Personaggi: Vinicio Marchioni, Francesco Montanari
Genere: Introspettivo, Romantico, Erotico
Avvisi: Slash, Lemon
Rating: NC-17
Note: Ennesima Vincesco di cui nessuno sentiva il bisogno tranne Liz, che in effetti l'ha plottata a partire da cosa non ricordo. So solo che ha cominciato a saltellare dicendo “scrivila!” e io non ho saputo dirle di no. Mi rendo conto che dovrei farlo, visto quello che poi esce fuori. Ci sarà qualcun altro in Italia che shippa questi due, o siamo solo noi due le pazze che rischiano la denuncia con conseguente reclusione? :)
I riferimenti ad Arezzo a Bari e agli Slipknot sono reali, quello a Torre Melissa non lo so, viene direttamente dalla pagina di Wikipedia del Marchioni, che però contiene un mucchio di errori, per cui prendetelo un po' con le pinze. Potrebbe essere il seguito di (If I could grant you one wish) I'd wish you could see the way you kiss o anche no, dipende da come vi gira. Tanto ho la tendenza a rispiegare sempre tutto da capo, quindi...
Riassunto: E' il 4 ottobre e i nazisti hanno invaso il salotto di casa Marchioni.
WORLD WAR III


Francesco sta con Vinicio da un sacco di tempo, dove un sacco definisce un periodo che non supera i sei mesi. Per lui è una cosa incredibile dal momento che la sua ultima ragazza è durata due settimane e poi lo ha mandato a quel paese perché non era abbastanza uomo; il che, guardando la situazione con il senno di poi, potrebbe forse spiegare Vinicio, se la ragazza in questione, quando ha detto quello che ha detto, non si fosse, in realtà, riferita al fatto che Francesco non è il tipo disposto a farsi ammazzare da due energumeni ubriachi che per strada le hanno fatto un complimento di troppo.
Francesco sostiene la non-violenza, soprattutto quella riguardante la sua persona. E poi piange, piange un sacco, di gioia ma soprattutto di tristezza quando guarda i film commoventi. Non può farci niente, non è che sia meno uomo di un uomo che non piange con i film strappalacrime, è solo più sensibile.
La sua ragazza lo ha lasciato perché è troppo sensibile, e ora Francesco scommette che si lamenta del suo nuovo ragazzo perché non lo è abbastanza; ma a lui comunque non importa un accidente. Alla sua ex ragazza ci pensa soltanto quando gli viene in mente da quanto tempo lui e Vinicio stanno insieme.
Vinicio non gli dice mai che non è abbastanza uomo, ma forse perché lui non gli dice mai niente in generale col fatto che di natura, potesse, starebbe zitto anche i giorni interi e poi perché, quando parla, il più delle volte ci mette ore a dirti quello che vuole dire, perciò sta zitto che è meglio. E poi Vinicio non gli dice che dovrebbe essere più uomo perché questo solleverebbe delle questioni anche sul suo essere uomo e forse è un discorso che è meglio non fare. Francesco non è sicuro di questo ma, per non rischiare, lascia sempre perdere qualunque dubbio sull'argomento.
Un'altra cosa che a Vinicio sembra non importare affatto è che lui pianga. Non nel senso che, se piange, lo lascia accartocciarsi sul divano in preda ai singhiozzi e se ne va a bere qualcosa fuori; però non sbuffa e alza gli occhi al cielo, come facevano la sua ex ragazza – e anche qualunque altra prima di quella – ma tuttalpiù va a fargli una tisana alla passiflora, una pianta di cui Francesco non avrebbe mai scoperto l'esistenza se Vinicio non gliel'avesse infilata in una tazza, una sera, sostenendo che servisse a distendere i nervi. Adesso Francesco chiede la tisana alla passiflora ogni volta che può, anche se non è per niente nervoso, ma anzi è piuttosto rilassato, perché gli piace l'idea che Vinicio si alzi apposta dal divano e vada fino in cucina a fargli la tisana. Quell'uomo è talmente meticoloso nel fare le cose, così preciso fin quasi alla malattia, che Francesco può indovinare tutti i movimenti che sta facendo, anche se resta seduto sul divano. Così si mette lì, chiude gli occhi e pensa: ora prende il pentolino e ci mette l'acqua, ora lo lascia sul fuoco, ora apre lo sportello in alto a destra e prende la tazza blu...
Forse è per questo che la storia con Vinicio sta andando avanti ben oltre il normale, perché Vinicio non si arrabbia mai, non critica mai, non dice mai che Francesco non è abbastanza uomo o abbastanza donna o abbastanza chissà cosa che gli andrebbe meglio. A Vinicio, se non andava bene com'era, magari usava le sue poche parole giornaliere per dirlo.
Ma neanche Vinicio è infallibile e, nonostanto il notevole bagaglio di perfezione che sotto molti aspetti si porta dietro ogni giorno, un lunedì sera – che non per caso coincide con il compleanno di Francesco – commette il suo primo vero grave errore. Anche se Francesco questo non può saperlo in anticipo e, trattandosi di lui, non se ne rende conto nemmeno mentre ciò avviene.
Generalmente, da qualche mese a questa parte, qualunque cosa stiano facendo in giro per l'Italia, cercano di passare insieme almeno qualche giorno alla settimana e hanno sempre una valigia pronta per l'occasione, così non perdono tempo a farla ogni volta. Ogni tanto è Francesco che vola ad Arezzo dove Vinicio è ospite in una discoteca, alle volte è Vinicio che dopo un'ospitata a Bari prende di corsa l'ultimo aereo e atterra giusto in tempo per recuperare Francesco che esce da una qualche prima teatrale.
Quel luendì sera, Vinicio ha appena finito di ripulire e riordinare la casa da cima a fondo, così Francesco possa sommergerla nel caos più totale non appena ci metterà piede dentro; ed è anche piuttosto soddisfatto del suo lavoro. Osserva il salotto che quasi brilla, con i suoi bei tappeti messicani intrecciati e i soprammobili etnici in legno che reggono i libri sugli scaffali, e sa che già da domani tutti i volumi saranno messi a casaccio e le sue statuette africane verranno sparse su tutte le superfici più alte a farsi la guerra come improvvisati cecchini, perché Francesco, mentre lui fa la doccia la mattina, si annoia sempre e, non sapendo che fare, mette a soqquadro la casa.
E' una faccenda, questa, che all'inizio gli dava sui nervi perché qualunque cosa lui mettesse in un certo posto, era sicuro di ritrovarla altrove, spesso dall'altra parte della casa, se per qualche motivo attirava l'attenzione di Francesco. E quasi tutto attira l'attenzione di Francesco se lui è abbastanza annoiato.
Col tempo, però, ha cominciato ad abituarsi, anche perché Francesco continuava a generare caos e, a meno di liberarsi di lui, non poteva liberarsi nemmeno della scia di confusione che lo seguiva ovunque andasse.
Si è abituato a quella caratteristica di Francesco come ha fatto l'abitudine al suo modo di dormire sconclusionato, che si porta via metà del letto e tutti e due i cuscini, al vizio di fare colazione davanti al televisore e alle sue coccole – tante, troppe coccole! – che cerca e dà senza chiedere mai a lui se è ben disposto in quel senso, ed è così convincente nel farlo che poi Vinicio finisce sempre per cedere, invece di infastidirsi in maniera irreparabile. Francesco si è infilato nella sua vita in un momento in cui non guardava ed è così perfetto mentre sparge vestiti perfino in cucina ed esce a mezzogiorno dalla camera da letto grattandosi la pancia con i segni del cuscino sulla faccia, che Vinicio non può non ammettere che il destino di Francesco fosse devastare l'esistenza a lui. Non è il tipo da dire che non si ricorda affatto com'era la vita prima – perché lui se lo ricorda eccome com'era potersene stare due ore in silenzio a leggere un libro senza che qualcuno chiedesse ogni dieci minuti di poter mangiare, bere o fare qualcosa – però, se è sincero con se stesso, non può dire che preferisce il passato.
Quando Francesco suona il campanello, e lo fa svegliando tutto il vicinato con il ritornello dell'ultima canzone che gli è rimasta in testa e che ha tentato inutilmente di insegnargli per telefono, Vinicio sta finendo di cucinare. Guarda l'orologio e scopre che Francesco è in ritardo di un'ora soltanto, il che, nel suo caso, può essere considerato un largo anticipo; difatti lui non ha ancora finito di preparare. Si assicura al citofono che si tratti davvero di lui, quindi apre il portone di corsa e torna ai fornelli, dove l'altro lo trova dieci minuti dopo. “Io sto via ben sette giorni in un posto dimenticato da Dio, in cima ai monti, tra le aquile e i lupi, senza telefono né internet e non vieni nemmeno a salutarmi,” finge di protestare mentre appoggia il cappotto su un mobile a caso e si attacca alla bottiglia di succo d'arancia direttamente dal frigorifero. “Sarò costretto a farti ascoltare l'intera discografia degli Slipknot per punizione.”
Vinicio non si scompone. “Stavo cucinando,” si giustifica. “Ma se dopo il lungo e faticoso viaggio che dalle lande desolate della campagna vicino Roma non hai fame, basta che me lo dici e smetto.”
“Che cos'hai preparato?” Francesco si sporge a vedere.
Vinicio solleva i vari coperchi e gli presenta la cena come un vero cuoco professionista. Francesco ha così fame che mangerebbe pure gli avanzi di cinese che ha intravisto nel frigorifero, quindi tutto quel ben di Dio gli fa dimenticare di essere arrabbiato. “Però un cd potresti anche ascoltarlo, sono mesi che te lo chiedo e tu mesi che ti rifiuti.”
Vinicio sala con noncuranza un paio di padelle. “E ci sarà un motivo se lo faccio, no?” Commenta, lanciandogli un'occhiata veloce.
“Prima o poi dovrai aprire gli occhi e renderti conto che la musica ha continuato ad evolversi anche dopo Baglioni.”
“In peggio, Fra'. E' questo il punto,” e poi, notando gli occhioni delusi di Montanari aggiunge: “Facciamo che io posso ascoltare un cd dei tuoi, se tu ascolti un po' di musica classica. E senza storcere il naso!”
Francesco trattiene fisicamente l'impulso che già lo spingeva a fare una smorfia, così che la bocca gli si contorce in maniera comica. “Ho cambiato idea. Non sei ancora pronto per gli Slipknot.”
Vinicio annuisce con aria falsamente solenne. “Lo sospettavo.”
La cena si svolge come si svolgono tutte le loro prime cene insieme della settimana, e cioé con Francesco che gli fa il riassunto dettagliato della sua vita negli ultimi giorni in cui non si sono visti. Non è che gli succeda granché – d'altronde non è che salvi bambini in pericolo o scopra nuove cure per malattie tremende – ma siccome ha una fantasia sterminata e una voglia di chiacchierare che sembra sempre sia stato in silenzio per gli ultimi quindici anni, riesce a rendere qualsiasi notizia un monologo di tre ore, e Vinicio lo ascolta annuendo, anche se la metà delle volte non capisce di che cosa stia parlando.
Stasera, però, quando iniziano a mangiare, Francesco è più silenzioso del solito e sembra un po' triste; lo diventa ancora di più quando vede che Vinicio non fa una piega di fronte al suo atteggiamento e all'assenza quasi totale della voglia di raccontargli vita, morte e miracoli dell'uomo che gestiva la locanda di legno e sassi dove ha dormito di recente.
Vinicio conosce perfettamente il perché di quell'atteggiamento e, d'altronde, potrebbe sfuggirgli solo se non possedesse dei calendari o se il suo uomo – che ora se ne sta seduto mogio senza toccare cibo anche se, nel piatto, ha cose che ha giurato di poter mangiare all'infinito fino ad esplodere – non avesse passato le ultime tre settimane a ricordargli con velate allusioni che si avvicinava il suo compleanno.
Vinicio sa che oggi è il quattro ottobre e si è preparato a celebrare l'evento come esso merita, ma è divertente prendere in giro Francesco, perciò finge di non ricordare e di non accorgersi di niente, nemmeno che è inappetente e che guarda con occhi tristi tutto quanto, soprattutto lui; non dimostra stupore nemmeno per il suo silenzio, ma anzi fa di tutto per apparire più rilassato del solito, ignaro e pacifico.
Franceso comincia ad offendersi a metà del secondo. La sua tristezza si trasforma in rabbia vera e propria ma, trattandosi di lui, si limita ad esternarla spostando gli oggetti con più forza del necessario e a rispondere risentito a qualunque cosa che Vinicio a quel punto gli dice solo per vederlo brontolare.
Non dovrebbe dirlo, perché questo gli toglie tutto quel poco di virilità che si è sempre vantato di avere, ma Francesco è carino quando si arrabbia e lui ha una naturale predisposizione alla cattiveria che lo porta a farlo arrabbiare di proposito per poterlo vedere mentre imbroncia le labbra come un bambino.
Generalmente smette di torturarlo solo quando ormai è ad un passo dall'esplodere ed andarsene, e stasera non fa eccezione. E' quando lo vede smaniare sulla sedia e rimettere a posto il tovagliolo due volte, occhieggiando il suo borsone ancora nel corridoio, che Vinicio si alza e va in cucina a recuperare la torta di compleanno che aveva nascosto così bene nel frigorifero dietro la verdura, che Francesco non l'ha minimamente notata quando ha recuperato il succo di frutta.
Quando torna in salotto, lui è in piedi che vaga senza meta intorno al divano, forse chiedendosi se sia davvero il caso di andarsene o se non sarebbe meglio risolvere un problema di cui Vinicio non ha nemmeno dato segno di accorgersi. “Allora che fai? Resti oppure te ne vai perché sono un uomo tremendo, un fidanzato pessimo e un essere umano indegno di tale nome?”
Francesco solleva lo sguardo e sta per dirgli che in effetti è proprio uno stronzo, ma poi vede la torta e le sue labbra si aprono in un sorriso così spontaneo che riescono a strapparne uno perfino a lui.
“Buon Compleanno!” Commenta Vinicio. “La torta dovrei tirartela in faccia solo perché hai pensato che me ne fossi dimenticato.”
Francesco ha un modo tutto suo di reagire alle sorprese che consiste perlopiù nell'imbarazzarsi tremendamente. Diventa tutto rosso, gli occhi gli si fanno lucidi e non riesce a guardarlo per più di due secondi senza mettersi a ridere. “Sei proprio uno stronzo,” dice, ma non ci crede davvero. “Per quanto ancora avresti continuato se non avessi minacciato di andarmene?”
“Tu non hai minacciato un bel niente, ti sei solo agitato” gli ricorda Vinicio, abbracciandolo da dietro e stampandogli un bacio sul collo mentre entrambi guardano la torta alla panna appoggiata sul tavolo. “Comunque volevo finirla molto prima, ma eri divertente.”
“Dovrei andarmene comunque.”
“Non lo farai quando avrai visto il tuo regalo.” Prima di allontanarsi, Vinicio gli dà un altro bacio con quella disinvoltura che Francesco gli invidia tantissimo. E' capace di infilare un bacio ovunque, anche mentre sta lavando i piatti o passando di lì per caso mentre va in bagno. A volte li dispensa in momenti così imprevedibili e con una tale naturalezza, che Francesco è impreparato a riceverli e finisce per porgere le labbra quando non dovrebbe, o altre pessime figure simili. A lui non è mai riuscito baciare così.
Deve aspettare quasi dieci minuti prima di mettere le mani sul regalo, che non è lo stesso Marchioni con un fiocco in testa – una cosa che probabilmente avrebbe apprezzato –, ma qualcosa che è quasi perfino meglio.
Quando capisce che è una Playstation 3 nuova di zecca, quasi non credere ai suoi occhi. “Come facevi a saperlo?” Chiede sconvolto, staccando solo per un istante gli occhi dal proprio viso riflesso sulla superficie lucida della console.
“Vuoi dire a parte il fatto che sbavavi ogni volta che ne vedevi una?” Lo prende in giro. “Te l'avrei comprata comunque, sembrava adatta.”
Francesco lo bacia con la foga di un ragazzino, quasi stendendolo sul divano, e nemmeno si rende conto di farlo, poi si fionda verso il televisore e lascia Vinicio spettinato e con le gengive leggermente doloranti.
“Lo prenderò come un grazie,” borbotta, facendo le boccacce per ritrovare sensibilità. “Puoi portarla a casa o puoi lasciarla qui, come preferisci. A me non da fastidio.”
Il suo commento, comunque, passa totalmente inascoltato perché Francesco la sta già montando e non vede né sente assolutamente nient'altro. Ha preso saldamente la tv al plasma del salotto e l'ha fatta ruotare sui cardini del gancio che la tiene appesa al muro per guardarci dietro con aria professionale, mentre un pitone di cavi colorati lo avvolge dalla testa ai piedi.
Vincio sospira: lui l'aveva quasi intesa come una strana richiesta romantica, del tipo ormai è tempo che lasci qui lo spazzolino da denti, ma evidentemente questo leggero sottinteso è passato inosservato. E d'altronde Francesco lo spazzolino in casa sua lo ha già, così come il pigiama, una tonnellata di vestiti e varie cianfrusaglie che lo accompagnano ovunque vada, quindi in realtà quel piccolo passo lo hanno già fatto e Vinicio non può certo lamentarsi se l'altro non coglie, soprattutto quando non coglie venature molto più palesi di quella.
Sparecchia un po' in attesa che il prodigio della tecnica venga infine collegato al televisore, convinto che una volta visto che la console funziona, è viva e può essere – non ora, ecco – utilizzata secondo lo scopo per cui è stata creata, tutta l'attenzione di Francesco tornerà a lui che lo aspetta per finire di festeggiare in modi più appropriati alla serata.
Si sbaglia. Anzi, si illude e in maniera così esagerata che, se anche avesse il sentore che si sta illudendo, di certo non avrebbe la benché minima idea di quanto.
Prima che Francesco torni a rendersi conto di che cosa ha intorno, Vinicio fa in tempo a portare in cucina tutti i piatti e i bicchieri, a recuperare i piattini da dolce, i cucchiaini, i flute per lo spumante e a rispondere ad una chiamata di sua madre che non poteva proprio aspettare il giorno dopo per elencargli le mille virtù di Rosaria, cugina in quarto grado della figlia di Assunta, la farmacista del paese giù in Calabria, la quale – a quanto pare – è tanto una cara ragazza, così a modo e dell'età sua. Come se questo potesse bastare a renderla interessante agli occhi di Vinicio che, Francesco a parte, non ha comunque intenzione di scendere a Torre Melissa solo per trovarsi moglie. Prima o poi deve davvero prendere sua madre da una parte, imbottirla di tranquillanti e spiegarle con molto tatto la situazione. E' veramente stufo di incontrare care ragazze con le sopracciglia cespugliose e i porri sul naso solo per farle piacere. Qualcuno deve dirle che i suoi nipotini, al momento, sono una questione quantomeno rimandata.
“Scusa, era mia madre,” annuncia rientrando in salotto, ma tanto non importa perché Francesco è così impegnato a sparare ai nazisti che non si era nemmeno accorto della sua assenza.
Questo è frustrante al punto che Vinicio decide finalmente di fare qualcosa e, visto che spegnergli il televisore gli sembra un gesto un po' drastico per cominciare, gli si avvicina con un piattino e una fetta di torta alla panna, nella speranza di attirarlo lontano dal magico monolite nero e liberarlo così dal suo incantesimo malvagio.
“Fra', ti va un po' di torta?” Chiede invitante, sventolandogli il piatto davanti e sedendosi a gambe incrociate proprio accanto a lui.
Francesco si volta un secondo a guardare lui e la torta, e poi torna a sparare, borbottando di avamposti e di luridi invasori. “Sì, grazie,” dice.
La torta però resta lì e un po' si scuote ogni volta che un nemico cade a terra in uno schizzo di sangue e i bassi del suo dolby esplodono come mine anti-uomo.
Vinicio sospira di nuovo, si arma di cucchiaino e cerca di non pensare al fatto che lo sta imboccando mentre gioca ai videogiochi perché altrimenti finirà per mettersi il cappotto e raggiungere il primo commissariato di polizia per farsi arrestare. E' già abbastanza inquietante sentirsi addosso i nove anni che li separano come se fossero cinquanta quando si rende conto che trova allucinante e incomprensibile la quasi totalità di quello che piace a Francesco: i cartoni animati, la musica metal o spararsi addosso con le pistole ad acqua.
Spera che alla prima cucchiaiata Francesco si renda conto dell'idiozia, ma i tedeschi si sono presi il penultimo dei suoi avamposti, quindi accoglie la torta sul cucchiaino con grande praticità e continua a sparare.
Vinicio osserva affranto lo sbuffo di panna che gli ha lasciato all'angolo della bocca e decide che ci sono bassezze a cui può anche arrivare – la nutella sui cracker salati, ad esempio. Quella l'ha assaggiata, l'ha anche sputata e ancora non capisce come Francesco possa mangiarne a vagoni – ma non può seriamente convincersi a fargli mangiare la torta in quella maniera, tantopiù che il punto non è affatto la torta.
Se fosse un'altra persona, una di quelle che se la prendono, Vinicio avrebbe tutto il diritto di mandarlo a quel paese dopo essere stato ignorato in favore di un videogioco, ma visto che è quello più grande, quello più adulto e probabilmente anche quello più intelligente, mette da parte la torta e decide di cambiare tattica.
Francesco è nel bel mezzo di un attacco co-ordinato con il battaglione gamma-25, gestito da un tipo di Torino, quando le labbra di Vinicio si posano sullo sbuffo di panna che con poca convinzione e la punta troppo corta della lingua tenta da qualche minuto di togliersi dalla faccia. Preso alla sprovvista, sussulta e perde due uomini. “Che fai?” Chiede senza staccare gli occhi dallo schermo.
Vinicio ridacchia contro quella linea un po' più marcata che ha tra il naso e le labbra. Quando vuole prenderlo in giro gli dice che quella è l'eredità del Libanese, che gli è venuta a furia di fare il grugno e ormai deve tenersela per tutta la vita. Francesco a volte ride, a volte no, però gli piace guardarsi allo specchio e trovarla lì; è il ricordo di un vecchio amico e la prova tangibile del luogo in cui lui e Vinicio si sono incontrati.
“Secondo te?” Mormora, lasciando un bacio dopo l'altro lungo la linea del suo mento, fino all'orecchio, dove sussurra a voce molto più bassa. “Non ti sei stancato di giocare alla guerra?”
Francesco approfitta di un vecchio casolare crivellato dai colpi per mettere al riparo i suoi uomini. Tra il sibilare della contraerea, che attraversa il salotto da una cassa all'altra, si volta verso Vinicio che continua a baciarlo così piano che quasi non lo sentirebbe, se il suo passaggio non lo lasciasse caldo e umito abbastanza da fargli venire dubbi sulle sue priorità. “Devo finire la missione,” dice incerto, rigirandosi il joypad tra le mani.
Vinicio si allunga un po' verso di lui e, ancora seduto com'è sul pavimento, è costretto ad appoggiare una mano a terra mentre con l'altra gli prende una guancia e cerca di farsi guardare per bene. “Metti la pausa no?” Chiede, baciandolo sulle labbra.
“Non posso,” Francesco mugugna, ma si lascia baciare, mentre le sue dita sfiorano appena i pulsanti senza premerne nessuno. “Sto giocando in rete.”
Vinicio non ha idea di che cosa voglia dire ma d'altronde non lo sta nemmeno ascoltando del tutto. Stringe appena le dita attorno alla sua mandibola e gli accarezza l'orecchio tra l'indice e il pollice, tentando di distrarlo abbastanza da stenderlo sul tappeto. Sa che una volta in orizzontale, la guerra perderà ogni interesse.
Francesco è combattutto, perché vede lo schermo lampeggiare con la coda dell'occhio, ed era così vicino alla fine del primo livello che è davvero un peccato finirla lì; ma questo non è un bacio infilato per caso e la lingua di Vinicio che accarezza la sua gli manda in tilt il cervello per qualche istante, almeno fino a quando i tedeschi non sganciano una bomba proprio a qualche metro dal suo capannone. Sente le urla dei suoi uomini e i colpi di fucile del battaglione gamma-25 che copre l'arrivo dei soccorsi. Torna seduto di scatto, tirando un'involontaria gomitata nei denti a Vinicio che urla e si stringe la bocca, ma nessuno lo sente. La sua voce si perde tra i colpi di mortaio, mentre il suo salotto si trasforma nello sbarco in Normandia.
Se qualche mese fa gli avessero detto che per andare a letto con il suo ragazzo avrebbe dovuto fare la guerra, avrebbe riso di brutto; innanzitutto perché non si immaginava di avere un ragazzo, visto che Alessandra non era ancora sparita lasciando solo due righe scritte di corsa su un post-it stropicciato, e poi perché era oggettivamente surreale pensare di dover dividere Francesco con i nazisti e con un torinese sconosciuto armato di mitraglietta virtuale.
Dopo essersi tamponato la gengiva con un po' di ghiaccio ed aver bevuto un bicchiere di vino, torna a sedersi per terra, notando come la sua assenza sia passata inosservata di nuovo. Passa una mano fra i riccioli spettinati di Francesco che si appoggia alla sua mano aperta e lascia che riprenda a baciarlo dietro al collo e a succhiare la pelle appena dietro l'orecchio, nonostante sia una mossa che costa la vita a parecchia gente. “Hai appena ammazzato tre persone,” gli fa notare, sorridendo.
Vinicio tiene gli occhi socchiusi e gli struscia il naso contro la spalla fino ad infilarlo nello scollo della t-shirt grigia che indossa. “E' un sacrificio necessario che sarà ricompensato,” mormora, lasciando un bacio su un neo che gli piace più degli altri, perché è tra due nervi pallidi e tesi, tra i quali è bello indugiare più a lungo per sentire la pelle di Francesco che si riempie di brividi, anche se lui non vuole darlo a vedere.
“Ho quasi finito,” si lamenta l'altro, piegando il collo verso le sue labbra e agitandosi ogni volta, ma non con troppa convinzione, così lui può continuare a farlo.
“Lo hai detto anche mezz'ora fa,” Vinicio gli parla solo all'orecchio e lascia che il suo respiro faccia molto più di quanto riescano a fare le sue parole tremule e le sue C che si inceppano a tradimento. Ormai Francesco nemmeno lo sente più balbettare, il ritmo della sua parlata è diventato familiare. Gli sembra che siano tutti gli altri a parlare in maniera strana.
“Sono alla fine ormai,” lo rassicura ancora Francesco, piegando la testa all'indietro sulla sua spalla e giocando in una posizione scomodissima, come a dare prova della propria buona fede. “Devo solo finire il primo livello.”
Le dita di Vinicio trovano il bottone dei suoi jeans e lo aprono insieme alla cerniera mentre sul campo di battaglia piove e il rumore delle pale degli elicotteri si fa sempre più vicino e spaventoso. “Non cercare di fregarmi, il primo livello lo hai finito mentre ero in cucina,” commenta, allargando su di lui il palmo aperto della mano e stringendo appena.
Francesco emette un mugolio più forte degli altri, spara a caso e abbatte un soldato che aveva tutta l'aria di avere la sua stessa identica divisa. Non riesce nemmeno a protestare perché le dita di Vinicio oltrepassano l'elastico dei suoi boxer e lo accarezzano. La sua adolescenza di ritorno, fortunatamente, non si limita ai soli videogiochi e non ci vuole molto perché nel palmo chiuso della mano, Vinicio stringa la sua erezione.
Francesco non sta giocando, ma l'eccitazione gli fa serrare i denti e abbassare la levetta del joypad con il pollice, così il capo del suo battaglione gira in cerchio e alle volte spara in aria senza motivo.
Vinicio sente la vittoria approssimarsi con l'aumentare del suo respiro sempre più concitato, così lo spinge piano a distendersi e gli toglie il controller dalle mani inermi. “Hai salvato il mondo, basta così”.
“Aspetta, manca poco alla fine del livello,” il lamento di Francesco è debolissimo e inutile perché sta già cercando di liberarsi dei pantaloni che impicciano i suoi movimenti, ma soprattutto quelli di Vinicio. Quando i jeans finiscono ammucchiati sul tappeto, ha tutta la libertà di inarcarsi un po' e di allargare le gambe per fargli spazio. Il crepitare dei cingolati che avanzano sui rami spezzati fa da colonna sonora mentre Vinicio si allunga su di lui e si sistema fra le sue ginocchia, riprendendo ad accarezzarlo mentre Francesco cerca centimetri di pelle da toccare e mordere, improvvisamente affamato ora che non ha più truppe da guidare verso un obbiettivo.
Le sue dita si fanno frenetiche mentre si aggrappa alla camicia di Vinicio per sganciare i bottoni, e protesta infastidito quando lui non lo asseconda immediatamente nel farsi spogliare.
Marchioni lascia che Francesco usi i piedi per tirargli giù i jeans e lo aiuta con una mano per quello che può, mentre si rotolano goffamente sul tappeto messicano, andando a sbattere ovunque e cambiando continuamente direzione. Sopra le loro teste la contraerea fa strage di ciò che ancora è rimasto in piedi e i superstiti del battaglione gamma-25 salvano il salvabile, che è poco e sofferente, ma adesso non ha più alcuna importanza.
Vinicio punta le braccia a terra ed entra dentro di lui osservando bene il suo viso, la smorfia dolorosa che lo accoglie e che poi si scioglie in un'espressione più rilassata quando inizia a muoversi e i muscoli non fanno più troppa resistenza, solo quella che serve per farli impazzire entrambi. Si china a baciarlo mentre Francesco gli stringe forte le braccia, le accarezza e le sue labbra si fanno rosse e gonfie. Vinicio non resiste al desiderio di morderle e leccarle prima di affondare nella sua bocca come affonda dentro il suo corpo, compiendo lo stesso movimento, nello stesso istante.
Francesco gli geme sulla lingua e stringe forte le ginocchia intorno al suo corpo, si stringe tutto quanto, andando incontro alle sue spinte quasi con la stessa violenza con cui si muove lui.
Spalanca gli occhi solo quando c'è vicino per vedere Vinicio piegare la testa verso l'alto. Vorrebbe poter vedere la curva della sua schiena mentre s'imbarca sotto il peso e l'eccitazione dell'ultima spinta, ma è un pensiero fragilissimo che si infrange in mille pezzi quando lo sente venire dentro di sé e tra le sue gambe e lo segue non appena le dita di Vinicio lo stringono abbastanza forte, e a lungo e nel modo giusto.
Non sente né vede più niente per qualche secondo, giusto il tempo di scorgere i contorni della stanza che sfumano attraverso il velo un po' opaco dei suoi occhi che si sono fatti acquosi per lo sforzo e la stanchezza.
Torna a stendersi piano sul pavimento e accoglie tra le braccia Vinicio che sbuffa di soddisfazione mentre sistema la testa sulla sua spalla.
Restano in silenzio molto più a lungo di quanto facciano di solito – Francesco, almeno – e anche la televisione è muta perché ad un certo punto uno di loro due ha staccato la spina, arpionando il cavo con un piede. Francesco lo stringe ancora più forte e guarda davanti a sé senza vedere niente in particolare; non ha bisogno di posare lo sguardo su qualcosa, gli basta la sensazione calda del corpo di Vinicio contro il suo e il generale senso di benessere che gli intorpidisce le braccia e le gambe.
“Ehi?” Lo chiama piano, in caso si fosse addormentato.
“Hmn?”
“Grazie per il regalo. E' stato inaspettato, e mozzafiato e molto ben pensato. Si vede che mi conosci bene e sai cosa farmi per il mio compleanno,” dice, passandogli le dita fra i riccioli un po' sudati. “E anche la playstation non era male.”
Vinicio sbuffa una risata che è più di naso che di gola e solleva la testa per dargli un bacio, prima di tornare ad accasciarsi a terra.
In attesa dei soccorsi.

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