Fandom: !Originali
Personaggi: Inye, Rohin, (Daniel Portman)
Genere:
Avvisi:
Rating:
Capitoli: 5/?
Note: Questa storia nasce e si basa sull'universo creato dagli amministratori di Mari di Challenge per Le Cronace di Minthe. Non ho fatto altro che riunire in un unico file tutte le mie entry postate nel corso del 2013 sulla community dedicata alla storia.

Riassunto: E' il primo gennaio 2016 e un contingente militare terrestre raggiunge il pianeta Minthe. Sette giorni dopo, alle ore 20.37 l'operazione combinata ideata dal generale Carnival e poi messa a punto dallo stesso con la collaborazione dei suoi colleghi i generali Grants, Moulder, Vicary, Fetch, Housseini, Mali, Biagioni, Kousaka e Dmitrienko, porta le dieci navi ammiraglie degli eserciti uniti terrestri nei cieli in corrispondenza delle dieci grandi Città Libere di Selecta, Vanste, Melek, Avaste, Balaie, Serene, Miloto, Fauxi, Leverex e Giastga. E le distrugge.
THE CHRONICLES OF MINTHE:
giorno 14/15 dall'invasione


Inye, ospedale da campo (valle di Ajarim, nord ovest di Selecta)

Lancio il coltello nella fossa e poi corro a recuperare la corda che è avvolta e appesa ad un gancio, lì dove l'hanno lasciata quando lo hanno calato giù, immagino. Arrivare fino a qui è stato più facile del previsto: le uniche due guardie dell'ospedale controllano l'entrata. Per questo hanno scavato una fossa e ce lo hanno buttato dentro legato: lui non può scappare e nessuno deve stare a guardarlo per ore quando ogni paio di mani qua dentro può servire sicuramente meglio altrove.
Questo però non significa che possiamo stare qui tutta la notte perché prima o poi qualcuno passerà e francamente non sono abbastanza sicuro di quello che sto facendo per poterlo anche spiegare ad un medico di passaggio e convincerlo che è la cosa giusta da fare. Mi affaccio sulla fossa per vedere cosa sta facendo, e lo trovo ancora immobile che si guarda intorno spaesato. Quando alza lo sguardo, credo che veda a malapena il mio profilo ma mi riconosce perché i suoi lineamenti si rilassano. Gli faccio cenno di darsi una mossa. Mi chiedo come sia sopravvissuto a se stesso fino a questo momento, essendo così lento. Forse sul suo pianeta sono tutti quanti così; il che forse potrebbe anche rappresentare una speranza per noi.
Quando si aggrappa alla corda e si arrampica faticosamente fuori dalla buca mi rendo conto che non avevo considerato quanto pesa, così al primo strattone faccio due involontari passi avanti e rischio di cadere anch'io. Punto i piedi e stringo meglio la corda, facendo leva. Non appena raggiunge il bordo della fossa, gli tiro addosso il mio mantello. E' una copertura quasi inutile ma, per uscire, dovremo attraversare quasi tutto l'ospedale da campo e il mio mantello è meglio che niente. Lui fortunatamente ci arriva da solo a capire cosa gliel'ho dato a fare. Gli faccio cenno di seguirmi e ci muoviamo veloci attraverso i corridoi.
L'ospedale è silenzioso. Noi ci troviamo nella zona dove riposano i pazienti. Nell'enorme stanzone scavato nella roccia ci sono file e file di letti quasi attaccati fra loro, e su ognuno una forma immobile. Se non fosse per i respiri irregolari, i casuali colpi di tosse e i lamenti deliranti di alcuni di loro, non ci sarebbe differenza con la stanza ancora più grande in cui stiamo conservando i corpi di coloro che non ce l'hanno fatta.
Rumud mi ha detto che i primi giorni arrivavano dai trenta ai cinquanta feriti l'ora. Un flusso costante di persone ferite, confuse o in fin di vita. I letti scarseggiavano finché la gente non ha cominciato a morire. Ora i feriti sono sempre tanti ma, se andiamo avanti così, i letti avanzeranno. E non perché qualcuno è guarito.
Siamo quasi arrivati alla fine della stanza e siamo stati così fortunati da non incrociare nessuno ma lui, ovviamente si ferma. All'improvviso smette di camminare e osserva pensieroso il vuoto di fronte a sè. Torno indietro e lo afferro per una mano, sperando di riuscire a trascinarmelo dietro. Come si può, dico io, perdere tempo in questo modo, in un momento come questo dove è chiaro – anche se non te l'ho detto – che non abbiamo molte possibilità di riuscita. Lui però scuote la testa, si libera dalla mia stretta e so che sta per cercare di dirmi qualcosa. Prego che non apra bocca, un po' perché in questo silenzio sarà come urlare e un po' perché tanto so che non servirebbe, visto che chiaramente le lingue non sono il suo forte. Fortunatamente sembra saperlo anche lui e invece di parlare, mi facenno di sollevare qualcosa tra le braccia e io ricordo l'unica volta in cui gliel'ho visto fare. Moiw. Vuole vedere Moiw? Non so se sia una grande idea.
Non abbiamo tempo, è pericoloso. Voglio soltanto che esca di qui. Glielo devo perché ha salvato mia sorella, ma sarà stato tutto inutile se poi si fa trovare prima ancora di mettere piede fuori dall'ospedale. E poi, francamente, credo che sia stato qui anche troppo.
Sussulto quando mi prende una mano tra le sue e stringe piano. Mi guarda negli occhi con tanta convinzione che non riesco a dirgli di no. Mi dico che se è disposto a correre il rischio di essere ripreso solo per vedere un secondo una perfetta sconosciuta che ha salvato, allora forse – forse – non è poi così male, solo ancora più stupido di quello che pensavo.
Alla fine sospiro e annuisco. Gli faccio nuovamente segno di seguirmi. Moiw è stata con i guaritori praticamente tutta la giornata di ieri. Io e mio padre abbiamo atteso per ore che qualcuno ci dicesse come stava, con la paura che invece ci dicessero che era morta. Mio padre ha addirittura smesso di lamentarsi di qualsiasi cosa e quando Rumud in persona è venuto a controllare come stava, si è lasciato visitare senza inveire contro di lui. Siamo stati seduti in silenzio come quando è morta mia madre. Moiw era nella sua stanza a giocare e non sapevamo come dirglielo. Solo che stavolta era lei che stava male, e io mi immaginavo che ci fosse qualcuno seduto in una stanza in attesa di capire come darci la notizia peggiore.
Il soldato si avvicina al letto di Moiw con attenzione, la guarda con un misto di sollievo e tenerezza, e il suo sguardo è così chiaro da leggere che non ci sono dubbi sia felice di vedere che si è salvata.
Non so perché l'abbia fatto – vorrei chiederglielo, se solo sapessi come fare a farmi capire – ma ad ogni modo gliene sono grato. Si allunga a sfiorarle un braccio, penso per sentire il calore delle sua pelle sotto le dita dopo aver trasportato il suo corpo gelido per ore, lo so, l'ho fatto anch'io non appena i guaritori mi hanno detto che potevo vederla. Le ho preso la mano, volevo sentire che ce l'aveva fatta per davvero. E quando sorride e si volta verso di me, gli sorrido anch'io. Per un attimo – uno solo – trovo un motivo per non odiare tutti gli invasori. O almeno non odio questo qui.
Poi il suo sguardo si fa più serio e il suo sorriso si spegne un po'.
Mi indica le gambe di Moiw con un cenno e io scuoto la testa. Anche il mio sorriso si spegne.
I medici hanno detto che il masso, cadendo, ha rotto ben più delle ossa. Hanno fatto il possibile ma, nonostante questo, mia sorella non potrà più camminare. Moiw ancora non lo sa perché gli effetti del sedativo che le hanno dato non sono ancora svaniti. Mio padre ha pianto per la seconda volta in pochi mesi e ha detto che ci sono cose che, una volta rotte, neanche con la magia si possono riparare. Forse è così che le dirà cosa le è successo, anche se non so se sia una giustificazione sufficiente. Per me non lo sarebbe.
"Mi dispia tche," dice lui. Ma non è sua la colpa. Lui almeno ha cercato di aiutare. Credo sia questa la cosa più brutta di questa guerra – di tutte le guerre – posso accusare il suo popolo di averci fatto del male, ma non posso accusare lui di aver fatto lo stesso. Non c'è una singola persona con cui prendersela, e odiare tutti non serve a niente. Gli metto una mano sulla spalla e scuoto la testa. "Tam'eh," lo ringrazio. Neanche lui può riparare i torti della sua gente, ma ha fatto quello che ha potuto.
Ma quando credo di aver capito quello che è successo – che si è sentito in colpa quando ha visto mia sorella ferita e allora ci ha aiutato – ecco che lui si comporta in maniera tanto strana da costringermi a rinunciare al tentativo di comprendere come funziona la sua testa. Non appena fuori dall'ospedale, mi aspetto che scappi, che si allontani senza nemmeno voltarsi indietro, e invece lui rimane immobile sulla soglia e non sembra avere alcuna intenzione di muoversi. Mi guarda con l'aria persa di uno che non sa cosa farsene della propria libertà, così gli dico che adesso può andare, tornare dalla sua gente. Gli indico la direzione dalla quale siamo venuti – sia mai che non lo veda –, dalle rovine di Selecta forse può tornare alla sua nave. Gli sto dando la possibilità di non venire torturato, processato e poi possibilmente condannato a morte, con la speranza – mi auguro – che non gli venga in mente di dire dove siamo. Ma d'altronde perché mai si sarebbe fatto catturare pur di salvare mia sorella per poi farla uccidere dai suoi compagni, una volta libero? Ma lui niente, non si muove. Alla fine, mi stanco. Io quello che dovevo fare l'ho fatto. Ho ripagato il mio debito di gratitudine. La vita di Moiw per la sua, se poi la sua vuole proprio perderla rimanendo qui a farsi trovare, sono un po' affari suoi. Impreco consapevole del fatto che sarà tutto fiato sprecato e rientro.

*


Rohin, Cesarine.

I morsen sono arrivati ieri.
Uno stormo è passato sopra Cesarine dopo il tramonto e poi su tutte le città della costa. Immagino che molti altri siano ancora in viaggio verso ogni angolo del Vaashti, verso il Mabaras e Kandor.
Il messaggio del sommo Yor non lascia spazio a grandi speranze, ma d'altronde neanche gli improvvisati messaggeri a cavallo, il cui flusso ormai non si interrompe da almeno dieci giorni, recano molte buone notizie. Le Città Libere sono cadute, il conto dei morti supera le svariate decine di milioni e al momento dei quattro popoli di Minthe non restano che sparuti gruppi disorganizzati che tentano disperatamente di rimettersi in piedi.
Il mio unico sollievo in questo momento disperato è stata la lettera di Saban, arrivata questa mattina per mezzo di un ragazzo che ha detto di essere stato ricoverato con lui in un ospedale da campo nei pressi di Selecta. Saban dice che sta bene, di non preoccuparmi, ma solo lui sa come potrei non preoccuparmi quando ha quasi rischiato di morire sotto i bombardamenti e ora si trova da solo, a centinaia di chilometri da casa. Certo, il solo fatto che abbia sprecato gran parte del foglio a lamentarsi di quanto le persone fossero egoiste e poco pratiche nell'affidare pesanti missive al povero messaggero è un segno inequivocabile della sua buona salute, ma non è sufficiente. Non sono tranquillo all'idea di stare qui ad aspettare che trovi il modo di tornare indietro.
Gli ho scritto un breve messaggio come mi ha chiesto, assicurandogli che stiamo tutti bene ma che non si aspetti che io me ne stia qui buono a non fare niente perché mi sembra ovvio che andrò a prenderlo. Spero solo che invece di fare quello che può cavarsela da solo, non si muova finché non arrivo.
Io e Asan ne abbiamo parlato a pranzo. Il messaggio del sommo Yor non può essere ignorato. Poiché in passato sono stato un Gehnr e sono tutt'ora legato da profonda amicizia a gran parte dei Gehnr attuali, l'invito mi tocca particolarmente ma per nessuna ragione al mondo mai io lascerò che Asan vada da sola fino a Selecta. Soprattutto perché conosco lei e Saban, e so che finirebbero per litigare e nessuno dei due tornerebbe indietro per una questione di principio. Per questo sarà lei a raggiungere le grotte Falhai, come volontaria, naturalmente, ma anche in mio nome. La raggiungerò con Saban non appena lo avrò recuperato.
La scelta riguardo ad Ethan è stata più complicata.
A Cesarine chiunque sia in grado di combattere si sta già preparando a partire per raggiungere il sommo Yor e la resistenza. Tutti gli altri si organizzano per raggiungere amici e famigliari in luoghi più riparati di questo; anche se volessi lasciare Ethan a qualcuno, non avrei a chi affidarlo.
Per questo lo porterò con me. Inoltre, in questo modo, sua madre sarà più libera di muoversi e di unirsi immediatamente alle nostre truppe come so che vuole fare, se la sua borsa già pronta, le armi in spalla e la generale espressione di impazienza che mi rivolge battendo il piede sulla porta di casa sono un qualche segnale in quel senso. So che non ama i saluti – dice che sciogliersi in lacrime porta male – perciò la bacio come se stesse solo uscendo per andare a lavoro e lei dice ad Ethan di fare il bravo.
Mentre la guardo mettersi in spalla lo zaino e salire sul carro con gli altri spero con tutto il cuore che non sia l'ultima volta che la vedo perché non saprei come perdonarmelo.

*


Cesarine, quindicesimo giorno dall'invasione


Saban,
sono felice di sapere che stai bene e che sei sfuggito ai bombardamenti, ma se ti aspetti che io non mi preoccupi a saperti da solo mentre scoppia la guerra, allora non mi conosci affatto. Mi tranquillizzo sapendo che invece mi conosci più di chiunque altro e quindi non ti stupirai se ti dico che sto per partire e venire a prenderti perché è esattamente quello che farò fra qualche ora.

Io, Asan e il bambino stiamo bene. I bombardamenti non hanno toccato i villaggi, ma questa fortuna non durerà a lungo. Abbiamo appena saputo che le truppe nemiche si stanno allontanando dalle Città Libere per spostarsi verso i territori esterni.

Questo messaggio lo affiderò a Nad, uno dei figli del nostro vicino, che partirà fra meno di un'ora per raggiungere sua sorella che non ha fatto avere sue notizie alla famiglia. Non voglio sapere cosa questo significhi. A ogni modo, quando hanno bombardato, si trovava dalle parti di Vanste. Se ci hai pensato due volte prima di fare di testa tua, sarai esattamente di strada e potrà facilmente farti avere queste righe.
Lui si muove a cavallo e non ha altre fermate, sarà senz'altro più veloce di me.
E' in momenti come questo che mi ricordo per quale motivo dovremmo comprare dei morsen. I pad sono utili fin quando un esercito invasore non distrugge tutti i ripetitori nel giro di una notte.

Porterò con me Ethan mentre Asan risponderà alla richiesta del sommo Yor.
Non so se i morsen ti abbiano raggiunto, lì dove ti trovi, ma ti spiegherò ogni cosa non appena sarò lì. Abbiamo molto di cui parlare.

Te lo chiedo per favore, Ban, non ti muovere a meno che la tua incolumità non lo richieda. O ti garantisco che non mi avrai mai visto così arrabbiato.

Rohin

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