Fandom: !Originali
Personaggi: un angelo, un vampiro (entrambi partecipanti al COW-T di maridichallenge e fiumidiparole)
Genere: Humor
Avvisi: Crack!fic
Rating: PG
Prompt: Partecipa alla quarta settimana del COW-T per la squadra dei vampirli (prompt: Angelo).
Note: Non volevo, ma sono stata costretta. No, scherzo. Mi serviva una storia con prompt "Angelo" e questa cadeva a fagiolo. Scene simili capitano di continuo su skype tra me e Liz (che per l'appunto è un angelo e pure un angelo rompicojoni :*), la quale accusa me e la mia genia di essere insopportabili, facendo seguire ogni genere di maledizione sulla sottoscritta e anche sulla sua mucca. Che posso dire? I vampiri non sono cattivi, non odiateli! ;O;

Riassunto: Durante la quarta settimana del COW-T un angelo si lamenta di quanto i vampiri siano fastidiosi e, offeso dalle risposte indisponenti di uno di loro, si rifugia in cima ad un armadio dal quale sarà difficile farlo scendere.
PER UN PUGNO DI PERLINE


“Si può sapere esattamente come fate?” Chiede l'angelo, guardando la tabella riassuntiva dei punteggi di squadra sulla pagina internet. In realtà non ci è finito sopra per caso, sono due ore che la guarda allibito senza sapere esattamente che senso dare a quello che sta vedendo. Ogni volta che aggiorna, il punteggio dei vampiri è un po' più alto, magari non di molto, ma sempre più alto. Si immagina che se ne stiano tutti seduti sulle loro lapidi con un computer portatile sulle gambe a scrivere come pazzi.
“Facciamo cosa?” Gli chiede il vampiro, che in effetti è seduto – ma non sulla sua lapide, su una comoda poltrona in pelle che si è comprato di recente ed è Oh! Semplicemente stupenda per un sacco di cose, non solo per sedersi – e scrive sul suo portatile. “E soprattutto chi?”
“Voi! Voi vampiri!” Sbraita l'angelo, agitando le mani. I suoi riccioli biondi ondeggiano, disturbati dal movimento. Tornano subito composti, però, come per magia. “Non importa cosa facciamo o quanto scriviamo! Non importa nemmeno quanti siete! Scrivete sempre più di noi.”
Il vampiro sorride benevolo, ma continua a scrivere senza sollevare gli occhi dalla tastiera. “Oh non è vero,” nicchia, aprendo la pagina con i punteggi. “E poi guarda, siete indietro soltanto di diecimila parole e avete l'incantesimo di raddoppiamento. Non vedo che cosa tu abbia da preoccuparti.”
“Io non mi preoccupo,” precisa lui, mettendo una mano sul fianco e facendo ondeggiare la gonnellina di stoffa bianca che non dovrebbe essere così corta, ma in tempi di guerra i regolamenti sul vestiario si sono fatti un po' più elastici. “Dico solo che non siete umani.”
“Infatti non lo siamo, tesoro,” commenta il vampiro, lanciandogli un'occhiata tenera prima di tornare a ticchettare velocemente sulla tastiera.
“Sai bene che cosa voglio dire,” sbuffa l'angelo, ora con entrambe le mani sui fianchi.
Il vampiro sospira e quindi chiude il coperchio del computer. “Stiamo scrivendo come abbiamo sempre fatto.”
“Troppo!” Insiste l'angelo, che quando si arrabbia è ancora più grazioso perché il suo viso di bimbo non gli permette davvero di essere serio, soltanto imbronciato. Le sue labbra si sporgono piene e carnose e il suo naso tondo si arriccia, mentre batte un piedino nudo sul pavimento di legno. “Se ve la prendeste con un po' più di calma invece di essere sempre i soliti invasati, prepotenti e ambiziosi, non sareste tanto insopportabili.”
Il vampiro inarca un sopracciglio. “Non siamo niente del genere,” commenta.
“Ah no?” replica l'angelo. “In un modo o nell'altro finite sempre per vomitare quintali di parole all'ultimo momento e portarvi a casa ogni cosa. Non sapete stare una settimana senza vincere!”
Il vampiro si appoggia allo schienale della poltrona, che ondeggia leggermente. “In tutta franchezza, non mi sembra di essere io quello che non sa perdere, in questa stanza.”
“Che cosa vorresti dire?”
“Che stai battendo i piedi,” il vampiro non esita un secondo a rispondere.
L'angelo spalanca la bocca in un'espressione di estremo oltraggio e il suo naso si arriccia ancora di più. “Come osi?” Strepita. “Sono solo un angelo molto competitivo!”
Il vampiro si stringe nelle spalle. “Buon per te?” Chiede, incerto su cosa ci si aspetta da lui. “Vinca il migliore, allora!”
In un gesto di stizza, l'angelo butta giù il portapenne dalla scrivania. I pastelli di cera che c'erano dentro si spargono sul pavimento, disegnando linee colorate che ricordano l'arcobaleno. Il vampiro sorride perché questo è ciò che succede sempre, con lui. Qualunque azione compia, finisce sempre per essere positiva, anche se nelle intenzioni voleva essere turpe. E' nella natura degli angeli essere sempre stupendi, anche quando non vogliono, come se non dovessero cercare di fare del bene ma fosse il bene ad usarli come tramite per manifestarsi nel mondo. E' una cosa talmente affascinante agli occhi di un vampiro, che fa del male anche quando compie atti che gli sono assolutamente necessari – come nutrirsi, ad esempio – che lui li osserva con particolare attenzione, ne prende nota e li ricorda nel tempo. “Smettila di fare così!” Sbuffa inviperito, guardando male anche l'arcobaleno disegnato, ora, perché rappresenta la sua totale incapacità di arrabbiarsi per davvero e fare paura a qualcuno.
“Così come?” Esclama esasperato il vampiro.
“Così!” Ripete quello, indicandolo con entrambe le braccia, come se fosse evidente.
“Un vampiro?”
“No, così calmo!” Esplicita, irritato. “Questa è una guerra e io vi odio, te e tutti quelli come te! Siete insopportabili!”
Il vampiro inizia ad irritarsi e il suo sguardo si assottiglia di noia e di frustrazione. “Perché scriviamo troppo,” ribadisce con apatia. “E' per questo che ci odi?”
“Esattamente!” Esplode l'angelo.
Il vampiro si alza in piedi e appoggia il portatile sulla scrivania, stiracchiando le ossa annodate più dalla vita totalmente sedentaria di fronte allo schermo che non dai secoli che si porta dietro. “Hai mai pensato che forse non siamo noi a scrivere troppo ma voi a farlo troppo poco?”
“Non è affatto vero! Io e i miei fratelli ci siamo impegnati tantissimo.”
Il vampiro non dice niente e questa è una dichiarazione ancora più esplicita che non se l'avesse detta a parole.
“Sei insopportabile,” trilla l'angelo, con la voce più stridula del solito. “Un giorno un gruppo di contadini armati di paletti, forconi e torce verrà a bussare a casa vostra, così imparerete!”
“Verranno ad insegnarci ad essere morigerati nel nostro scrivere?” Lo prende in giro il vampiro.
L'angelo stringe i pugni, le sue ali si aprono di scatto, sfiorando le pareti da una parte all'altra della stanza, si mette a vibrare per la rabbia e le sue piume si arricciano spettinate. Vorrebbe esplodere di rabbia e urlare imprecazioni, ma per quanto si sforzi, per quanto cerchi di tirar fuori dal profondo del cuore tutte le parolacce e le offese che sa di conoscere, quelle non ne vogliono sapere di uscirgli di bocca. Tira, tira, tira ma tutto ciò che riesce ad esclamare è di nuovo: “Sei insopportabile! E odioso! Io me ne vado!”
In realtà non lo fa, perché uscito da quella stanza non saprebbe dove andare, così frulla le ali e si siede in cima all'armadio più alto, incrociando le braccia, oltraggiato.
Il vampiro segue tutta la scena con un briciolo di disperazione. Non è la prima volta che succede e, probabilmente, non sarà nemmeno l'ultima. “Andiamo, non c'è bisogno di offendersi,” gli dice conciliante. “Stavamo soltanto discutendo.”
“Io non sono offeso. Sono furioso,” precisa.
Il vampiro osserva il broncio delle labbra, le braccia ostinatamente incrociate al petto e il piede che, non potendo battere sul pavimento, ondeggia avanti e indietro nell'aria. “Lo vedo,” annuisce. “Sei il ritratto stesso della furia. Tuttavia, stavamo solo discutendo.”
“E io sono arrabbiato,” insiste l'angelo, voltando lo sguardo sollevando il naso per aria.
“Perché non scendi e ne parliamo?” Chiede il vampiro, con voce dolce. “Potremmo prendere il tè e un dolcetto. Non lo vuoi un dolcetto?”
“No! Non lo voglio il tuo sciocco tè! Questo non è il momento del tè!” S'impunta l'angelo, ma poi ci pensa su e si incuriosisce. “Di che dolcetto stiamo parlando?”
Il vampiro sorride. “Di quello che vuoi. Usciamo e lo andiamo a prendere.”
“Ah!” Esclama trionfante l'angelo, puntandogli addosso un ditino cicciottello. “Lo sapevo! E' una trappola! Mi fai scendere ma poi non mi porti da nessuna parte. Non ci casco. Resto qui. Guardami mentre resto qui e resisto alle tue serpentifere lusinghe da peccato primordiale!”
“Veramente io...”
“Taci! Creatura della notte,” sbotta l'angelo. “Tanto non scendo.”
Il vampiro sospira. Ci sono volte in cui proporre cose carine non basta e bisogna passare ai metodi estremi. Si infila una mano in tasca ed estrae il pugno chiuso. “Non scendi nemmeno per vedere che cos'ho qui?”
L'angelo si sporge subito dall'armadio. Muove la testa a destra e a sinistra ma, qualunque cosa il vampiro tenga nel pugno chiuso, da lì non riesce a vederne nemmeno un pezzetto. “Che cos'è?” Chiede.
“Scendi e te lo faccio vedere.”
L'angelo torna ad incrociare le braccia al petto e si tira indietro. “Non ci casco, sai?” Ripete. “Lo so che non hai niente in mano.”
Il vampiro apre le dita abbastanza per dimostrare che qualcosa c'è. L'angelo intravede un luccichio e, lentamente, si sporge di nuovo.
“Non sei curioso?”
“Dimmi cos'è,” ordina.
Il vampiro fa due passi verso l'armadio. “Scendi e te lo regalo,” dice, allungando il braccio.
L'angelo è ancora molto offeso e il suo naso resta puntato verso l'alto. “Apri la mano e io decido se scendere,” insiste. “Vedo anche da qui.”
Alla fine il vampiro cede, un po' perché per quell'angelo ha un punto debole e un po' perché più tempo perde a cercare di farlo scendere, meno scrive per la gara. “E va bene,” acconsente, aprendo la mano. Sul palmo c'è un braccialettino fatto di perline rotonde di plastica luccicante.
“E' mio?” Chiede subito l'angelo, planando accanto a lui l'istante dopo e avvicinandosi così tanto alla mano da schiacciare il naso contro il gioiello.
Il vampiro ride. “Solo se la smetti di salire in alto.”
“Promesso,” esclama l'angelo, recuperando subito il suo regalo, veloce come una scheggia. “Comunque ti odio!” Conclude alla fine, sculettando verso la sua scrivania mentre osserva compiaciuto il braccialetto. “E se tu e quei pipistrelli degli amici tuoi ci superate anche questa settimana, io giuro che non ti parlerò mai, mai, mai, mai più in tutta la mia vita. E io sono eterno.”
Il vampiro sospira e guarda la storia da ventimila parole che è sul punto di finire: a quanto pare per postarla ci vorrà una gran quantità di perline.

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