Fandom: !Originali
Personaggi: Inye, Rohin, (Daniel Portman)
Genere:
Avvisi:
Rating:
Capitoli: 5/?
Note: Questa storia nasce e si basa sull'universo creato dagli amministratori di Mari di Challenge per Le Cronace di Minthe. Non ho fatto altro che riunire in un unico file tutte le mie entry postate nel corso del 2013 sulla community dedicata alla storia.

Riassunto: E' il primo gennaio 2016 e un contingente militare terrestre raggiunge il pianeta Minthe. Sette giorni dopo, alle ore 20.37 l'operazione combinata ideata dal generale Carnival e poi messa a punto dallo stesso con la collaborazione dei suoi colleghi i generali Grants, Moulder, Vicary, Fetch, Housseini, Mali, Biagioni, Kousaka e Dmitrienko, porta le dieci navi ammiraglie degli eserciti uniti terrestri nei cieli in corrispondenza delle dieci grandi Città Libere di Selecta, Vanste, Melek, Avaste, Balaie, Serene, Miloto, Fauxi, Leverex e Giastga. E le distrugge.
THE CHRONICLES OF MINTHE:
giorno 7/8 dall'invasione


Inye, Miloto. Inizio dei bombardamenti

Una vena, quando viene tagliata, sgorga sangue rosso brillante e la pelle si colora quasi subito, come fa la tela quando ci rovesci sopra della vernice. Fino a dodici ore fa, questa era l’unica cosa a cui riuscissi a pensare. Pensavo a mia madre e a come è morta sull’altare del santuario, con la gola tagliata. Il sangue si è sparso dappertutto, non solo su di lei ma sulle scale e lungo la navata, dissacrando non solo il suo corpo ma anche il santuario, tanto che per qualche giorno non si è capito se fosse un atto contro mia madre o contro Lith.
Per tutti i mesi che hanno seguito la sua morte, mentre mio padre e la cerchia più stretta dei sacerdoti cercava i colpevoli tra le Città Libere dove pensavamo che ci fosse più probabilità di trovarli nascosti, non ho voluto altro che vedergli fare la stessa fine. Lo so che il sangue non va versato, che è per quello di mia madre sull’altare che gli assassini devono pagare, e versarne altro sarebbe non solo blasfemo ma scatenerebbe un omicidio dopo l’altro finché - se quello che mio padre dice è vero e tutti i Phade sono imparentati tra loro per un verso o per l’altro - non resterebbe più vivo nessuno di noi. Ma queste sono cose facili da mandare a memoria, ma difficili da mettere in pratica. Quando mio padre ha spinto la testa dell’assassino nella vasca d’acqua e quello ha cominciato ad agitarsi, io ho pensato che non era sufficiente, che il sangue chiama sangue nei rituali - così diceva mia madre - e avrebbe dovuto chiamarne anche in caso di omicidio, che sarebbe stato giusto versare il sangue dell’assassino e poi lasciarlo invendicato come punizione.
Ho stretto la mano di Moiw per darle un po’ di coraggio e ho cercato di concentrarmi sul canto rituale e di non perdere la mia strofa, ma non è mai arrivata.
Fa paura pensare che adesso - quasi dodici ore dopo - tutto questo non ha più molta importanza, perché non solo non c’è più mia madre, ma non c’è più nemmeno Miloto e il corpo dell’assassino di mia madre giace inerme in mezzo a centinaia di altri.
La prima bomba è caduta molto distante. Abbiamo sentito il rumore delle astronavi avvicinarsi come un brusio sotto al canto e poi un’ombra lunga centinaia di metri ha coperto la piazza e lo spostamento d’aria ha spento tutti i fuochi. C’è stato un solo istante di buio e poi la città ha preso fuoco. Il rituale si è fermato mentre assistevamo all’arrivo della seconda e della terza bomba. Non sono certo che sia passato tempo abbastanza per stare davvero a guardare, ricordo solo che le ho viste cadere e che quello che stava accadendo non aveva davvero alcun senso.
Moiw è scoppiata a piangere e si è messa a correre verso mio padre, così quando si è sollevato il fumo, li ho persi di vista entrambi. Ho corso anch’io alla cieca, il più lontano possibile dal rumore, cercando di trovarli, ma il rumore era ovunque e poco dopo i palazzi hanno cominciato a crollare e ho perso la calma e l’orientamento.
Sembrava che la città si chiudesse su se stessa. Una delle sacerdotesse, un’amica di mia madre, mi ha salvato la vita, trascinandomi via in tempo prima che la parete di una casa mi venisse addosso. Ci siamo infilati sotto le macerie, tremavo così forte che mi battevano i denti e non riuscivo ad avvolgermi nel mantello. Ci ha pensato lei. Siamo rimasti là sotto non so per quanto tempo, a sentire la città che veniva distrutta e le urla della gente che moriva ovunque. Non ho dormito neanche un minuto e non abbiamo parlato. Lei mi ha mostrato la ferita allo stomaco che tamponava con la mano, ma ha sorriso e ha detto “Non preoccuparti, Inye, non è niente, andrà tutto bene.” Mi è venuta in mente di nuovo mia madre e ho capito che sarebbe morta anche lei.
All’alba è sorto il sole ed è calato un silenzio totale quasi più inquietante del frastuono di urla durante la notte. La sacerdotessa è morta più o meno nello stesso momento.
Ho usato i denti per inciderle il polso e ho bevuto qualche goccia di sangue. Non sono un parente, ma questo dovrà bastare.
Sono uscito dal mio nascondiglio e mi sono guardato intorno senza capire nemmeno dov’ero.
Quindi mi sono stretto nel mantello e ho cominciato a cercare mio padre e mia sorella.

*


Rohin, Cesarine. Giorno successivo ai bombardamenti

Questa casa è grande abbastanza perché ci vivano comodamente tre adulti ed un bambino, ma non è così enorme da far passare inosservata l'assenza di una persona. Eppure, quando apro gli occhi, per un attimo non sembra affatto che Saban sia lontano da casa da settimane perché il letto è affollato come al solito. Io non so veramente come possa Asan – col suo metro e cinquanta scarso – occupare tutto lo spazio che occupa. E dove non arriva lei con braccia e gambe ben aperte, con buona pace della grazia che dimostra durante le sue dimostrazioni di Namal Ajil, ci pensa Ethan, che nel sonno tira calci e pugni ben più potenti di quelli che ti aspetteresti dal corpicino di un bimbo di appena un anno e mezzo.
Ad ogni modo, dal momento che sono sveglio, non mi resta che alzarmi. D'altronde l'alternativa è restare rannichiato nell'angolo di letto che mi è stato concesso con grande misericordia dalla mia compagna e da mio figlio, e non credo che la mia schiena ringrazierebbe. Per come è annodata adesso, non sono troppo sicuro che neanche la ginnastica mattutina sarà sufficiente.
Come metto i piedi a terra, Ethan sbarra gli occhi e mi guarda come qualcuno che sveglierà tutto il vicinato e, se necessario, anche tutte le città sulla costa del Mare Interiore se non viene subito nutrito. Posso comprenderlo perché mi trovo nella stessa situazione. Nessuno – qualunque sia il suo lavoro – dovrebbe mai saltare la colazione. Le giornate peggiori che io abbia mai passato al collettivo sono state quelle in cui il cibo arrivava in ritardo. Niente mette più di malumore cinque persone costrette a svegliarsi alle cinque del mattino come rendersi conto che non hanno ancora mangiato e devono pure prendere decisioni importanti per il bene della nazione.
Lo prendo e me lo metto su una spalla mentre sua madre, percependo altro spazio libero, se ne appropria strisciando sul materasso senza nemmeno degnarsi di svegliarsi. Lui fa le bolle e non si muove, così non ho neanche bisogno di tenerlo mentre cerco di fare mente locale ed organizzarmi la giornata.
Fra meno di due ore devo essere in palestra ad insegnare ai ragazzi – e possibilmente trovare un modo per convincerli che le armi automatiche non sono la sola e ultima frontiera del combattimento. L'ultima cosa che voglio è una classe di adolescenti in grado di abbattere un bersaglio a distanze notevoli che poi si fa spezzare un braccio quando li afferri un po' più forte.
Prima di questo, però, devo dare da mangare ad Ethan e prepararlo per la giornata. Mi fermo nell'ampio soggiorno rotondo – le finestre sono grandi abbastanza per fare entrare tutta la luce possibile anche se il sole non è ancora alto nel cielo – e mi viene da sorridere al pensiero di com'era il buco in cui vivevamo io e Saban prima di trasferirci qui. A volte mi domando come sia stato possibile che la mia vita sia cambiata così tanto in così poco tempo. Poi Ethan reclama il suo latte e la mia gita sul viale dei ricordi finisce lì, in maniera ben poco romantica. Mentre lui fa colazione, io accendo il pad per controllare gli ultimi messaggi e vedere se Saban sa già quando pensa di tornare a casa.
Il pad si accende ma niente di più. La luce verde sembra indicare che funziona, ma posso accedere soltanto ai file in locale e ai messaggi già scaricati. Anche il pad di Asan e quello di casa si comportano allo stesso modo. Sembra che non ci sia linea, ed è un evento più unico che raro perché i ripetitori sparsi lungo il territorio hanno un sistema di protezione che bypassa il segnale quando uno di essi non funziona. Per cadere la linea, dovrebbero essersi rotti tutti quanti contemporaneamente.
Quando alzo lo sguardo, Asan è appoggiata contro lo stipite della porta e ha un'espressione perplessa. Mi chiede che cosa è successo e io le rispondo che sto cercando di capire che cos'hanno che non va questi dispositivi. Lei però indica fuori dalla finestra. C'è tutta Cesarine fuori per le strada, tutti tengono i pad in mano e si guardano intorno spaesati.
Scendo in strada per cercare di capire cosa sia successo, ma ho la sensazione che non sia niente di buono.

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