Personaggi: Bill, Tom, David, Saki, OMC
Genere: Drammatico, Romantico, Hurt/Comfort
Avvisi: Lemon, slash, WIP
Rating: NC-17
Capitoli: 15 (on hiatus)
Note: Moscow Intimacy è la mia re-interpretazione di un'altra fanfiction che s'intitola "Ti amo" ed è opera di Alba. Potete trovare l'originale qui. Alba è perfettamente a conoscenza della mia versione, quindi non datevi disturbo ad urlare al plagio.
Riassunto: Sapendo di non poter continuare a vivere accanto al fratello dopo avergli dichiarato il suo amore, Bill se ne va facendo perdere le sue tracce. Tom va a cercarlo, per chiarire la situazione.
Genere: Drammatico, Romantico, Hurt/Comfort
Avvisi: Lemon, slash, WIP
Rating: NC-17
Capitoli: 15 (on hiatus)
Note: Moscow Intimacy è la mia re-interpretazione di un'altra fanfiction che s'intitola "Ti amo" ed è opera di Alba. Potete trovare l'originale qui. Alba è perfettamente a conoscenza della mia versione, quindi non datevi disturbo ad urlare al plagio.
Riassunto: Sapendo di non poter continuare a vivere accanto al fratello dopo avergli dichiarato il suo amore, Bill se ne va facendo perdere le sue tracce. Tom va a cercarlo, per chiarire la situazione.
06. Cheap Quotation
If you want to kiss the sky
Better learn how to kneel
(U2 - Mysterious ways)
In un attimo Tom aveva dimenticato tutti i motivi per cui avrebbe dovuto essere arrabbiato con il suo gemello. Tutto si era aspettato, tranne che di trovarlo in mezzo al corridoio dell'albergo in quello stato pietoso.
Incapace di parlare, si fece da parte e lo lasciò passare quindi uscì sul pianerottolo e sollevò entrambe le valige per portarle all'interno.
Bill era in piedi in mezzo alla stanza, le braccia strette intorno al busto e lo sguardo vergognoso fisso in terra.
Tom richiuse la porta lentamente, immergendo la stanza nel buio.
"Che cosa è successo?" mormorò, fermandosi pochi passi dietro di lui e fissando la sua sagoma esile contro la finestra.
Bill si voltò molto lentamente. "Voglio tornare a casa"
"Che cosa è successo?" ripetè Tom, con lo stesso tono di prima. Avrebbe voluto abbracciare stretto il fratello seduta stante e stringerlo forte come aveva sempre fatto ma una piccola parte di sè, quella più orgogliosa, pretendeva di sapere per quale motivo se n'era tornato da lui con la coda tra le gambe. Che cosa gli era successo di tanto orribile per fargli cambiare idea? Bill era così testardo che non si rimangiava mai le parole. In genere finiva sempre che erano gli altri a cedere.
"Ho..." Bill si morse un labbro, trattenere le lacrime non era mai stato facile per lui ma adesso stava diventando un'impresa titanica. "... ho litigato con Fabian"
Tom serrò la mascella, anche solo il nome di quell'uomo gli faceva saltare i nervi ormai. Si prese del tempo per osservare suo fratello che si ostinava a tenere gli occhi lontano da lui.
Era davvero sconvolto: ora che lo guardava meglio, la sua maglia era strappata e non era solo la cintura ad essere aperta. Sembrava quasi che si fosse vestito di fretta, senza stare dietro ai particolari. E Bill non tralasciava mai i particolari.
E poi com'erano conciati i suoi capelli e gli occhi! Doveva aver pianto per ore e..... qualcosa scattò nel suo cervello. "Che cosa ti ha fatto?" chiese. Il tono era deciso ma la sua voce fu scossa da qualcosa di molto simile ad un tremito di paura.
Bill scosse la testa. "Niente, tranquillo" cercò di rassicurarlo. Continuava a tenere lo sguardo fisso a terra e la sua voce aveva un tono strano.
"Niente?" l'ironia nella voce di Tom avrebbe potuto tagliargli i capelli. "A guardarti in faccia non si direbbe"
"Tomi davvero" Bill gli lanciò un'occhiata supplichevole che sciolse il biondo in una pozzanghera di dreadlocks con un cappellino in cima. "Non mi ha fatto niente"
Tom rimase immobile per un tempo interminabile che utilizzò per raccogliere i pezzi di sè stesso che si erano liquefatti di fronte a quello sguardo. Capì da quella risposta che forse non voleva sapere nient'altro, che era meglio non chiedere fintanto che suo fratello era lì. Nelle ultime ore si erano avventurati su una fune invisibile, una parola di troppo e uno dei due sarebbe caduto. "Vieni qui"
Bill si lasciò abracciare e solo allora, quando fu tra le braccia del fratello, lasciò andare il sospiro che aveva trattenuto fino a quel momento. Tom lo tenne ancora più stretto e Bill gli affondò il viso nel collo e inspirò quel profumo così buono. "Scusami, Tomi"
Tom sgranò gli occhi, nel buio. Suo fratello che si scusava era un evento miracoloso. Se solo non fosse stato un momento topico e il calore del corpo di Bill non avesse già iniziato a dargli alla testa, avrebbe esultato. Bill gli premette il naso contro il collo, dolcemente. "Non volevo dirti quelle cose stamattina"
Tom deglutì, le sue mani scivolarono sulla curva irresistibile dei fianchi di Bill. "Lascia stare. Anche io sono stato orribile"
Le loro voci nella stanza erano solo un mormorio soffice, un sussurrarsi nelle orecchie delicatamente. Tom si perse nel mugolare di Bill e nel suo fiato caldo sulla propria pelle. Lentamente tutte le sensazioni della sera precedente tornarono a galla, più prepotenti e più forti; gli fecero stringere la presa su quei fianchi e premere leggermente il proprio corpo contro quello del fratello.
Bill piegò la testa e si scostò leggermente. I suo occhi castani catturavano la poca luce che c'era, diventando brillanti. Lo guardò a lungo, in silenzio, prima di chinarsi su di lui e baciarlo piano. Tom inspirò, incapace di allontanarsi dalle labbra del fratello. Sentirne il sapore fu più devastante di quanto avesse immaginato.
Aveva pensato al modo di affrontare la cosa se mai si fosse ripresentata l'occasione, se mai lui e Bill si fossero trovati a condividere lo stesso quantitativo d'aria come in quel momento ma ovviamente tutti i suoi buoni propositi erano andati in frantumi non appena la lingua di Bill aveva sfiorato la sua. La decisione di stargli a due passi di distanza, di non azzardarsi mai più a sfiorarlo neanche per sbaglio, era svanita come una nuvola di fumo. Ora che lo aveva lì, tra le braccia, che il corpo di Bill era consistente e reale sotto le sue dita non riusciva a pensare a nient'altro che a come accarezzarlo.
Lasciò scivolare una mano sotto la maglia di Bill, la pelle morbida della sua pancia sotto le dita aveva la stessa consistenza della seta. Gli baciò il collo, lentamente, assaporando ogni centimetro, percependo il flusso del sangue nelle sue vene. Poteva quasi sentire il battito accelerato del suo cuore attraverso le labbra. E ogni respiro, sotto di lui, era una nuova pulsazione, un altro fremito da parte di suo fratello.
Bill aveva reclinato lievemente la testa e socchiuso gli occhi, quindi lo aveva spinto piano indietro fino ad appoggiarlo contro il muro. Le mani sul petto, cercò di nuovo le sue labbra senza fargli riprendere fiato.
Tom gli passò una mano tra i capelli, lungo la guancia, gli accarezzò di nuovo il collo.
Come poteva allontanarsi adesso? Tom sapeva che non avrebbe trovato la forza.
Il corpo di suo fratello era irresistibile e lui non poteva farci niente. Forse tutto era iniziato quando lo aveva visto ballare in quel modo, forse quell'idea era già dentro di lui fin dall'inizio ma nascosta da tutti i se e i ma che erano stati magicamente cancellati dall'ultimo sensuale bacio di suo fratello. Ad interromperlo dai suoi vagheggiamenti morali, furono i movimenti convulsi di Bill che tentava disperatamente di trovare l'orlo della sua maglia senza dover smettere di baciarlo per guardare dove metteva le mani.
"Che stai facendo?" sussurrò Tom, vagamente impegnato a mordergli il lobo dell'orecchio.
Bill mugolò frustrato: non riusciva a trovare la fine del tendaggio che ricopriva l'intera figura di suo fratello. "Aiutami..."
Tom fece uno di quei suoi mezzi sorrisi. Bill colse il movimento vago della sua lingua che giocava col piercing del labbro.
Il chitarrista si scostò e si tolse la maglia: quante volte era rimasto a torso nudo davanti a suo fratello? Quante di quelle volte la cosa gli era sembrata tanto eccitante?
Tom osservò ipnotizzato le lunghe dita di Bill che giocavano sul suo petto. Gli occhi di suo fratello erano semi-aperti, intorpiditi, e lui non sembrava quasi più presente.
Lo baciò di nuovo, ma Bill gli sfuggì quasi subito e al suo sguardo interrogativo rispose con un'occhiata divertita che Tom non seppe interpretare. Chiuse gli occhi quando lo sentì scivolare lungo il suo corpo, quasi ritrasse lo stomaco quando percepì le sue labbra sulla pelle, la sua lingua nell'ombelico. "Bill.." il gridolino gli uscì strozzato e quasi impaurito. Un conto era pensare a suo fratello, averne un bisogno fisico incontrollato, cercare disperatamente le sue labbra in una stanza buia, un altro era rendersi conto che lui era veramente lì a rispondere a quei baci. Realizzare improvvisamente le sue mani tra le gambe e sciogliersi a quel tocco come se fosse stato naturale. Come se non avesse aspettato nient'altro per tutta quanta la vita.
Bill trovò la strada dentro i suoi pantaloni molto più facilmente di quanto non avesse fatto con la sua maglia. Tom sentì il suo respiro, il calore delle sue labbra era quasi tangibile. Così maledettamente vicine eppure non ancora su di lui. Strinse le mani, ficcandosi le unghie nel palmo, diviso tra il bisogno disperato di spingere la testa di Bill verso di sè e l'impossibilità di pretendere da lui una cosa del genere. Dio, uccidimi adesso...
Reclinò la testa, stringendo gli occhi. Bill continuava a sfiorarlo con la punta del naso e con le labbra, rimaneva vicino ma non era abbastanza. E lui non riusciva a muoversi perchè se lo avesse fatto, se si fosse permesso di appoggiargli una mano sulla testa.... cazzo, non poteva sapere cosa sarebbe successo.
Non voleva che Bill lo facesse. E al tempo stesso lo voleva così tanto che i suoi sensi di colpa lo stavano distruggendo. Come poteva distinguere le proprie sensazioni e sapere con certezza che lo voleva davvero e che non era un desiderio indotto dal suo stato di diciottenne in piena crisi ormonale?
Con che faccia lo avrebbe guardato se....
"Cristo...." il suo corpo reagì oltre il suo controllo. S'incarcò contro il fratello, contro la sensazione umida della sua bocca. Il calore. Il movimento lento e bagnato della lingua di Bill sulla sua pelle. Tom stese di scatto le braccia sul muro, artigliò l'intonaco e lo graffiò per impedirsi di toccarlo.
Il mondo aveva perso ogni suono. Gli sembrava di essere immerso in un silenzio pastoso rotto soltanto dal suo ansimare. Sentiva il proprio respiro rieccheggiare ovunque come se stesse urlando. E poi c'era Bill che occupava tutto il suo campo sensoriale.
Lo spazio che il corpo inginocchiato di Bill occupava ai suoi piedi.
Le sue mani sulla sua pancia nuda.
La sua bocca e il movimento della sua testa. Lo sfiorare ritmico e impercettibile di tutto il resto di lui.
Tom aveva preso a spingersi in avanti, involontoriamente, alla dolorosa ricerca di sollievo. "Bill..." aprì la bocca in cerca di aria. Sentì le ginocchia cedere. "....."
Ma suo fratello aveva altri programmi. Tom emise un mugolio tra il disperato e il deluso quando lo sentì risalire al suo livello e mordergli la pelle morbida del collo. Voltò la testa per baciarlo ancora, si strofinò contro di lui, anche se una parte del suo cervello continuava a dirgli di non farlo. Era pur sempre suo fratello e non avrebbe dovuto servirsi di lui per questo. Lui era...
Cercò le labbra di Bill con le sue nel disperato tentativo di riallacciare un contatto che non fosse così palesemente e orrendemente anormale di fronte a quel suo neonato senso di colpa. Baciò suo fratello con forza, stringendolo a sè per i fianchi. Bastò il movimento del corpo di Bill, il suo spostarsi impercettibilmente e sfiorarlo con una gamba per distruggere di nuovo tutte le sue resistenze. "Perchè ti sei fermato?" gli sussurrò sulle labbra. Socchiuse gli occhi: non era questo che doveva dirgli! Ma Bill era così vicino...
"Perchè in realtà non vuoi" le parole del cantante arrivarono chiare e precise, mentre lo fissava negli occhi. Tom si risvegliò al suono della sua voce. Sbattè le palpebre un paio di volte prima di tornare sulla terra. Registrò quello che gli era stato detto, lo comprese, quindi il suo cervello si spense. Definitiviamente.
Il letto era a qualche centimetro da loro. Tom ce lo spinse sopra senza lasciargli il tempo di dire assolutamente nient'altro. Si distese sul fratello, le belle spalle piegate nel movimento.
Bill lo guardò con gli occhioni sgranati, con quell'espressione sorpresa che gli appariva ogni tanto sul viso. Innocente e bellissima. "Non ti azzardare mai più a credere di sapere quello che voglio" gli respirò in faccia, con un ghigno.
Bill sorrise.
Tom era riuscito a spogliarlo a fatica.
Quei suoi vestiti stretti come guanti sembravano incollati. Aveva litigato con lo scollo di quella terribile magliettina nera e pseudo-gotica per almeno dieci minuti prima di riuscire a fargliela passare dalla testa. I pantaloni avevano creato molti più problemi. Sfilarglieli era stato sfiancante. Ora che quegli orridi mezzi di tortura giacevano dimenticati sul pavimento, Tom stava festeggiando il suo trionfo esplorando il corpo del gemello e sentendolo gemere ad ogni sua carezza. "Sei bellissimo..." mormorò. E non gli passò neanche per l'anticamera del cervello che fosse un'affermazione narcisistica.
Per quanto fossero uguali, Bill ai suoi occhi era bello davvero, più di quanto non lo fosse lui stesso. La sua grazia, il modo di muoversi, era semplicemente stupendo. Aveva sempre ammirato la capacità che aveva di riempire lo spazio con tanta armonia, la sua presenza scenica, il suo modo di oscurare tutto il resto del mondo semplicemente entrando in una stanza. "Tomi..." la voce di suo fratello lo sottrasse ai suoi pensieri, era rimasto fermo a fissarlo troppo a lungo: sotto di lui Bill lo stava aspettando, le labbra appena arricciate in quel broncio delizioso e gli occhi intorpiditi.
Tom si chinò a baciarlo ancora, prendendosi tutto il tempo di esplorare la sua bocca con lentezza, di sciogliersi nel suo sapore e sentirlo fremere mentre lo accarezzava. Lasciò scivolare un ginocchio tra le gambe di Bill perchè le aprisse e si sistemò gentilmente.
Tom sentì il fratello espirare forte e la sua schiena irrigidirsi. Sotto le sue mani lo sentì rabbrividire e tendersi, nervoso.
Il chitarrista gli sussurrò tenero all'orecchio. "Bill, non dobbiamo farlo per forza, se non vuoi"
"Che cosa te lo fa pensare?"
"Stai tremando"
Anche al buio, Tom si rese conto che Bill era arrossito. "Io voglio che sia tu"
Tom rimase immobile. In tutta onestà si era fatto un'idea di Fabian che eliminava totalmente l'opzione di essere il primo. E ora che suo fratello gli stava dicendo il contrario, si sentiva investito di un'importanza troppo grande. Era già abbastanza complicato pensare che si stava facendo suo fratello, se poi ci aggiungeva anche questo la cosa poteva diventare catastroficamente preoccupante. "Oddio.. Bill..." cercò di balbettare qualcosa di coerente, col cervello ottenebrato dall'eccitazione ma tutto ciò che seriamente riusciva a percepire era la propria erezione e suo fratello così maledettamente invitante e vicino. "Non è necessario che sia proprio adesso, allora..."
"Sì, lo è" Bill allungò il collo verso di lui e catturò le sue labbra ancora una volta. Nel farlo, il suo corpo si strusciò sensualmente contro quello di Tom che fu scosso da un brivido lungo tutta la schiena fino ai fianchi. Il cantante allungò un braccio e sciolse il laccio che teneva insieme i suoi dreadlocks. Le ciocche bionde ricaddero sulle spalle di Tom e sul viso del fratello che lo stava ancora guardando. "Voglio che tu lo faccia, adesso..... "
La voce calda e morbida di Bill gli scivolò addosso, quasi seguendo il movimento di quel suo corpo magrissimo. Tom si spinse avanti contro il suo volere. Sentì la pelle di Bill contro la sua, lo sentì emettere quello stesso doloroso gemito che sfuggì dalle sue labbra. Strinse i denti e serrò gli occhi. Prima ancora di deciderlo, aveva già iniziato a muoversi, lentamente, seguendo un ritmo preciso che era nel suo cervello.
Era sbagliato. Certo da qualche parte le persone come lui venivano punite severamente dalla legge, dai parenti, dal divino... da qualcuno! Però lui non si era mai sentito meglio. L'alchimia era perfetta, suo fratello era così dannamente eccitante e il suo corpo lo voleva come non aveva mai voluto niente prima di quel momento. E c'era qualcosa dietro le sue sensasazioni, dietro il desiderio devastante di fare sesso con lui. Un sentimento che timidamente si stava facendo spazio trai suoi ormoni in crisi orgiastica: una sfumatura di quell'eccitazione che non aveva mai provato. Lui voleva bene a Bill. E questo, evidentemente, cambiava le cose. Che la legge, la famiglia o il cielo facessero quello che volevano: aver capito quella cosa così semplice proprio in quel momento aveva un significato per Tom. Un significato di quelli potenti e ultraterreni. Doveva ancora capire quale, ma erano dettagli.
Puntò le braccia sul materasso, mentre strofinava il proprio corpo contro quello del fratello, raddoppiando gli ansimi, lasciando che ogni centimetro di se stesso si connettesse con Bill, con lentezza e metodo. La voglia che aveva di lui aumentava ad ogni singola spinta, il desiderio di penetrarlo gli esplose nello stomaco dolorosamente.
"Tom..." Bill lo pregò, probabilmente tentato dalla stessa possibilità. "Ti prego..."
Il chitarrista scosse la testa, mentre inarcava la schiena e si schiacciava contro il fratello cercando il massimo contatto possibile. "Non voglio farti male" mormorò, respirandogli sulle labbra freneticamente. In quella stanza non c'era niente che potesse facilitare le cose a suo fratello e lui certo non voleva ignorare questo piccolo particolare.
Bill forse comprese, ma in quel momento la sua testa era altrove. Serrò le gambe intorno alla vita del fratello, lo strinse a sè mentre Tom continuava a muoversi su di lui. "Tomi..."
La sua voce. Dio, la sua voce poteva farlo impazzire! Bill lo aveva sempre chiamato per nome ma adesso era tutto diverso. Quelle due sillabe erano intrise di desiderio e di una fantastica disperazione. Voleva piacere e sollievo e carezze e sesso. E li voleva da lui. Soltanto da lui. In quel preciso istante per Bill lui incarnava tutto ciò che si potesse desiderare. E quella sensazione gli dava alla testa.
"Tom...." Bill ripetè di nuovo il suo nome. Si spinse verso di lui, contraendo i muscoli delle gambe per darsi slancio.
Tom non rispose. I suoi movimenti si erano fatti più veloci ed incisivi, lo spingersi dei suoi fianchi dolce ma molto più potente. Affondò il viso nel collo di Bill, baciandolo e mordendolo, leccandolo mentre cercava sollievo. I gemiti di suo fratello divennero ansimi e poi mugolii, finchè non gli si strinse addosso quasi di scatto e convulsamente.
Tom reclinò la testa all'indietro e trattenne il corpo del fratello contro il proprio, stringendogli un fianco per impedirgli di muoversi.
In quel attimo, non ci fu nient'altro.
If you want to kiss the sky
Better learn how to kneel
(U2 - Mysterious ways)
In un attimo Tom aveva dimenticato tutti i motivi per cui avrebbe dovuto essere arrabbiato con il suo gemello. Tutto si era aspettato, tranne che di trovarlo in mezzo al corridoio dell'albergo in quello stato pietoso.
Incapace di parlare, si fece da parte e lo lasciò passare quindi uscì sul pianerottolo e sollevò entrambe le valige per portarle all'interno.
Bill era in piedi in mezzo alla stanza, le braccia strette intorno al busto e lo sguardo vergognoso fisso in terra.
Tom richiuse la porta lentamente, immergendo la stanza nel buio.
"Che cosa è successo?" mormorò, fermandosi pochi passi dietro di lui e fissando la sua sagoma esile contro la finestra.
Bill si voltò molto lentamente. "Voglio tornare a casa"
"Che cosa è successo?" ripetè Tom, con lo stesso tono di prima. Avrebbe voluto abbracciare stretto il fratello seduta stante e stringerlo forte come aveva sempre fatto ma una piccola parte di sè, quella più orgogliosa, pretendeva di sapere per quale motivo se n'era tornato da lui con la coda tra le gambe. Che cosa gli era successo di tanto orribile per fargli cambiare idea? Bill era così testardo che non si rimangiava mai le parole. In genere finiva sempre che erano gli altri a cedere.
"Ho..." Bill si morse un labbro, trattenere le lacrime non era mai stato facile per lui ma adesso stava diventando un'impresa titanica. "... ho litigato con Fabian"
Tom serrò la mascella, anche solo il nome di quell'uomo gli faceva saltare i nervi ormai. Si prese del tempo per osservare suo fratello che si ostinava a tenere gli occhi lontano da lui.
Era davvero sconvolto: ora che lo guardava meglio, la sua maglia era strappata e non era solo la cintura ad essere aperta. Sembrava quasi che si fosse vestito di fretta, senza stare dietro ai particolari. E Bill non tralasciava mai i particolari.
E poi com'erano conciati i suoi capelli e gli occhi! Doveva aver pianto per ore e..... qualcosa scattò nel suo cervello. "Che cosa ti ha fatto?" chiese. Il tono era deciso ma la sua voce fu scossa da qualcosa di molto simile ad un tremito di paura.
Bill scosse la testa. "Niente, tranquillo" cercò di rassicurarlo. Continuava a tenere lo sguardo fisso a terra e la sua voce aveva un tono strano.
"Niente?" l'ironia nella voce di Tom avrebbe potuto tagliargli i capelli. "A guardarti in faccia non si direbbe"
"Tomi davvero" Bill gli lanciò un'occhiata supplichevole che sciolse il biondo in una pozzanghera di dreadlocks con un cappellino in cima. "Non mi ha fatto niente"
Tom rimase immobile per un tempo interminabile che utilizzò per raccogliere i pezzi di sè stesso che si erano liquefatti di fronte a quello sguardo. Capì da quella risposta che forse non voleva sapere nient'altro, che era meglio non chiedere fintanto che suo fratello era lì. Nelle ultime ore si erano avventurati su una fune invisibile, una parola di troppo e uno dei due sarebbe caduto. "Vieni qui"
Bill si lasciò abracciare e solo allora, quando fu tra le braccia del fratello, lasciò andare il sospiro che aveva trattenuto fino a quel momento. Tom lo tenne ancora più stretto e Bill gli affondò il viso nel collo e inspirò quel profumo così buono. "Scusami, Tomi"
Tom sgranò gli occhi, nel buio. Suo fratello che si scusava era un evento miracoloso. Se solo non fosse stato un momento topico e il calore del corpo di Bill non avesse già iniziato a dargli alla testa, avrebbe esultato. Bill gli premette il naso contro il collo, dolcemente. "Non volevo dirti quelle cose stamattina"
Tom deglutì, le sue mani scivolarono sulla curva irresistibile dei fianchi di Bill. "Lascia stare. Anche io sono stato orribile"
Le loro voci nella stanza erano solo un mormorio soffice, un sussurrarsi nelle orecchie delicatamente. Tom si perse nel mugolare di Bill e nel suo fiato caldo sulla propria pelle. Lentamente tutte le sensazioni della sera precedente tornarono a galla, più prepotenti e più forti; gli fecero stringere la presa su quei fianchi e premere leggermente il proprio corpo contro quello del fratello.
Bill piegò la testa e si scostò leggermente. I suo occhi castani catturavano la poca luce che c'era, diventando brillanti. Lo guardò a lungo, in silenzio, prima di chinarsi su di lui e baciarlo piano. Tom inspirò, incapace di allontanarsi dalle labbra del fratello. Sentirne il sapore fu più devastante di quanto avesse immaginato.
Aveva pensato al modo di affrontare la cosa se mai si fosse ripresentata l'occasione, se mai lui e Bill si fossero trovati a condividere lo stesso quantitativo d'aria come in quel momento ma ovviamente tutti i suoi buoni propositi erano andati in frantumi non appena la lingua di Bill aveva sfiorato la sua. La decisione di stargli a due passi di distanza, di non azzardarsi mai più a sfiorarlo neanche per sbaglio, era svanita come una nuvola di fumo. Ora che lo aveva lì, tra le braccia, che il corpo di Bill era consistente e reale sotto le sue dita non riusciva a pensare a nient'altro che a come accarezzarlo.
Lasciò scivolare una mano sotto la maglia di Bill, la pelle morbida della sua pancia sotto le dita aveva la stessa consistenza della seta. Gli baciò il collo, lentamente, assaporando ogni centimetro, percependo il flusso del sangue nelle sue vene. Poteva quasi sentire il battito accelerato del suo cuore attraverso le labbra. E ogni respiro, sotto di lui, era una nuova pulsazione, un altro fremito da parte di suo fratello.
Bill aveva reclinato lievemente la testa e socchiuso gli occhi, quindi lo aveva spinto piano indietro fino ad appoggiarlo contro il muro. Le mani sul petto, cercò di nuovo le sue labbra senza fargli riprendere fiato.
Tom gli passò una mano tra i capelli, lungo la guancia, gli accarezzò di nuovo il collo.
Come poteva allontanarsi adesso? Tom sapeva che non avrebbe trovato la forza.
Il corpo di suo fratello era irresistibile e lui non poteva farci niente. Forse tutto era iniziato quando lo aveva visto ballare in quel modo, forse quell'idea era già dentro di lui fin dall'inizio ma nascosta da tutti i se e i ma che erano stati magicamente cancellati dall'ultimo sensuale bacio di suo fratello. Ad interromperlo dai suoi vagheggiamenti morali, furono i movimenti convulsi di Bill che tentava disperatamente di trovare l'orlo della sua maglia senza dover smettere di baciarlo per guardare dove metteva le mani.
"Che stai facendo?" sussurrò Tom, vagamente impegnato a mordergli il lobo dell'orecchio.
Bill mugolò frustrato: non riusciva a trovare la fine del tendaggio che ricopriva l'intera figura di suo fratello. "Aiutami..."
Tom fece uno di quei suoi mezzi sorrisi. Bill colse il movimento vago della sua lingua che giocava col piercing del labbro.
Il chitarrista si scostò e si tolse la maglia: quante volte era rimasto a torso nudo davanti a suo fratello? Quante di quelle volte la cosa gli era sembrata tanto eccitante?
Tom osservò ipnotizzato le lunghe dita di Bill che giocavano sul suo petto. Gli occhi di suo fratello erano semi-aperti, intorpiditi, e lui non sembrava quasi più presente.
Lo baciò di nuovo, ma Bill gli sfuggì quasi subito e al suo sguardo interrogativo rispose con un'occhiata divertita che Tom non seppe interpretare. Chiuse gli occhi quando lo sentì scivolare lungo il suo corpo, quasi ritrasse lo stomaco quando percepì le sue labbra sulla pelle, la sua lingua nell'ombelico. "Bill.." il gridolino gli uscì strozzato e quasi impaurito. Un conto era pensare a suo fratello, averne un bisogno fisico incontrollato, cercare disperatamente le sue labbra in una stanza buia, un altro era rendersi conto che lui era veramente lì a rispondere a quei baci. Realizzare improvvisamente le sue mani tra le gambe e sciogliersi a quel tocco come se fosse stato naturale. Come se non avesse aspettato nient'altro per tutta quanta la vita.
Bill trovò la strada dentro i suoi pantaloni molto più facilmente di quanto non avesse fatto con la sua maglia. Tom sentì il suo respiro, il calore delle sue labbra era quasi tangibile. Così maledettamente vicine eppure non ancora su di lui. Strinse le mani, ficcandosi le unghie nel palmo, diviso tra il bisogno disperato di spingere la testa di Bill verso di sè e l'impossibilità di pretendere da lui una cosa del genere. Dio, uccidimi adesso...
Reclinò la testa, stringendo gli occhi. Bill continuava a sfiorarlo con la punta del naso e con le labbra, rimaneva vicino ma non era abbastanza. E lui non riusciva a muoversi perchè se lo avesse fatto, se si fosse permesso di appoggiargli una mano sulla testa.... cazzo, non poteva sapere cosa sarebbe successo.
Non voleva che Bill lo facesse. E al tempo stesso lo voleva così tanto che i suoi sensi di colpa lo stavano distruggendo. Come poteva distinguere le proprie sensazioni e sapere con certezza che lo voleva davvero e che non era un desiderio indotto dal suo stato di diciottenne in piena crisi ormonale?
Con che faccia lo avrebbe guardato se....
"Cristo...." il suo corpo reagì oltre il suo controllo. S'incarcò contro il fratello, contro la sensazione umida della sua bocca. Il calore. Il movimento lento e bagnato della lingua di Bill sulla sua pelle. Tom stese di scatto le braccia sul muro, artigliò l'intonaco e lo graffiò per impedirsi di toccarlo.
Il mondo aveva perso ogni suono. Gli sembrava di essere immerso in un silenzio pastoso rotto soltanto dal suo ansimare. Sentiva il proprio respiro rieccheggiare ovunque come se stesse urlando. E poi c'era Bill che occupava tutto il suo campo sensoriale.
Lo spazio che il corpo inginocchiato di Bill occupava ai suoi piedi.
Le sue mani sulla sua pancia nuda.
La sua bocca e il movimento della sua testa. Lo sfiorare ritmico e impercettibile di tutto il resto di lui.
Tom aveva preso a spingersi in avanti, involontoriamente, alla dolorosa ricerca di sollievo. "Bill..." aprì la bocca in cerca di aria. Sentì le ginocchia cedere. "....."
Ma suo fratello aveva altri programmi. Tom emise un mugolio tra il disperato e il deluso quando lo sentì risalire al suo livello e mordergli la pelle morbida del collo. Voltò la testa per baciarlo ancora, si strofinò contro di lui, anche se una parte del suo cervello continuava a dirgli di non farlo. Era pur sempre suo fratello e non avrebbe dovuto servirsi di lui per questo. Lui era...
Cercò le labbra di Bill con le sue nel disperato tentativo di riallacciare un contatto che non fosse così palesemente e orrendemente anormale di fronte a quel suo neonato senso di colpa. Baciò suo fratello con forza, stringendolo a sè per i fianchi. Bastò il movimento del corpo di Bill, il suo spostarsi impercettibilmente e sfiorarlo con una gamba per distruggere di nuovo tutte le sue resistenze. "Perchè ti sei fermato?" gli sussurrò sulle labbra. Socchiuse gli occhi: non era questo che doveva dirgli! Ma Bill era così vicino...
"Perchè in realtà non vuoi" le parole del cantante arrivarono chiare e precise, mentre lo fissava negli occhi. Tom si risvegliò al suono della sua voce. Sbattè le palpebre un paio di volte prima di tornare sulla terra. Registrò quello che gli era stato detto, lo comprese, quindi il suo cervello si spense. Definitiviamente.
Il letto era a qualche centimetro da loro. Tom ce lo spinse sopra senza lasciargli il tempo di dire assolutamente nient'altro. Si distese sul fratello, le belle spalle piegate nel movimento.
Bill lo guardò con gli occhioni sgranati, con quell'espressione sorpresa che gli appariva ogni tanto sul viso. Innocente e bellissima. "Non ti azzardare mai più a credere di sapere quello che voglio" gli respirò in faccia, con un ghigno.
Bill sorrise.
Tom era riuscito a spogliarlo a fatica.
Quei suoi vestiti stretti come guanti sembravano incollati. Aveva litigato con lo scollo di quella terribile magliettina nera e pseudo-gotica per almeno dieci minuti prima di riuscire a fargliela passare dalla testa. I pantaloni avevano creato molti più problemi. Sfilarglieli era stato sfiancante. Ora che quegli orridi mezzi di tortura giacevano dimenticati sul pavimento, Tom stava festeggiando il suo trionfo esplorando il corpo del gemello e sentendolo gemere ad ogni sua carezza. "Sei bellissimo..." mormorò. E non gli passò neanche per l'anticamera del cervello che fosse un'affermazione narcisistica.
Per quanto fossero uguali, Bill ai suoi occhi era bello davvero, più di quanto non lo fosse lui stesso. La sua grazia, il modo di muoversi, era semplicemente stupendo. Aveva sempre ammirato la capacità che aveva di riempire lo spazio con tanta armonia, la sua presenza scenica, il suo modo di oscurare tutto il resto del mondo semplicemente entrando in una stanza. "Tomi..." la voce di suo fratello lo sottrasse ai suoi pensieri, era rimasto fermo a fissarlo troppo a lungo: sotto di lui Bill lo stava aspettando, le labbra appena arricciate in quel broncio delizioso e gli occhi intorpiditi.
Tom si chinò a baciarlo ancora, prendendosi tutto il tempo di esplorare la sua bocca con lentezza, di sciogliersi nel suo sapore e sentirlo fremere mentre lo accarezzava. Lasciò scivolare un ginocchio tra le gambe di Bill perchè le aprisse e si sistemò gentilmente.
Tom sentì il fratello espirare forte e la sua schiena irrigidirsi. Sotto le sue mani lo sentì rabbrividire e tendersi, nervoso.
Il chitarrista gli sussurrò tenero all'orecchio. "Bill, non dobbiamo farlo per forza, se non vuoi"
"Che cosa te lo fa pensare?"
"Stai tremando"
Anche al buio, Tom si rese conto che Bill era arrossito. "Io voglio che sia tu"
Tom rimase immobile. In tutta onestà si era fatto un'idea di Fabian che eliminava totalmente l'opzione di essere il primo. E ora che suo fratello gli stava dicendo il contrario, si sentiva investito di un'importanza troppo grande. Era già abbastanza complicato pensare che si stava facendo suo fratello, se poi ci aggiungeva anche questo la cosa poteva diventare catastroficamente preoccupante. "Oddio.. Bill..." cercò di balbettare qualcosa di coerente, col cervello ottenebrato dall'eccitazione ma tutto ciò che seriamente riusciva a percepire era la propria erezione e suo fratello così maledettamente invitante e vicino. "Non è necessario che sia proprio adesso, allora..."
"Sì, lo è" Bill allungò il collo verso di lui e catturò le sue labbra ancora una volta. Nel farlo, il suo corpo si strusciò sensualmente contro quello di Tom che fu scosso da un brivido lungo tutta la schiena fino ai fianchi. Il cantante allungò un braccio e sciolse il laccio che teneva insieme i suoi dreadlocks. Le ciocche bionde ricaddero sulle spalle di Tom e sul viso del fratello che lo stava ancora guardando. "Voglio che tu lo faccia, adesso..... "
La voce calda e morbida di Bill gli scivolò addosso, quasi seguendo il movimento di quel suo corpo magrissimo. Tom si spinse avanti contro il suo volere. Sentì la pelle di Bill contro la sua, lo sentì emettere quello stesso doloroso gemito che sfuggì dalle sue labbra. Strinse i denti e serrò gli occhi. Prima ancora di deciderlo, aveva già iniziato a muoversi, lentamente, seguendo un ritmo preciso che era nel suo cervello.
Era sbagliato. Certo da qualche parte le persone come lui venivano punite severamente dalla legge, dai parenti, dal divino... da qualcuno! Però lui non si era mai sentito meglio. L'alchimia era perfetta, suo fratello era così dannamente eccitante e il suo corpo lo voleva come non aveva mai voluto niente prima di quel momento. E c'era qualcosa dietro le sue sensasazioni, dietro il desiderio devastante di fare sesso con lui. Un sentimento che timidamente si stava facendo spazio trai suoi ormoni in crisi orgiastica: una sfumatura di quell'eccitazione che non aveva mai provato. Lui voleva bene a Bill. E questo, evidentemente, cambiava le cose. Che la legge, la famiglia o il cielo facessero quello che volevano: aver capito quella cosa così semplice proprio in quel momento aveva un significato per Tom. Un significato di quelli potenti e ultraterreni. Doveva ancora capire quale, ma erano dettagli.
Puntò le braccia sul materasso, mentre strofinava il proprio corpo contro quello del fratello, raddoppiando gli ansimi, lasciando che ogni centimetro di se stesso si connettesse con Bill, con lentezza e metodo. La voglia che aveva di lui aumentava ad ogni singola spinta, il desiderio di penetrarlo gli esplose nello stomaco dolorosamente.
"Tom..." Bill lo pregò, probabilmente tentato dalla stessa possibilità. "Ti prego..."
Il chitarrista scosse la testa, mentre inarcava la schiena e si schiacciava contro il fratello cercando il massimo contatto possibile. "Non voglio farti male" mormorò, respirandogli sulle labbra freneticamente. In quella stanza non c'era niente che potesse facilitare le cose a suo fratello e lui certo non voleva ignorare questo piccolo particolare.
Bill forse comprese, ma in quel momento la sua testa era altrove. Serrò le gambe intorno alla vita del fratello, lo strinse a sè mentre Tom continuava a muoversi su di lui. "Tomi..."
La sua voce. Dio, la sua voce poteva farlo impazzire! Bill lo aveva sempre chiamato per nome ma adesso era tutto diverso. Quelle due sillabe erano intrise di desiderio e di una fantastica disperazione. Voleva piacere e sollievo e carezze e sesso. E li voleva da lui. Soltanto da lui. In quel preciso istante per Bill lui incarnava tutto ciò che si potesse desiderare. E quella sensazione gli dava alla testa.
"Tom...." Bill ripetè di nuovo il suo nome. Si spinse verso di lui, contraendo i muscoli delle gambe per darsi slancio.
Tom non rispose. I suoi movimenti si erano fatti più veloci ed incisivi, lo spingersi dei suoi fianchi dolce ma molto più potente. Affondò il viso nel collo di Bill, baciandolo e mordendolo, leccandolo mentre cercava sollievo. I gemiti di suo fratello divennero ansimi e poi mugolii, finchè non gli si strinse addosso quasi di scatto e convulsamente.
Tom reclinò la testa all'indietro e trattenne il corpo del fratello contro il proprio, stringendogli un fianco per impedirgli di muoversi.
In quel attimo, non ci fu nient'altro.