Personaggi: Langley, Shannen, Celes
Genere: Introspettivo, Romantico
Avvisi: Slash, Threesome
Rating: PG-13
Prompt: Scritta per far guadagnare punti alla squadra deivampirli Ombrarossa, nel Cow-T di MDC (Missione 7, Limone).
Note: Aw, Langley e Shannen e Celes <3
Riassunto: Langley è molto agitato. Celes e Shannen risolvono la situazione.
Genere: Introspettivo, Romantico
Avvisi: Slash, Threesome
Rating: PG-13
Prompt: Scritta per far guadagnare punti alla squadra dei
Note: Aw, Langley e Shannen e Celes <3
Riassunto: Langley è molto agitato. Celes e Shannen risolvono la situazione.
(IN YOUR CASE IT'S A MAKE-OUT SESSION)
Questa dovrebbe essere una bella giornata per Langley. Lo impone ciò che rappresenta, ma anche la struttura stessa del sistema scolastico. La sua intera carriera come studente, iniziata cinque anni fa – praticamente una vita intera, se prende in considerazione quello che gli è successo anche solo negli ultimi due anni – aveva come unico obbiettivo questo singolo giorno. E non è che lui sia stato un pessimo studente, anzi l'ultima volta che ha controllato le graduatorie non solo era il primo tra gli Ombrarossa, ma anche tra i primi dieci migliori studenti di tutta la scuola che, in qualsiasi modo lo si voglia guardare, è un invidiabile risultato. Il suo più grande successo, direbbe Lady Violet, anche se lui non se la sente di concordare sul punto perché ci sono molte altre imprese che ha compiuto nel corso degli anni che meriterebbero il titolo di gran lunga di più, anche se, ovviamente, la sua house lady non è a conoscenza di gran parte di esse e, in questo caso, la sua ignoranza è un dono che lui non vuole sottrarle.
Dovrebbe essere felice, dunque, ma non lo è. All'improvviso l'idea che da domani sarà un uomo libero, non più costretto ad alzarsi ogni giorno all'alba per seguire ore di noiose lezioni su argomenti sui quali è già fin troppo ferrato, non è più così allettante, anzi lo fa stare proprio male. Non vuole lasciare l'accademia, in parte perché il mondo è un luogo troppo grande e affrontarlo sembra un'impresa spaventosa in questo momento, ma soprattutto perché andarsene significa lasciare Shannen e Celes, che hanno ancora rispettivamente uno e quattro anni da frequentare in questo luogo. La sua natura teatrale gli fa immaginare scenari drammatici in cui lui si allontana verso l'orizzonte mentre Celes si accascia a terra allungando una mano verso di lui e Shannen tenta di consolarlo – nelle sue fantasie Shannen non è emotivamente stitico come nella realtà ed è in grado di esprimere in maniera soddisfacente almeno le più basilari emozioni umane – e sebbene anche lui riconosca che come rappresentazione è un tantino esagerata, il cuore gli pesa davvero all'idea che non passerà più così tanto tempo con loro ogni giorno, almeno fino a quando non si saranno entrambi diplomati anche loro.
Non avrebbe mai pensato di abituarsi ad una vita quasi del tutto bigama, ma adesso che ce l'ha, non saprebbe come fare senza. E' stato senza dubbio un grande cambiamento per lui, che era abituato a cambiare partner svariate volte alla settimana, e aspettarsi che adesso, pur non tornando alla vecchia vita, faccia pure a meno dei suoi due fidanzati ufficiali per gran parte del tempo è non solo tristissimo, ma anche crudele. La presenza costante di Celes e Shannen gli impedisce di correre dietro a chiunque altro – non ha più bisogno di nessun altro, quasi – e lo rende una persona felice e appagata. Che cosa dovrebbe fare adesso? Vivere nel tormento? Ha provato ad esporre il problema in svariati casi, ma nessuna delle risposte che ha ricevuto è stata neanche lontanamente utile.
Celes, sempre dolce, ha cercato di consolarlo dicendogli che si vedranno più spesso di quanto crede, che quattro anni non sono poi così tanti, che passeranno tutte le vacanze insieme e poi, a ben vedere, tra un anno esatto Shannen sarà già con lui – il che di per sè non è proprio un'aspettativa consolante considerato l'atteggiamento di Shannen. Langley, naturalmente, non vede l'ora di averlo tutto per sé, ma quasi sicuramente anche Shannen non vedrà l'ora di aversi tutto per sé, il che presenterà necessariamente un problema.
Shannen, dal canto suo, posto di fronte alla sua disperazione, ha detto a Langley di non dire stronzate, e questo ha chiuso la questione. Se Langley lo conoscesse appena un po' meno di quanto lo conosce, forse si sarebbe offeso – forse, perché offendersi non gli viene granché naturale – ma ormai si è abituato al modo di fare di Shannen e sa leggere fra le righe della sua aggressività. Visto che non può aspettarsi da lui del calore umano, può solo interpretare le sue parole come la volontà di comunicargli che andrà tutto bene e che sì, anche a lui Langley mancherà, ma che certo il tempo passerà in fretta.
La tunica che la scuola gli ha fornito per la cerimonia è nera come la pece, ma si accende di rosso sangue quando la luce ci batte sopra. Non che sia un grande esperto di moda, ma Langley pensa che gli cada addosso come un sacco dell'immondizia, il che significa che dev'essere proprio pessima dal momento che a lui sta bene qualsiasi cosa. Lo stemma della casa, un drago avvolto intorno al simbolo di luce e ombra, è ricamato all'altezza del cuore. Langley guarda il proprio riflesso allo specchio e si trova cambiato. Non sa se è perché si guarda davvero allo specchio dopo tanto tempo o se era così preso dalla sua vita che non se n'è accorto.
Non è una questione di altezza, o il modo in cui la rotondità del suo viso è andata sparendo fino a lasciare solo linee decise. E' cambiato il suo atteggiamento, il modo in cui guarda le cose. C'è nei suoi occhi la consapevolezza che, qualsiasi cosa succeda da domani, non è più la persona che è entrata all'accademia cinque anni fa. E gli fa paura pensare che il nuovo se stesso è composto per metà da Shannen e Celes e che quindi, per un po', sarà costretto a vivere incompleto. Non vuole neanche pensare a cosa succederebbe se, com'è cambiato lui tra queste mura, cambiassero loro, se la sua assenza nella loro vita di ogni giorno cambiasse la direzione in cui sono diretti. Il pensiero gli fa paura anche perché non ha idea di com'è arrivato a questo punto, di come sia possibile che adesso gli manchi l'aria all'idea di stare da solo.
Non era così, quando è cominciata. Due anni fa Shannen era solo una cosa bella che Langley aveva intravisto nei corridoi e, come ogni cosa bella, Langley l'aveva voluta. Lo aveva visto per la prima volta alla cerimonia di benvenuto e inseguirlo fino allo sfinimento giorno dopo giorno era stato un gioco, una caccia. L'apparente rifiuto di Shannen – a cui non aveva mai creduto veramente – rendeva solo le cose più divertenti. Langley non sa quando, esattamente, il capriccio sia diventato qualcosa di diverso, ma è sicuro che sia avvenuto molto prima che riuscisse ad avere Shannen. Per la prima volta nella sua vita aveva dovuto convincere qualcuno che valeva la pena di stare con lui, si era dovuto sforzare di conoscere qualcuno al di là di un nome o delle chiacchiere inutili durante i preliminari. Shannen lo aveva costretto a guadagnarsi il diritto di stargli vicino e, quando avevano cominciato a scambiarsi più di quattro parole, molte delle quali offese di Shannen dirette a lui, avevano iniziato a parlare davvero. Forse era stato lì che Langley c'era caduto con tutte le scarpe, ma quando finalmente era riuscito a mettere le mani su Shannen, averlo e toccarlo non erano più le uniche due cose che voleva. Quello che voleva era stare con lui, e Shannen si era fatto pregare anche per quello.
Con Celes le cose erano state certamente più facili, anche se non del tutto. Anche lui Langley lo aveva visto alla cerimonia di benvenuto e anche lui lo aveva voluto per il semplice fatto che era una cosa bella – anzi, in quel momento Celes era solo qualcosa in più sul quale avrebbe volentieri messo le mani mentre cercava di raggiungere il suo vero obbiettivo, cioè Shannen – ma Celes non era Shannen e per conquistarlo gli era bastato essere se stesso. Quello che impediva a Celes di lasciarsi andare non era l'incapacità emotiva, ma la timidezza. Langley aveva pensato di averla già in tasca quella vittoria, quando invece aveva scoperto che Celes gli richiedeva una comprensione e una delicatezza che non gli erano state necessarie fino a quel momento con nessuno, tantomeno con Shannen. La sfida con Celes era stato imparare a gestire le sue necessità mentre il suo corpo cambiava giorno dopo giorno fino a diventare quello che, secondo il suo cuore, avrebbe dovuto essere fino all'inizio. Langley l'aveva vista come una sfida e poi, come con Shannen, qualcosa era cambiato e lui ci si era trovato in mezzo ancora una volta.
Non che gli dispiaccia, chiaramente, è solo che non ha idea di come sia successo. D'altronde, si dice, il grande amore non ti chiede nè il permesso nè ti avvisa. Succede e basta. E lui si era trovato con due persone che voleva tantissimo – così tanto che aveva dimenticato le innumerevoli altre persone che circolavano nella scuola e che erano, ancora per una buona metà, disponibili ad andare con lui – e che doveva cercare di far convivere. Lui aveva risolto portando Celes da Shannen. Era stato un rischio, in effetti, perché Celes avrebbe potuto fuggire e non farsi mai più vedere, o Shannen poteva mandarlo a quel paese e non volerlo più vedere, ma non c'era altro modo che tentare. A Langley piace pensare che essersi messo nella condizione di perdere tutto abbia spinto l'universo a ripagarlo con tutto ciò che voleva.
Da quel momento, lui, Shannen e Celes sono stati insieme. Certo, non significa che vivano appiccicati – con Shannen non è possibile, visto che vive la prossimità post-orgasmica come un'inevitabile tassa da pagare per qualche attimo di felicità – e Langley è più volte uscito dal seminato temporaneamente per questa o quella persona, ma resta il fatto che loro tre sono una cosa ormai stabilita, un punto fisso l'uno nella vita degli altri, qualcosa che, per due anni, Langley ha avuto quando chiudeva gli occhi alla sera ed è stato sicuro di trovare quando li riapriva al mattino. E, anche se non vuole ascoltare quella parte di sè che lo dice, è sicuro che non sarà più così ora che lui se ne andrà. E' possibile che si tratti anche di gelosia, naturalmente, ma lui è comunque preoccupato e, non importa cosa gli dicano, non riesce a scrollarsi di dosso la sensazione che sia tutto finito o lo sarà tra poco.
Quando esce dalla stanza, lo fa con l'animo di chi sta andando al patibolo. Non sa nemmeno se sperare che sia una morte lenta – basta, tagliatemi la testa e non se ne parli più – o che la cerimonia duri più a lungo, così da avere ancora un po' di tempo per poter stare legalmente in questo posto e non doversi separare da nessuno. La cerimonia dei diplomi si tiene nella sala grande e lui deve attraversare praticamente metà scuola per arrivarci. Sa già che i lunghi tavoli, ai quali di solito si pranza, sono stati tutti spostati lungo le pareti per fare posto alle sedie per gli studenti e le loro famiglie e al palco. La preside avrà di certo fatto addobbare ogni cosa in maniera assolutamente improponibile – una delle leggende urbane della scuola vuole che una volta la donna abbia deciso di utilizzare animali vivi, trasformando l'evento in un disastro di guano, morsi e accoppiamenti allo stato brado – e una pila di diplomi in pergamena, elegentamente arrotolati e con il marchio della scuola impresso nella ceralacca, starà già aspettando i ragazzi e le ragazze delle quattro case. Langley ha già assistito alle quattro cerimonie precedenti perché erano ottimi territori di caccia, quindi sa esattamente cosa aspettarsi.
Quello che non si aspetta è che una mano spunti all'improvviso e lo afferri, trascinandolo all'interno di una stanza buia. Il panico lo assale, mandando all'aria cinque anni di lezioni su come mantenere il sangue freddo in caso di attacco e i suoi riflessi, di solito molto allenati, non si fanno neanche vedere. L'unica cosa su cui riesce a concentrarsi è la mano grande e forte che gli tiene chiusa la bocca, impedendogli di urlare, mentre un braccio lo afferra alla vita, bloccandogli le braccia. Il corpo contro il quale è tenuto schiacciato non sembra enorme, ma è nervoso e potente e, per quanto si dimeni, non riesce a liberarsene. Vede la porta chiudersi di fronte a lui, tagliando via l'unica fonte di luce. L'unica cosa che può fare è mettersi a scalciare con tutta la forza che ha nella speranza che il suo assalitore lasci la presa abbastanza a lungo da permettergli di muovere le braccia e fare qualche incantesimo. La stanza è molto piccola, i suoi piedi impattano contro la parete, contro la porta, contro qualcosa che si rovescia con un tonfo sordo e strappa un grugnito infastidito al suo assalitore. Langley si mette a scalciare ancora più forte. Sa che stanno girando perché, non volendolo lasciare andare, la persona alle sue spalle sposta di continuo il proprio peso per bilanciarsi. Langley fa perno sulla prima superficie su cui riesce a mettere entrambi i piedi – un tavolo, forse – e spinge indietro con tutta la forza che ha. Lui e il suo assalitore finiscono con forza contro un muro, un altro grugnito. Langley sfrutta il momento per tentare di liberarsi, tira una gomitata alla cieca e scalcia ancora, ma questa volta colpisce qualcosa di morbido. Una voce più alta della prima emette un gridolino spaventato e qualcosa ingrana, finalmente, nel suo cervello.
La luce si accende di colpo, una sfera fluorescente sul soffitto che illumina l'intera stanza di una luce vagamente verdognola. Langley sbatte le palpebre un paio di volte e fa appena in tempo a rendersi conto di essere in uno sgabuzzino completamente devastato, poi qualcuno lo spinge via da sè, facendolo rotolare via sul pavimento. "Tu non sei normale," ringhia Shannen, tenendosi lo stomaco.
Langley lo guarda sconvolto. Per un attimo non riesce a capire che cosa ci faccia Shannen lì dentro con lui. Prima che il suo cervello lo colleghi al suo assalitore, la prima cosa che pensa è che anche lui sia stato trascinato lì dentro. "Eri tu?" Dice poi, quando le sue sinapsi finalmente si mettono a funzionare.
Shannen lo ignora. Langley lo segue con lo sguardo mentre raggiunge la parte opposta della piccola stanza e aiuta Celes ad alzarsi in piedi. "Stai bene?" Gli chiede.
Celes annuisce, pulendosi la bocca con la mano. Ha le labbra rosse e gonfie, e gli esce un po' di sangue da un piccolo taglio. "Mi ha preso solo di striscio."
"Avevi proprio bisogno di agitari in quel modo come un'anguilla?" Shannen abbaia girandosi verso Langley.
Langley lo guarda sconvolto. Negli ultimi dieci minuti è stato prelevato dalla strada che stava percorrendo, trascinato in una stanza buia e immobilizzato, non gli sembra così assurdo essersi difeso. Perché sta venendo sgridato, esattamente? "E tu che bisogno avevi di sequestrarmi?" Protesta. "Cos'è, scrivermi due righe per dirmi di venire qui era troppo banale?"
Come al solito, Celes si intromette fra loro prima che possano davvero litigare. Si avvicina a Langley tamponandosi il labbro con la manica della maglia e lo aiuta a tirarsi in piedi. "Voleva essere una sorpresa," dice, giustificandosi. "Non pensavamo che ti saresti spaventato."
"Non mi sono spaventato," dice subito lui, e poi arrossisce. Non appena le parole gli escono di bocca, perfino lui si rende conto che sono assolutamente false.
"Quella era la tua reazione calma e posata, allora?" Chiede Shannen, sarcastico. "Hai distrutto la stanza."
Langley mette il broncio. "Mi avete preso di sorpresa," cerca di mediare. "Tutto potevo pensare tranne che poteste essere voi due. D'altronde, non mi sembra di aver mai fatto problemi a nascondermi con voi negli anfratti quando me lo avete chiesto gentilmente."
Adesso tocca a Celes farsi rosso, soprattutto perché, ripresosi dallo shock, Langley ha già allungato le mani, per attirarselo contro e dargli un bacio sulla guancia. "Sì, ma stavolta non potevi," mormora.
"Eh?" Langley gli affonda il viso nel collo e inspira il suo profumo dolce. Ci sono mattine in cui non si alzerebbe mai dal letto solo per tenere sempre il naso incastrato nell'incavo del suo collo. Anzi, ci sono mattine in cui si alzerebbe, punto, solo per stare abbracciato a Celes.
"La cerimonia dei diplomi è fra meno di un'ora e per regolamento puoi uscire dalla tua stanza solo per andare nella sala grande. Non avevamo altra scelta che rapirti," gli spiega Shannen, rimettendo un tavolo in posizione verticale e sedendocisi sopra. "Così se qualcuno ti dice qualcosa, puoi dirgli che è stata colpa nostra. Sempre che ti credano."
Nel caso, nessuno lo farebbe. Chi mai potrebbe credere che Shannen – la regina dei ghiacci – lo ha rapito per trascinarlo in una stanza buia e fare di lui ciò che vuole? Perché Langley un po' ci spera di essere lì per quello. Nel dubbio, lascia un bacio sul collo di Celes, prima che Shannen glielo porti via.
"Ma tu naturalmente dovevi trasformare un'azione semplicissima in un un gran macello," continua, osservando il viso di Celes. Gli sfiora le labbra con la punta delle dita e, lentamente, il piccolo taglio svanisce. Langley li osserva con così tanta intensità che gli fa male lo stomaco. Sono belli da guardare. Sono belli perché sono suoi. Sono belli perché lui è loro.
"Mi dispiace, va bene?" Langley deglutisce. "Non volevo far male a nessuno."
"Lo so," Shannen ghigna. "Ti sei solo spaventato."
Langley lo guarda interdetto, ma la sua espressione è così buffa che Celes ride, e la sua risata alleggerisce l'aria nella stanza. All'improvviso non importa più se hanno ribaltato tutti i mobili, importa solo che siano tutti insieme. "Volevamo farti gli auguri a modo nostro," spiega Celes, allungando una mano verso di lui. "E' un giorno importante per te."
Langley si fa subito triste e, anche se afferra la mano di Celes e le sue dita si stringono gentilmente intorno alle sue, si lascia trascinare da lui, più che avvicinarsi. "Già."
"So cosa stai pensando," Shannen interviene. La sua mano si stringe con forza intorno alla spalla di Langley e gli fa fare gli ultimi centimetri che lo separano da loro. "E, come al solito, è una stronzata."
Langley è ormai così abituato al modo di esprimersi di Shannen che non ci fa nemmeno più caso. "No, non puoi saperlo, Shan," gli dice con un sospiro tragico. "Ma grazie lo stesso."
Shannen rotea gli occhi al cielo. Anche lui, d'altronde è ormai abituato alle tragedie che Langley mette in scena ogni volta che apre bocca. "Vediamo, sei convinto che noi ci dimenticheremo di te non appena avrai portato il culo fuori da questa scuola."
"Che ci attaccheremo l'uno all'altro eliminandoti dalle nostre vite," Celes aggiunge, sorridendo dolcemente,
"Anzi, che fingeremo proprio di non averti mai conosciuto," precisa Shannen, annuendo. "E, naturalmente, che ci inventeremo una scusa dopo l'altra per non vederti mai più, nonostante ti abbiamo assicurato che ci vedremo più di quanto sarà permesso dal regolamento scolastico e dal buon senso."
"E che non ci mancherai mai," conclude Celes. "Come se fosse possibile fare a meno di te, dopo che siamo stati tutti insieme per due anni."
Il groppo alla gola di Langley si fa sempre più grosso. "Beh, però non sarò più a scuola," commenta, cercando di suonare ragionevole e non lagnoso, o peggio ancora commosso, e fallendo miseramente su ogni fronte.
"Significa solo che avrai più tempo libero," Shannen commenta. "E anche noi, a dire il vero."
Celes gli tira una spinta forte abbastanza da strappargli una protesta. "Il tuo diploma non cambierà le cose, Langley, davvero," insiste, ed è così sincero mentre lo fa che Langley non può che credere che andrà tutto bene. "E anche se non sentirai mai queste parole uscire dalla bocca di Shannen, sappiamo tutti che funzioniamo benissimo in tre e nessuno di noi vorrebbe fare diversamente."
"Mai detto," borbotta puntualmente Shannen, ma è così buffo e prevedibile che Langley ride.
"E siamo qui per ricordartelo," conclude Celes.
Langley stava già avendo un moto d'amore per entrambi, un'ondata di affetto così appiccicosa che Shannen ci sarebbe morto soffocato in mezzo, ma non ha il tempo di esprimerla perché Shannen spinge delicatamente Celes verso di lui. Langley si ritrova con il corpo magro di Celes fra le braccia e reagisce automaticamente. Se lo tira contro e lo abbraccia alla vita, le sue labbra cercano subito le sue, che sono morbide e dolci come sempre, il taglio è sparito, come non ci fosse mai stato. Il primo bacio è dolce, quasi un assaggio, con Celes è sempre come se Langley fosse sorpreso di averlo per sè – una cosa che non gli era mai capitata prima se non con Shannen, il che conferma quando entrambi per lui siano speciali – e solo dopo, quando Langley ne ha confermato l'esistenza, quando lo ha sentito solido sotto le dita che si sono insinuate sotto la maglietta, allora i suoi baci diventano più profondi e famelici, il resto del mondo sparisce, sempre, e restano solo le sensazioni.
Langley si fa un passo in avanti, spingendo Celes all'indietro e tra le gambe aperte di Shannen. Langley nemmeno ci ha pensato, nessuno di loro lo fa mai, il gesto di includersi a vicenda è sempre automatico. Shannen li osserva un po', le lunghe dita di una mano che accarezzano il collo di Celes, quelle dell'altra perse tra i riccioli di Langley. Poi, si china in avanti, lascia una scia di baci lungo la mandibola di Celes e poi uno più lento e più dolce sulla sua guancia. "Lascialo a me," mormora.
Celes annuisce, segue il bacio con Langley fino alla fine, entrambi fanno fatica a lasciarsi andare, ma poi Celes si fa un po' da parte. Gli occhi di Langley sono offuscati, Shannen sa che devono tenerlo entro i limiti, impedirgli di passare oltre quel punto in cui baciarli non sarà più sufficiente per lui, e gli resta poco tempo.
"Sei un idiota," gli sussurra sulle labbra con un sorriso, prima di baciarlo. I baci tra loro sono sempre diversi, sempre ruvidi, sempre affamati. Forse perché Shannen lo fa impazzire in modo diverso. Langley non sente il bisogno di essere tenero con lui, sa che con Shannen è bello perché è sempre una lotta, perché Shannen difficilmente si lascia davvero andare. Langley può inseguirlo per ore, ma non può mai prenderlo a meno che Shannen non decida di lasciarglielo fare. Ed è così anche per i baci. E' Shannen a volerlo, Shannen a dargli accesso. E' Shannen che decide il ritmo e poi glielo lascia seguire. L'unica cosa che è cambiata tra di loro negli ultimi due anni è che Shannen ha smesso di fingere di non volerlo, ma pretende sempre di deciderne i limiti e le misure. Langley non può travolgerlo come fa con Celes, Shannen è sempre una roccia contro la quale si infrange, il tronco di un albero intorno al quale può avvolgersi come edera ma che non può sopraffare. La cosa importante, però, è che ora Shannen si lascia abbracciare.
Langley sembra fare fatica a lasciarlo andare, lo guarda e si trattiene dal fare un passo avanti, dall'allungare le mani e toccarlo. Toccarli entrambi.
"Vai," gli dice Shannen, indicandogli la porta con la testa. Langley esita. "Il resto dopo, promesso."
Langley sorride. Celes gli dà un bacio, premendogli il naso contro la guancia. "Saremo in prima fila," gli susurra dolcemente.
Langley si ritrova nel corridoio così come ne è stato prelevato, all'improvviso. Dietro di lui la porta dello sgabuzzino non solo si chiude, ma scompare, per trasportare i suoi due fidanzati chissà dove. Per un attimo ricorda quando anche lui usava la magia per farsi trovare da Shannen nei posti più impensati e gli viene perfino da ridere. E' bello non doversi più preoccupare, è bello come il senso di disperazione sia rimasto in quella stanza e, se è fortunato, non lo rivederà mai più. Il nodo in gola che aveva rischiato di strangolarlo all'inizio di quella giornata si è sciolto facilmente, e sono bastati due baci.
Non ha più importanza quanto tempo dovrà aspettare perché siano di nuovo tutti e tre insieme sempre, non importa come dovranno riorganizzarsi per farlo accadere il più possibile, finché Celes e Shannen saranno disposti a rapirlo pur di limonarlo, niente può davvero andare storto.