Personaggi: Bill, Bushido
Genere: Angst, Humor, Romantico, Drammatico, Introspettivo, Hurt/Comfort
Avvisi: Slash, Lemon, Drabble
Rating: R/NC17
Storie: 11 (di 10)
Community: Settenote
Genere: Angst, Humor, Romantico, Drammatico, Introspettivo, Hurt/Comfort
Avvisi: Slash, Lemon, Drabble
Rating: R/NC17
Storie: 11 (di 10)
Community: Settenote
CLAIM:BILL/BUSHIDO @ SETTENOTE |
1. BELLA NOTTE 2:34 (video) |
2. IL CERCHIO DELLA VITA 4:03 (video) |
3. TI VADA O NO 2:18 (video) |
4. IL MONDO E' MIO 2:44 (video) |
5. RIFLESSO 2:29 (video) |
6. E' UNA STORIA SAI 4:04 (video) |
7. I COLORI DEL VENTO 3:32 (video) |
8. DIO FA QUALCOSA (I e II) 3:46 (video) |
9. I SOGNI SON DESIDERI 2:45 (video) |
10. KISS THE GIRL 2:46 (video) |
01. BELLA NOTTE
“Non ero mai stato in un ristorante italiano,” dice Bill.
“Non sai mentire, principessa” rido e mi poso il tovagliolo sulle ginocchia.
Bill si finge imbarazzato e si scuote in maniera affettata, come una signorina. Poi controlla di sottecchi se lo sto guardando e, quando vede che ho gli occhi incollati a lui, allora scoppia a ridere e torna maschio, così all'improvviso. Lo sento quasi fare pop! e trasformarsi; come faccia ad essere entrambe le cose è un mistero che ancora mi affascina.
“D'accordo,” si corregge. “Io e te non eravamo mai stati in un ristorante italiano. Insieme.”
Lo osservo in silenzio mentre arrotola gli spaghetti e quando mi guarda mi perdo come un deficiente nei suoi occhi. Mi sento io la ragazzina, adesso. E' colpa dei suoi lineamenti, della dolcezza degli zigomi che sprofondano nella linea dritta della mascella. E' colpa sua che è bello, cazzo.
Sono così preso da non accorgermi che stiamo masticando lo stesso spaghetto e che se i suoi occhi sono così vicini è perché ci stiamo avvicinando. “Era una vita che volevo farlo,” mi sorride, quando i nostri nasi si scontrano. Io spezzo la pasta con i denti ma non mi allontano. Premo piano le labbra contro le sue e non chiudo gli occhi finché lui non chiude i suoi.
Non m'importa chi si perderà per primo, stanotte.
L'importante è non ritrovarsi più.
02. IL CERCHIO DELLA VITA
La Tunisia è bellissima.
Bill non c'è mai stato ma è sicuro che lo sia. E pensa che Bushido sia bello allo stesso modo.
Il suo uomo sa essere caldo come il sole che brucia allo Zenith ma anche freddo come le notti nel deserto e, del deserto, la sua pelle ha anche il colore. Quando Bill chiude gli occhi ed inspira il suo profumo, lo trova dolciastro e speziato esattamente come s'immagina debba essere quello che si sente per le strade di Tunisi e nei suoi mercati. E non importa che in realtà nemmeno Bushido sia mai stato in Tunisia perché lui la Tunisia se la porta addosso per eredità genetica e Bill toccando lui può attraversarne le valli e le montagne, perdersi nei laghi neri dei suoi occhi e può godere del fatto che gli odori, i sapori e i colori di quella terra siano tutti lì fra le sue dita.
Bushido è bellissimo. Il bambino, invece, non lo è affatto.
Quando Bill lo osserva attraverso il vetro che divide il corridoio dalla stanza in cui lo tengono, non vede nient'altro che un fagottino anonimo, appoggiato accanto ad un'altra decina di fagotti più o meno grandi, più o meno colorati, che non hanno niente di particolare.
Il bambino non gli assomiglia affatto – come potrebbe? – ma non assomiglia nemmeno a Bushido e questo, sì, è un peccato. Bill riesce a pensare solo questo mentre lo guarda chiudere le mani a pugno e fare una smorfia mentre sogna sogni da neonato che Bill non sa e non vuole immaginare.
La vita non ha previsto un bambino come lui. La gente si conosce, si fidanza, si sposa e poi fa dei figli. Il cerchio della vita, lo chiamava sua madre quando lui e Tom erano piccoli e le chiedevano com'è che nascessero i bambini.
Lui e Bushido però non hanno fatto così. Si sono conosciuti, fidanzati, poi sono andati a vivere insieme che è un po' come sposarsi e poi Bushido ha chiesto ad una donna di partorire suo figlio perché Bill non poteva farlo. Il bambino è loro, naturalmente. Di lui e di Bushido, non della donna. Ma il bambino non assomiglia a nessuno dei due e allora il cerchio non si è chiuso ed è per questo che Bill non ha provato niente quando lo ha visto la prima volta.
Hai rovinato il mio cerchio, pensa. E smette di guardarlo.
03. TI VADA O NO
C'erano cose che un vero uomo non faceva mai, di questo Bushido era certo.
O, almeno, lui non era disposto a farle e tanto bastava perché questa diventasse automaticamente una legge primaria dell'universo. La lista – che comprendeva il divieto di piangere ma non quello di depilarsi le ascelle – diceva anche che un vero uomo non si innamorava. Non che lui fosse innamorato di Bill. Questa era la cazzata più grossa che si potesse dire su di lui.
Che fosse un buffone, d'accordo. Che non sapesse cantare, probabile. Che fosse un pazzo ad annusare il culo di un ragazzino di dieci anni più giovane? Forse, ma avrebbe avuto degli aneddoti da raccontare al riguardo. Che si fosse innamorato, però, proprio no. Che idiozia! Chiamare Bill ogni sera era solo buon senso, doveva sincerarsi che stesse bene, altrimenti poi lo accusavano di strapazzarlo. E portarlo a fare spese non era gran cosa se i negozi venivano di strada. In quanto alla nostalgia che ogni tanto sentiva se si trovavano troppo distanti, e Berlino-Vienna era una distanza oggettivamente deprecabile, era normale. Il ragazzino sapeva come rendersi insostituibile. “Ti vada o no, lo ami,” gli aveva detto Chakuza, ridendo. Bushido lo aveva pestato come meritava, ma cazzo il nano pelato aveva ragione.
Lo aveva picchiato per quello del resto.
04. IL MONDO E' MIO
“Ti fidi di me?”
Bill ricorda molto bene quando Bushido lo ha detto la prima volta, tendendo la mano verso di lui alle soglie di Templehof. Ha riso nel sentire quelle parole, perché ricordava il cartone animato ed era divertente che anche Bushido fosse color nocciola e quasi arabo e che venisse dal ghetto, come Alladin. Certo, questo faceva di lui la principessa, ma non era forse così che già lo chiamavano i ragazzi? La Principessa, per farlo arrabbiare.
A lui, però, piace essere la principessa dell'Ersguterjunge. Di Templehof. Ma soprattutto di Anis.
Quella volta Anis lo ha preso per mano e lo ha portato a vedere il quartiere che l'ha cresciuto e nascosto ogni volta che ce n'era bisogno. Niente tappeto volante, ma un'auto coi finestrini oscurati perché non è un mondo di fiaba, quello.
Quella notte ha visto i locali fumosi, ha visto il fiume che nasconde i segreti e ha baciato Anis seduto sul muro che ancora porta il marchio della sua prima tag, ristrutturata come un quadro d'autore dai ragazzini di zona che lo venerano.
“Ti fidi di me?” Dice Anis adesso, abbracciandolo stretto, che quasi sembrano una persona sola. Bill trema, ma si fida degli occhi di Anis. Si fida della sua voce e del suo profumo, si fida del fatto che non mente mai e gli ha promesso di essere gentile.
Si fida dell'uomo che gli ha donato il suo mondo mettendogli in testa una corona.
05. RIFLESSO
Io non vado bene.
Il pensiero scivolò fra le maglie allentate della sua testa quando posò gli occhi sullo specchio nel quale il suo riflesso e quello di Bushido si stagliavano avvinghiati e ansimanti. Allontanò le mani dalle sue spalle scolpite e si distrasse a guardare i suoi stessi occhi che lo guardavano, incurante di Bushido che gli allargava le cosce e delle sue dita che si facevano strada impazienti dentro al suo corpo. L'immagine gli apparve d'improvviso grottesca, con lui disteso sulla schiena, le gambe larghe ad avvolgere il corpo teso di Bushido che aveva una mano a stringere la sua erezione e l'altra a stringergli un fianco per tirarselo addosso, spingersi a fondo ed essergli dentro completamente. - Se fossi una donna... - mormorò all'improvviso.
- Non saresti tu – Lo sguardo di Bushido era incoerente mentre lo sollevava dalle lenzuola per tirarselo in grembo – E non ti vorrei.
Riuscì a strappargli un gemito di piacere, ma non gli occhi dallo specchio. Bill studiò il proprio viso mentre i movimenti di Bushido si facevano più erratici, lo sentì contrarsi e poi spingersi e perdersi e morderlo, finché non venne umido e caldo dentro al suo corpo, il fiato che gli solleticava il collo.
- Davvero? - Chiese, cercando i suoi occhi, quelli veri.
- Pensi che ti direi una cazzata?
Ed erano limpidi, perciò dovette credergli.
06. E' UNA STORIA SAI
Oggi gli hanno chiesto com'è iniziata.
Gli è già capitato in passato di dover parlare di Bill, ma questa è la prima volta che vogliono sapere com'è cominciato tutto. E Bushido non sa cosa rispondere, esattamente.
Sarebbe facile dire che è stato quando ha fatto apprezzamenti pesanti sul ragazzino in televisione e poi qualcuno gliel'ha riferiti, ma non è così che è andata. Si conoscevano già, allora.
E' stato ad una festa, anche se Bushido non ricorda bene né dove né quando né a casa di chi, ma sa che lui era là e che ha visto Bill in mezzo alla folla, guardarsi intorno come non sapesse cosa fare di se stesso. Bushido ricorda di essersi chiesto come potesse uno come lui sentirsi fuori posto proprio in un luogo del genere. “Sembri un pesce fuor d'acqua,” ha esordito. Se lo ricorda, perché Bill si è voltato sgranando gli occhi come avesse davanti qualcosa di impossibile invece che lui – il quale ha un'opinione altissima di se stesso, ma non così alta da considerarsi un'apparizione miracolosa.
Bushido ricorda che Bill ha detto: “Sei proprio tu?” come una principessa che attende da anni in cima ad una torre l'arrivo del suo principe azzurro; ma, al pensiero, Bushido non è riuscito a fare nemmeno una battuta delle mille possibili. Aveva la gola secca a guardare quel ragazzino bellissimo. Ha risposto solo: “Sono io, sì,” che adesso suona un po' come Alla fine sono arrivato da te, scusa il ritardo ma allora non aveva molto senso.
Sono stati amici a lungo, tanto a lungo da non rendersi conto che non lo erano più.
E poi, una sera, mentre si dipingeva le unghie sul letto del rapper, Bill ha detto 'noi due' in un modo che Bushido all'improvviso ha capito che non voleva più farlo tornare a casa sua. Non voleva che quel noi due tornasse a dividersi mai più in Bill e Bushido. Restiamo noi due per sempre, ti va? Non gliel'ha detto però, perché si vergognava. Si è alzato, invece, dalla poltrona e, a Bill che ha alzato gli occhi dalla manicure, ha dato un bacio in punta di labbra. Un po' per vedere com'era, un po' per scoprire se sarebbero rimasti un plurale oppure no. Bill ha sorriso, condividendo quella nuova consapevolezza inespressa e ha ripreso a pitturarsi le unghie.
“Con un noi,” ha risposto Bushido. “E' iniziata con un noi.”
07. I COLORI DEL VENTO
La casa è stata il palcoscenico di una tragedia, la stessa che si ripete a cadenze regolari e per motivi sempre diversi. Non sono le porte sbattute di Bill a preoccuparlo. Bushido sa che due persone che si amano intensamente, litigano con la stessa intensa passione con la quale stanno insieme. Per quanto lo riguarda, Bill può fracassare tutta la cristalleria che si trova sotto mano, o gettare dalla finestra i cuscini del divano, se vuole; ma minacciarlo di andarsene con quella convinzione negli occhi, no. Questo è spaventoso.
Ha esagerato, Bushido ne è consapevole ma il proprio orgoglio gli impedisce di fare un passo indietro e scusarsi. Non ammetterebbe mai che durante la cena con i ragazzi, qualche ora prima, la gelosia gli ha dato alla testa e ha visto una complicità inesistente tra Bill e uno dei suoi uomini.
Bill stava solo parlando, sorridendo. Stava solo essendo Bill, ma Bushido era alticcio e troppo possessivo. “Ce ne andiamo,” ha detto, nonostante fossero appena arrivati. Lo ha strappato dal tavolo con uno strattone e riportato a casa di peso. Come facesse parte del vestiario: la giacca, il cappello e Bill, appoggiato con cura su una sedia lì di fianco, a fare bella mostra di sé con gli ospiti, per poi recuperarlo alla fine della cena.
Bill scuote la testa. “Non facevo niente di male.”
“Ho visto come vi guardavate.” Bushido non sa perché non si scusa, preferisce infierire quando sa che lo sta solo spingendo con le sue mani fuori dalla porta. “Tu sei mio.”
Gli occhi di Bill si fanno tristi e rassegnati. “Credi che ogni cosa ti appartenga, Anis, che ti sia dovuta solo perché sei tu, ma quando poi qualcosa è tuo davvero, tu lo tratti come se non contasse niente.”
Se chiedesse scusa, Bill rimarrebbe. Bushido lo sa. Ma sa anche di essere troppo orgoglioso.
Se parlasse, se ammettesse...
“Scusami,” mormora. Ma la porta è ormai chiusa e Bill è lontano.
08. DIO FA QUALCOSA [1]
Queste cose capitano sempre quando meno te le aspetti e in realtà questo succede perché non te le aspetti mai davvero. Pensi "Prima o poi succederà che..." e a seguire una disgrazia o l'altra, indifferentemente, ma non sei preoccupato davvero, pensi solo di doverlo essere.
Prima o poi, pensi, un giorno. E alla fine quel poi arriva e quel giorno non è più quel giorno, è oggi, è ora e ti ritrovi con il suo corpo tra le braccia e una manciata dei minuti che gli restano senza sapere cosa farci. Non hai mai visto tutto questo sangue, non hai mai sentito i tremiti di un corpo che sta per spegnersi, lo senti vibrare sotto le dita, lo senti scattare di colpo e contorcersi e non sai cosa fare. Anis ti guarda dritto negli occhi ma è spaventato e tu hai paura che ti stia dicendo qualcosa, che ti stia chiedendo qualcosa che lo salverebbe ma non hai la più pallida idea di cosa sia. Non sei tu che prendi le decisioni.
Anis, amore, non ti capisco. Non aver paura. Tu non ne hai mai.
Morirà, urla qualcosa nella tua testa, morirà su questo fottuto marciapiede e non avrai fatto niente per fermare il sangue, per impedire al suo cuore di fermarsi per sempre. "Dio fa qualcosa," mormori quando ti stringi Bushido addosso e lui vomita altro sangue, altre lacrime, altro del tempo che gli resta. Con il sangue se ne va anche lui e quando sarà finito tutto, di lui non resterà più niente. Ti convinci di questo perché il sangue sembra non finire e pensi di avere l'eternità su quel marciapiede ma lui se ne andrà prima, Bill, non aspetterà di aver macchiato di rosso tutto ciò che vi circonda. E tu lo sai e questa consapevolezza ti artiglia lo stomaco: non puoi evitarlo, ragazzino, ti direbbe lui. Non possiamo, nessuno di noi due può.
Quando è il momento, l'ultimo sospiro dalle sue labbra si posa sulle tue: piangi ma non fai rumore per non coprire il suono quasi impercettibile di quell'ultimo ti amo.
08. DIO FA QUALCOSA [2]
Bushido non credeva in Dio.
Se anche c'era qualcosa nell'alto dei cieli, di certo se ne sbatteva il cazzo di cosa succedeva sulla terra agli uomini di buona volontà, perché altrimenti suo padre sarebbe stato un uomo buono e rispettoso di sua madre. Perché altrimenti la gente non sarebbe morta per strada, in guerra, di fame.
Bushido non credeva in Dio, ma di certo credeva che le buone azioni venissero ripagate. Se fai lo stronzo, poi ti ritrovi merda, pensava; ma se mi comporto bene, allora forse qualcosa di buono dal bene deve venire. Ma ora capiva che erano cazzate anche quelle o forse era troppo tardi per sperare di avere qualcosa di bello dopo tutti gli sbagli fatti, non lo sapeva.
Lui per Bill aveva rigato dritto. Il punto è che puoi uscire dal ghetto, ma non puoi sperare che lui esca da te perché ti si tatua addosso appena nasci, ti entra in gola quando lo respiri, e lì rimane a covare rabbia anche quando tutto ciò che provi è amore per un ragazzino talmente innocente da non avere idea di come si ammazzi una persona o come si scopi con qualcuno. Un ragazzino come tu non sei mai stato.
Bushido non credeva in Dio, ma era pronto a crederci adesso se questo poteva servire a fermare il sangue dal foro nella testa di Bill. Si ripeteva che la ferita non era grave, che c'era speranza. E c'era perché non poteva non esserci. Per Bill non poteva finire così: forse era stato ferito, ma di certo non era grave. Lui non c'entrava niente col ghetto; se c'era, Dio doveva saperlo questo. Dio non poteva togliergli la vita in questo modo.
“Dio fa qualcosa, cazzo,” si tirò addosso il corpo di Bill e lo strinse. Avrebbe voluto vederlo girare gli occhi un po' opachi, forse, ma vivi e poi sorridere e dire che stava bene e non c'era da preoccuparsi. Ma non respirava. Non respirava da ore. Se n'era andato insieme al proiettile che era servito per ammazzarlo. E Dio non s'era fatto vivo.
09. I SOGNI SON DESIDERI
Non si può dire che Bill sia uno con i piedi per terra, anzi è strano che la testa non gli fluttui a mezzo metro d'altezza incurante di cosa faccia nel frattempo il corpo. E non ci sarebbe niente di male, in questo, se considerasse i sogni soltanto sogni.
Lui, però, dopo un'intera vita da favola, è convinto che i sogni si avverino.
D'accordo, nel suo caso questo è vero in più occasioni: voleva cantare e canta. Voleva farsi le trecce, tingersi le unghie e truccarsi, e l'ha fatto. Voleva essere donna e ci siamo quasi. Però il concetto non dev'essere necessariamente valido in ogni ambito della sua esistenza. Per esempio la sua vita privata; per esempio e soprattutto, io.
Ora si è messo in testa che devo incontrare sua madre.
“Ma Anis-tesoro!” Pigola. “Eri seduto con me a mangiare pasticcio di broccoli. L'ho sognato! E i sogni sono desideri. E' evidente che una parte del mio subconscio lo desidera immensamente.”
Se il tuo subconscio sogna che ti sbranano i coccodrilli, amore mio, io comunque non ti porto in Sud Africa a farti fare a pezzi dal primo alligatore di passaggio, chiaro?
Quindi, al diavolo il tuo subconscio.
Dovrei dirlo ma sto zitto e mangio il pasticcio di broccoli, che nemmeno mi piace. E dico a sua madre “Ma che bella casa, signora” perché forse i sogni non si avverano sempre, ma gli incubi sì, se Bill non ha quello che vuole.
10. KISS THE GIRL
Ho la febbre, il raffreddore e un inizio di broncopolmonite perché ho un fidanzato scemo.
Vicino a casa abbiamo un grande parco, con un in mezzo un lago in cui nuotano paperotti gialli.
Bill mi dice “Anis-tesoro, mi porti in barca?” e io penso “Ma anche no” però Bill me lo chiede mostrandomi il sedere, il che in lingua corrente significa “Fai questo per me e ti darò carta bianca su cose che forse sono anche illegali in alcuni paesi del mondo.” Quindi io lo porto in barca.
Dopo due ore che remo trovo il modo di fermare questa cazzo di barchetta sotto un glicine. Potremmo almeno limonare, se proprio non vogliamo mettere a rischio il precario equilibrio della barca scopando.
Ma appena allungo le mani, lui si divincola: “Non ti sembra come ne La sirenetta?” e canta “Kiss the girl” come se fosse un granchio, io un principe scemo e se tutt'intorno a noi un'orchestra di grilli e anatre che percuotono tartarughe suonasse questa melodia tremenda. “Bill?” tento, mentre lui ormai preso mi fa tutta la coreografia di salti e “shallalalla!” finché la barca non si ribalta e finiamo in acqua.
Starnutisco e vorrei strangolarlo con le mie mani perché domani ho un concerto e non so come canterò con trentanove di febbre. Poi però lo vedo spuntare dalla cucina col brodo di pollo e mi sciolgo. Posso ben baciarla “la ragazza” anche se è un disastro.