Fandom: !Originali
Pairing:
Personaggi: Gremory, Caliel
Genere: Humor
Avvisi: Slash, Mpreg, Egg!Fic
Rating: PG 13
Prompt: Scitta in occasione della prima settimana del Genetics Fest di Fanfic Italia (prompt: piume).
Note: Questa storia è priva di senso, ma alla fine la amo comunque perché non mi ha fatto perdere la settimana del fest #motivazioniserie

Riassunto: Gremory è un demone e sta facendo il solco a furia di camminare avanti e indietro di fronte ai cancelli del Paradiso. Dall'altra parte, un uovo che casualmente è opera sua.
VENTISEI LEGIONI E NON SENTIRLE


In quanto demone, Gremory ha poca pazienza. Non dipende da lui, fa parte della sua natura come la sua lingua biforcuta e l'incapacità di starsene immobile con aria contemplativa. E infatti in questo momento sta camminando avanti e indietro nell'anticamera delle Sfere Celesti, o quello che è, insomma l'unico posto in cui possa ancora stare, appena passate le porte del Paradiso, senza venire incenerito, e intanto si lamenta del tempo che ha passato ad aspettare ed è così nervoso che, mentre si lamenta, la lingua biforcuta gli fa capolino tra le labbra, strappando gridolini sconvolti agli angeli che si trovano nei paraggi. Angeli che non conosce nemmeno ma che sicuramente conoscono lui.
Uno potrebbe pensare che in Paradiso la gente – beh, gli angeli – si facciano gli affari loro, seguendo il buon consiglio celeste della pagliuzza e della trave nell'occhio, e invece Gremory arriva lì e scopre che il Paradiso è il peggior covo di pettegole che esista al mondo. In confronto giù, ai piani bassi, sono delle brave persone. Le cose almeno te le dicono in faccia, dalle sue parti. Qui no. Qui, a quanto pare, non sta bene, perciò stanno tutti zitti mentre li guardi e poi, come ti giri, c'è sempre qualche angelo che si china all'orecchio di un altro e crede di raccontargli tutta la tua vita.
Il fatto è che gli ultimi eventi hanno un po' sconvolto i buoni figli del divino, e su questo Gremory non può biasimarli visto che con eventi s'intende quella sequenza di fatti che ha portato lui a scavare un solco sul pavimento dell'anticamera del Paradiso e Caliel a scomparire pudicamente dietro le imponenti porte dorate – due mostri alti qualcosa come venti metri e ricoperti da lastre d'oro massiccio spesse due dita, un immortale insulto al buon gusto – nella spasmodica attesa di scoprire se hanno dato al mondo un nuovo cherubino paffutello o l'ennesima progenie infernale.

Le cose non sono andate subito in quella direzione. Contrariamente a quanto si possa pensare, Gremory non passa le sue giornate a tentare gli angeli nella speranza che quelli cadano, perdano le ali e quindi entrino a far parte dei gironi infernali. Ma proprio no. Gremory è un Duca Infernale, ha ventisei legioni di demoni da gestire, ha altro da fare nella vita e, quando Caliel è arrivato ammantato di luce divina ad accecarlo, lo stava giustappunto facendo, ma ha dovuto smettere.
La questione principale è che i demoni non possono entrare in Paradiso per via di quella postilla aggiunta in calce al contratto di categoria dopo che Lucifero, in preda ad una crisi adolescenziale si è lanciato nell'abisso rifiutandosi di tornare a casa da suo padre. Così il Vecchio che fa? Dice: va bene, resta dove sei, allora. Finisce che quello cambia nome, prende in mano tutta la baracca dei piani bassi e la rende un posticino più o meno abitabile con una sua organizzazione precisa di gironi, dimostrando al padre che può fare a meno di lui. Intanto però in Paradiso non ci mettono più piede né lui né gli altri.
Il contrario non vale – questo perché il Vecchio ha la quota di maggioranza, perciò se gli gira può decidere quello che gli pare - e così gli angeli possono scendere all'Inferno senza accendersi come torce imbevute di benzina. Per questo motivo, principalmente, la corrispondenza è tutta quanta in mano agli angeli. Devi dire qualcosa a qualcuno? Aspetti che qualcuno con le ali abbia il tempo di scendere fino al tuo girone. Certo puoi sempre salire fino ai cancelli, ma prima che qualcuno ti dia retta passano i secoli.
Caliel generalmente è un angelo custode. Uno di quelli che una mattina si sveglia, viene chiamato in direzione e gli consegnano una pergamena. Nella pergamena c'è un nome e delle coordinate. Quello è il nome della persona che l'angelo custode deve proteggere finché morte naturale non sopraggiunga; se la morte non è naturale, come angelo custode non vali niente, oppure sei della categoria incomprensibili piani celesti, per cui sei costretto a sorbirti gli insulti dei famigliari che danno a te la colpa di qualunque brutta cosa capiti, anche se era programmata e tu non potevi farci un bel niente.
Comunque Caliel ha seppellito il suo milionesimo protetto l'altro giorno, perciò è in ferie e può fare il postino. Scende giù verso mezzogiorno quando Gremory dovrebbe mangiare ma non può farlo perché, appunto, sta cercando di organizzare le sue legioni. Così non solo è già stanco quando Caliel arriva, ma ha pure fame. Quella che ne segue è una lite da manuale, perché Caliel non è esattamente quel tipo di angelo che ti sorride benevolo, che ti parla con tranquillità e ripone serafico le ali dietro la schiena, composto e grazioso come una vergine. No.
Caliel è alto anche per essere un angelo. Un gigante di quasi due metri che quando si avvicina non ti suggerisce l'amore di Dio, ma la furia degli elementi. E' bello, ma non grazioso. E quando è arrabbiato – il che capita molto più spesso di quanto uno possa pensare – è come trovarsi di fronte ad una tigre albina incazzata. E' maestosa, ma non vuoi farle le carezze dietro le orecchie.
Lui è lì per portare un messaggio. Gremory non ha tempo per lui.
Caliel se la prende – perché come puoi non avere tempo per un messaggero di Dio? - e lo aggredisce. Allora subirai le ire divine! O qualcosa del genere. Le ali gli si aprono di scatto, come un coltello a serramanico. Piume ovunque. Per tre lunghi secondi si prendono anche a pugni, poi l'atmosfera cambia.
A quanto pare la storia che gli angeli possono cadere, perdere le ali ed entrare a far parte delle schiere infernali quando vengono tentati è una leggenda urbana. Una volta tentati – e anche ampiamente soddisfatti – gli angeli restano tali e quali a prima. Nel caso di Caliel sono solo più tranquilli e rilassati, niente di più. In una delle successive – insperate, non programmate, ma cicliche – occasioni in cui lui e Caliel avevano, per così dire, litigato, Gremory aveva anche scoperto un'altra cosa. Gli angeli facevano le uova.
Infatti, Caliel si era presentato con un uovo perfettamente sferico, dal guscio vagamente rosato e grosso come un pallone da calcio, annunciando che era il loro uovo e rifiutandosi categoricamente di spiegare da dove fosse uscito. All'interno, ancora da stabilire, un angelo o un demone.
L'uovo sarebbe stato diligentemente covato aldilà dei cancelli che il padre non poteva oltrepassare, questo fino al giorno in cui avesse deciso di schiudersi. La fantasiosa biologia angelica non prevedeva delle tempistiche. L'uovo se ne sarebbe stato lì, immobile memento di una tragedia evitabile e ormai compiuta, fino a che gli fosse andato. Volendo, anche anni.
Fortunatamente, il loro pargolo aveva fretta e dopo sole due settimane aveva cominciato a schiudersi, cosa che aveva portato Gremory a fare un solco per terra alle soglie del Paradiso.

Proprio mentre rivisita la storia recente della sua vita, i cancelli si aprono senza nemmeno uno scricchiolio e l'intera zona antecedente ad essi viene inondata da una luce bianca e accecante che lo costringe a coprirsi gli occhi. Quando l'ennesimo inutile effetto scenico si attenua, dalla macchia nera che ora ha davanti agli occhi emerge Caliel, altissimo, luminescente e con il sorriso che doveva avere il Vecchio il giorno che ha creato la pantera e guardandola si è detto, va' che bella roba che ho fatto.
Tra le braccia di Caliel c'è un fagottino un po' più grande di quanto lo fosse l'uovo, tutto avvolto in una copertina bianca.
“Che cos'è?” Chiede subito Gremory.
“Non lo sappiamo,” cinguetta Caliel. Sembra che l'ignoranza nei confronti della propria prole non lo infastidisca neanche un po'.
“Come sarebbe a dire che non lo sapete? E' un angelo? Un demone?”
Caliel si stringe nelle spalle. “Probabilmente entrambi,” risponde, sempre tranquillissimo. “Le ali sono bianche, vedi?”
Quella che sembrava una coperta sono in realtà un paio di minuscole ali dalle piume bianche e morbide che si ripiegano perfettamente intorno al corpicino, tenendolo al sicuro. Quando Caliel mostra a Gremory il bambino, tenendolo sotto le ascelle, le ali si schiudono e sbattono un paio di volte mentre il neonato emette una risata cristallina che ha un'eco innaturale, come se andasse a risvegliare centinaia di migliaia di risate cristalline che hanno risuonato prima di quella e che risuoneranno in futuro.
Gremory osserva il bambino strusciare un piede contro l'altro, appeso alle mani di suo padre, mentre le ali frullano a casaccio, lasciando andare qualche piuma ogni tanto. “Allora è un angelo,” commenta Gremory, forse un po' dispiaciuto. Deve ammettere che l'idea di un piccolo demone gli piaceva. “Le ali bianche sono da angelo.”
“Sì, ma quella no,” commenta Caliel, puntando il dito verso la bocca del bambino. Istantaneamente una linguetta rosa e biforcuta saetta fuori dalla bocca di suo figlio e ci si arrotola intorno. “Visto? Lo fa ogni volta che punto il dito.”
A riprova di tale affermazione, Caliel allontana e avvicina il dito alla faccia del piccolo che, alternativamente, allunga e ritrae la lingua. Gremory tossicchia. “Sì, sì, basta così,” commenta, prendendo il marmocchio in braccio prima che possa continuare a rendersi ridicolo. “Non dovresti approfittartene così, è un istinto naturale.”
“Che ne so, è divertente.” Caliel ridacchia. E' di buonumore. Far schiudere uova con la sola imposizione delle mani – o qualunque cosa abbia fatto - lo rende estatico, evidentemente. Gremory non sa se lo preferisce così oppure no.
Nel mentre il bambino gli si arrampica sulla testa. Un po' vola, ma per lo più lo artiglia con le dita minuscole e gli infila i piedi in bocca per raggiungere la cima, scalandolo come una montagna.
“E adesso che ne facciamo?” Chiede alla fine, stremato, col cherubino demoniaco seduto in testa, le mani strette intorno alle sue corna, che lo guida come una moto. Ventisei legioni da gestire, ricordiamolo.
“Lo cresciamo, naturalmente. Che domande.”
Che domande.
Gremory si chiede come si cresca una forza della natura alimentata dalla grazia di Dio e dalla furia dell'Inferno. Quando suo figlio gli morde un orecchio e banchetta felice col sangue che ne esce, lui sospira. Con tanta fortuna, probabilmente.

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