Personaggi: Vinicio Marchioni, Francesco Montanari, Alessandra Mastronardi, Stefano Sollima
Genere: Introspettivo, Romantico, Angst
Avvisi: Slash, Het
Rating: R
Prompt: La storia partecipa anche alla quinta settimana del COW-T di maridichallenge e fiumidiparole per la squadra dei vampirli (prompt: Tre personaggi).
Note: Questa storia è stata un parto, oltre che un'orrenda tragedia. Mi ero ripromessa di scriverla lentamente perché, dal mio punto di vista, era troppo difficile e mi faceva paura, ma poi il prompt settimanale del COW-T cadeva a fagiolo e mi sono sentita in dovere di utilizzare proprio questa per fillarlo, però per quasi tutta la settimana non ho avuto voglia di scrivere, quindi rischiavo di non avere niente da postare. Ma non so perché vi sto raccontando cose di cui frega cazzi a nessuno. Dunque, la genesi di questa storia dovrebbe essere che secondo me la relazione fra Marchioni e la Mastronardi era solo una copertura, da qui tutto il resto ma sinceramente non sono sicura. Quello di cui sono certa è che la colpa è di Liz che ha anche preteso la scrivessi io. Se l'avesse scritta lei, come volevo io, sarebbe venuta duecento volte meglio. L'unica cosa che mi piace veramente ma veramente tanto qua dentro (ma anche fuori di qui) è la Mastronardi, che in questa storia è completamente pazza.
Riassunto: Per nascondere la relazione fra Francesco e Vinicio e salvare l'immagine della serie di Romanzo Criminale, Alessandra Mastronardi acconsente a fingersi la fidanzata di Marchioni per sviare la stampa. Fra i due, però, nasce un flirt clandestino almeno finché lei, di punto in bianco, non lo molla per un altro. Un anno dopo, come niente fosse successo, Alessandra si ripresenta da Vinicio, che è ancora molto fidanzato con un ignaro Francesco Montanari, pretendendo di riprendere da dove hanno interrotto, mettendo nuovamente in pericolo la relazione tra i due.
Genere: Introspettivo, Romantico, Angst
Avvisi: Slash, Het
Rating: R
Prompt: La storia partecipa anche alla quinta settimana del COW-T di maridichallenge e fiumidiparole per la squadra dei vampirli (prompt: Tre personaggi).
Note: Questa storia è stata un parto, oltre che un'orrenda tragedia. Mi ero ripromessa di scriverla lentamente perché, dal mio punto di vista, era troppo difficile e mi faceva paura, ma poi il prompt settimanale del COW-T cadeva a fagiolo e mi sono sentita in dovere di utilizzare proprio questa per fillarlo, però per quasi tutta la settimana non ho avuto voglia di scrivere, quindi rischiavo di non avere niente da postare. Ma non so perché vi sto raccontando cose di cui frega cazzi a nessuno. Dunque, la genesi di questa storia dovrebbe essere che secondo me la relazione fra Marchioni e la Mastronardi era solo una copertura, da qui tutto il resto ma sinceramente non sono sicura. Quello di cui sono certa è che la colpa è di Liz che ha anche preteso la scrivessi io. Se l'avesse scritta lei, come volevo io, sarebbe venuta duecento volte meglio. L'unica cosa che mi piace veramente ma veramente tanto qua dentro (ma anche fuori di qui) è la Mastronardi, che in questa storia è completamente pazza.
Riassunto: Per nascondere la relazione fra Francesco e Vinicio e salvare l'immagine della serie di Romanzo Criminale, Alessandra Mastronardi acconsente a fingersi la fidanzata di Marchioni per sviare la stampa. Fra i due, però, nasce un flirt clandestino almeno finché lei, di punto in bianco, non lo molla per un altro. Un anno dopo, come niente fosse successo, Alessandra si ripresenta da Vinicio, che è ancora molto fidanzato con un ignaro Francesco Montanari, pretendendo di riprendere da dove hanno interrotto, mettendo nuovamente in pericolo la relazione tra i due.
Roma è bella anche quando non dovrebbe.
Vinicio pensava questo mentre guardava fuori dalla vetrina del bar e osservava il cielo grigio di ottobre farsi sempre più nero. Faceva già freddo come fosse pieno inverno e nelle ultime tre settimane non ricordava una sola giornata di sole. Eppure, nel grigiore lucido di pioggia, Roma era bella lo stesso. Cambiavano i suoni – più ovattati e umidi – cambiavano i profumi – più forti e puliti – cambiavano le forme del paesaggio – più confuse e acquose – ma lei era sempre la stessa.
Vinicio la trovava anche sotto il velo di pioggia che andava ricoprendo i sanpietrini e ne riconosceva il riflesso nelle grosse pozzanghere per le strade. Non c'era niente che quella città potesse fare perché lui avesse voglia di dimenticarla, di abbandonarla e lasciarsi alle spalle tutto ciò che significava.
Si frugò nelle tasche alla ricerca di una sigaretta e ringraziò che ci fossero ancora locali privi di una coscienza salutista nei quali potesse rovinarsi i polmoni, per una volta. Francesco non sopportava che fumasse, perciò non lo faceva mai; ma voleva tenerlo fuori da quella giornata, e una sigaretta sembrava il modo migliore per farlo. Inspirò la prima boccata mentre fuori iniziava di nuovo a piovere.
Alessandra lo aveva chiamato dopo mesi di silenzio solo per dargli appuntamento in un bar e lui non aveva trovato il modo di rifiutare nei due secondi che lei gli aveva concesso per farlo prima di riattaccare. La sua voce era andata a nascondersi da qualche parte in fondo alla gola e quando il suo no stentato e zoppicante era finalmente riuscito ad uscire, la linea era già muta.
Avrebbe potuto restarsene a casa, ma era curioso di sapere che cosa volesse ancora, e smaniava di vederla anche se non avrebbe dovuto. L'ultima volta che l'aveva vista era stato per sentirsi dire che si era messa con un altro. Gli aveva posato addosso uno sguardo un po' pietoso e un sorriso di circostanza, quindi aveva preso la porta e se n'era andata, senza una spiegazione. Senza nemmeno esitare.
Da un giorno all'altro gli aveva restituito la sua libertà e lui aveva scoperto che non sapeva che cosa farci, che per quanto gli fosse mancata l'aria ad averla intorno, aveva il respiro corto anche senza di lei.
E quando finalmente era riuscito a dimenticarla, ecco che lei chiamava per incontrarlo e si comportava come se non fosse passata che qualche ora.
Alessandra è come Roma, pensò allora. Capace di stare nascosta a lungo dietro scrosci di pioggia incessante e poi far capolino nel riflesso limpido di una pozzanghera quando meno te lo aspetti. Non permette mai a nessuno di dimenticarla.
Ebbe il tempo di finire la sua sigaretta e di sentire il campanile della chiesa vicina suonare le undici, prima di vederla arrivare con un elegante ritardo di cinque minuti. “Sapevo che saresti venuto,” disse con un sorriso educato, ma con il tono di chi non avrebbe mai accettato il contrario. Si tolse il cappotto e lo appoggiò sulla sedia lì a fianco, quindi si sedette e tolse i guanti, infilandoli nella minuscola borsetta. Vinicio rimase in silenzio per tutta la durata dell'operazione, osservandola togliersi anche il cappello fradicio e metterlo da parte. “Che tempo da lupi, vero?”
Vinicio rimase in silenzio anche allora, e non perché volesse farle pesare la ricomparsa improvvisa, ma perché non aveva niente da dirle se non parole che minacciavano di salirgli alla bocca come vomito e di uscirne altrettanto amare.
Alessandra ordinò un caffé per lui e un cappuccino, una brioche e una torta per se stessa, e cinguettò qualcosa sul fatto che moriva di fame e non aveva proprio voglia di aspettare il pranzo.
Vinicio continuò a guardarla, forse per trovare una traccia di umanità in quell'espressione amichevole, che era costruita esattamente come tutte le altre. Alessandra non sembrava mai provare l'emozione che ti stava mostrando. Il suo sorriso era sempre falso e le sue lacrime recitate. Non c'era niente di naturale in lei. Fingeva qualunque cosa, perfino l'appetito.
Difatti, davanti al suo silenzio, il sorriso di Alessandra sparì com'era arrivato. “Certo che sei proprio noioso, Vinicio,” esclamò sbuffando. “Non ci vediamo da mesi e non hai niente da dirmi?”
“Perché mi hai chiamato?”
“Non mi saluti nemmeno?” Chiese lei, invece di rispondere. Giocava con il menù plastificato che era rimasto sul tavolo e lo teneva sollevato come uno schermo, dietro al quale si nascose fingendosi timida all'improvviso.
“Ciao, Alessandra,” esclamò Vinicio atono.
Lei si stufò nuovamente, posò il menù e ci tamburellò brevemente le unghie curate. “Così va meglio,” sospirò accontentandosi. “Anche se potevi metterci un po' di entusiasmo.”
“L'entusiasmo l'ho perso un anno fa.”
“Ammesso che tu l'abbia mai avuto,” commentò lei sbrigativa e severa, come una maestra che chiama uno dei suoi alunni a colloquio per lamentarsi del suo comportamento. “Non sei mai stato un uomo passionale, non è così? Anche se ammetto che abbiamo avuto i nostri momenti.”
Il cameriere arrivò con le loro ordinazioni e Alessandra si prodigò in un sorriso aperto e socievole, riuscì perfino a farsi brillare gli occhi. Il suo aspetto era sempre quello della ragazza per bene, con il viso acqua e sapone e il taglio adolescenziale, nonostante avesse ormai superato di molto i quindici anni che l'avevano portata al successo televisivo. Sembrava che l'Italia non potesse separarsi dalla prima immagine di lei che aveva conosciuto, e così era legata a doppio filo alla sua frangetta e ad un filo di trucco invisibile che la faceva sembrare una ragazzina.
“Te lo ripeto di nuovo: perché mi hai chiamato?”
“E io continuo a non risponderti,” mormorò lei, trattenendo il sorriso finché il cameriere non si fu allontanato. “Ho molta voglia di rinvangare i bei vecchi tempi, prima. Non vorrai mica negarmi questo piccolo piacere.”
Vinicio avrebbe voluto negarle qualunque cosa, ma aveva imparato a sue spese che era molto più facile assecondarla che ostacolarla, perché lei tanto non mollava mai. “Quali bei vecchi tempi?”
Lei arricciò il naso. “Quelli in cui non ti dispiaceva venire a letto con me,” commentò lei, trionfante.
Vinicio serrò la mascella. Avrebbe potuto difendersi ma qualunque cosa avesse detto sarebbe stata una bugia. Fuori dal letto la aveva odiata con tutte le sue forze, ma tra le coperte il limite tra l'odio e l'amore si era sempre confuso al punto da rendere tutto quanto incomprensibile.
“Francesco come sta?” Chiese Alessandra, tenendo il suo cappuccino con entrambe le mani. Sollevò gli occhi su di lui mentre si ripuliva dalle labbra uno sbuffo di crema.
“Sta bene,” rispose lui, rigido.
“Che cosa fa, adesso?”
Vinicio spostò lo sguardo su una mattonella leggermente più sollevata delle altre. Dall'esterno erano uno strano quadretto, lei così perfetta, quasi luminosa nei suoi abiti semplici ma impeccabili, e lui buttato su una sedia con le braccia incrociate strette al petto e lo sguardo del bambino capriccioso che vorrebbe essere da tutt'altra parte. “Teatro,” rispose sbrigativo.
Alessandra non sembrò curarsi del tono infastidito con il quale rispondeva, anzi sembrava prendere ogni risposta come un punto su una qualche classifica personale. “E vive ancora in quell'appartamento microscopio di cui andava tanto fiero?”
L'appartamento dovevano venderlo. Ci avevano provato per quasi sei mesi, ma Francesco si era intestardito con il voler trovare la persona giusta – come dovessero dare in adozione un gatto che non potevano più tenere – e chiunque si presentasse per fare il giro della casa, a lui non andava mai bene; finché Vinicio non aveva capito che era troppo affezionato e non aveva nessuna voglia di venderlo. Così alla fine l'avevano tenuto e Francesco poteva andarci quando voleva.
Tutto questo a lei non lo disse, ma ad Alessandra bastò la sua faccia. Le sue labbra formarono un cerchio quasi perfetto, mentre le sue sopracciglia s'inarcavano una verso l'altra in un'espressione intenerita. “Oh, ma non mi dire,” esclamò melliflua. “Vive con te, adesso.”
“Questi non sono affari tuoi.”
“Dovrei proprio venirlo a trovare, uno di questi giorni,” Alessandra ignorò la sua risposta come se non l'avesse mai data.
“No!” Vinicio alzò la voce e lei lo fulminò con lo sguardo, indicando con un minuscolo cenno del capo gli altri clienti che si erano voltati nella loro direzione. “No,” ripeté lui più piano. “Lascialo stare.”
“Ma sono mesi che non lo vedo!” Protestò Alessandra, pulendosi la bocca. “Penserà che mi sono dimenticata di lui, e non è vero. Non chiede mai di me?”
Francesco chiedeva fin troppo di Alessandra e lui stava finendo le scuse da rifilargli per evitare che avesse qualsiasi contatto con lei. “Gli porterò i tuoi saluti,” disse.
“Verrò a farglieli di persona,” insistette lei, chiudendo la discussione. Poi con un piccolo sospiro soddisfatto mentre guardava tutti i suoi piattini vuoti, mise le mani in grembo e lo guardò con un sacco di aspettativa, come se lui potesse capire i piani che aveva macchinato semplicemente guardandola negli occhi; ma negli occhi di Alessandra c'erano solo un sacco di luce e un sacco di vuoto. “E a proposito di rimpatriate, anche noi dovremmo farne una come si deve,” mormorò.
“Pensavo fosse questa.”
“Sai bene che cosa voglio dire,” insistette lei, piegando la testa di lato. I suoi boccoli castani si adagiarono uno dopo l'altro contro la sua spalla. “Potremmo uscire a cena, diciamo domani sera?”
Vinicio deglutì. “Non credo che sia una buona idea.”
Lei recuperò i guantini e lì stirò bene sul tavolo prima di cominciare ad indossarne uno. “E io non credo che tu voglia davvero dirmi di no,” gli sollevò addosso un sorrisino tirato. “Non quando ho intenzione di andare a prendere un gelato con Francesco quanto prima. Non ho una buona memoria e potrei davvero finire col lasciarmi scappare qualcosa che avevamo detto di non dirgli mai. Rifiutarti di uscire con me non sarebbe saggio, non credi? Per non parlare di quanto sarebbe scortese. In fin dei conto sono pur sempre l'unica donna della tua vita.”
Vinicio smise di far tintinnare nervosamente il cucchiaino nella tazzina vuota. “Non posso,” esclamò deciso. “Tra due giorni c'è la prima dello spettacolo di Francesco. Devo essere lì quando salirà sul palco.”
Alessandra sospirò come se fosse stufa di dover pensare a tutto quanto lei. “Sono certa che saprai trovare la scusa adatta anche questa volta,” annuì, infilandosi l'altro guanto e il cappellino, che nel frattempo si era asciugato. “Ora, devo proprio andare. Grazie per la colazione.”
Vinicio lasciò i soldi sul tavolo e si alzò di corsa per seguirla fino alla porta del bar, dove lei stava aprendo un minuscolo ombrellino da borsetta.
“Alessandra,” la fermò per un braccio e la costrinse a voltarsi. Lei non sembrò sorpresa e attese paziente che trovasse la voce per parlarle. Vinicio si ritrovò a fissare i suoi lineamenti decisi, le labbra appena dischiuse e gli mancò il fiato. Strinse la presa con rabbia e lei fece una piccola smorfia, ma non si mosse. “T-ti prego,” balbettò. “L-lasciaci in p-pace.”
Lei sbuffò una risatina che le uscì dal naso prima ancora che dalla bocca e se lo tolse di dosso con una scrollata di spalle. “Alle otto, Vinicio. Cerca di essere puntuale.”
Il suo riflesso si moltiplicò per un istante fra le pozzanghere del marciapiede, poi rimase solo quello di Roma ma non vi trovò nessuna consolazione.
Vinicio non ha mai pensato che potessero piacergli gli uomini.
Francesco è capitato per caso, ed è stato così naturale che non c'è stato motivo di chiedersi un bel niente. Quando ti basta una birra smezzata a finire sulle scale di un palazzo a baciarsi come ragazzini, qualunque dubbio non ha ragione di esistere. E' così e basta.
Tutto è iniziato a cena a casa di Sollima che ha fatto il diavolo a quattro per festeggiare l'inizio delle riprese. Fino a quel momento, lui e Francesco si sono scambiati soltanto qualche saluto, non hanno nemmeno avuto occasione di provare insieme la parte. Sono un Freddo e un Libanese che si conoscono ancora poco e per questo si squadrano a distanza da una parte all'altra del tavolo; anche se Francesco non squadra mai davvero nessuno. Tuttalpiù ti guarda perché vuole fare amicizia.
L'occasione, in quel caso, gliela danno i presenti, scusandosi uno dopo l'altro per non poterlo riaccompagnare a casa. Lui è arrivato con Alessandro, ma quello a metà serata ha letto un sms che lo ha letteralmente fatto uscire dai pantaloni ed è corso via in tutta fretta a fare contenta qualche biondina di Trastevere, lasciando Francesco a piedi. Mentre tutti si dileguano, e Montanari si chiede se non sia il caso di chiamare un taxi, Vinicio si offre di rimediare al bidone di Roja, senza sapere che sarà costretto ad una deviazione di quasi quaranta minuti sul raccordo, perché Francesco abita esattamente dalla parte opposta rispetto a lui.
Quando se ne accorge, sono già imbottigliati nel traffico di un incidente avvenuto chissà quanti chilometri più avanti. Francesco si dispiace, Vinicio gli dice che non fa nulla e passano due ore a parlare di cinema e libri, con l'auto spenta perché tanto non ci si muove. Quando lo lascia davanti al portone di casa, ha ancora voglia di fermarsi un po' e Francesco gli offre l'unica birra che c'è nel suo frigo desolato. Sa che è una scena da manuale e gliene frega meno di niente, per questo da lì a baciarsi è un attimo. Non hanno più smesso.
Dovrebbero farlo almeno quando sono sul set, dove in teoria nessuno dei loro colleghi sa niente, ma non ci riescono perché stanno insieme solo da un paio di settimane, motivo che da solo giustifica totalmente la necessità di limonare molto spesso e molto a lungo, sbattendosi a vicenda su una superficie qualsiasi.
In realtà, Vinicio pensava di aver superato questa fase molto tempo fa, ma si sbagliava. Per quanto si sforzi di ricordare che almeno lui, a fronte dell'età, dovrebbe dimostrare un minimo di contegno, non riesce a togliergli le mani di dosso più di qualche ora e Francesco, dal canto suo, non aiuta perché invece di limitare l'impeto che li scaraventa entrambi quasi a scopare nei camerini, lo alimenta toccandolo o trascinandolo in angoli bui e solitari non appena ne ha l'occasione.
Neanche recitare li aiuta a distrarsi. Il Freddo e il Libanese non fanno che stare appiccicati e Sollima li vuole sempre uno di fianco all'altro – avvicinati, guardalo, toccalo – Vinicio potrebbe anche impazzire. A volte vorrebbe scuotere il regista per il colletto della camicia e chiedergli se si rende conto di cosa gli sta chiedendo, se ha anche solo una vaga idea di cosa significhi per lui guardare Francesco negli occhi e non baciarlo. Saranno gli ormoni, sarà che tra il lavoro, gli impegni e la non trascurabile faccenda della balbuzie, che non attira esattamente frotte di donne nel tuo letto, non scopava da secoli, ma Francesco gli ha lobotizzato il cervello e con quel poco che gli rimane sta cercando di essere professionale; che almeno non gli si dica di avvicinarsi, guardare e toccare!
Ad ogni modo, se prima Sollima non aveva idea di cosa stava succedendo, di sicuro ce l'ha nel momento in cui decide che, tagliando per il sentiero dietro le roulotte, impiegherà molto meno tempo a raggiungere la sua sedia da regista. E' intento a rileggere la prossima scena che intende girare, quando svolta l'angolo e li vede, appoggiati alla fiancata di un caravan, che si baciano come se il mondo dovesse finire da lì a cinque minuti e loro potessero evitarlo infilandosi vicendevolmente la lingua in gola.
La prima reazione è quella di convincersi che si tratta soltanto di un'allucinazione generata dal suo essere in piedi dalle sei di mattina e non aver ingerito niente a parte i dodici litri di caffé che gli tengono aperti gli occhi e acceso il cervello in uno stato di semi-coma vigile. E' chiaro che la stanchezza gli fa avere visioni di cosa sarebbe diventata davvero la sua sceneggiatura se avesse lasciato che Giancarlo ci lavorasse da solo.
Così gira sui tacchi e cambia strada, scuotendo la testa anche un po' divertito dagli strani scherzi della sua psiche. Il cestino del pranzo però non è sufficente. Qualche ora più tardi, durante una piccola pausa pomeridiana, s'imbatte nella stessa scena dietro il furgone dei costumi e verso sera, quando ormai già vede in lontananza il miraggio di due bucatini all'amatriciana nella prima trattoria disponibile e poi una sana dormita nel letto di casa, ecco che quei due sono aggrovigliati come l'edera nella macchina del Marchioni.
Sollima decide che è stata una giornata storta e pesante, si dedica ai suoi bucatini e alla sua dormita, e quando il giorno dopo si presenta sul set è pronto a spaccare il mondo da quanto è in forma, pimpante e pieno di generale fiducia verso la vita e il futuro.
A distruggere il suo ritrovato ottimismo ci pensa il semplice “Oh” di Alessandra che gli capita a fianco per caso quando s'imbatte di nuovo in una delle sue fantasie straordinariamente lucide.
Se anche lei li vede, però, questo significa che sono reali. C'è sempre la possibilità che lui e Alessandra stiano condividendo un qualche tipo di allucinazione generata da droghe o cibi avariati, ma dal momento che non gli sembra di aver ingerito né le une né gli altri, sente la voragine della catastrofe aprirsi sotto ai suoi piedi e, con il sospiro sorpreso di Alessandra che gli rieccheggia nelle orecchie, sa che può solo caderci dentro senza speranza.
I due hanno letteralmente distrutto il magazzino della sartoria, sbattendosi a vicenda da una parte all'altra senza curarsi di ciò che potevano rompere come non si curano di ciò che avviene nelle loro immediate vicinanze e, probabilmente anche nel resto dell'universo. In questo momento Francesco è disteso sull'intera collezione di vestiti del Dandi e Vinicio gli sta mordendo il collo in un tripudio di maglioncini dalle fantasie tristi che appartengono al suo alterego. Nessuno dei due si degna di smettere o di notare, anche per sbaglio, che Sollima è sulla porta e soffre. A farli smettere ci pensa Alessandra scoppiando a ridere per poi coprirsi subito la bocca con la mano, mentre con l'altra cerca di scusarsi.
Marchioni ha la decenza di sussultare e imprecare mentre si tira su da terra frettolosamente, spolverandosi i pantaloni. Francesco neanche quello. Resta un po' spaesasto a terra, nemmeno due baci lo avessero confuso riguardo al suo posto nel mondo, e solo dopo si alza rischiando di scivolare su una delle camice di seta.
Sollima è più o meno certo che la sua vita sia stata appena distrutta dall'altrui incapacità di controllare la propria libido e non sa come affrontare la situazione, non con le belle speranze riposte su questa serie che si librano in volo salutandolo per sempre. Sente l'improvviso bisogno di sedersi da qualche parte e, non trovando niente che faccia al caso suo, si accontenta di accasciarsi su uno scatolone che s'imbarca un po' ma alla fine regge tutto il peso della sua disperazione. “Vi ha dato di volta il cervello, per caso?” Chiede alla fine, quando hanno tutti sopportato la ragionevole quantità di silenzio imbarazzato che ci si aspetta in casi del genere. “E' un disastro!”
Marchioni si guarda intorno dove la devastazione è, in effetti, piuttosto evidente. Nell'urgenza di appoggiare Francesco da qualche parte, ha provato un po' ovunque, gettando a terra qualunque cosa non lo fosse già e, nel tentativo di tenersi aggrappato, Francesco ha staccato una ad una tutte le grucce dai porta-abiti. Sono arrivati a tanto così da scopare su un letto fatto letteralmente del guardaroba di scena. Sa che non è molto professionale, ma non può fare a meno di sorridere quando pensa a cosa sarebbe stato girare anche solo una scena consapevole di ciò che era successo agli abiti di chi gli stava di fronte. “Non mi sembra questa gran tragedia,” dice tossendo per mascherare il proprio divertimento. “Basterà dare una spolverata e rimettere a posto le grucce. Forse qualche giacca si è stropicciata, ma nel complesso non abbiamo rotto niente.”
“Non sto parlando di vestiti, Vinicio,” sibila Sollima, passandosi una mano sul viso. “Sto parlando di voi due e del casino che siete.”
Vinicio inarca un sopracciglio. “Non ti seguo.”
“Da quanto va avanti questa cosa fra voi due?”
“Tre settimane e due giorni e mezzo,” risponde prontamente Francesco, che è sempre troppo preciso quando fa il conto. Con molta pazienza, Vinicio è riuscito a farlo smettere di tenere a mente almeno le ore.
Il regista scuote la testa. “E' un sacco di tempo, la notizia potrebbe essere già fuori.”
“Ma noi non l'abbiamo detto a nessuno,” esclama Francesco, stringendosi nelle spalle.
“Questo non significa che non si sappia comunque,” sospira Sollima, che è ben consapevole di quanto velocemente possa muoversi la stampa a volte. Un giorno ti succede una cosa mentre sei solo in casa e due ore dopo lo sa tutta Italia. Non ha idea di come i paparazzi riescano ad essere sempre nel posto giusto al momento giusto, ma ci riescono sempre. E adesso hanno tre settimane di vantaggio su quello che potrebbe essere lo scoop dell'anno. Certo gli attori sono sconosciuti, ma c'è una grande curiosità intorno alla serie. Tutti vogliono conoscere i volti nuovi dei loro personaggi e dopo il lancio pubblicitario a tappeto, l'interesse è andato aumentando. “La notizia non deve uscire da questo magazzino,” esclama, lanciando un'occhiata anche ad Alessandra che annuisce comprensiva. “Se si viene a sapere che i due protagonisti della serie stanno insieme, siamo rovinati.”
“Dov'è finito lo spirito per cui qualunque pubblicità va bene purché sia pubblicità?” Chiede Vinicio, ironico.
“Cazzate!” Risponde Sollima, sempre più preoccupato. “Fesserie! Stupide scuse inventate da chi non aveva altre soluzioni per arginare l'enorme catastrofe che lo aveva investito. Questa è una serie ambientata negli anni '70, i due protagonisti sono brutti e cattivi, sono uomini duri. La pubblicità perfetta sarebbe se, ubriachi, vi sparaste dopo una rissa in un locale per colpa di una donna. Ma questo? La credibilità dei personaggi sarebbe rovinata per sempre.”
“Quello che hai detto è estremamente omofobo, Stefano,” gli fa notare Vinicio che è improvvisamente diventato molto sensibile ai diritti delle persone omosessuali ora che sono anche i suoi. Non che prima non li credesse sacrosanti, ma ovviamente adesso è tutto quanto molto diverso. “In pratica stai dicendo che la nostra relazione è inappropriata perché siamo due uomini.”
“In un certo senso si può dire così,” farfuglia Stefano “ma nel senso buono del termine! Non intendo dire che sia una brutta cosa, dico solo che lo è in concomitanza con la realizzazione di questa serie televisiva. E' come se stessimo girando una campagna di sensibilizzazione per la tortura sugli animali e vi trovassero a bastonare foche monache, mi segui?”
“E che cosa staremmo promuovendo, esattamente? La criminalità organizzata?”
“Non è questo il punto,” sospira Sollima. “Quello che sto dicendo è che intorno a questa serie ci eravamo preparati per un certo tipo di pubblicità.”
“Cambiamo il tipo di pubblicità,” suggerisce Vinicio, incrociando le braccia al petto. Francesco lancia occhiate preoccupate all'uno e all'altro, senza sapere bene che cosa fare. “Magari ne facciamo una in cui questa produzione non si fa i cazzi nostri, che ne dici?”
Seduta per terra insieme a Francesco, Alessandra sceglie esattamente quel momento per dire la sua e la domanda che pone sembra talmente fuori posto in quel momento che Vinicio e Stefano si zittiscono e si voltano verso di lei. “I vostri genitori lo sanno già?”
Vinicio la guarda un istante senza capire esattamente quello che sta dicendo. “No?” Azzarda. Lui e Francesco non hanno ancora capito se stanno insieme o se si piacciono e basta per motivi sconosciuti tra i quali non hanno ancora escluso droghe e alcol e sua madre ha passato i sessanta, darle la notizia prematuramente potrebbe ucciderla; e lui non ha alcuna intenzione di perdere sua madre se prima non è sicuro di quello che le sta dicendo. In quanto a Francesco, Vinicio ha incrociato per caso suo padre uscendo da casa sua alle nove di mattina. Ha dovuto dirgli che era l'idraulico, quindi no, le cose non vanno troppo bene.
“Questa è una cosa a cui dovete pensare,” commenta Alessandra. Si alza in piedi e sta bene attenta a lisciarsi la gonna plissettata. “Sarebbe tremendo che i vostri genitori venissero a saperlo dalla televisione, non credete? Quindi, a meno che non abbiate intenzione di dirglielo a breve, forse sarebbe meglio muoversi con estrema cautela.”
Vinicio non ci aveva pensato, in realtà non ha pensato ad un bel niente, nemmeno alla stampa, o a come debba o non debba comportarsi. Si è fatto travolgere dall'intera faccenda e, per così dire, si è lasciato andare. Se dovesse dire cosa hanno o non hanno fatto in pubblico, non saprebbe rispondere. Non che ci siano state scene scandalose, naturalmente, i suoi trentacinque anni gli hanno lasciato almeno un barlume di lucidità per evitare l'accusa di atti osceni in luogo pubblico, ma non potrebbe giurare di non aver tenuto Francesco per mano mentre passeggiavano al parco, né di non averlo baciato di fronte a qualcuno che poteva o non poteva avere una macchina fotografica in mano. Soprattutto se era nascosto fra i cespugli. Non ci ha nemmeno pensato a cercare qualcuno fra i cespugli.
Alessandra nota la sua esitazione e insiste. “Non sto dicendo che sia sbagliato, intendiamoci,” si affretta a ribadire. “Anzi, trovo bellissimo che vi siate trovati. Siete carini insieme e sono felice per voi. Ma la stampa può essere cattiva, credetemi, ne so qualcosa. Nel vostro caso, poi, non si tratterebbe neanche di normale curiosità. Infatti, per quanto sia triste da dire,” aggiunge portando le mani in grembo e piegando leggermente la testa di lato con un sospiro dispiaciuto, “qui in Italia una coppia di attori gay sarebbe considerata solo una specie di fenomeno da baraccone. Avreste gli occhi di tutti puntati addosso e non certo nel senso buono del termine. Se non siete pronti a sostenere l'attenzione morbosa che seguirebbe il coming out, non è il caso che lo facciate.”
“In effetti...” mormora Francesco esitante, dopo un po'. “Non so se mi va di dirlo in giro. I giornalisti non mi piacciono.”
Vinicio fa una mezza smorfia in direzione di Alessandra. “Ti sfugge il fatto che non dobbiamo necessariamente sbandierarlo ai quattro venti,” le fa notare.
“No, naturalmente,” annuisce subito lei. “Ma non ce ne sarà bisogno. Non appena cominceremo ad ingranare, non potrete nemmeno andare al gabinetto senza che qualcuno vi scatti una foto.”
“Io voglio andare al gabinetto,” commenta Francesco dal pavimento.
Vinicio lancia una breve occhiata al cielo. “E allora che cosa suggerisci di fare? Lasciamo perdere per il buon nome della Cattleya?” Chiede ironico.
“No, ho un'idea migliore.” Alessandra sorride dolcemente e nell'occhiata generale che lancia include anche Stefano, abbandonato sul suo scatolone di cartone a piangere se stesso e il suo grande capolavoro. “Se il problema è l'attenzione dei media, l'unica è portare quest'attenzione altrove. Diamogli qualcosa da guardare.”
“Non so se delle foto nude risolverebbero la questione,” dice Francesco, pensieroso. “Mia madre non approva molto nemmeno quelle.”
Alessandra emette una risatina allegra e divertita. “No, Francy! Nessuno dovrà fare foto nude,” esclama, scuotendo la testa come se quella frase fosse sciocca e tenera insieme. Anche quando la sua risata si spegne, ne resta un'ombra sulle sue labbra e un luccichio negli occhi, come si fosse ritirata soltanto un attimo per darle modo di esporre il suo piano ma le vibrasse sotto la pelle, pronta a venir fuori di nuovo, riempiendo di gioia lo spazio circostante. “Facciamo credere a tutti che Vinicio è fidanzato con una ragazza,” propone. “Qualche foto ad una cena di gala, qualcun'altra all'uscita di casa dell'uno e dell'altra, un paio di paparazzate innocue a fare la spesa al supermercato. Tempo un paio di settimane, a meno che non ci siano figli in arrivo, tradimenti o catastrofi naturali che si portano via uno dei due, la stampa li lascerà in pace.”
“Bambini?” Chiede subito Francesco, allarmato.
“Ovviamente non succederà niente del genere,” lo rassicura subito Alessandra. “Sarà tutta finzione e voi due potrete vivere tranquilli.”
“Dove? Nel mondo fantastico al quale accederemo attraverso un armadio?” Chiede Vinicio.
“No, stupido!” Ride lei, che ha la strana capacità di offendere con tenerezza. “Troveremo un posto adatto, naturalmente. E' chiaro che sarà complicato, ma si tratta di un periodo limitato. Una volta finito di girare la serie potrete decidere che cosa fare.”
“E dove la troviamo una disposta a fare questa cosa?” Chiede Sollima, prendendo finalmente la parola. Lui e Vinicio si scambiano un'occhiata con cui il secondo chiede chiaramente delle spiegazioni in merito all'affermazione. “Non possiamo prendere una qualunque. La prima ragazzetta raccolta per strada non farebbe scalpore, va da sé che ci serve una che sia già conosciuta, una che la produzione dovrà pagare. E non se ne parla neanche.”
“Questo non è un problema,” sorride Alessandra. “Avete me. Lo faccio io. La gente mi conosce e la stampa ha tenuto conto di tutti i miei fidanzati, nessuno escluso. Me ne ha anche affibbiati due che non avevo, quindi di certo non si perderà Vinicio dal momento che lavoriamo anche insieme. Diremo che tra di noi è scoppiato l'amore come tra Roberta e il Freddo, immagina i titoli dei giornali.”
“La produzione non pagherà nemmeno te,” le dice subito Stefano, che con chi stringe la borsa dei soldi ha un conto in sospeso. Il budget è già molto generoso per essere una produzione italiana, ma un regista ha il privilegio di fare comunque delle richieste che, nel suo caso, non sono state affatto accettate.
“Oh, ma io non voglio niente,” lo rassicura Alessandra, mentre guarda Francesco e Vinicio alla ricerca di un'intesa che non trova perché i due sono ancora profondamente perplessi. “Lo faccio per amicizia e perché anche a me fa comodo che questa serie televisiva abbia la pubblicità e, di conseguenza, il successo che merita. Non vi pare?”
Francesco si alza dal pavimento e si gratta la nuca, imbarazzato. “Non lo so, Alessandra,” dice incerto. “Stiamo parlando di un sacco di tempo e dovremo mentire a tutti.”
“Ma tu non dovrai fare niente,” gli sorride lei. “Penseremo a tutto noi.”
Francesco esita e guarda Vinicio che gli lascia una carezza pesante sul collo. Non ha nessuna voglia di dividerlo con nessuno, neanche per finta, soprattutto ora che stanno ancora imparando a conoscersi e non hanno ben capito se è una follia passeggera o se invece fanno sul serio. Ha un'opportunità reale di scoprirlo e non vuole rovinarla, però non vuole neanche mettere in pericolo la serie.
Alessandra ha ragione, quella della montatura è una buona soluzione – non sono certo i primi ad inventarla – e poi sarà solo per poco. Alla fine annuisce e non è neanche troppo triste quando Alessandra sancisce quel piccolo patto battendo allegramente le mani.
Vinicio compose il numero a memoria ma poi non premette il bottone di invio.
Dopo quattro tentativi cominciò a sentirsi un idiota. Non aveva più alcuna decisione da prendere, ormai. Il solo fatto di trovarsi seduto ad un tavolo del Mirabelle rendeva quella telefonata una mera formalità e, se proprio voleva sentirsi in colpa, sapeva perfettamente che avrebbe dovuto farlo quando, uscendo di casa, aveva deciso di recarsi al ristorante e non a teatro. Farsi crescere una morale tirando fuori il telefono dalla tasca dei pantaloni non lo rendeva meno colpevole.
Compose di nuovo il numero e questa volta lasciò squillare. Lo spettacolo iniziava alle nove, ma Francesco aveva bisogno di isolarsi per una buona mezz'ora prima di salire sul palco, quindi se voleva almeno fargli la cortesia di avvisarlo che non sarebbe stato in prima fila, doveva farlo adesso. Il telefono squillò sei volte prima che riuscisse a sentire la voce affannata di Francesco che, recuperato al volo il cellulare dalla tasca della tracolla, se lo stava probabilmente facendo saltellare tra le mani per evitare di farlo cadere per l'impeto come al solito. Vinicio lo sentì pregare di no, poi sentì un tonfo e infine un fruscio indistinto che si interruppe dopo qualche secondo dopo con un sonoro “Pronto? Vinicio sei ancora lì?”
Rise, riuscendo ad immaginarlo nei minimi particolari, con il telefono premuto con tutta la mano contro l'orecchio per non farlo di nuovo cadere. “Sì, ci sono,” rispose. Poi si ricordò il perché di quella telefonata e smise di sorridere.
“Mi è caduto il telefono per terra, ma non si è rotto stavolta,” cominciò subito a raccontargli Francesco, non appena si fu assicurato che fosse ancora in linea. “Sono un po' nervoso, sai? Ho sbirciato dalle tende e ci sono un sacco di persone in sala. Tu hai trovato il tuo posto?”
“Riguardo a questo,” rispose incerto. “Mi sa che non riesco a venire.”
“Come non riesci a venire?” La voce di Francesco era incredula e delusa. “Pensavo avessi detto di essere libero per le prossime due settimane! Tra mezz'ora c'è la prima dello spettacolo.”
“Lo so, lo so.” Vinicio annuì anche se lui non poteva vederlo. Aveva faticato a trovare una scusa mentre percorreva la strada fino a lì e gliela disse in fretta perché gli bruciava sulla lingua e non sapeva per quanto ancora potesse trattenerla prima di doverla ingoiare per liberarsene. “Mia zia Nora, ti ricordi? La sorella più grande di mia madre. Si è sentita male, ma non vuole chiamare l'ambulanza perché ha paura. Sto andando da lei per portarla in ospedale.”
La bugia era articolata e lo rendeva nervoso, ma la sua voce non tremò perché stava recitando. L'unico vero momento in cui non balbettava proprio per niente era quando fingeva di essere qualcun'altro; forse succedeva perché quando era davvero se stesso, aveva un po' paura di darlo a vedere.
“Oh, mi dispiace,” Francesco era sincero, quando lo disse. Per questo la delusione che gli incrinava la voce fece sentire Vinicio ancora più in colpa.
“Posso venire domani,” si offrì subito, nel tentativo del tutto inutile di contenere i danni. Niente sarebbe mai veramente bastato a fare ammenda per essere mancato il giorno della prima. “Mi faccio cambiare i biglietti domani mattina.”
“Sì, naturalmente,” mormorò Francesco. “Mi fai gli auguri?”
“In bocca al lupo.”
“Crepi,” rispose, poi però fece un grosso sospiro e con quello sembrò buttare fuori tutta la delusione. Era ancora un po' abbacchiato quando tornò a parlare, ma il suo entusiasmo per lo spettacolo non era stato del tutto annientato dalla brutta notizia. “Ora vado, però, perché devo concentrarmi. Ci sentiamo più tardi.”
Vinicio occhieggiò la sala elegante del Mirabelle, con i suoi stucchi alle pareti e le vetrinette pregiate che contenevano i candelabri dorati. Sapeva che sarebbe stato centomila volte meglio essere seduto in prima fila a vedere Francesco, ma non poteva negare le mani che prudevano e lo stomaco che scalpitava all'idea di vedere Alessandra. Era stato così fin da quando era cominciata e non era mai riuscito a liberarsi della sensazione opprimente e tuttavia eccitante che lo prendeva alla gola ogni volta che lei era vicina.
Come l'avesse evocata, lei comparve sulla soglia non appena alzò gli occhi.
Era perfetta, come al solito. Portava un abito firmato color crema che le lasciava scoperte le gambe, con una scollatura generosa ma non troppo, perché quel poco di lei che la gente poteva vedere doveva sempre rientrare nei canoni dell'immagine che rappresentava. Da quell'aria innocente, che indossava né più ne meno come un coprispalle, non si separava mai. D'altronde era quella che le apriva ogni porta e piegava le ginocchia della gente. Vinicio stesso era disposto a sopportare la sua cattiveria solo perché sapeva che, passata quella, c'erano gli atteggiamenti da bambola di porcellana che lo avevano sempre affascinato. Era consapevole di quanto fossero falsi ma ancora si illudeva – anzi dopo tutti quegli anni lo faceva ancora di più – di poterci vedere attraverso senza farsene influenzare. La realtà, come sempre, s'infranse nel momento in cui lei smise di sorridere e appoggiò la minuscola borsetta sul tavolo. “Potrò mai sperare di vederti vestito a modo, una volta ogni tanto?” Esclamò, spostando da sola la sedia e prendendo posto, davanti a lui.
Vinicio si era solo vestito un po' più elegante del solito – aveva messo il completo che avrebbe indossato alla prima teatrale – ma non da gran sera, come invece si era presentata lei. “Non pensavo fosse un'occasione importante,” commentò, mettendo in bocca un pezzo di pane.
“Vinicio, per favore” lo sgridò, chiedendogli con un'occhiata se stava facendo sul serio o meno e poi lo liquidò con un sospiro da madre rassegnata. “Con Francesco hai sistemato?”
“Dovrò trovare il modo di farmi perdonare per aver mancato lo spettacolo,” le fece notare con un tono pieno di astio di cui lei non prese neanche nota da quanto poco le interessava.
“Sono certa che non avrai difficoltà, il sesso riparatore è sempre stato il tuo forte,” commentò, aprendo il menù e passando un'unghia lungo ogni pagina con fare lezioso.
Vinicio non rispose. La cena andò avanti pressapoco così per tutta la sera; fu lei ad ordinare e a parlare. Si intrattenne con un monologo di quasi un'ora durante il quale lui non fece che annuire o negare, più spesso ignorarla suscitando tutto il suo disappunto. Alessandra lo avrebbe voluto più reattivo, più coinvolto. “Potresti smetterla di fingere che stare qui con me non t'interessi?” Gli disse ad un certo punto. “Tesoro, io lo so come sei fatto, che dici? Non c'è nessun bisogno che reciti in questo modo. E' fuori luogo ed è anche poco divertente. Oh! La torta al cioccolato, credo che ne prenderò una fetta.”
Mentre Alessandra gustava il dessert con un mugolio più estatico dell'altro, gli arrivò un messaggio sul telefono. Francesco s'informava sulle condizioni di salute della zia Nora e gli comunicava la buona riuscita dello spettacolo. Ripose nervosamente il telefono in tasca e spinse la tazzina di caffè vuota verso il centro del tavolo. “Vogliamo andare?” Chiese.
“Quanta fretta, Vinicio,” Alessandra sorrise, pulendosi la bocca con il tovagliolo. “Non vuoi neanche sapere che cos'ho fatto in tutto questo tempo che non ci siamo visti?”
“Pensavo che me lo avessi raccontato durante la cena, mentre non ti ascoltavo,” rispose lui.
Alessandra ridacchiò. “Oddio, come sei carino quando cerchi di fare il duro,” cinguettò, altrettanto ironica. Si strinse il tovagliolo al petto con finta commozione e poi lo posò accanto al piattino del dolce con un sospiro. “Comunque sapevo che non mi avresti ascoltato perché, come ti ho già detto, ti conosco molto bene e so che non perdi mai occasione di dimostrare polso quando non serve. Ti racconterò tutto quando saremo a casa. Vado un attimo in bagno, tu chiedi il conto.”
Vincio la seguì con lo sguardo mentre si alzava e attraversava la stanza diretta alla toilette. Avrebbe potuto pagare, alzarsi e sparire. Se si sbrigava faceva ancora in tempo a recupare Francesco fuori dal teatro, inventarsi la ripresa miracolosa della zia Nora e tornarsene a casa con lui. Magari cambiare numero di telefono. Era quello il momento preciso in cui poteva interrompere quella catena, lo sapeva. Era scritto nell'aria a lettere cubitali sopra la sua testa. Se avesse preso il coraggio a due mani, avesse ammesso che Alessandra non gli serviva – non gli servivano i suoi capricci, soprattutto – e che era felice così com'era, poteva chiudere quella storia una volta per tutte. Non era neanche davvero successo qualcosa di male.
La sicurezza di poter lasciare quel tavolo e andarsene durò all'incirca cinque minuti, il tempo che Alessandra ci mise a tornare dal bagno e il cameriere a riportargli la carta di credito e lo scontrino, poi Vinicio scosse la testa e pensò che se in due anni non era riuscito ad allontanarsi da lei, non ci sarebbe riuscito mai più.
Alessandra non ebbe nemmeno bisogno di programmare il resto della serata. Tutto ciò che seguì era frutto di automatismi collaudati secondo i quali la loro relazione si era sempre basata.
Una volta in auto, Vinicio imboccò la strada per casa di Alessandra senza che lei glielo dicesse. Finsero di salutarsi sulla porta, lei lo invitò a prendere un caffè, che sarebbe diventato un bicchiere di vino rosso, che sarebbe diventato un bacio e poi un altro sul divano in salotto. Mentre lei lo invitava, ormai seminuda a seguirla in camera, pensò alla prima volta che era successo. Cambiavano i cuscini e cambiava il tappeto, ma loro evidentemente non cambiavano mai.
La montatura funziona. Per usare le parole di un esaltato Sollima di ritorno dal giornalaio con una manciata di riviste patinate, i media se la sono bevuta come acqua dopo una settimana nel deserto. I due presunti fidanzatini si sono fatti fotografare strategicamente in un parco, mano nella mano, e le foto sono arrivate ai giornali mentre Vinicio consolava Francesco, che non si lamenta ma non gradisce.
Cerca di passare con lui quanto più tempo possibile, ma la stampa vive di particolari succosi e loro devono nutrirla; almeno per un primo periodo, quello più caldo, in cui chiunque vuole un pezzetto di loro da poter sbattere in prima pagina. Alessandra rilascia interviste ovunque, tutte accuratamente selezionate e costruite a tavolino. Lei e Sollima ne hanno discusso a lungo e hanno stabilito che cosa raccontare, com'è successo e come vanno le cose. Ufficialmente, Vinicio e Alessandra si sono visti per la prima volta alla prova costumi di lei e, in quell'occasione, non si sono granchè notati. L'amore sarebbe sbocciato sul set, durante una delle tante scene tra Roberta e il Freddo. Vinicio conferma dilgente la versione quando a sua volta viene intervistato, tutto il resto viene da sé, alimentato praticamente dal solo entusiasmo dei loro fan o, per meglio dire, dei fan della Mastronardi che sono un piccolo esercito compatto e devoto che la segue fin dai suoi esordi e che ora scruta Vinicio analizzandolo da ogni angolazione, come fosse pronto a liquidarlo se non lo ritiene all'altezza della loro beniamina.
Vinicio ci mette pochissimo a farsi accettare, forse perché Alessandra sorride radiosa e riesce a farsi brillare perfino gli occhi quando ne parla e si stringe a lui mentre presenziano insieme a qualche evento mondano; forse perché con i suoi silenzi e la sua timidezza, Vinicio riesce a fare breccia anche nei cuori gelosi dei più tenaci fra gli ammiratori della sua finta fidanzata. “Sta andando tutto alla perfezione,” esclama felice Alessandra e la sua gonna fa la ruota quando volteggia su se stessa, ridendo. “Ci compensiamo a vicenda e veniamo bene in foto. La gente ci adora.”
E' sera e sono stati a fare spese in centro, dove chiunque ha potuto fotografarli. Vinicio la segue a qualche passo di distanza, portando le buste per lei. Sorride leggermente, in silenzio, mentre attraversano la strada deserta per arrivare di fronte al portone di casa di Alessandra, oltre la quale la segue.
“Saremmo davvero una bella coppia, non credi?” Continua lei, mentre armeggia con le chiavi e gli fa strada dentro l'appartamento.
Lui mugugna un assenso e appoggia le borse sul divano, dove stazionerà per almeno mezz'ora prima di farsi vedere mentre lascia l'appartamento.
“Vuoi qualcosa da bere mentre aspetti che le truppe nemiche si ritirino?” Gli chiede, da dietro il muretto che separa la cucina dal soggiorno.
Vinicio vede i suoi occhi spuntare tra le felci in vaso e gli viene da ridere. “Sì, dai,” risponde. “Un bicchiere e poi tolgo il disturbo.”
“Tu non disturbi mai,” sorride Alessandra. “Una birra va bene? O preferisci del vino? Devo avere anche qualcosa da mangiare.”
Vinicio curiosa fra le riviste che sono impilate sul tavolino da caffè. “La birra andrà bene, grazie,” risponde, lanciando appena un'occhiata nella sua direzione. Ci sono giornali di gossip, qualche rivista di moda del peso complessivo di quindici chili e qualche giornaletto da donna con mille informazioni sull'ennesima dieta di tendenza. In tutti, però, c'è anche Alessandra.
“Ritaglio gli articoli che parlano di me,” interviene lei all'improvviso, la sua ombra si allunga sulle riviste e lo fa sussultare. “E' un po' da sfigati, lo so.”
Vinicio impiega i soliti secondi per mettere insieme una frase e intanto lei appoggia sul tavolo due sottobicchieri per la birra e una ciotola di patatine e salatini. “Non è così strano voler conservare tutti i riconoscimenti che si ricevono,” risponde, stringendosi nelle spalle.
“Grazie,” dice Alessandra, sedendosi accanto a lui e passandogli l'apribottiglie. “Mi fai sentire meno scema.”
“Francesco ha una registrazione di tutto ciò che ha fatto,” continua Vinicio, stappando le due birre senza rendersi conto dell'attimo solo in cui il sorriso di lei svanisce.
“Oh, davvero,” esclama la ragazza senza alcun interesse, bevendo un sorso prima di tornare a voltarsi verso di lui. “E tu non tieni traccia di niente?”
Vinicio ride. “Ho una buona memoria,” afferma. “E in quanto agli articoli di giornale, non ce n'erano fino a qualche settimana fa.”
“Questo è tutto merito nostro,” dice lei, sollevando la bottiglia di birra. “Propongo un brindisi alla nostra indiscutibile bellezza e al nostro affiatamento di coppia.”
Le bottiglie tintinnano e ne segue un momento di imbrazzante silenzio quando i loro sguardi s'incrociano e la frase assume strani significati. Alessandra china la testa subito dopo, arrossendo leggermente. “Naturalmente intendevo così per scherzo,” si giustifica. Lo guarda di sfuggita e quando si accorge di avere i suoi occhi addosso, continua. “E' che passiamo un sacco di tempo insieme e abbiamo molte cose in comune, quindi è del tutto normale avere una certa alchimia, no?”
“Certo, naturalmente,” annuisce Vinicio che è così in imbarazzo da non fidarsi della propria voce. Alessandra gli sorride, non sa se incoraggiante o timida quanto lui. Ha le guance più rosse del solito e gli occhi grandi e un po' impauriti, ma non nel senso sbagliato del termine. Come se avesse intenzione di fare qualcosa e non fosse certa del risultato. Vinicio scopre che è esattamente così quando lei si fa avanti, sporgendosi verso di lui e posando le proprie labbra sulle sue.
E' un bacio molto imbarazzato e anche molto ridicolo. Lei spinge un po' la bocca contro di lui, ma Vinicio resta immobile, colto di sorpresa e, per la prima e l'ultima volta con Alessandra, consapevole di quello che potrebbe essere e determinato a non farlo accadere. Dopo qualche secondo in quella posizione, entrambi si allontanano di scatto, come si fossero accorti che perdersi nei loro pensieri invece di muoversi subito fosse incredibilmente inappropriato. O forse è lui a scostarsi e lei, per contro, agisce di conseguenza, fingendo di averlo voluto fare solo con quel secondo di ritardo. “Scusa!” Fa subito, diventando ancora più rossa e scuotendo la testa. “Non so cosa mi è preso.”
“Non fa niente,” esclama lui, alzandosi in piedi e cercando freneticamente il cappotto che non si ricorda dove ha appoggiato. “Ma forse adesso è meglio che vada.”
Lei sospira e annuisce, alzandosi a sua volta per accompagnarlo alla porta. “Sì, forse è meglio.”
A ripensarci qualche tempo dopo, quando ormai ha imparato a conoscerla e sa quanto sia brava a fingere, Vinicio si convince che in lei non ci fosse niente di genuino nemmeno quel giorno. La birra, l'invito, quel finto bacio erano tutte piccole prove per tastare il terreno e vedere quando e come lui avrebbe ceduto.
A lui, però, sembra di essersi comportato bene. Per quanto sia lusingato dal tentativo, non si sente attratto da lei, non è neanche minimamente interessato, e quando esce da casa sua è sicuro che non c'è e non ci sarà alcun problema tranne il normale e temporaneo imbarazzo che ci si può aspettare vista la situazione.
Lei invece ha sentito quel brivido sulle sue labbra, quel momento di esitazione che è sfuggito perfino a lui e su quello scommette, nemmeno un mese dopo.
La scena è sempre la stessa, ma lei non arrossisce più. Lo invita a cena per sfuggire ai fotografi che li hanno inseguiti per tutto il pomeriggio. Gli dice di restare solo un paio d'ore, che prepara qualcosa. Un paio d'ore non sono niente. Due ore sono un po' di traffico nel centro di Roma, Franceso capirà.
Il vino rosso è buonissimo e non mangiano quasi niente. Lei all'improvviso ha uno sguardo diverso, molto più maturo. Vinicio, per una volta, riesce a vederci attraverso e, sebbene quello che veda gli piaccia poco, perché non lo conosce e ha tutta l'aria di portare guai, è molto più eccitante del luccichio timido che ci trova di solito. Così quando prova a baciarlo, non fa resistenza.
Non si illude di avere una qualche giustificazione per stare esplorando il corpo di Alessandra, tracciandone i contorni con le dita e affondando il viso nel suo collo e tra i suoi seni. Sa che sta sbagliando ma sceglie consapevolmente di mettere da parte ogni colpa, convinto che rimandarne l'analisi la renderà più semplice. Inspira il profumo fruttato dei suoi capelli e quello più acidulo della sua pelle. Alessandra si stende su di lui, lo accarezza, lo bacia con una voglia che non si perderà mai nel tempo, ma smetterà di essere desiderio per diventare pretesa.
La spoglia con impazienza, strattonando la stoffa della sua gonna e imprecando contro il laccio del reggiseno che non ne vuole sapere di aprirsi mentre lei si preme contro di lui, passa le dita tra i suoi capelli e ride di trionfo più che di felicità, anche se Vinicio con il suo corpo addosso non può capire la differenza tra le due emozioni dietro la sua risata.
I gemiti si fanno più intensi quando le affonda tra le gambe e stringe il suo corpo che s'inarca sul materasso. Alessandra insegue il proprio respiro affannato sulle sue labbra e gli stringe le dita intorno alle spalle, andando incontro alle sue spinte, guidandolo dentro di sé fino a cominciare a tremare.
Vinicio pronuncia il suo nome con incertezza, lo balbetta intestardito ma è grato che le dita di lei si posino lievi sulla sua bocca per fermarlo, seguite da un sorriso.
Tra le coperte sfatte del letto, lei gli accarezza la nuca e se lo culla al seno come un bambino.
Vorrebbe dirle che non ha bisogno di rassicurazioni, ma la verità è che non sa come affrontare la situazione, quindi rimandare ancora un po' gli torna utile e si lascia cullare volentieri dalle sue dita, dal calore del suo abbraccio che ora profuma di entrambi. Quando finalmente si alza per rivestirsi, aspettandosi di doverne parlare, in realtà lei non dice una parola sull'argomento.
Lo bacia e lo abbraccia sulla porta, gli sistema il maglione stropicciato e gli dice anche di stare attento, che fuori è buio; ma a quello che è successo nemmeno accenna e non lo farà mai.
Da quel momento, la storia tra loro non sarà nient'altro che un salutarsi sulla porta senza tenere conto di quello che è stato prima né di quello che sarà dopo, perché tutto ciò che conta è che lui possa tornare indietro quando lei lo vuole, con qualche piega da lisciare forse, ma nessun problema.
Francesco era arrabbiato.
Non che avesse gettato delle stoviglie per terra o lo avesse preso a pugni. Non avevano nemmeno litigato; ma era proprio questo il punto. Da quando si era svegliato quella mattina, se ne stava in silenzio sul divano a guardare televendite e vecchi telefilm alla centocinquentesima replica e questo non era un buon segno.
Francesco era sempre allegro e, anche quando qualcosa lo turbava, non era capace di stare in silenzio e finiva per parlarne a ruota libera finché qualcuno non lo fermava e lo aiutava a risolvere qualunque problema sentisse di avere. Il mutismo ostinato nel quale si era rinchiuso e che prevedeva, fra le altre cose, il posare lo sguardo ovunque tranne che su di lui, era indicativo di quanto profondamente fosse arrabbiato. C'era una sola ragione per la quale se ne stava zitto e quella era che Vinicio aveva torto e si aspettava da lui il primo passo e delle scuse, possibilmente anche in un'unica soluzione.
Vinicio lo sbirciò attraverso la porta della cucina e sospirò, ben consapevole di essere responsabile di quel malumore. Si sentiva maledettamente male non solo per l'unica colpa che Francesco potesse davvero attribuirgli – l'aver mancato la prima dello spettacolo – ma anche per tutto il resto. All'improvviso tutte le notti passate con Alessandra nel corso degli ultimi due anni si stavano impilando una sull'altra a formare una torre altissima e, con quella costruzione mostruosa alle spalle, non aveva il coraggio di farsi avanti e confessare per paura che le vibrazioni prodotte da quell'unico passo gliela facessero crollare in testa.
Se raccontargli ogni cosa non era un'opzione, poteva però cercare di farsi perdonare per la mancata presenza in prima fila, così si schiarì la voce e lo raggiunse in salotto.
“Ti va di fare qualcosa, oggi pomeriggio?” Chiese.
Francesco scrollò le spalle senza voltarsi.
“Lo spettacolo inizia alle nove, no?” Insistette, lasciandosi andare sul divano accanto a lui.
“Come al solito.” Francesco gli riservò uno dei suoi sospiri risentiti, che erano volutamente esagerati e segnalavano con grande enfasi la sua indisponenza verso il mondo tutto.
Vinicio non sopportava di vederlo irritato, soprattutto perché Francesco era quello, tra loro due, che riempiva i silenzi e faceva il buffone. Se lui era arrabbiato, la casa piombava in un silenzio imbarazzato dal quale Vinicio non aveva idea di come tirarsi fuori. Qualunque cosa gli uscisse di bocca sembrava sempre costruita e, anche quando così non era, lui comunque non era un tipo particolarmente divertente, uno che avesse sempre la battuta pronta quando serviva e quindi non otteneva quasi mai l'effetto desiderato. Per dire qualcosa che facesse colpo o che fosse anche solo mediatamente appropriato, doveva pensare parecchio e, facendolo troppo, appariva poco spontaneo, il che portava chiunque a reagire peggio di quanto avesse fatto all'inizio.
Francesco avrebbe dovuto saperlo ma, in quel momento, era così arrabbiato che se ne fregava delle attenuanti ed era fermamente convinto che se Vinicio voleva scusarsi, avrebbe ben trovato il modo e le parole per farlo.
Sullo schermo del televisore campeggiava una conduttrice bionda con una coda di capelli posticci e l'abbronzatura arancione e rugosa tipica delle troppe lampade settimanli. Era magrissima, ma la pelle non si era ritirata con il grasso, così mentre il lifting le aveva tirato il viso fino a farla sembrare uno scheletro, dalle braccia le pendevano centimetri di carne flaccida che dondolavano ogni volta che mostrava al suo pubblico come utilizzare il macchinario da palestra scontato che cercava di vendere. Mentre cercava un argomento di cui parlare, Vinicio ne rimase orrendamente ipnotizzato per qualche secondo. Poi, si riscosse, ricordando per quale motivo si trovasse lì. “Potremmo andare al cinema,” propose, con un'ultima occchiata alla giovane vecchia in televisione. “Abbiamo una lista di film da vedere lunga un chilometro.”
Francesco fu travolto dal solito entusiasmo istantaneo ma era deciso a tenere le sue posizioni, così non lo dette a vedere, tranne che per un minuscolo, quasi impercettibile tremito delle labbra che stava faticosamente cercando di non piegare in un sorriso felice.
“Puoi scegliere tu il film,” Vinicio rincarò la dose, perché quel minuscolo segnale di schiarita all'orizzonte non gli era sfuggito. Sacrificare due ore del suo tempo per vedere qualche pellicola mal girata, con una pessima regia ed esplosioni come perno centrale di una trama inesistente era il minimo che potesse fare. Non si avvicinava minimamente alla punizione che si meritava, ma avrebbe fatto felice Francesco e avrebbe aggiunto un sassolino sul piatto della sua felicità sull'ideale bilancia cosmica che, a sua insaputa, pendeva decisamente dall'altro lato.
Sulla lista in questione c'erano titoli di pellicole che Vinicio non avrebbe mai visto se non costretto sotto tortura o, appunto, oppresso dal senso di colpa. Francesco non poteva negarsi quella meravigliosa possibilità, ma non voleva neanche dargliela vinta. “Non lo so,” rispose, cambiando di nuovo canale e osservando due brunette sul pavimento di uno studio televisivo che si tiravano i capelli, cercando di cavarsi gli occhi a vicenda. “Rischio di arrivare tardi alle prove.”
Vinicio guardò l'orologio. “Sono appena le due. Abbiamo un sacco di tempo per fare anche qualche altra cosa,” e colto da un improvviso lampo di genio, gli si si allungò addosso. “Non so se mi spiego.”
Avrebbe voluto essere sensuale, forse, e non lo fu affatto, ma raggiunse ugualmente lo scopo. A Francesco scappò una risatina e si abbassò perfino a lanciargli un'occhiata dall'alto. “Ah no, non credere di cavartela con così poco,” esclamò divertito. “Ti ci vorrà ben più che una prestazione per farti perdonare.”
Vinicio sentì lo stomaco che si contraeva violentemente al sentirlo pronunciare una frase così vera senza averne la minima consapevolezza. “Non so se avremo tempo per fare il bis,” commentò, invece, arrischiandosi a lasciargli un bacio sul collo. Francesco non si spostò.
“Era una prima importante,” fece una smorfia pensosa. “Un bis è sempre troppo poco. Ci vorrà decisamente qualcosa di più impegnativo.”
Incoraggiato dalla tensione che andava sparendo per lasciare il posto ad un clima più rilassato e disponibile, Vinicio si avvicinò, puntellandosi sui cuscini del divano, per infilare una mano sotto la maglietta degli Slipknot che Francesco indossava e continuare a lasciargli piccoli baci pigri sul collo. “Allora ci vorrà ben più di un pomeriggio,” concordò.
“Infatti, pensavo ad un pagamento rateale,” annuì Francesco, cedendo definitivamente ai suoi tentativi di conquista e finendo per sdraiarsi meglio sui cuscini per baciarlo più comodamente. “Diciamo una settimana o due.”
“Una settimana o due?” Vinicio sgranò gli occhi ridendo.
Francesco annuì, mordendogli il labbro inferiore. “A partire da adesso,” specificò. Si strusciò lentamete contro il suo bacino per rendere chiaro e inequivolabile quanto fosse urgente la richiesta.
Vinicio ringhiò, mentre Francesco gli allacciava le braccia al collo e lo tirava a sé per baciarlo più profondamente. “E il cinema?” Chiese con totale disinteresse, mentre cercava a tentoni il telecomando e zittiva il televisore con un gesto ecco.
Francesco si era già tolto le scarpe al volo, lanciandole per aria. “Sta' zitto,” mugolò, iniziando a sbottonargli la camicia con dita ansiose. Vinicio non se lo fece ripetere due volte, incurante delle Nike che ricadevano sul tavolino da caffé fracassando oggetti.
La proposta di Alessandra arriva una mattina che lei, Vinicio e Francesco sono in pausa delle riprese e aspettano che Sollima dia loro il via per ricominciare. Hanno ancora indosso i vestiti di scena e Vinicio è perso ad osservare quanto la giacca di pelle sia fuori posto addosso a Francesco quando non interpreta il Libanese. Gli dà un'aria da duro che fa a pugni con il viso disteso e l'espressione assorta che gli illumina il viso non appena mette piede fuori dal set. La cosa è ancora più evidente ora che è intento a scarabocchiare sul marciapiede con un sasso come i bambini.
In questo periodo è un po' triste perché lui e Vinicio non passano molto tempo insieme. I giornalisti inseguono la finta coppia giorno e notte ed è sempre più complicato incontrarsi di nascosto, perché rischiano di far saltare tutta la macchinosa copertura che stanno pordando avanti. Cercano un luogo adatto da settimane, ma non ne hanno ancora trovato uno che vada bene perché, qualunque posto gli venga in mente, dovrebbero arrivarci in momenti diversi, ad orari diversi e con le riprese in corso non hanno grande libertà di movimento.
“Potreste usare casa nostra!” Esclama all'improvviso Alessandra, sollevando lo sguardo dal suo bicchiere di caffé. Sul viso le passa un'onda di entusiasmo tale che le manca soltanto la lampadina accesa sopra la testa ad indicare che ha avuto un'idea geniale. Per casa nostra intende quella che lei e Vinicio condividono da un paio di mesi dietro suggerimento del regista, il quale è rimasto così soddisfatto dai risultati pubblicitari della montatura che ha deciso di sfruttarne a pieno tutta la potenzialità. I giornali scandalistici sono innamorati di Vinicio e Alessandra, che ormai occupano la quasi totalità delle copertine nelle edicole e la convivenza ha dato una poderosa spinta al carretto mediatico che già li trasporta e che trascina anche tutta la serie.
Vinicio non voleva assolutamente trasferirsi, non lo riteneva opportuno ed era genuinamente spaventato. Per come stavano le cose, si sentiva già abbastanza in trappola, diviso fra l'amore per Francesco e il non riuscire a dire di no ad Alessandra, per potersi dare il colpo di grazia con una convivenza che avrebbe aumentato esponenzialmente i torti che invece cercava di recuperare; ma poi i fotografi hanno iniziato ad appostarsi fuori dalla casa di Alessandra molto più a lungo e lui ha dovuto aumentare i tempi di permanenza, finché è stato chiaro che quelli sarebbero rimasti fuori tutta la notte pur di beccarlo e allora entrare ed uscire sempre nel giro di una, due, tre ore senza mai fermarsi per la notte avrebbe iniziato a sembrare sospetto, soprattutto per due che professavano un amore idilliaco da romanzo pre-adolescenziale, con gli occhi che luccicano e le passeggiate nel parco mano nella mano.
Convivere ha facilitato la montatura, ma non il rapporto tra Vinicio e Francesco, e questo è ovviamente il secondo motivo per cui Vinicio non avrebbe mai voluto trasferirsi. Dargli la notizia non è stato facile e lui non l'ha presa bene; per due lunghissimi giorni ha seriamente temuto di perderlo perché Francesco è letteralmente sparito dalla sua vita, rifiutandosi di lasciargli detto dove andava, di rispondere alle sue chiamate o ai suoi messaggi. E' stato Sollima a riportarlo indietro, dopo esserlo andato a recuperare a casa di un amico a Bologna e c'è voluto tutto il miele di Alessandra per convincerlo che si trattava soltanto dell'ennesima situazione temporanea. Di lei Francesco si fida ciecamente e Vinicio rabbrividisce ogni volta che Alessandra gli si accosta per dirgli qualcosa. Preferirebbe che lo lasciasse in pace e non gli fosse così amica perché questo rende ciò che fanno ancora più disgustoso.
Non ha idea di come faccia Francesco a darle così tanta fiducia, ma è probabile che solo lui riesca a vederle addosso la maschera che indossa costantemente e solo perché sa della sua esistenza, avendo avuto modo di guardarci dietro. Il fatto che nonostante questo non riesca ad ignorare il desiderio che lo porta irrimediabilmente a tornare da lei, lo fa sentire ancora peggio quando poi Francesco parla di Alessandra come di una fata scesa dal cielo espressamente per aiutarli.
“Casa nostra?” Chiede, voltandosi verso di lei, molto dubbioso. “Sarebbe più rischioso solo se io e Francesco ci mettessimo a scopare sul red carpet alla presentazione di Romanzo Criminale. E non sono sicuro che in quel caso ci sarebbe la stessa quantità di fotografi che si nasconde nel tuo giardino.”
L'occhiata che Alessandra gli lancia è intrisa di petrolio che s'infiamma e lo polverizza, giusto un attimo prima di tornare mite e dolce per Francesco che ha appena sollevato la testa e li guarda incuriosito.
“Ma no!” dice, con una risatina divertita. “E' il piano perfetto, invece. Che cosa c'è di strano se Francesco ti viene a trovare a casa? Siete amici, no? Fintanto che tirate le tende, potete fare quello che vi pare e nessuno lo saprà mai.”
Francesco sgrana gli occhi, improvvisamente speranzoso. “Lo faresti davvero?” Chiede, incredulo.
“Ma certo!” Cinguetta lei, con un sorriso che le tira in alto gli zigomi mettendo in mostra un chiostra di denti bianchi come perle.
Con il via libera da parte di Alessandra, Francesco si sente autorizzato ad esaltarsi e si accende tutto, come se qualcuno avesse premuto un interruttore. “E' un'idea fantastica!” Esclama e ha tanta smania addosso che è costretto ad alzarsi in piedi per scaricarla. “Ale, sei un genio.”
Che Alessandra sia un genio, Vinicio non lo mette in dubbio, il problema è che si tratta di quel tipo di genio che una volta uscito dalla lampada realizza i desideri degli altri come più fa comodo a lui.
Così all'inizio l'idea di usare la casa come posto sicuro in cui incontrarsi sembra la decisione più saggia che abbiano mai preso da quando quella storia è iniziata, ma più avanti si accorgono che così non è.
Si sono organizzati in modo tale da non dare l'impressione che quello delle visite sia uno schema che si ripete sempre uguale allo stesso modo. A volte Vinicio e Alessandra tornano a casa e lei esce, dando modo a Francesco di arrivare più tardi. A volte è lei che si fa riaccompagnare a casa da Francesco e poi lui sale in casa, rimanendoci anche dopo che lei è uscita di nuovo. Fanno in modo di uscire molto spesso tutti e tre insieme, così che vederli andare e venire da quella casa in un modo o nell'altro sia una cosa normale. E per un po' funziona. I giornali parlano di amicizia, nessuno vocifera sui ragazzi e loro sono abbastanza bravi da non arrischiarsi a destare troppi sospetti. E' frustrante ed è troppo clandestino perché Francesco non si lasci andare alla malinconia più spesso di quanto Vinicio vorrebbe vedergli fare, ma è sempre meglio di niente.
Cerca di stargli vicino e gli ripete che deve sopportare ancora per poco, perché hanno deciso di chiudere la storia alla presentazione della serie e non manca molto. Poi Sollima ha dato loro la possibilità di fare quello che vogliono. Non hanno ancora deciso se lo diranno o meno – la madre di Vinicio è anche più vecchia di quanto non fosse prima e il padre di Francesco ancora gli chiede se per favore gli manda il suo idraulico che a casa sua il water non funziona – ma non ha molta importanza. Vogliono solo potersene stare per conto loro senza dover coinvolgere Alessandra nei loro spostamenti giornalieri.
Dal canto suo lei è sempre disponibile e graziosa, si occupa di Francesco come se fosse il fratello minore e non c'è nessuno che Francesco ascolti più di lei, nemmeno Vinicio. La considera la propria eroina personale, grazie alla quale riesce finalmente a stare con il proprio ragazzo in santa pace, senza sospettare minimamente quello che gli ha nascosto in piena vista dentro quella casa.
Alessandra non lo costringe, naturalmente, non potrebbe nemmeno volendo visto quant'è minuta, ma tanto non ne ha bisogno. Piegare la gente ai suoi desideri è il potere della sua lampada, le basta un sorriso, un'occhiata, a volte basta solo che lo chieda e Vinicio rifiuta più volte, finché non può che accettare.
E' una prassi così collaudata che è arrivato al punto di non stupirsi nemmeno più se dopo averle detto cento volte no, finisce comunque tra le lenzuola con lei, come se combatterla fosse del tutto inutile solo perché quella è la fine più naturale e logica di ogni loro battaglia.
Vinicio non crede di amarla. Quando la penetra e accoglie i suoi gemiti sulla pelle, non sente il trasporto che gli annebbia il cervello come quando è la voce di Francesco a riempirgli le orecchie. Non la guarda negli occhi, non pensa che sia tenera con i capelli scompigliati o le ciglia pesanti di sonno e di sesso; la vuole come si vogliono gli oggetti belli che non hanno alcuna utilità, che non vengono amati per quello che sono ma per l'orgoglio personale di possederli. Questo è un desiderio che non sa controllare e, anche quando succede, lei riesce a convincerlo del contrario. Smette di restare immobile, di chiamarlo dallo scoglio come una sirena in modo che si getti verso di lei di sua spontanea volontà, e allunga le braccia, lo stringe a sé, gli si dona spontaneamente, togliendogli in parte il peso di aver ceduto per primo e allora Vinicio non può più rifiutare.
Alessandra si comporta da ottima amica per più di un mese. Lascia loro la casa libera ogni volta che le è possibile e non dimentica mai di dire una frase allusiva ai due innamorati mentre si mette il cappotto. Non è mai niente di troppo volgare, qualcosa di appena ammiccante, condito da un risolino divertito che fa sorridere Francesco, in genere già abbandonato sul divano senza le scarpe.
Poi, un bel giorno, smette di andarsene quando Francesco è lì. La prima volta è un mal di testa, la seconda delle faccende da sbrigare, finché non dà più nessuna spiegazione e, quando Francesco arriva, quasi salendo le scale a due a due per fare prima, la trova seduta in pigiama sul divano, a guardare pessime telenovelas brasiliane. Vinicio lo guarda con aria di scuse dalla cucina, gli mostra lo spumante che ha comprato per festeggiare i sei mesi e finiscono a berlo in tre, che non è esattamente la stessa cosa. Si dicono che si è trattato dell'ennesimo caso straordinario, ma la cosa si ripete anche nei giorni successivi, finché è chiaro che Alessandra non ha più alcuna voglia di uscire.
Vinicio vorrebbe parlarle, ma è Francesco stesso a chiedergli di non farlo. Si sente molto in colpa all'idea di volerla mandare via per stare con lui quando è chiaro che Alessandra tende a restare con loro perché deve sentirsi molto sola, ora che è costretta a fingere di avere un fidanzato e non può, quindi, cercarsene uno vero. In più le è troppo riconoscente per tutto l'aiuto che ha dato ad entrambi per poter pensare di liberarsene, così finisce per occuparsi di lei come crede lei si sia occupata di lui.
Da un certo momento in poi, la sua missione è quella di farla sorridere, e Alessandra fa di tutto per apparire mogia così che gli sforzi di Francesco appaiano risolutivi e soddisfacenti. Quando Vinicio lo saluta sulla porta con un bacio, vede che Francesco è davvero felice di essere riuscito a tirarla su di morale e gli sale la rabbia. Vorrebbe poterlo scuotere e dirgli di aprire gli occhi, che quella sul divano è un sacco di cose ma di certo non una fatina buona che quando sorride disegna arcobaleni nel cielo, come crede lui; ma sente lo sguardo della fatina perforargli la schiena, perciò lascia perdere e accompagna Francesco fino al portone, quattro piani più giù, solo per avere un minuto da solo con lui.
Quando torna, lei gli sorride benevola dal divano, dove sta guardando un film che Francesco le ha prestato.
Ed è lì che capisce che Alessandra non ha messo le mani solo su di lui, ma che se li è presi entrambi.
“Basta, voglio uscire di qui,” disse Alessandra all'improvviso, spegnendo la sigaretta nel posacenere che teneva accanto al comodino. Fumare era contro le regole della sua buona immagine e, come ogni altra cosa che non rientrava negli schemi prestabiliti del proprio personaggio, la faceva solo dietro la porta chiusa del suo appartamento. Vinicio aveva mantenuto lo sgradevole privilegio di assistere in esclusiva ai suoi lati peggiori, quelli che andavano in scena solo per un pubblico ristretto di fortunatissimi.
“Perfetto, me ne vado anch'io,” disse, approfittando del momento per alzarsi dal letto e cercare i suoi pantaloni, lasciati cadere sul pavimento qualche ora prima. Voleva lasciare quella stanza il prima possibile e correre a casa a farsi una doccia, prima che Francesco tornasse dalle prove con i ragazzi dell'orchestra che lui aveva trovato il modo di saltare con l'ennesima scusa pietosa. Sua zia Nora non faceva che sentirsi male, di questi tempi. Alessandra prevedeva che si sarebbe scoperta una gran brutta malattia, prima o poi.
La stanza sapeva di fumo. C'era un odore acre e amarognolo che impregnava le coperte, l'aria e perfino la pelle di Alessandra, che era sempre morbida e liscia ma si era fatta spenta, meno invitante, come se dopo qualche settimana di quel gioco, avesse perso per Vinicio tutta l'attrattiva che aveva avuto all'inizio. Era stanco e voleva andarsene, aveva il bisogno fisico di lasciarsi questa stupida incombenza alle spalle e tornare da Francesco, esattamente come aveva fatto ogni volta che lei lo aveva trascinato fino al suo appartamento.
“No, non hai capito,” specificò Alessandra, dirigendosi verso il bagno senza preoccuparsi di vestirsi. “Voglio che usciamo insieme, io e te. Sono stufa di starmene chiusa qui dentro.”
“Sai che non posso uscire,” replicò lui, sistemandosi la camicia sulle spalle. “Ho detto a Francesco che sono in ospedale.”
Alessandra lo liquidò con un gesto veloce della mano, anche se lui non poteva più vederla. “Chiamalo e digli che tua zia si è ripresa e sei uscito a bere qualcosa con me, allora.”
Vinicio fece una smorfia. “Certo, perché è meno grave se gli do buca per stare con te invece che con mia zia malata,” replicò.
Dal bagno arrivò solo una risatina, lei comparve qualche minuto più tardi con addosso un asciugamano e l'acqua che scorreva nella doccia a farle da sottofondo. “Allora rischierai di farti vedere in giro con me,” concluse, appoggiandosi allo stipite della porta. “O sarò io a chiamarlo e a ricordargli che tua madre non ha nessuna sorella. Sono convinta che vorrebbe saperlo, poverino.”
Uscirono un'ora più tardi, quando Alessandra ebbe avuto modo di indossare nuovamente i panni della fidanzatina di Italia e lui si fu fatto la doccia per togliersi di dosso la cenere, solo per poi essere investito dal profumo di lei che gli si aggrappò ad un braccio non appena misero piede fuori di casa.
Dopo una passeggiata in centro dove ebbe modo di specchiarsi in ogni vetrina e incrociarono due ragazzini che le chiesero l'autografo, Alessandra lo trascinò in un bar del centro, dove pretese di sedersi all'esterno, anche se in un angolo appartato, dietro due vasi che avrebbero dovuto nasconderli un po' alla vista dei passanti ma che, in sostanza, servivano a poco perché erano due piante spelacchiate dal vento.
“Non si sta molto meglio, fuori di casa?” Chiese Alessandra, portando alle labbra la tazza di tè.
In tutta risposta, Vinicio guardò l'orologio con impazienza. “Se hai fatto i tuoi bisogni e la passeggiata è finita, gradirei tornare a casa.”
“Non fare lo stronzo,” lo riprese lei, senza scomporsi. Da brava signorina qual era, la sua voce restò pacata, le labbra si aprirono appena quando spostò la tazza per rispondergli e quando arrivò il cameriere a portarle la sua fetta di torta di mele, gli sorrise amabile come niente fosse successo. “Goditi questo pomeriggio di sole. Roma sta diventando troppo piovosa. Dovrei proprio trasferirmi.”
“Dove? Nel deserto, magari?”
“In America,” rispose lei, raccogliendo un po' di torta con la forchetta. “Non mi dispiacerebbe tentare il grande salto ad Hollywood.”
“Con il tuo inglese? Alessandra, per favore. Io di stronzate ne ho sentite, ma questa...”
“Detto da uno che a s-s-stento p-p-parla la sua lingua, direi che non vale granché come commento,” esclamò lei, con un sorrisino.
Vinicio si tese nervosamente. Non gli piaceva essere preso in giro per il suo difetto di pronuncia, soprattutto quando veniva infilato in mezzo alla discussione solo ed esclusivamente per zittirlo. Difatti avrebbe voluto risponderle ma sapeva che era così nervoso che non gli sarebbe uscito di bocca niente di intero.
Rimase in silenzio mentre lei lasciava pendere la forchettina tra le dita, mangiando oziosamente il suo dolce. Dopo averlo finito, spinse via il piatto per non averlo in mezzo e si appoggiò con i gomiti al tavolo, sbuffando un po'. “Mi sto annoiando,” commentò. “Uscire con te è come stare in casa.”
“Allora torniamoci,” sbottò Vinicio. Erano le sei meno un quarto. Da lì ad un'ora Francesco sarebbe tornato a casa e lui avrebbe dovuto improvvisarsi ninja se voleva entrare senza farsi sentire e infilarsi in doccia prima che lui gli annusasse addosso Alessandra. L'ultima volta che era successo, la prima parte era stata piuttosto facile, il difficile era venuto dopo, quando si era avvicinato pulito e profumato a Francesco che si stava assordando con i videogiochi e lui, colto di sorpresa, lo aveva aggreddito prendendolo per un ladro.
Alessandra sembrò avere altro in mente, perché si sporse sul tavolo, mettendosi in ginocchio sulla sedia. Vinicio se la ritrovò a tanto così dal naso. “Forse dovrei movimentare le cose,” sorrise. “A casa ci riesco sempre.”
Vinicio si guardò intorno con circospezione. C'erano un paio di tavoli a non più di un metro di distanza, con gente seduta che per il momento parlava animatamente per conto suo senza prestare loro attenzione. Alessandra si dondolò sui gomiti, invadendo il suo spazio e lui non poteva tirarsi indietro più di così perché i tristi vasi di piante spampanate glielo impedivano. “Alessandra, che diavolo stai facendo?” Sussurrò, guardandola un secondo prima di tornare a scrutare gli altri avventori.
“A te che cosa sembra?” Ridacchiò lei. “Sei abbastanza grande per saperlo.”
Alessandra premette le labbra contro le sue e allungò delicatamente una mano ad accarezzargli la guancia perché non allontanasse la testa. Vinicio colto di sorpresa le lasciò approfondire quel bacio, con gli occhi un po' sgranati, prima di ritrovare il cervello e scostarsi. “Siamo in pubblico!” Le ricordò, sconvolto.
Lei si tirò indietro, tornando a sedersi con una scrollata di spalle. “Hmn, allora immagino che dovrei dire: ops, speriamo che non ci abbiano visti!” Esclamò, portando una mano alla bocca e ridendo dietro lo schermo delle sue dita.
Un fotografo in effetti c'era e, per quanto Vinicio non ebbe mai modo di provarlo, nessuno poté togliergli dalla testa che fosse stata proprio lei a chiamarlo, per qualche motivo che gli sfuggiva e che di certo rientrava nei suoi meccanismi mentali malati.
La fotografia fu ceduta in esclusiva a Chi, in tempo per il numero di quella settimana. Francesco la notò per caso, mentre era in edicola a comprare tutt'altro, naturalmente. Stava aspettando il resto quando i riccioli di Vinicio avevano attirato la sua attenzione da dietro un rivista di auto, appoggiata lì per sbaglio da un uomo accanto a lui. Non gli capitava spesso di avere quel colpo d'occhio, quindi forse era stato un caso – più che l'amore – a fargli riconoscere Vinicio dall'attaccatura dei capelli. Prima ancora di chiedere permesso all'altro cliente che attendeva il suo turno ed estrarre una copia della rivista, Francesco fu attraversato da un brivido, foriero della brutta sensazione che gli artigliò lo stomaco e lì rimase, non confermata, finché non ebbe visto la copertina. Per qualche motivo sapeva con certezza che non c'era lui con Vinicio là sopra. Non perché non li fotografassero insieme – c'era stato un periodo, dopo il coming out, in cui non li lasciavano in pace un secondo – ma le acque si erano calmate e non avevano più i paparazzi alle calcagna anche quando andavano al supermercato a prendere la carta igienica, e nelle ultime settimane non erano andati a nessun evento insieme, tanto da giustificare un servizio fotografico. Mentre estraeva la copia dalla rastrelliera, sperò intensamente di non avere la minima capacità di riconoscere nessuno da un dettaglio così insignificante come i capelli. In fondo non riconosceva metà dei suoi amici d'infanzia se anche solo cambiavano la montatura degli occhiali, quindi quei riccioli potevano appartenere a chiunque, magari gli sembrava di averli già visti solo perché erano di qualcuno che conosceva molto bene e il fatto che gli fosse venuto subito in mente Vinicio era perché Vinicio era sempre il suo primo pensiero in ogni occasione.
Quando li vide baciarsi in copertina, il suo cuore riuscì a spezzarsi in due punti diversi.
L'incubo di Vinicio finisce com'è iniziato, assolutamente per caso e all'improvviso.
Si è ormai abituato al tira e molla di Alessandra e, sebbene non vada fiero della situazione, il suo pretendere la sua presenza in qualsiasi momento della giornata senza preavviso rientra ormai nella routine della propria esistenza. Fortunatamente, Francesco ha già da fare con le prove di uno spettacolo teatrale che andrà in scena fra qualche settimana, proprio quando loro inizieranno a girare la seconda serie di Romanzo Criminale, così non deve chiamarlo e mentirgli sul perché oggi non possa farlo venire lì a casa. L'appartamento che divide con Alessandra si trova in una bella palazzina color crema, all'interno di un complesso con il portiere, il quale lo saluta con un cenno della mano, non appena varca di fretta il cancello.
Vinicio risponde al saluto, ma non si ferma a chiacchiera con lui, perché non ha nessuna voglia di perdere mezz'ora a discutere di politica, di calcio e di donne con un uomo di destra, che tifa la lazio e... non ha idea che, per quanto ammiri il genere femminile, al momento i suoi desideri si trovano altrove. In più quell'uomo non è il massimo della simpatia ed è così abituato a soccombere sotto il flusso di parole che sua moglie riesce a pronunciare in pochi secondi, che cerca sempre di sfogarsi con Vinicio, il quale non riesce mai a trovare in tempo tutte le parole per parlare durante le sue pause, e così finisce che Vinicio sta sempre in silenzio, mentre il portiere dice cose che non stanno né in cielo né in terra e che, per altro nemmeno gli interessano. Stavolta lo supera quasi correndo. Getta un saluto vago con la mano e afferra la posta che quello gli porge, infilandosi subito nel portone e poi nell'ascensore con un sospiro di sollievo. Gli viene quasi dal ridere al pensiero che, in quel momento, Alessandra è un'alternativa auspicabile in confronto all'uomo.
Lei è seduta al tavolo della cucina e si sta dipingendo le unghie di un rosa pallido, appena un po' più scuro del colore naturale delle sue dita. “Sei arrivato, dov'eri?” Chiede, quando sente la porta aprirsi.
Lui non le risponde. “Che cosa vuoi? Dal messaggio sembrava che stessi morendo.”
“Dalla voglia di vederti, magari.” Sorride, quindi sta mentendo.
Vinicio questa cosa l'ha capita in ritardo. Alessandra finge tutto ciò che può nascondere dietro le labbra tirate. “Che cosa vuoi?” Ripete.
“Devo dirti una cosa,” fa lei, soffiandosi sulle unghie ancora umide e allontanando la mano per ammirare il proprio lavoro. “Ma non ho molto tempo.”
“Non potevi farlo per telefono?”
Lei si volta e gli lancia un'occhiata pietosa e intenerita insieme. “Ma che cosa orrenda! Sarebbe stato insensibile da parte mia,” esclama, scuotendo lentamente la testa.
Vinicio non capisce. Aggrotta le sopracciglia e la osserva sospettoso. La sensibilità non è uno dei suoi tratti distintivi, non con lui, almeno. “Che cosa succede?”
Il sorriso di Alessandra si allarga ulteriormente. Tutto il suo viso si ditende e gli occhi le si illuminano di qualcosa che Vinicio non sa ben distinguere. Potrebbe essere affetto, come gioia. Di sicuro è qualcosa che fa piacere a lei ma no ne farà altrettanto a lui. “Mi sono fidanzata,” annuncia. Fa una piccola pausa, forse aspettandosi dei complimenti, chissà, è folle abbastanza per averlo pensato ma, non ricevendone, si fa stizzita e composta. “Io e Marco partiamo per Capri questo fine settimana.”
Vinicio la guarda incredulo. In quel momento l'idea di essere finalmente libero dalla sua persona non lo sfiora nemmeno. La brutalità con la quale lo sta scaricando è così improvvisa che non sa nemmeno come reagire; forse dovrebbe saltare di gioia, sarebbe sicuramente più dignitoso che non infastidirsi per la notizia. “Marco?” Chiede, mentre il suo cervello elabora le informazioni di cui è a disposizione. “Marco Foschi? L'attore con cui stai recitando.”
Lei si sta mettendo il mascara, smette soltanto per sollevare la testa e guardarlo ammirata. “Oh, lo conosci? Sì, è lui, comunque. Non è fantastico?”
“Fantastico?” Sbotta Vinicio. “Che cosa fai, la collezione? Ne cambi uno ogni set?”
Lei s'infastidisce subito quando alza la voce. “Non gridare, non ce n'è nessun bisogno,” commenta. “E comunque quello che faccio, non sono affari tuoi.”
“Lo sono fintanto che abito qui.”
“A tal proposito,” esclama lei, in tono molto più leggero. “Vorrei che tu approfittassi della mia assenza per liberare questa casa dalla tua roba.”
Vinicio è ben oltre l'incredulità. La donna che ha davanti ha superato più di un limite nel corso dell'ultimo anno ma non aveva raggiunto un livello di pazzia tale come quello a cui è arrivata in questo momento. Non sa nemmeno bene che cosa dirle, e non è per via della balbuzie che apre e chiude la bocca senza che ne esca alcun suono. “Sei assurda,” mormora alla fine, scuotendo la testa. “A questo punto non so neanche se non ti rendi conto di quello che fai o se sei così stronza da fregartene.”
Lei sospira, finendo di truccarsi. “Il tuo astio è molto lusinghiero,” commenta. “Significa che deve bruciarti molto la fine di questa relazione, ma sono cose che succedono. E poi comunque è sempre stata falsa fin dall'inizio. Non sei contento? Potrai stare con Francesco quanto e come ti pare!”
Di fronte al sorriso di plastica che gli rivolge, Vinicio scuote la testa e allarga le braccia, rinunciando a capirla o a trovare un senso, anche vago, alle sue azioni.
Lei, intanto, sembra ricordarsi di avere un'altra cosa da comunicargli. “Ah! Ho parlato con Stefano,” aggiunge, fermandosi sulla porta di casa. “Dice che per lui non ci sono problemi. La seconda serie del telefilm non ha bisogno di essere trascinata dal gossip. E poi, a quanto pare, il Freddo si consolerà molto presto della perdita di Roberta, quindi al massimo ci inventeremo qualcos'altro.”
“Tu sei pazza,” conclude Vinicio, sconvolto, guardandola con gli occhi vacui.
Alessandra non rimane turbata da quell'affermazione. La liquida come frutto della rabbia di essere stato scaricato, esattamente come tutto il resto. Stringe la piccola borsetta rettangolare che ha scelto per il pomeriggio e che riprende i colori del suo vistitino corto di lana grigia. “Pensala come vuoi, se questo può consolarti e farti superare meglio la crisi, caro, per me non ci sono problemi,” esclama comprensiva. Poi lo saluta, agitando le chiavi della macchina. “Non dimenticarti di portare via la tua roba, però.”
Vinicio lascia lì quasi tutto, l'unica cosa che gli preme di portare finalmente via con sé da quell'appartamento è la sua vita.
Francesco non aveva mai fatto una scenata a nessuno. Tutte le sue relazioni passate non avevano richiesto niente del genere ed erano finite per esaurimento naturale di qualsiasi sentimento le avesse fatte iniziare. Stavolta però era diverso. Quella con Vinicio non era una storia qualsiasi, era importante e non si stava sfaldando un pezzo alla volta, si era spezzata in due all'improvviso come se la foto avesse aperto una voragine immensa e senza fondo proprio sotto ai suoi piedi. Francesco aveva la sensazione di ondeggiare pericolosamente sul bordo, col rischio di caderci dentro e rimanere là in fondo per sempre.
Aveva comprato il giornale, ma non aveva avuto il coraggio di aprirlo.
Per giustificare la sua rabbia bastava la foto di copertina, bastava quel bacio scambiato al tavolino di un bar. La foto era scattata da lontano e un po' sgranata, ma era sufficiente a far capire quello che stava succedendo. Si era sempre chiesto con grande stupore – e un sacco di riconoscenza al responsabile, chiunque fosse – come fosse possibile che lui e Francesco andassero così tanto d'accordo e che non ci fosse mai stata tra loro nessuna grossa incomprensione. In fondo non erano molte le coppie dello spettacolo che resistevano a lungo come stavano facendo loro, e la cosa lo aveva sempre riempito di orgoglio, come fossero riusciti ad ottenere qualcosa di speciale che nessun altro aveva.
Adesso capiva che tutta quella gratitutine e quella soddisfazione personale erano solo nella sua testa, dal momento che Vinicio passava i pomeriggi in centro a fare il fidanzatino con Alessandra. Il nome di lei gli strinse lo stomaco, per certi versi il suo tradimento era anche peggiore di quello di Vinicio. Si fidava di lei e le voleva bene, e anche se per un lungo periodo non si erano sentiti, le era sempre stato grato per quello che aveva fatto per lui e Vinicio. Quando era ricomparsa nella loro vita, era stato molto felice. Gli era sembrato di poter tornare un po' indietro nel tempo a quando uscivano loro tre – anche se in effetti non lo avevano più fatto, stavolta – ed era stato perfino felice di trovarla così rilassata e serena. Adesso capiva perché.
La porta di casa lo distolse dai suoi pensieri e lo costrinse ad affrontare la situazione. Non aveva ancora deciso cosa fare, né se fosse pronto a troncare quella relazione. Ora che aveva visto le fotografie, voleva solo sentire la confessione dalle labbra di Vinicio. Al resto avrebbe pensato dopo.
“Francesco? Sono a casa!” Lo chiamò la voce di Vinicio, seguita dal tintinniò delle chiavi che finivano nello svuotatasche all'entrata del'appartamento.
Lui non rispose. Continuò a farsi chiamare e lasciò che lo trovasse seduto sulla poltrona, con una gamba di traverso sull'altra e lo sguardo perso nel vuoto.
“Ah! Ci sei,” Vinicio sorrise. “Perché non rispondevi?”
Francesco voltò lentamente lo sguardo verso di lui, quindi aprì il giornale arrotolato che teneva in mano e lo appoggiò delicatamente sul tavolino da caffé, spingendolo con due dita verso di lui. Osservò senza battere ciglio il suo viso che perdeva colore, confermando almeno che quello non era un fotomontaggio. Vinicio alzò gli occhi su di lui, ma non aprì bocca e Francesco aspettò per minuti interi che trovasse il coraggio di dare una giustificazione a ciò che stavano guardando. “Dimmi almeno che non è come penso e che puoi spiegare,” commentò acidamente.
Vinicio sospirò. “Sarebbe una bugia,” disse.
Francesco si morse un labbro e strinse i pugni, faticando a trattenere la rabbia. “Quante me ne hai già raccontate, esattamente?” Chiese, serrando la mascella.
Vinicio realizzò l'enormità di ciò che sarebbe avvenuto da lì a qualche istante. Non che non avesse già immaginato più volte quello che sarebbe successo se Francesco fosse venuto a saperlo ma, adesso che era reale, capiva che non si era nemmeno lontanamente avvicinato all'idea del panico che stava provando adesso all'idea di perderlo e di non avere alcun modo di impedirlo. Non poteva negare quel bacio e sapeva che nel momento in cui avrebbe aperto bocca per spiegare quello, gli altri sarebbero saltati fuori di conseguenza perché se li teneva dentro troppo a lungo perché non smaniassero di uscire. Voleva togliersi quel peso e voleva smettere di mentirgli, ma così facendo gli avrebbe dato un motivo per andarsene. Si aggrappò agli ultimi istanti in cui stavano ancora insieme con tutte e dieci le dita sperando, così, di trattenerli un po' più a lungo mentre si sedeva sul divano, non troppo distante da lui.
Gli raccontò tutta la storia dall'inizio, senza tralasciare niente. Gli disse come si era sviluppata la storia fra lui e Alessandra e la cosa disgustosa che era diventata alla fine. Gli parlò di come si sentisse in trappola pur non cercando nessuna giustificazione a quel comportamento e gli assicurò che in tutto quel tempo non aveva mai smesso di amarlo e che era anche per questo che non aveva mai trovato il coraggio di dirgli niente. Se si fosse azzardato a farlo, lo avrebbe perso e non voleva. Per essere completamente onesto, gli disse anche che quel bacio non era voluto più di quanto non lo fossero le ultime volte che aveva risposto alle chiamate di Alessandra, ma ovviamente questa confessione non aveva alcuna importanza a fronte di più di un anno di tradimenti e di prese in giro. Durante tutto il racconto, Francesco rimase in silenzio, senza fare una domanda e piantandogli addosso due occhi così scuri da non vederci dentro.
Quando Vinicio ebbe finito di raccontargli proprio tutto, comprese le scuse che si era inventato per vederla, dele quali zia Nora era senza dubbio la più longeva e la più articolata, Francesco si alzò in piedi e si mise a vagare per la stanza inquieto e nervoso.
“Di' qualcosa, ti prego,” mormorò Vinicio, ad un certo punto, quando non potè più sopportare di seguirlo con lo sguardo.
“Che cosa ti dovrei dire?” Sbottò Francesco, fermandosi e guardandolo incredulo come lui doveva aver guardato Alessandra. E, in fondo, era un po' la stessa cosa. Lui si era svegliato una mattina e aveva scoperto che lei non aveva più bisogno di lui. Francesco aveva appena saputo che tutto ciò che sapeva di lui era una menzogna. Capiva perfettamente quanto potesse essere a corto di cose da dire. “Questa cosa va avanti da più di un anno. Non c'è niente che io possa dire che renderebbe abbastanza l'idea di quanto sono incazzato con te, Vinicio! Non ci si avvicina nemmeno!”
Vinciio rimase in silenzio, sentendo nella sua voce la voglia di riversargli addosso una rabbia che aveva trovato via libera con le prime parole. Chinò il capo mentre Francesco si fermava di nuovo e stringeva i pugni, come se fosse pronto a picchiare qualcuno o qualcosa ma si trattenesse dal farlo. “E non un anno qualsiasi, un anno come un altro in cui, volendo, non abbiamo fatto un cazzo,” proseguì. “Siamo andati a vivere insieme, lo abbiamo detto a chiunque... lo abbiamo detto a tua madre! Vinicio! A tua madre che ha quasi avuto un mezzo infarto prima di accettare che fossimo una coppia e tu in tutto questo tempo ti scopavi Alessandra?”
“No,” si affrettò subito a dire lui e seppe che era una pessima idea nel momento in cui aprì bocca, ma ormai lo aveva fatto e non si fermò in tempo. “Quando siamo usciti allo scoperto, io non la stavo vedendo.”
“Ah, questo cambia tutto!” Gli abbaiò contro Francesco. “C'eri stato prima e ci sei tornato dopo, ma in quel preciso momento, quando tua madre si è accasciata sul divano e abbiamo dovuto correre all'ospedale, la tua coscienza era candida come la neve! Posso considerarmi fortunato se stavo cercando di costruire qualcosa con te proprio nel breve periodo in cui non mi stavi mettendo le corna! Grazie! Vuoi anche l'inchino?”
Vinicio non può dire niente, perciò sta zitto per evitare di peggiorare le cose. Vorrebbe cercare di spiegargli come si sente ma è consapevole che ha torto su tutta la linea e che, anche se Francesco fosse disposto a starlo a sentire, probabilmente non lo perdonerebbe. Vinicio non lo farebbe, al posto suo.
“Sai cos'è che fa più male, Vinicio? Mormorò all'improvviso, mentre il suo sguardo si faceva più triste e il suo perdeva la durezza che aveva avuto fino ad un secondo prima. “Che siete stati voi due, insieme, a trattarmi da cretino. Voi due! Tra tutte le persone possibili.”
“Lei non è mai stata quello che credi, Francesco,” sospirò lui e sollevò le mani quando lo vide sgranare di nuovo gli occhi, pronto a riversargli addosso altra bile. “E lo so che questo non mi giustifica affatto! Ma ritengo che se vuoi sapere tutta la verità, allora devi sapere anche questo. Non ha mai fatto niente per te che non fosse progettato per avere qualcosa in cambio per se stessa.”
Francesco sembrò assimilare la notizia. Annuì e abbassò il capo. “Perché non me lo hai detto subito allora? Perché hai lasciato che mi mentisse anche lei, se lo sapevi?” Chiese.
Vinicio ci mise troppo tempo a trovare una risposta, anche considerato quello extra che gli si poteva concedere e Francesco si rispose da solo. Sollevò le mani e arricciò un po' il naso, forse per impedirsi di piangere perché, in barba a tutto quello che forse non ci si aspettava da un ragazzo, lui aveva proprio una gran voglia di farlo. “Che bisogno avevi di continuare a stare con me?” Chiese all'improvviso. “Non potevamo troncare e basta, quando ancora non avrebbe fatto male?”
Lo stomaco di Vinicio si annodò così stretto da dargli l'impressione che non si sarebbe sciolto mai più. “Io non volevo affatto troncare,” mormorò. E non voleva farlo nemmeno in quel momento, ma non poteva dirglielo. Non aveva nessun diritto di volere niente.
“Volevi stare con entrambi?”
“Volevo stare con te,” insiste Vinicio.
“Avresti dovuto mollare lei, allora,” espirò Francesco.
“E lei ti avrebbe detto quello che era successo, tu ti saresti giustamente arrabbiato e sarebbe comunque finita. Ho tentato di–“
“Di fare cosa?” Gridò Francesco. “Come potevi pensare che continuare ad andare con lei potesse essere meglio che dirmelo subito? Forse avrei capito, forse no! Ma di certo sarebbe stato più onesto che continuare a mentirmi per un anno intero!” Francesco scosse la testa e poi si avviò a grandi passi verso la porta, afferrando il cappotto al volo. “Io devo uscire. Non posso più stare qui dentro. Ho bisogno d'aria.”
Vinicio provò a fermarlo, ma lo fece debolmente perché in realtà aveva bisogno di aria anche lui.
Ascoltò la porta che si chiudeva con un tonfo e buttò a terra tutto ciò che trovò sul tavolino di fronte a sé, ma neanche il rumore di quello che si rompeva cadendo sul pavimento lo aiutò a sfogare la rabbia. Forse non ci sarebbe riuscito neanche se avesse distrutto l'intero servizio di piatti in cucina.
Se e quando Francesco avesse di nuovo varcato quella soglia, lo avrebbe fatto per recuperare le sue cose e andarsene e stavolta non sarebbe stata una liberazione per nessuno dei due.
Francesco aprì lentamente, lasciando scivolare la porta sui cardini completamente e osservando il salotto prima di decidersi ad entrare. La casa era buia e la luce dei lampioni in strada filtrava a stento attraverso le tende, colorando le ombre di striature più chiare. Osservò sospirando i cocci rotti sul pavimento della cucina e intorno al divano, quindi chiuse la porta e rimise a posto il cappotto con attenzione. Dalla camera non proveniva alcun rumore.
Si diresse piano da quella parte e aprì la porta con altrettanta cura. Vinicio era crollato sul letto ancora vestito e russava piano, con il viso rivolto verso la finestra.
Francesco si tolse le scarpe e salì sul letto, facendo piano. Il materasso quasi non si mosse, ma bastò il minimo movimento perché Vinicio aprisse gli occhi di scatto. Era quello che accadeva sempre quando tornava a casa troppo tardi e Vinicio stava già dormendo. Non avrebbe mai potuto infilarsi sotto le coperte senza svegliarlo.
“Sei tornato,” momorò lui.
Francesco annuì, serio e triste insieme, sedendosi con le spalle contro la testiera. Vinicio lo imitò, giocando nervosamente con le proprie dita. “Mi dispiace,” disse soltanto, sollevandogli gli occhi addosso. “Mi dispiace davvero tanto.”
Francesco aveva girato a piedi mezza Roma senza renderesene conto. Era uscito dal palazzo e si era messo a correre furiosamente, finché non gli era mancato il fiato e allora si era guardato intorno senza rendersi esattamente conto di dove si trovava e aveva iniziato a passeggiare, nella speranza di riconoscere una via. Non aveva voglia di parlare con nessuno, neanche per chiedere informazioni e comunque era certo che Roma, prima o poi, si sarebbe fatta riconoscere. Così aveva continuato a camminare. Era arrivato fino in periferia prima di riuscire ad orientarsi e scoprire che era dalla parte opposta di casa sua.
Quando si era reso conto che casa sua era il modo in cui definiva l'appartamento suo e di Vinicio, aveva preso una decisione.
“Aldilà di quello che mi hai detto, c'è altro che devo sapere?” Chiese interrompendo il silenzio corposo che era andato di nuovo posandosi su ogni cosa dopo che Vinicio aveva parlato.
“No,” lui scosse la testa. “Non c'è nient'altro.”
Francesco si prese un po' di tempo per raccogliere le idee. Per la strada gli era sembrato di sapere esattamente che cosa doveva dire ma era molto più difficile farlo con Vinicio davanti. “Non posso dire di poterti perdonare,” esclamò alla fine. “Non posso farlo perché, per perdonarti, dovrei dire che quello che è successo non m'importa più ma non sono sicuro che possa davvero arrivare un giorno in cui l'idea che tu mi abbia tradito per un anno non farà più male.”
Vinicio sospirò, si preparava a quel momento da ore ma evidentemente immaginare come sarebbe stato non era servito a molto perché era di gran lunga peggio di come se lo aspettava. “Fra', io...”
“Però posso ignorare questa cosa,” continuò Francesco, impedendogli di continuare e quando Vincio sollevò lo sguardo sorpreso, sospirò. “Posso sforzarmi di metterla da parte e concentrarmi solo sulle cose belle di te. Non ti perdonerò mai, ma posso andare avanti. So che posso farlo e so che ignorerei anche di peggio perché oggi sono uscito da questa casa furioso ma fra tutte le cose che ho fatto non sono riuscito ad immaginare come sarebbe stata la mia vita senza di te. Perciò non ti perdono, ma voglio che restiamo insieme.”
Vinicio non ci credeva. Forse non si era veramente svegliato e stava soltanto immaginando quel momento come avrebbe voluto che si svolgesse, una sorta di sogno consolatorio. Quando si sarebbe svegliato, domani mattina, avrebbe trovato la casa vuota e un biglietto con un indirizzo nuovo a cui spedire tutte le cose di Francesco che erano rimaste là dentro.
“Dici sul serio?” Mormorò.
Francesco annuì, serissimo. “Questo non significa che tornerà subito tutto come prima,” spiegò Francesco. “Dovrai guadagnarti di nuovo la mia fiducia perché per il momento non ce l'hai.”
Vinicio annuì a sua volta, dapprima lentamente e poi un po' più veloce, quasi freneticamente.
“Voglio la verità, da qui in avanti,” continuò Francesco. “Sempre. Anche per le cose più stupide, anche se ti dovessi chiedere di che colore sono i tuoi calzini in un determinato momento. Un'altra balla, una soltanto, e sono fuori di qui.”
“Promesso.”
Francesco gli posò la mano sulla bocca. “Non promettere, fallo e basta.”
Alessandra era sparita nel nulla dopo che le foto erano state pubblicate. Francesco aveva preteso che Vinicio la chiamasse per troncare definitivamente ma, lui presente, non era stato possibile contattarla in nessun modo e non era nemmeno a casa sua. Avevano dovuto lasciar perdere.
Nelle settimanse seguenti le cose fra loro erano state strane, anche se non nel senso negativo del termine. Francesco si teneva a distanza di sicurezza e Vinicio rispettava i suoi spazi. Non erano stati così poco appiccicosi nemmeno le prime volte, ma comprendeva che aveva paura di riportare la storia ad un livello che somigliasse anche solo vagamente a quello di prima, perciò si era adattato ad andare con molta calma, con tanta calma che quando Francesco si stufò delle coccole e gli saltò addosso, una sera che sul divano guardavano un film di una bruttezza spaventosa, Vinicio fu sinceramente colto di sorpresa.
Francesco pensava di aver aspettato anche troppo, o forse non voleva aspettare oltre in ogni caso, perciò ripescò le vecchie abitudini del loro recente passato e lo liberò dal maglione di lanaccia che indossava, accarezzandogli il petto con le mani ben aperte. Vinicio farfugliò qualcosa di incomprensibile e gli toccò zittirlo con un lungo bacio umido per evitare che s'inceppasse, quindi chiarì qualunque dubbio potesse avere sull'argomento, salendogli a cavalcioni e portandosi le sue mani alla cintura per farsi togliere i pantaloni.
Finirono di spogliarsi freneticamente e Vinicio si riprese dalla sorpresa piuttosto in fretta, stringendogli forte i fianchi per guidarlo su di sé.
Francesco si aggrappò alle sue spalle, gettando indietro la testa e serrando forte gli occhi mentre lo chiamava per nome e si riabituava alla sensazione di averlo dentro. Una spinta dopo l'altra, mentre Vinicio gli nascondeva il viso nel collo, annusando il profumo della sua pelle e Francesco calava definitivamente la guardia, affondando le dita nella sua pelle e stringendosi intorno a lui nell'assecondare i suoi movimenti, tutti i loro pezzi tornarono a posto, un po' sbreccati forse, ma abbastanza integri da formare nuovamente il quadro completo.
Vincio insinuò una mano tra i loro corpi, lo accarezzò con forza, strappandogli un grugnito soddisfatto qualche lungo attimo prima di sentirlo serrare i muscoli e sciogliersi dentro di lui come lui si stava sciogliendo tra le sue braccia, nella maniera più eclatante per la prima volta da un sacco di tempo.
Ansimanti, stanchi e ridendo come due scemi, si trascinarono in camera, con la forza di disfare il letto solo per la voglia di raggomitolarsi insieme tra le coperte.
Quasi dodici ore di sonno dopo, il campanello suonò continuativamente per venti secondi netti e Vinicio, nel sonno, si convinse che qualcuno ci fosse rimasto attaccato. L'idea che ci fosse una persona fulminata di fronte alla pulsantiera del palazzo, comunque, non lo scompose più di tanto. Lanciò un'occhiata sonnolenta a Francesco, il quale dormiva beato, forse cullato dal silenzio che si formava nella sua testa ogni volta che crollava addormentato di botto come aveva fatto dopo il secondo round, con buona pace delle coccole post-coito che a Vinicio piacevano anche ma che non riusciva quasi mai ad avere senza prima dover svegliare l'orso caduto in letargo. Se solo i preliminari – sui quali probabilmente Francesco avrebbe fondato ben presto una religione monoteista – fossero stati altrettanto evitabili, il loro equilibrio sessuale di coppia avrebbe rasentato la perfezione. Si buttò fisicamente giù dal letto, infilò il primo paio di pantaloni che si trovò sotto mano e si ritrovò a trascinarsi per il salotto tenendoli su per l'elastico, visto che Francesco vestiva due taglie sopra di lui. Premette il pulsante del citofono e chiese biacicando chi fosse e se, per caso, stesse andando a fuoco, ma dall'altra parte nessuno rispose. Ci mise qualche secondo a comprendere che chi bussava sul legno lo stava facendo dall'altra parte della porta.
Quando aprì e si ritrovò davanti Alessandra, che vestita di tutto punto brillava di luce propria in mezzo alle scale, si svegliò di colpo e s'infuriò l'istante successivo. “Cosa ci fai qui? Chi ti ha fatto entrare?”
“Il portiere era girato dall'altra parte,” si giustificò lei, stringendosi nelle spalle con un sorriso radioso. “Dovresti proprio farci una chiacchieratina. Se sono passata io, poteva farlo chiunque e di questi tempi non si sa mai.”
“Permettimi di dubitarne,” rispose Vinicio. “La tua abilità nel fare fessa la gente è piuttosto sviluppata. Che cosa vuoi da me?”
Lei sospirò, come se ignorare il tono ironico fosse un piacere che gli stava facendo. “Non mi fai entrare prima? Ho fatto tre piani di scale a piedi perché l'ascensore non funziona.”
“No,” rispose tranquillamente lui. “E ora, o mi dici che cosa sei venuta a fare e poi torni nell'antro demoniaco che ti ha generata, oppure ti prendi la porta in faccia fin da subito.”
Questo sembrò offenderla. Alessandra si irrigidì istantaneamente e strinse le dita intorno alla tracolla della borsa. “Quanto sei maleducato,” replicò. “Sono venuta qui a sapere come stavi dopo che hanno pubblicato quella foto.”
“Sono commosso, sei solo in ritardo di sei settimane,” commentò lui. “Adesso il nuovo scoop del momento è che non so quale attricetta mai sentita si è sicuramente rifatta le tette. Fra quattro mesi potresti volerti presentare da lei con un mazzo di fiori per farle le congratulazioni.”
Le narici di Alessandra si allargarono impercettibilmente, ma incassò in silenzio.
“Comunque sto bene. Te lo avrei detto per telefono, insieme a molte altre cose ma sei sparita nel nulla,” continuò Vinicio, occupando tutto lo spazio della porta, senza aprirla più del necessario. “Ho pensato che gli inquisitori ti avessero finalmente trovata.”
“Hai finito con le battute da pessima commedia americana?” Chiese lei, sollevando un sopracciglio.
Vinicio sorrise, segnando un punto nella propria colonna delle vittorie, che probabilmente conteneva soltanto quello ma l'evento era tuttavia degno di nota. “Potrei continuare, ma non voglio farti perdere tempo. A parte la visita di cortesia di cui non sentivo la mancanza, c'è altro che vuoi dirmi o abbiamo finito?”
“Avevo intenzione di invitarti a pranzo, ma credo di aver cambiato idea.”
“Hai fatto bene, perché ti avrei comunque detto di no,” commentò lui, sbrigativo. Un rumore alle sue spalle lo fece voltare ed entrambi scorsero Francesco che usciva dalla camera da letto avvolto nel lenzuolo per entrare in bagno, lasciando fuori dalla porta uno strascico di almeno un metro e mezzo.
“Oh, adesso capisco,” fece lei, ma non era sconvolta come, in effetti, Vinicio si era aspettato di vederla. Rimase un po' deluso perché tutta la discussione era stata abbastanza promettente, fino a quel momento. “Sei tornato in ginocchio da lui?”
Lui scrollò una spalla. “E non me ne pento.”
Alessandra sorrise adorabile, inclinando la testa di lato e allungando una mano a sfiorargli una guancia. “Ma lo farai, tesoro, lo farai molto presto,” disse con certezza, quasi commossa. “E quando lo farai, io sarò lì.”
Se ne andò salutandolo con la mano quando ormai si era già voltata e stava già scendendo le scale.
Vinicio si accorse di aver trattenuto il fiato in quegli ultimi secondi solo quando anche la sua ombra fu finalmente sparita dalla rampa delle scale.
“E' successo qualcosa?” Gli chiese Francesco, uscendo dal bagno.
Lui scosse la testa ma, chiusa la porta, prese una gran boccata d'aria.