Fandom: !Fanfiction, Glee
Personaggi: Kurt
Genere: Introspettivo, Drammatico
Avvisi: Gen, Angst, What if, spoiler 3x14
Rating: PG 13
Prompt: Scritta per far guadagnare punti alla squadra dei vampirli Blood Devils, nel Cow-T di MDC (Missione 1, Anno) e per la seconda bestia da battere allo Zodiaco!Challange di FDP.
Note: Questa storia nasce principalmente perché la prima cosa che ho fatto dopo aver visto la puntata è stato chiedermi che cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente. L'argomento si poteva ampliare molto di più, ma quello che m'interessava era il peso del senso di colpa e quindi è venuta così. Breve e senza perdono.

Riassunto: Kurt ci racconta come stanno le cose un anno dopo la decisione presa da Dave.

REST IN PIECES

Quando guarda fuori dalla finestra, Kurt è quasi sicuro di poter vedere la piatta tristezza dei campi che circondano Lima, anche se si trova a New York, in un appartamento così piccolo da essere quasi soffocante e in una parte della città così intasata di palazzi e grattacieli che il piccolo parco a due isolati da lì non è nemmeno intuibile. Ma non importa perché quando oggi guarda fuori vede la città in cui è nato e cresciuto, non la metropoli in cui vive adesso, e gli sembra di essere ancora a casa.
La verità è che in un giorno come questo vorrebbe poter essere davvero a casa e fare quello che dev'essere fatto, ma non ha potuto. Anche i voli economici sono troppo cari in questo periodo e lui non è riuscito a risparmiare abbastanza negli ultimi mesi, dovrà improvvisare. Gira intorno al tavolo del salotto un paio di volte, asciugandosi le mani sui pantaloni anche se non stanno sudando davvero. E' solo un gesto nervoso.
Quando finalmente si decide a sedersi sul divano è passata quasi mezz'ora.

Ricorda di aver fatto la stessa identica cosa un anno fa, ma il divano era quello nell'ufficio del preside Figgins e con lui c'erano il signor Shuester, la signorina Pillsbury e, per qualche strano motivo che ancora fatica a capire, c'era anche la coach Sylvester. Ricorda che era terrorizzato e che se nella stanza non ci fosse stato già anche suo padre gli sarebbe sicuramente venuto un attacco di panico perché la scena somigliava troppo a quando lo avevano chiamato per dirgli che Burt aveva avuto un infarto.
Invece era perfino peggio, solo che allora non lo sapeva.
Kurt inspira ed espira e si chiede come faccia questa cosa a fare ancora così male dopo un tempo che sembra lunghissimo e che ha portato con sé così tanti cambiamenti che sembra passata una vita intera. Si è diplomato, ha iniziato il college, ha perfino cambiato città e stato. Eppure quando si siede sul divano e si appoggia l'annuario sulle ginocchia è come se niente di tutto questo fosse mai successo e quest'anno dovesse ancora passare. Una parte di sé lo desidera intensamente perché allora tutti i suoi errori, e anche gli errori degli altri, potrebbero essere corretti.

Ricorda che suo padre gli teneva la mano e che è stato il signor Shuester a dirglielo. A tutti sembrava la cosa migliore, perché quell'uomo passava più tempo con lui e con gli altri di qualunque altro insegnante e se qualcuno doveva dare la notizia, non poteva essere che lui. Kurt non avrebbe voluto sentirla da nessun altro, immagina. Shuester non è stato diretto. Ha esitato e Kurt all'inizio non ha colto. D'altronde quello che gli stava dicendo sembrava impossibile, quindi il suo cervello non riusciva a processare l'informazione. Lo ha capito quando li ha guardati uno per uno e sul viso della coach Sylvester non c'era nemmeno l'ombra di un ghigno e le sue labbra erano tese in una linea sottile.
E' scoppiato a piangere prima di dire qualunque cosa.

La prima parola l'ha detta mezz'ora dopo, e ha chiesto come.
Per un attimo nella stanza è sceso il gelo e la signorina Pillsbury ha evitato di rispondergli dicendo che questo terribile avvenimento lo aveva scosso troppo e che era meglio che si riposasse un momento. Gli ha chiesto se voleva del tè. Kurt ha chiesto di nuovo com'era successo senza che la sua voce cambiasse di tono o che lui si voltasse a guardarla. Così suo padre è intervenuto e gli ha detto della cintura legata alla trave del guardaroba, e della sedia. “L'ho trovato suo padre,” gli ha detto e la sua voce ha tremato, carica di una paura che Burt provava ancora più forte ora che l'aveva vista realizzarsi. "Si era vestito bene."
Kurt non sa perché Burt abbia sentito il bisogno di riferirgli quel particolare, non lo capisce neanche adesso. Forse è rimasto impresso nella testa di suo padre come è rimasto impresso nella sua. Dave deve aver pensato di uccidersi per ore se ha curato un dettaglio come quello. Chissà per quanto tempo ha valutato la cosa, quante volte poteva essere fermato. Ci ha pensato almeno tre ore. Almeno tre perché questo era il tempo che intercorreva tra la prima chiamata persa e l'ultima segnalate sul cellulare di Kurt.

Ricorda ogni singola volta che ha schiacciato il pulsante per ignorare una chiamata. Ricorda perfino dov'era e cosa stava facendo. Momenti, lezioni, parole che in qualsiasi altro caso sarebbero andate perse di mese in mese fino a diventare un ricordo vago sono invece impresse nella sua memoria per sempre come a ricordargli che Dave si è ucciso per tanti motivi e per colpa di un sacco di gente, ma che parte di quella colpa è anche sua. Blaine gli dice sempre che forse non sarebbe comunque riuscito a convincerlo a non farlo. Forse, forse, forse. Ma forse se avesse risposto, se lo avesse tenuto al telefono abbastanza a lungo, se anche dopo ci avesse provato, suo padre sarebbe arrivato in tempo. Magari Dave si sarebbe impiccato comunque, ma il signor Karofsky lo avrebbe salvato. E invece niente. Invece Kurt deve convivere con la consapevolezza di essersene fregato quando aveva promesso che sarebbe andata bene. Lui, più di ogni altra persona, aveva assicurato a Dave che poteva cambiare le cose accettando quello che era. Però quando lui ha chiamato per chiedergli come fare, Kurt non ha risposto, perché gli pesava dover affrontare le conseguenze della dichiarazione di Dave. Come se ignorando qualcosa questa potesse sparire. David è sparito, in effetti.

Quando apre l'annuario sta già piangendo e cercare la pagina giusta è difficile.
Sulla pagina della squadra di football non ci sono facce felici quell'anno, solo Dave sorride peché la foto è dell'anno prima. I ragazzi della squadra l'hanno voluta in segno di rispetto, anche se ormai Dave non andava più al McKinley. Kurt ci passa sopra le dita e chiede scusa.
E' l'unica cosa che può fare e gli si spezza il cuore a pensare che non serve più a niente.
Nemmeno a lui.

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