso in maniera così devastante. Era oscenamente invitante. E lui lo voleva. Il pensiero si concretizzò e si dissolse nel giro di un istante, ma fu abbastanza perchè il cuore di Tom accelerasse i battiti e lo gettasse nella confusione più totale. Provò la terribile sensazione di non potersi più muovere. Rabbia, vergogna, ma anche l'incredibile desiderio di rimanere lì a guardarlo lo assalirono tutte quante insieme.
"Ti piace?" sentì la voce di Fabian vicino all'orecchio, eppure distante. Suadente.
Tom era incapace di allontanare gli occhi da Bill. "E' mio fratello" disse soltanto. Siamo fratelli, non aveva detto quelle stesse parole quando Bill se n'era andato?
Fabian sorrise. "Ancora meglio" sussurrò.

Fu come una scaricare elettrica. Le parole di Fabian gli entrarono nel cervello ed esplosero, riportandolo - anche seppur momentaneamente - alla realtà. Cacciò in fondo allo stomaco tutte le sensazioni che lo avevano attraversato in quegli ultimi pochi istanti e cercò di liberarsi dal torpore nel quale era caduto. Serrò l'immagine che aveva di suo fratello dietro gli occhi e scansò Fabian di lato tirando fuori la forza di scansare un uomo fatto e finito chissà da dove. Si gettò giù per le scale, scendendole a tre a tre. Pensò vagamente che i pantaloni gli si sarebbero incastrati da qualche parte e che sarebbe caduto lungo disteso. O, peggio ancora, che sarebbe arrivato da suo fratello in mutande.
Al piano inferiore la folla era addirittura maggiore. Tutti si accalcavano, quasi gli uni sugli altri. E tutto ciò che Tom riusciva a pensare era a come facesse tutta quella gente a non rendersi conto della bellezza di suo fratello. Si fece strada fra la calca, andando avanti a spallate. Erano tutti così euforici che nessuno si accorse di lui. Nello spostarsi freneticamente, il cappello gli andò indietro e gli rimase in testa solo perchè lo fermavano i dreadlocks.
Aspettò di avere un po' di spazio per calcarselo in testa di nuovo. Alzò lo sguardo: era proprio sotto il palco, Bill continuava a ballare senza aver fatto caso a lui che fendeva quel mare umano come una pinna di squalo.
"Bill!" Tom gridò con quanto fiato aveva in gola, ma la musica inghiottì la sua voce. "Bill, maledizione!"
Bill aveva gli occhi chiusi e un'espressione estatica sul viso. La musica era diventata, se possibile, ancora più sensuale. Ancora più eccitante. Il mostro nello stomaco di Tom prese nuovamente a divorarlo. Pezzo dopo pezzo. "Accidenti!" il chitarrista si arrampicò sullo scalino di mezzo metro che rialzava il palco e si tirò su praticamente alle spalle del fratello.
Bill si girò e gli andò a sbattere contro. Spalancò i grandi occhi castani, più per la sorpresa di essersi scontrato che per la presenza di Tom.
"Tom?"
"Cosa diavolo stai facendo?" lo aggredì subito il fratello. Anche perchè aggredirlo era l'unico modo che aveva per ignorare la sensazione che stava provando ad averlo così vicino. Il suo corpo sembrava un magnete. Ne sentiva quasi la forza attraente.
Bill sollevò il sopracciglio forato e sorrise in maniera strana. A Tom non sembrò neanche lui, il suo sguardo era lontano anni luce. "Sto ballando, non vedi?"
"Sei impazzito o cosa? Questo posto è uno schifo!" sibilò Tom. "Ora torni a casa con me"
Bill rise. Una risata piena e cristallina, totalmente fuori luogo. Si fermò soltanto un attimo per guardarlo negli occhi, poi riprese a ridere come se avesse sentito qualcosa di veramente divertente e si piegò in due. "Bill, falla finita!" sclerò Tom.
"Scusa" quando lo disse il cantante stava ancora ridendo, ma poi tornò serio. "Scusa" mormorò di nuovo, più piano. Più lento.
Il mostro nello stomaco di Tom sembrò reagire a quelle fusa.
Bill allungò le braccia e le intrecciò dietro al collo di Tom. Il suo corpo aderì a quello del fratello in un unico movimento. A Tom sembrò di sentire ogni singolo centimetro appoggiarsi sugli altri, sentì ogni aderenza. "Bill..."

Gli girava la testa da impazzire. Le luci non stavano più ai loro posti e danzavano insieme a lui. La musica si era fatta così forte che aveva smesso di ascoltarla con le orecchie, la assorbiva direttamente dai pori della pelle, dal naso, dalla lingua. Ogni cosa era suono, musica e colore. E faceva così caldo...
Bill non ricordava quando il suo cervello avesse smesso di funzionare come quello di tutti gli altri esseri umani, quando aveva iniziato ad essere superiore e tutte le sue sensazioni si erano acutizzate ed esaltate. Migliorate. Non lo ricordava mai.
C'era un momento in cui accadeva, era come se qualcuno premesse un interruttore e lui smetteva di essere quello che era e diventava qualcos'altro. Qualcosa che stava meglio.
Aveva ballato per ore, o forse solo per qualche minuto. Non avrebbe saputo dire da quanto fosse aperto il locale, gli sembrava di esserci nato là dentro. Non era nemmeno stanco. Non era mai stanco quando si faceva di cocaina, e tutto era straordinariamente iridescente.
Rise a quella parola. Era la parola adatta, la parola che cercava. Tutto era luminoso ed iridescente. Sì, iridescente.
Qualcuno lo aveva chiamato ma lui non aveva sentito. In realtà qualcosa era penetrato nel suo cervello, solo che era stato archiviato come poco importante.
Fabian era salito sul palco, anche se non sembrava affatto il suo Fabian. Aveva il viso di Tom. Il bel viso chiaro e pulito di Tom. Il suo viso.
Aveva sentito il bisogno di ridere forte forte, ma anche di piangere. Non piangeva da quando se n'era andato, era strano che quel pensiero si fosse fatto strada tra le luci brillanti di quella sera. Ed era strano che Fabian gli chiedesse cosa stava facendo. Rise di nuovo.
Il suo Fabian che sembrava Tom.

Tom non si era mosso. Non poteva muoversi, il corpo di Bill glielo impediva.
Il suo cervello gli stava mandando messaggi strani. Da una parte avrebbe voluto afferrarlo e trascinarlo giù dal palco, fuorì dal locale, su un taxi verso l'albergo.
Dall'altra il suo desiderio di stringerlo era qualcosa di diverso e di intimo.
Qualcosa che forse non avrebbe dovuto provare.
Il mostro nel suo stomaco ruggiva in sottofondo e non sapeva più che diavolo fare. Prima di allora questo problema non si era mai posto: Bill era suo fratello. Punto.
E lui non era gay. Punto, ancora.
Che cos'altro c'era da capire? Se anche, in un universo parallelo in cui gli asini volavano, lui si fosse scoperto gay, certo non avrebbe voluto suo fratello no?.... No?
Avrebbe scelto dei maschi in carne, con un corpo, non un mucchietto di ossa con un po' di pelle attaccata, come Bill. Neanche le donne gli erano mai piaciute anoressiche, voleva posti sui cui mettere le mani lui! Voleva....
Bill si stava muovendo. Stava... mio Dio, si stava spingendo contro di lui. E lo sentiva attraverso la stoffa dei pantaloni. "Bill ti prego, non è---"
Tom chiuse gli occhi mentre Bill premeva le labbra sulle sue e le separava come se fosse già accaduto altre volte, come se fosse stato normale. La semplicità del gesto aiutò Tom a sentirlo come tale.
Nella sua testa accadde qualcosa di molto confuso. Sapeva di avere per le mani suo fratello. Sapeva che la lingua che aveva in bocca non avrebbe mai dovuto trovarsi là dentro. Sapeva anche che, in qualità di fratello forte, equilibrato e - fino a ieri - etero avrebbe dovuto evitare di spezzare il cuore al suo gemellino immensamente più fragile, delicato e di conseguenza omosessuale limonandolo sul palco di un locale di terza categoria per poi spiegargli, candidamete, che a lui proprio non interessava. Sua madre gli aveva sempre detto di tenerlo d'occhio e di prendersi cura di lui. E Tom cos'era riuscito a fare? Non si era accorto di aver scombussolato gli ormoni a Bill. Fallimento numero uno. E non contento lo stava anche assecondando, che era sì un bel modo di prendersene cura ma di sicuro non era quello che aveva in mente sua madre.
Da qualche parte, nel locale, la musica vellutata scivolò in qualcosa di più ritmato. Il cervello di Tom la registrò, ma come una cosa distante, irreale. Come qualcosa che avveniva molto molto lontano da lui. Aveva stretto le mani intorno ai minuscoli fianchi del fratello, lo aveva attirato a sè. E mentre pensava di non doverlo fare, aveva approfondito quel bacio.
Bill gli si era abbandonato tra le braccia, le mani sul suo petto, quasi totalmente inerme. Tom poteva sentire quel peso esiguo tutto addossato contro di lui.
Tutto intorno la gente stava ballando, senza far caso a loro e a quel bacio che sembrava durare da ore. Tom continuava a voler intensamente due cose opposte: da una parte avrebbe voluto allontanare Bill da sè, dall'altra avrebbe voluto poterlo stringere ancora di più e magari dimostrargli perchè lo chiamavano SexGott. Il primo desiderio, ad ogni modo, si stava facendo così labile che ora era soltanto un sussurro appena udibile. Lui ovviamente si premurò di ignorarlo definitivamente.
Poi però si rese conto che qualcosa non andava. I movimenti di Bill si erano fatti più lenti e aveva smesso di baciarlo. Inizialmente Tom non dette troppo peso alla cosa: ormai privo di ogni ritegno e qualsivoglia moralità si era già chinato sul collo di suo fratello, perso nel profumo della sua pelle. "Hmn...non..." Bill sospirò, sulla sua spalla.
"Uh?" Tom sollevò appena un sopracciglio.
"Non mi sento bene"
Tom si scostò e lo guardò in faccia. Lo teneva ancora stretto perchè, istintivamente, percepiva che se lo avesse lasciato andare sarebbe caduto in terra. "Bill?"
Il gemello sollevò lo sguardo su di lui, aveva gli occhi lucidi e le guance così rosse che sembravano due mele. Tom ebbe l'impressione che non lo vedesse "Mi sento....." non fece in tempo a finire la frase che si accasciò fra le braccia del fratello.
"Bill, che cos'hai?" Tom lo scosse, ma il fratello non rispondeva. "BILL!"
Preso dal panico si mise ad urlare, ma la musica era talmente alta che nessuno si accorse di nulla. Non fecero caso neanche al fatto che Bill non si reggesse più in piedi. Ora che era privo di sensi e che il suo peso era tutto scaricato su di lui, Tom non riusciva neanche a tenerlo su tanto bene: non aveva abbastanza forza. E poi c'era la paura. Bill aveva perso i sensi all'improvviso, come se si fosse spento. E con quel casino e le luci stroboscopiche non riusciva a vedere se respirasse. "Bill!"

Fabian aveva assistito a tutta la scena, inizialmente con crescente interesse poi con preoccupazione. Non ci aveva sperato veramente che il rasta si mettesse a limonare il gemello - nessuno ci avrebbe creduto sul serio! - ed era stata una vera sorpresa assistere alla scena, ma si era reso conto dello stato di Bill molto prima dell'altro ragazzino.
Si mosse per andargli incontro quando ormai Tom aveva già faticosamente preso in braccio Bill e cercava di trascinarlo in mezzo alla folla che finalmente iniziava a notare il leggero disordine causato dallo svenimento del cantante.
"Aspetta, ti aiuto!"
"Stia fuori dai piedi!" gli urlò contro Tom, cercando di sistemarsi meglio Bill su una spalla.
Fabian non se la prese, continuò a stargli dietro come aveva fatto all'entrata del locale. "Hai bisogno di stenderlo, ragazzino"
Erano ai margini della pista da ballo ora. Qualcuno li guardava. Tom si girò, i rasta biondi frustarono l'aria alle sue spalle. "Non mi ha sentito?" ringhiò, cercando di sembrare cattivo.
Fabian non si fece intimidire dallo sguardo vagamente imbronciato del chitarrista. "Guardalo!" esclamò, indicando Bill. "Non puoi portarlo via in questo modo! Ha bisogno d'aiuto!"
Tom abbassò lo sguardo sul fratello che aveva ripreso i sensi e si stava lamentando. Prima aveva sentito la sua fronte: stava scottando. Il suo cervello cercò di elaborare una soluzione ma non era facile lì da solo, in mezzo a gente sconosciuta, con quel tizio ambiguo e l'impossibilità di chiamare David o sua madre per farsi dare consiglio.
"Ho un letto su cui puoi stenderlo" insistette Fabian. "E' un posto tranquillo, avrà il tempo di riprendersi"
Bill fece il suo nome nel delirio e questo bastò a Tom per convincersi. "Va bene" espirò, frustrato. "Faccia strada".

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