Personaggi: Vinicio Marchioni, Francesco Montanari, Alessandro Roja
Genere:Introspettivo, Romantico, Commedia, Angst
Avvisi: Slash
Rating: PG 15
Prompt: La storia partecipa anche alla quarta settimana del COW-T di maridichallenge e fiumidiparole per la squadra dei vampirli (prompt: Punto di non ritorno).
Note: Questa storia è il mio regalo di compleanno per Liz che aveva chiesto una Vincesco con un'unica caratteristica: doveva essere porno. Ecco. E siccome io i regali di compleanno li faccio sempre molto mirati, in questa storia Alessandro Roja ha più importanza degli altri due e nessuno fa sesso. Mi sembra chiaro. *cough* Comunque sia, a lei è piaciuta lo stesso e quindi sono felice. Buon compleanno in ritardo e con regali completamente diversi da quelli che avevi chiesto! *sbacia*

Riassunto: Tu vorresti dirmi che non hai mai pensato alla possibilità di avere una famiglia. Con me, magari.
I THINK I WANNA MARRY YOU (DON'T SAY NO, NO, NO-NO)


Vinicio lo osserva mentre raggiunge la parte opposta della cucina, mettendo tra loro la tavola con la cena che non hanno nemmeno toccato, e pensa distintamente che alla fine di quella discussione, uno dei due deciderà che così non si può continuare. E' una specie di sesto senso, l'atteggiamento stesso che hanno assunto entrambi ne è la dimostrazione.
Questa non è la prima volta che litigano, ma è la prima in cui non si sono inseguiti per casa cercando di farsi ascoltare. L'argomento è così importante che non lo si può lasciar cadere nel vuoto come i mille altri che lo hanno preceduto, ma li trattiene la consapevolezza che non sarà una bella cosa, in ogni caso. Trascinarsi in cucina per discuterne è stato un atto di forza.
Sapeva che questo momento sarebbe arrivato, prima o poi. E' successo con Alessandra e poi con Milena, era solo questione di tempo prima che si riproponesse con Francesco, anche se per motivi diversi e molto più importanti. Forse è per questo che parlarne è così difficile, l'argomento è così delicato che ogni parola pronunciata ha un'alta probabilità di essere quella sbagliata.
Tutto è cominciato parlando d'altro, naturalmente, perché se le loro discussioni iniziassero sempre dal motivo reale che le scatena, forse finirebbero prima, ma non va mai così.
Francesco era in uno dei suoi momenti di noia, uno di quelli in cui nemmeno giocare per quindici ore consecutive a Call of Duty poteva ridargli un'adeguata gioia di vivere. Così si è trascinato fino in camera da letto, dove Vinicio si era rifugiato per leggere in santa pace, e gli ha chiesto di farlo per passare un po' di tempo. Vinicio si è rifiutato, generando uno tsunami di lamentele. Il problema fra loro non è il sesso in sé – quello gli riesce piuttosto bene – è stabilire quando la situazione si presti a farlo oppure no. Francesco, ad esempio, non pone mai limiti alla provvidenza ed è favorevole a qualsiasi cosa, in qualsiasi posto, per qualsiasi motivo, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Vinicio ha bisogno di atmosfera, di creare le condizioni adatte allo scopo; comparire sulla soglia della sua stanza da letto mentre sta leggendo un'antologia di poesia russa e chiedergli di fare l'amore porta quasi sicuramente ad una risposta negativa, seguita dall'invito a trovarsi un'attività più costruttiva per passare il tempo; ma non è questo che li ha fatti litigare. Scene del genere sono quasi la norma, perché Francesco non è mai uscito dall'adolescenza e Vinicio l'ha probabilmente saltata a piè pari, passando dall'infanzia ad un primo stadio di senilità in cui il sesso è solo un piacevole diversivo in cui si può indulgere di tanto in tanto tra un'opera di Brecht e la personale di un qualche artista ucraino semisconosciuto che dipinge con le dita dei piedi. E' normale che per loro mettersi d'accordo sia complicato. Solo che, questa volta, Francesco ha detto: “Vinicio, io ho ventisei anni. L'anno prossimo ne avrò ventisette e poi ventotto e ventinove, finché un bel giorno sarà il quattro ottobre del duemilaquattordici e io avrò trent'anni. Quando ne avrò trenta, mia madre comincerà ad angosciarmi, chiedendomi quand'è che mi sposo e le darò dei nipotini e allora io e lei dovremo fare una bella chiacchierata. Ma fino ad allora, tutto quello che voglio dalla mia vita è scopare, farlo parecchio e farlo bene senza dovermi preoccupare delle congiunzioni astrali o della temperatura nella stanza. Io sono sempre pronto e mi va sempre bene, è chiaro?”
Vinicio avrebbe potuto rispondere qualunque cosa, dare fondo alla propria cultura e argomentare con riferimenti storico-bibliografici alla tradizione romana e greca e invece ha detto soltanto: “Nipotini?” Con la voce che tremava non per la sua balbuzie, ma per il terrore che lo ha fatto sbiancare e gli ha mostrato immagini di neonati sparsi per tutto il salotto, che piangevano e piangevano e piangevano finché la sua testa non è esplosa in mille pezzi spargendo materia cerebrale sull'opera omnia di François Truffaut in DVD.
Francesco ha descritto nello specifico che cosa intendesse esattamente con nipotini, allora Vinicio ha esclamato “No!” e questo li ha portati in cucina.
Adesso nemmeno si guardano, Vinicio sta facendo una tisana che non ha senso di esistere in nessun universo, meno che mai in quello in cui loro non hanno ancora toccato la cena; ma mettere l'acqua nel bollitore, cercare l'infuso giusto e prendere le tazze in fondo al mobile d'angolo gli dà modo di impegnarsi in qualcosa. Non gli va di stare fermo quando Francesco lo fa già per tutti e due, ed è così stranamente serio e immobile che gli fa quasi paura. “Tu non vuoi avere figli?”
La domanda cade in mezzo a loro come un pezzo di cemento. Vinicio la sente fisicamente rompere piatti e bicchieri e, quando si gira a guardare il mattone di quattro tonnellate che si trova ora al centro della tavola al posto della fruttiera, capisce subito che dalla risposta che darà dipende il loro futuro insieme. Questa non è una di quelle occasioni in cui, nel caso, si può ritrattare o sulle quali si possa passare sopra con una scrollata di spalle. Se Francesco vuole dei figli e lui no significa che hanno due idee totalmente diverse della loro relazione e ora che l'argomento è venuto fuori non possono nemmeno più evitarlo perché dal modo in cui decideranno di affrontarlo dipende la definizione stessa di quello che c'è tra loro.
Se non se ne curano, allora quella che hanno è soltanto una storiella di poco conto nella quale non ha alcuna importanza che cosa vogliono entrambi per il loro futuro perché tanto sanno già che non lo passeranno insieme.
Se invece affrontano l'argomento come una coppia, allora sono condannati perché se non sono d'accordo su una cosa del genere, non c'è alcun motivo di continuare a stare insieme. Quando scopri che la persona che ami ha un'idea totalmente diversa di quello che farete da lì a cinque anni e che non è disposta a cambiarla o fare compromessi per venirti incontro, non c'è altro da fare che salutarsi e prendere strade diverse.
Vinicio sa perfettamente che qualunque cosa si diranno nei prossimi minuti cambierà le cose tra loro. Nel bene o nel male, da questa discussione non si torna indietro.
Vinicio non vuole bambini. Non ne ha mai voluti, non ne vuole adesso ed è piuttosto sicuro che non ne vorrà mai. Non sopporta l'idea che la vita di qualcun altro dipenda dalla sua.
La dipendenza reciproca è il motivo principale per cui tutte le sue passate relazioni sono finite. Lui non ha mai avuto bisogno delle persone con cui stava come loro sembravano aver bisogno di lui; il che non significa che non le amasse, ma solo che ha sempre mantenuto un certo distacco sia emotivo che mentale.
Un bambino gli impedirebbe di continuare a comportarsi in questo modo e soprattutto gli impedirebbe di decidere un corso diverso per la propria vita nel caso ne sentisse il bisogno. Non sarebbe mai così irresponsabile da mettere in cantiere un figlio per poi abbandonarlo a se stesso nel momento in cui la relazione con la madre gli andasse stretta. E non è disposto a rinunciare a tale possibilità per un figlio; ai suoi occhi lo scambio non è equo. Quindi sa esattamente che cosa dovrebbe dire e, nonostante questo, non lo fa. “I bambini portano via tempo,” risponde, anche se è cosciente che questo non ha niente a che vedere con ciò che gli è stato chiesto. “E poi non faccio una vita adatta a crescere un figlio.”
“Vinicio, tu non fai niente dalla mattina alla sera.” Francesco solleva un sopracciglio e c'è tanta di quella pietà incredula sul suo viso che lui finisce con l'irritarsi.
“E vorrei continuare a farlo,” replica voltandosi per mettere la tisana nell'infusore.
Sbaglia. E anche il modo in cui stanno per parlarne è sbagliato, ma ormai il meccanismo si è innescato e l'ingombrante elefante rosa che rappresenta la conclusione di questa discussione se ne sta seduto proprio accanto a loro, aspettando che uno dei due lo noti e finalmente ne pronunci il nome a voce alta. “Cioè tu vorresti dirmi,” esclama Francesco sgranando gli occhi e agitando le mani come fa sempre, dentro e fuori dal set, per sottolineare i concetti che sta esprimendo “che non hai mai pensato alla possibilità di avere una famiglia. Con me, magari.”
“Sì che c'ho pensato! Insomma, praticamente vivi già qui, no?”
Francesco non si è ufficialmente trasferito in casa sua, ma sono tre mesi che non torna a casa a dormire, quindi è più o meno la stessa cosa. Nel bagno c'è il suo spazzolino, nell'armadio i suoi vestiti e c'è il suo profumo ovunque. Fanno anche la spesa insieme per la settimana, Vinicio non vede perché dovrebbero sposarsi se in pratica già passano le serate a mangiare sul divano guardando il telegiornale. Divorziare sarebbe senza dubbio un atto più originale.
“Non sto parlando soltanto di vivere insieme!” Continua Francesco, seguendolo per la cucina mentre lui tenta di scappargli, trasportando acqua bollente avanti e indietro.
“Non posso sposarti, lo sai questo, sì?” Gli chiede. “In questo paese non me lo permettono.”
Francesco si ferma all'improvviso, impedendogli di portare il bollitore a posto. “Chi se ne frega di questo paese!” Commenta con una smorfia. “Se uno vuole davvero fare una cosa, trova sempre il modo di farla! Di' piuttosto che non vuoi.”
“Io non ho detto questo!” Vinicio si chiede come sia possibile che alle nove di sera di un giorno qualsiasi, per un motivo completamente assurdo, siano finiti ad avere questa discussione. Non voleva averla, perché la stanno avendo? Perché non può semplicemente cambiare stanza e fingere che niente sia mai accaduto? No, non vuole sposarsi. No, non vuole avere figli. Vuole vivere in pace la sua vita, passare del tempo con Francesco e occasionalmente fare anche sesso. Si sente bene. Anzi, è anche piuttosto soddisfatto perché non è mai stato così tanto felice in vita sua. E' una situazione perfetta, perché volere di più e rovinare irrimediabilmente quello che hanno, per altro? “Mi chiedo solo che senso abbia sposarsi per poi tornare qui dove il matrimonio non ha alcun valore!”
Vinicio si rende conto immediatamente dell'idiozia che ha appena sparato fuori con la tranquillità con la quale avrebbe parlato delle due settimane di pioggia ininterrotta che hanno allagato Roma; e se anche non ci fosse arrivato da solo, ci pensa lo sguardo di Francesco a farglielo capire. “Ne avrebbe per noi,” dice piano. Ha perso in un attimo tutto lo slancio rabbioso e Vinicio vorrebbe fermarlo lì dov'è, dire No! No! No! Torniamo al punto di prima. Se c'è una cosa che gestisce ancora peggio delle litigate, sono le reazioni tristi e deluse. Quelle in cui Francesco abbassa le spalle e guarda il pavimento con gli occhi grandi e un po' lucidi, e sembra sempre che stia per scoppiare a piangere. Le lacrime lo spaventano moltissimo. Ricorda ancora con terrore i pianti di Alessandra che partivano con dei lievi singhiozzi appena percettibili per concludersi in tragiche dimostrazioni di dolore, con lei buttata di faccia sul letto piagnucolando parole incomprensibili e lo scacciava con la mano per poi richiamarlo con un mugolio sofferente prima ancora che varcasse la soglia. Fortunatamente Francesco non fa niente del genere, ma a Vinicio è rimasto il terrore; così ogni volta che abbassa gli occhi con aria triste, come sta facendo in quel momento, lui non sa più cosa fare.
“Viviamo già insieme,” ripete inutilmente. “Che bisogno hai del pezzo di carta?”
Francesco si stringe nelle spalle. “Prendimi in giro, ma è una cosa che ho sempre sognato: la festa, l'altare, i milioni di parenti che avrei dovuto invitare e mia madre che piange in prima fila già due giorni prima del matrimonio. Tu a queste cose non ci hai mai pensato?”
La prima cosa che gli passa per il cervello è che questa è una cosa da donne e se lui non ci ha mai pensato è perché è sempre stato un maschio, anche da ragazzino. Fortunatamente non tutto il pensiero gli esce di bocca. “No, non ci ho mai pensato,” ammette. “E non credevo interessasse nemmeno a te.”
“Non me l'hai mai chiesto.”
“Non pensavo di doverlo fare.” Razionalmente capisce che insistere su quello che pensava o non pensava non serve assolutamente a niente perché Francesco lo accusa di tutto ciò che non sta andando bene in quella stanza fra di loro, quindi l'unica soluzione che può tirare fuori dal suo metaforico cappello a cilindro è chiedere scusa e dire a Francesco che vuole – o comunque programma di volere tra qualche anno – esattamente tutto ciò che vuole lui. E questo non avverrà mai.
“Perché mai avresti dovuto? D'altronde sono solo quello con cui stai insieme da più di un anno. Non ha proprio senso pensare a dove vogliamo andare a parare, io e te,” risponde ironico Francesco.
Vinicio sbuffa e lascia finalmente perdere la tisana, che tanto si è freddata e le foglie sono filtrate male e galleggiano in superfice come ninfee di palude. “Adesso non fare la vittima! Il fatto che io non pensi al matrimonio, non significa che non ti ami.”
“Io questo non l'ho detto,” commenta Francesco, con aria vagamente vittoriosa. “Ma a quanto pare è vero o non avresti bisogno di ribadirlo. E d'altronde sto prendendo atto del fatto che noi due non solo non ci sposeremo mai, cosa sulla quale potrei anche passare sopra, ma non avremo mai nemmeno dei figli e questo non perché non possiamo, ma perché tu chiaramente non vuoi.”
“Non ho detto che non voglio.” Ma lo pensa e se avesse meno paura, non tirerebbe quel discorso così tanto per le lunghe.
“Hai detto che non ci serve,” specifica Francesco “e se dovessimo fare le cose solo perché ci servono, allora forse non dovremmo nemmeno andare a letto insieme. A te sfugge proprio il problema di cui stiamo discutendo e questo è così frustrante che non so come spiegartelo! Anzi non so nemmeno se devo farlo perché dovresti arrivarci da solo!”
Ci siamo, pensa Vinicio. Stavano discutendo di tutt'altro all'inizio e adesso, all'improvviso, non vuole sposarlo perché non lo ama e se non lo ama non dovrebbero andare a letto insieme. Di questo passo, sicuramente, salterà fuori che Vinicio si sta solo divertendo con lui. E' una discussione degenerativa; a questo punto Francesco potrebbe lamentarsi di qualunque cosa. Perciò esplode. “Ti ho detto che non ci serve, non che non voglio,” specifica, ma l'altro non gli fa nemmeno finire la frase. Scuote la testa e guarda il soffitto in cerca di un aiuto celeste, probabilmente. “Comunque va bene, d'accordo! Se hai bisogno di un dannato riconoscimento, lo avrai!”
Francesco sgrana gli occhi e boccheggia, letteralmente. Se non fosse che la situazione è grave e, con ogni probabilità, senza via d'uscita, sarebbe anche comico; ma Vinicio non ha nessuna voglia di ridere. “Io non ho bisogno proprio di niente, Vinicio!” Esplode, le braccia tese lungo i fianchi e i pugni stretti. “Hai la segatura nel cervello o cosa? Sei un cretino!”
Esce dalla cucina e si infila in camera subito dopo, iniziando a riempire il borsone con cui è arrivato qualche settimana prima. Ci infila dentro cose a caso che pesca in giro per la stanza. Alcune sono di Vinicio.
“C-che d-diavolo fai?” Quando è nervoso, perde il controllo e la sua balbuzie non manca mai di tradirlo.
“Prendo le mie cose e me ne torno a casa, mi sembra evidente,” replica Francesco, senza voltarsi. Il suo borsone sembra quasi sul punto di scoppiare. Prova a chiuderlo ma non ci riesce ed ha così tanta fretta di andarsene di lì che finisce per lasciarlo aperto e metterselo in spalla, perdendo una paio di calzini nel movimento. Vinicio li raccoglie automaticamente, prima di cercare di fermarlo, correndo a pararsi di fronte alla porta d'entrata. “Aspetta, F-francesco,” digrigna i denti e cerca di trovare abbastanza calma perché il suo discorso non esca fuori a pezzi e non aggiunga altra frustrazione a quella già presente. “Possiamo parlarne.”
“Non c'è più niente da dire. Togliti.”
Vinicio rimane fermo dov'è. “Francesco, per favore,” lo implora, anche se non gli riesce molto bene. Quello che esce fuori è più che altro una richiesta spazientita che non migliora le cose. “Mi dispiace, d'accordo?”
Francesco sospira e si sistema il borsone su una spalla. “No dispiace a me. Mi dispiace aver sognato di fare cose stupide con un uomo stupido che non ha mai avuto nessuna intenzione di farle con me,” esclama con rabbia. “E ora spostati, voglio tornare a casa mia.”
Vinicio ci prova a fermarlo, ma Francesco è largo e pesa il doppio di lui, non gli ci vuole niente a spostarlo con una spallata e imboccare le scale, senza più starlo a sentire.

*


Alessandro ha già sistemato ogni cosa. Ha staccato il telefono, sprimacciato i cuscini, preparato il cibo da mangiare sul divano e messo la birra in fresco. Tra qualche minuto si siederà davanti al televisore e si godrà la nuova puntata del suo telefilm preferito. Niente interruzioni e niente rotture di palle. Oggi è solo con se stesso, se lo deve dopo una settimana passata in giro a rimorchiare sfruttando le battute del Dandi. E' incredibile come più di un anno dopo funzionino ancora.
Si è appena messo comodo sui cuscini quando il campanello suona non una, non due, ma ben tre volte in rapida sequenza. Prova a fingere di non essere in casa ma è un tentativo inutile: lui non vive in appartamento, ha un terra-tetto che dà sulla strada. Chiunque sia venuto a disturbarlo senza preavviso e ignorando le minacce di morte che ha mandato a tutti i suoi amici, parenti e conoscenti tramite Facebook, può vedere la luce accesa in salotto e forse anche la sua ombra da dietro le tende.
In televisione c'è ancora la pubblicità, così si illude di poter cacciare lo scocciatore in tempo per non perdersi l'inizio della puntata, ma le sue speranze si infrangono sul naso tondo del Montanari che se ne sta di fronte alla sua porta con un borsone aperto sotto braccio e l'aria smunta di chi non ha più niente per cui vivere. Alessandro conosce benissimo quello sguardo – è quello che Francesco ha su ogni volta che Vinicio fa o dice, oppure fa e dice contemporaneamente, una delle sue cazzate – per questo apre la porta il meno possibile, s'incastra nello spiraglio e pensa a come levarselo di torno. “Oh, France', che sorpresa. Non t'aspettavo,” esordisce, con un sorriso plastico.
“Ho litigato con Vinicio,” risponde lui, parlando più che altro allo zerbino. “Stavolta è finita sul serio.”
“Mi dispiace,” Alessandro lancia sguardi disperati in direzione del salotto. Da lì non vede il televisore, ma cerca comunque di capire dalla luminosità proiettata dallo schermo se l'episodio è iniziato oppure no.
“Se ti racconto che cosa è stato capace di dirmi, non ci credi. E' uno stronzo.”
“Non fatico a crederlo invece,” commenta distrattamente Alessandro. Non vuole schiudere la porta per dargli l'impressione che va bene se resta, ma non vuole nemmeno perdersi l'episodio. “Senti, non potremmo parlarne più tardi? No, anzi meglio, facciamo domani. Ti chiamo e usciamo a prenderci una cosa, che dici?”
“E' stata una discussione tremenda,” dice invece lui, spingendolo dentro mentre apre la porta e s'introduce in casa senza chiedere permesso. “Ti dispiace se dormo da te stanotte?”
Alessandro torna a guardarlo con una smorfia allucinata sul viso. “Cosa?” Dice, sconvolto. “Sì che mi dispiace! Io ho da fare stasera.”
“Oh, hai ospiti?” Francesco si guarda intorno.
“No. Cioè sì. No, non ho ospiti,” Alessandro si maledice mentalmente. Con le ragazze spara sempre un sacco di stronzate, ma non è bravo a mentire agli amici.
“Bene, perché ho davvero bisogno di sfogarmi con qualcuno,” continua Francesco, posando il borsone dove capita e togliendosi il cappotto.
Alessandro lo guarda sospirando mentre si dirige in salotto e chiude la porta. “Prego, accomodati. Fai pure come fossi a casa tua,” commenta apatico e senza entusiasmo. Quando lo raggiunge, Francesco si è già aperto la birra fresca che aveva preparato per sé. “Serviti pure, eh.”
“Grazie,” Francesco solleva la bottiglia. “Io davvero non capisco come ho potuto anche solo pensare che questa cosa fra me e lui potesse funzionare. Ero fuori di testa o cosa? Siamo troppo diversi, senza contare che lui è chiaramente un cretino.”
“Chiaramente,” annuisce Roja, trattenendo le lacrime di fronte alla sigla del programma.
“Per lui stare insieme non significa niente. Potrei vivere a duecento chilometri da casa sua e vederlo due volte al mese e lui non farebbe una piega,” insiste Francesco, lanciando in giro cuscini mentre si siede comodo sul divano.
“Assurdo,” commenta Roja, annuendo, mentre cerca di captare i dialoghi tra i personaggi, coperti dalla voce di Francesco. Gli sembra di essere al telefono con sua madre, quando posa la cornetta sul mobile e solo ogni tanto la solleva per dire qualche parola a caso, che tanto vanno sempre bene perché sua madre non ha davvero bisogno della sua interazione per raccontargli i pettegolezzi di mezzo quartiere.
“Dice che vuole mantenere la propria indipendenza!” Sbotta Montanari. “Come se adesso si desse anima e corpo per qualcun altro. Passa metà del suo tempo a scrivere poesie e l'altra metà a recitare quelle di qualcun altro su un palco! Non ha mai voglia di uscire, di giocare. Cavolo, non ha neanche voglia di scopare! Quell'uomo non è umano.”
Scopare è un verbo che si fa facilmente strada fra le sinapsi di Alessandro nonostante stia ancora cercando inutilmente di seguire l'episodio. Si volta con un sopracciglio sollevato e lo guarda senza capire. “Cosa significa che non ha voglia?”
“Che non gli va! Gli fa sempre fatica, come se fosse un peso,” risponde Francesco.
“Ma che problema ha?”
Francesco si stringe nelle spalle. “Comunque non è soltanto quello. E' tutta una serie di cose. Ci passi sopra una volta, e poi due e poi tre e poi anche quattro, ma sbagli perché alla fine i nodi vengono sempre al pettine e quello che ti sembrava di poter sopportare prima non lo sopporti più.”
Alessandro sospira e rinuncia definitivamente al suo programma. Recupera il telecomando dal divano e spegne con aria svogliata. “Ma si può sapere cos'è successo esattamente?”
“Vinicio non si vuole sposare,” risponde candido Francesco. “E non vuole avere bambini.”
Roja non potrebbe essere più d'accordo. Il matrimonio è una trappola per topi e i bambini sono carini finché appartengono ad altre persone che poi la sera, dopo esserti venute a trovare, se li portano via. Qualcosa però gli dice che non sarebbe saggio esclamare ad alta voce che crede quella sia la prima volta in tre anni che è d'accordo con il Marchioni, perciò decide per qualcosa di molto più neutrale. “Non ti sembra un po' presto per sposarvi adesso? State insieme da un anno e metà lo avete passato a litigare perché tu non sai mettere i calzini nel cesto della biancheria sporca. Sarebbe il caso di aspettare.”
“Io non voglio sposarmi adesso!” Specifica Francesco. “Ma voglio sposarmi. Lui invece non ne ha nessuna intenzione, dice che non ne abbiamo bisogno!”
Roja sta avendo seri problemi a capire che cosa ci si aspetti da lui. Lo sanno tutti che mantenere la propria libertà sentimentale è la sua prima occupazione nella vita, quindi perché Francesco è venuto da lui a farsi dire che Vinicio è un cretino, insensibile che non si merita niente di quello che ha e dovrebbe ringraziare ogni giorno che la gente gli muoia dietro perché di sicuro non è opera sua ma di un miracolo o di una qualche sostanza tossica disciolta nell'acqua di Roma? Forse perché lo pensa, nonostante in questo caso concordi con il suo punto di vista piuttosto che con quello di Francesco.
Ad ogni modo, lui non ha davvero bisogno di concordare con l'argomento in oggetto per fingere di sembrare d'accordo. Ogni sera si siede al bancone di un bar e racconta cazzate per rimorchiare la prima bella ragazza che gli capita sotto mano, con Francesco non può essere tanto più complicato e, se dargli ragione può spedirlo a letto – preferibilmente non il suo, ma all'occorrenza anche quello purché possa tornare a guardare la tv – tanto meglio. “All'atto pratico non cambierebbe niente, certo,” dice aprendo una bottiglia di birra e bevendono un generoso sorso. “Ma sarebbe un gesto simbolico.”
“Esattamente! Ma lui no, non ci serve a niente, già vivi qui. Cosa ci sposiamo a fare?” Francesco prende ad agitarsi, facendo l'imitazione di Marchioni. “E i bambini? Lui non ne vuole, quindi non c'è neanche bisogno di discuterne. Le cose stanno così e basta. Punto.”
“E te ne sei andato?”
Francesco annuisce mogio. “Che altro avrei dovuto fare?”
Restare lì a mettere il broncio o andartene a casa tua, pensa Alessandro, di sicuro non venire qui. “Non lo so, magari adesso che hai sbollito la rabbia, potresti tornare là e parlarci. Conoscendolo, quell'idiota ha solo scelto le parole sbagliate. Lo sai che non si sa spiegare.”
“No, è finita.” Dice Francesco tragico. “Non voglio più saperne niente.”
“Capisco,” Alessandro annuisce cercando di dimostrarsi partecipe. Per un po' sul suo salotto cala il silenzio mentre entrambi guardano perplessi un punto imprecisato del pavimento. “E toglimi una curiosità: com'è che sei venuto qui?”
“Perché non mi andava di stare da solo,” risponde. Altro silenzio. “E poi perché se mi viene a cercare tu potrai dirgli che non voglio parlarci.”
“Cosa ti fa pensare che verrà a cercarti?”
“Che se non viene lo mollo davvero,” commenta Francesco, prendendo metà del panino che Alessandro si è così amorevolmente preparato. Si ribalta sul divano e recupera il telecomano. “Ci guardiamo un film?”

*


Alessandro era convinto che quella follia sarebbe finita nel giro di dodici ore, massimo ventiquattro.
In fondo Vinicio era un cretino, ma era anche uno di quegli inguaribili romantici dall'aria decadente e malaticcia, capaci di guardare le loro donne per ore negli occhi e struggersi di melensaggini piuttosto che darsi da fare. Non sarebbe rimasto lontano da Francesco troppo a lungo. Sarebbe andato a cercarlo a casa e, non trovandolo, sarebbe venuto a casa sua. Alessandro avrebbe fatto un po' di scena per far credere a Francesco di non volerlo lasciar passare e poi si sarebbe scostato per dargli la possibilità di riprendersi il suo ragazzo e, vivaddio, portarselo via. Era un disagio di poco conto, alla fine del quale avrebbe potuto recuperare su internet l'episodio che si era perso. Non c'era proprio niente di cui preoccuparsi.
Si sbagliava, naturalmente. Sono passati tre giorni e nessuno è ancora venuto a riprendersi Francesco, ma lui non accenna ad andarsene comunque, convinto che prima o poi il suo principe azzurro con la balbuzie varcherà la porta di quella casa e lo porterà via tra le sue possenti braccia, decidendo di sposarlo e mettere su una piccola squadra di calcio con un esercito di cicogne.
“Sai, Ale, hai davvero una bella casa,” gli sta dicendo mentre fanno colazione insieme sul tavolino della veranda.
“E sai perché è bella?” Chiede Alessandro contrariato, smettendo per un attimo di imburrare una fetta di pane. Francesco scuote la testa. “Perché ci vivo da solo.”
Il suo ospite si mette a girare il caffé nella tazzina e il suo sguardo diventa così improvvisamente depresso rispetto ad un secondo prima che Alessandro si ente un po' in colpa. “Senti, parliamoci chiaro. Sono passati tre giorni, credo sia il caso di rassegnarsi. O ha cercato di raggiungerci prendendo il raccordo anulare ed è imbottigliato lì da settantadue ore oppure...”
“Verrà,” insiste Francesco.
“Forse è meglio così, non credi?” Insiste Alessandro. “In fondo lo hai detto tu che volete co–“
Francesco sposta indietro la sedia di colpo, si alza e lascia la veranda. Alessandro lo sente sbattere la porta della stanza degli ospiti e sospira. E' evidente che deve fare tutto quanto lui.
Immaginava che anche Vinicio non stesse tanto bene, ma non si aspettava lo spettro pallido che gli apre la porta in pigiama, con la barba ancora da fare e lo sguardo perso. “Wow, mi scusi signor fantasma dei natali passati. Cercavo il mio amico Vinicio, è in casa?”
“Che cosa vuoi?”
Alessandro ignora la voce roca dall'oltretomba che ha appena pronunciato quelle parole, segno inequivocabile che Vinicio ha passato in silenzio gli ultimi tre giorni. Lo spinge in casa e lo segue, prendendo possesso del corridoio nel momento in cui ci mette piede. “Qui dentro c'è odore di chiuso e di cibo precotto. Il che significa che sei depresso o che la Mastronardi è venuta a trovarti. In ogni caso non cambi l'aria da, tipo, mai. Si può sapere che ti prende?”
Alessandro fa il giro della casa aprendo le finestre, con Vinicio che lo segue con passo strascicato. “Non lo sai? Francesco se n'è andato.”
“Non mi dire!” Esclama Alessandro, voltandosi.
“Non so nemmeno dov'è. Sul cellulare non risponde e il portiere del suo palazzo dice che negli ultimi tre giorni non l'ha visto.”
“E' da me.”
“A casa tua?” Gli occhi di Vinicio hanno un guizzo di vitalità che si spegne quasi subito a causa del suo torpore naturale. “Cosa ci fa a casa tua?”
Ciononostante Alessandro ha visto quel barlume di entusiasmo e a quello si attacca. “Si piange addosso, mette in disordine ed è mediamente fastidioso. Te lo riprendi, per favore?”
“Non posso farlo,” Vinicio scuote la testa in maniera teatrale e Alessandro quasi si aspetta di vederlo tirare fuori un fazzoletto bianco dalla tasca e metterlo tra i denti per dimostrare il proprio dolore. Fortunatamente non lo fa e, con ogni probabilità, non è nemmeno stato troppo teatrale, ma lui ha l'abitudine di immaginare l'amico esagerandone le reazioni, a volte anche con la luce di un riflettore che lo illumina dall'alto, solo perché Vinicio si presta particolarmente ad essere preso in giro in questo modo, nella sua testa.
“Non in questo stato, di sicuro,” gli lancia un'occhiata pietosa, quindi sospira e lo spinge verso il bagno. “Ora ti fai una doccia, ti fai la barba, io ti scelgo un vestito che non sembri uscito dal guardaroba di mio nonno e vai a dirgli quello che vuole sentirsi dire.”
“Lui vuole sposarsi,” protesta Vinicio, facendo resistenza, mentre Alessandro tenta di infilarlo nella doccia. Vestito, non ha importanza.
“E allora sposalo!” Sbotta Roja, esasperato. “Mettigli l'anello al dito, genera dei figli, adottali, comprali se necessario, non mi interessa, ma allontanalo da casa mia!”
Dimostrando un'insospettabile forsa fisica, Vinicio non si fa chiudere nella doccia e ne riesce per la seconda volta poco dopo che Alessandro ce l'ha messo dentro. “Non posso farlo!” Ripete. “Anche se la legge lo permettesse...”
Alessandro solleva un sopracciglio quando la frase dell'amico si ferma a metà e rimane sospesa nell'aria, lasciandosi dietro una traccia di suspance di cui avrebbe fatto volentieri a meno. “Mi stai uccidendo con tutta questa atmosfera, possiamo arrivare al punto?”
Vinicio sospira. “Io non voglio,” conclude. “Anche se la legge lo permettesse, sono io che mi rifiuto di sposarlo. Francesco ha ragione.”
Alessandro fa una mezza smorfia e lo liquida con un veloce gesto della mano. “Ma questo non ha importanza,” spernacchia come se fosse una cosa di poco conto. “Tu devi solo andare a riprenderlo.”
“A che scopo? Su cose del genere o sei d'accordo o non vale la pena stare insieme perché è chiaro che non stai andando da nessuna parte. Abbiamo evitato il discorso per mesi ma adesso che è venuto fuori, non possiamo rimangiarcelo,” Vinicio si stringe nelle spalle. “Francesco vuole un matrimonio e dei bambini, io no. Né ora né mai. E' finita.”
“Francesco vuole anche andare sulla Luna, allevare struzzi da corsa e farsi costruire una piscina da riempire con il gelato,” gli fa notare Alessandro. “Questo non significa niente. Cambia idea ogni mese, cambierà anche questo. O forse la cambierai tu.”
“Io non credo che–“
“Il punto non è questo,” lo interrompe Alessandro, prima che parta con uno dei suoi monologhi che sono sempre più lunghi del previsto perché raddoppia quasi tutte le sillabe. “Ed è incredibile come proprio tu, romantico fino alla nausea, non ci arrivi. Francesco non vuole essere sposato, vuole che tu accolga favorevolmente il fatto che voglia sposarsi.”
“Eh?”
“Ho parlato con Francesco. Lui non ha mai detto di averti chiesto di sposarlo. Continuava a ripetere: potremmo sposarci, quando ci sposeremo, se fossimo sposati, tutte cose molto vaghe. Mi segui?” Spiega. “Ti sarebbe bastato accettare l'idea generale del vostro matrimonio, senza riferimenti a dove, come, quando. Lui voleva solo che tu non escludessi categoricamente la possibilità di voler passare con lui tutta la tua vita. Sono cose che urtano la sensibilità della gente che ne ha una, sai?”
“Ma prima o poi vorrà farlo.”
“O forse vorrà davvero allevare gli struzzi,” insiste Alessandro. “Chi può saperlo? Intanto, mi sembra di capire, a te non dispiace l'idea di averlo per casa finché morte non vi separi, anche senza matrimonio, dico bene?”
Vinicio si stringe nelle spalle. “Sì, ma...”
“Niente ma, Vinicio. Decidi: è più importante la tua indipendenza o è più importante Francesco? Preferiresti perderlo pur di non firmare un certificato in comune o magari averlo accanto ti preme di più? E' questa l'unica cosa che conta. Una volta capito quello che vuoi da lui, potrai decidere se questo è un punto di non ritorno oppure un punto e basta.”
Questa volta, quando lo spinge nella doccia, Vinicio entra e ci resta; mentre l'acqua gli scorre addosso e gli bagna i capelli e il corpo, Alessandro continua ad urlare dall'altra stanza, elargendo consigli che lui non sente più. Ripensando agli ultimi tre giorni, pensa di aver deciso.

*


Francesco è molto arrabbiato perché sono passati tre giorni e Vinicio non si è fatto vivo. Francesco è arrabbiato soprattutto perché ha dato a quell'uomo un sacco di possibilità per smettere di essere sempre così tanto sensibile verso le sue poesie e così poco sensibile verso di lui che non è scritto su un pezzo di carta, ma lui niente. Un giacciolo. Non è che non sia tenero, solo che non lo è spontaneamente e questa cosa è frustrante. Inoltre c'è la storia del matrimonio che, diciamolo, da sola era sufficiente a farlo almeno scappare di casa. Come un cretino ha pensato che Vinicio lo avrebbe seguito, senza ricordarsi che questo tipo di cose lui non le fa neanche sotto suggerimento, figurarsi se poteva arrivarci da solo. D'altra parte, se non ci arriva da solo, forse come uomo è una perdita di tempo. Quale persona sana di mente non proverebbe a riprendersi il fidanzato, magari facendo un tentativo più consistente che non sbarrare la porta con i suoi sessanta chili di peso totale. E' l'essere stato lasciato andare che gli fa male. Lui non lo avrebbe fatto. Se mai fosse stato così cretino da dire a Vinicio quello che Vinicio ha detto a lui, per prima cosa si sarebbe scusato, che non sarebbe stata questa grande impresa, e poi avrebbe cercato di impedirgli di uscire di casa con un po' più di forza e, se non ci fosse riuscito, gli sarebbe corso dietro. E invece Vinicio che cos'ha fatto? Si è probabilmente seduto sul divano a piangersi addosso mentre lui era da Alessandro, a nemmeno dieci minuti in auto da casa sua.
Francesco si ripete questo discorso quasi due volte al giorno, principalmente perché in casa di Alessandro si annoia più di quanto non faccia a casa di Vinicio, il che è tutto dire perché la casa di quest'ultimo è costruita per essere noiosa, con il salotto pieno di stupidi e intoccabili soprammobili africani, la terrazza in cotto che si graffia e tutti quei libri russi sparsi ovunque come a ricordarti che la noia deve sempre imperare sovrana. All'inizio della relazione, quando Vinicio spariva per ore a fare cose di cui a lui fregava meno di niente, Francesco passava il tempo disteso sul divano a lamentrsi che non aveva niente con cui distrarsi. Poi aveva portato lì le sue console per giocare e i fumetti e un sacco di film d'azione, così a poco a poco la casa di Vinicio non era stata più così noiosa. E non era più stata nemmeno tanto di Vinicio. Voleva tornare a casa.
Mentre lo pensa, sente la porta aprirsi e corre ad accogliere Alessandro, fosse anche solo per distrarsi, ma non lo trova. Al suo posto, Vinicio si guarda intorno spaesato e a disagio, chiudendo la porta piano come avesse paura di romperla. Francesco rimane in silenzio, aspettando che si giri e lo veda piuttosto che chiamarlo. Quando Vinicio gli posa gli occhi addosso, deglutisce. Il suo pomo d'Adamo si fa un viaggio chiarissimo dall'alto verso il basso e ritorno. “Ehi, ciao,” mormora.
“Ciao.”
Vinicio si inumidisce le labbra, deglutendo di nuovo. “Ale mi ha detto che sei stato qui tutto il tempo,” continua a fatica, allungando la vocale iniziale per il nervoso. “Ti va se ci sediamo un po' e ne parliamo? Ho un po' di cose da dirti.”
“Ne hai dette abbastanza anche stando zitto,” gli fa notare.
“Non ti ho detto quelle più importanti,” insiste Vinicio. “Ti prego.”
Francesco sospira e gli accenna al salotto. Si siede su una poltrona e lo guarda fisso, aspettando di vedere che cos'ha da dire esattamente.
“E' vero che ti ho detto che non voglio sposarmi e so che cosa implica questo,” inizia, cercando le parole adatte. “Ma non era quello che avrei dovuto dire.”
“Continua.”
Vinicio si sente sotto pressione, pertanto si tortura l'anello del nonno e non riesce ad aprire bocca senza bloccarsi ad ogni minima sillaba. Francesco deve combattere l'impulso che ha di abbracciarlo e massaggiargli i muscoli delle spalle perché si rilassi. E' quello che fa ogni volta che Vinicio deve salire sul palcoscenico e il panico gli blocca la voce. “Pensavo mi spaventasse l'idea di stare insieme per sempre, ma la verità è che mi spaventa di più il contrario,” mormora. “Quando te ne sei andato, mi sono detto che in fondo volevamo cose diverse ed era giusto che tu cercassi le tue altrove.”
“E' per questo che non sei venuto,” borbotta Francesco, scuotendo la testa incredulo. “Sei veramente un disastro.”
“Ma poi mi sono guardato intorno e ho visto tutte le cose che hai lasciato.”
“Se sei venuto qui a dirmi di venire a riprenderle, sappi che ho intenzione di farlo nei prossimi giorni,” commenta gelido Francesco.
“No!” Sbotta Vinicio, sgranando gli occhi. “Non voglio che le porti via. E' proprio questo il punto. Ho capito che non mi piace l'idea che tu sparisca dalla mia vita, il che significa che ti voglio con me il più a lungo possibile. E non era mai successo prima. Quando Alessandra se n'è andata, le ho chiuso la porta dietro e ho continuato per la mia strada, quando lo hai fatto tu ho continuato a riaprila nella speranza che comparissi sullo zerbino con il borsone, esattamente come hai fatto il primo fine settimana che sei rimasto di forza a dormire qui contro la mia volontà. E allora ho capito.”
Francesco lo osserva ma non si muove, sta faticosamente cercando di non illudersi, perché il discorso sembra andare dove vorrebbe, ma con Vinicio non si sa proprio mai.
“Se mai volessi fare una cosa stupida, sicuramente la farei con te. Sei l'unica persona che non ho voglia di ammazzare quando trovo le cose spostate in bagno ,” conclude Vinicio, con un mezzo sorriso imbarazzato ma incoraggiante.
Francesco continua ad osservarlo senza espressione per qualche lunghissimo minuto che gli fa temere il peggio, ma poi le sue labbra si aprono in un sorriso dei suoi. “Certo che sei proprio un cretino,” commenta, tirandolo verso di sé e stampandogli un bacio sulle labbra.
“A quanto pare,” commenta Vinicio, sempre un po' restio a darsi addosso.
Francesco ride anche di quello. Se non avesse saputo fin dall'inizio che Vinicio era una tragedia ambulante, non avrebbe sopportato di stargli intorno così a lungo; ma l'ha conosciuto così e, per quanto sia stupido, non si illude di cambiarlo completamente. Non in tempi brevi, almeno, e di sicuro non tutto insieme. Un pezzo alla volta lo sostituirà abbastanza da farlo funzionare senza per questo stravolgerlo completamente, come la vecchia 500 di sua madre, che è ancora una 500 ma tira i duecento come niente.
“Quindi,” inizia lentamente, sedendoglisi accanto con aria cospiratoria e spingendolo per gioco con una spalla, “un matrimonio non è così improbabile.”
“Forse,” concede Vinicio, rispondendo alla spallata.
“E magari anche dei bambini.”
“Se sopporto te, forse potrei sopportare anche delle piccole copie. Vedremo.”
Francesco ride e gli prende il viso tra le mani, baciandolo profondamente. “Vedremo è già più di quanto mi serve, ora.”
Alessandro sospira e fa lentamente qualche passo indietro per non disturbare e per non vedere quello che potrebbe seguire la riappacificazione. E' probabile che dovrà dare fuoco al divano, alla fine.
Chiude la porta di casa e ride, perché è felice di aver scongiurato la tragedia. Lui non sa molte cose riguardo alle relazioni ma una cosa, salvando la loro, l'ha imparata: il punto di non ritorno non esiste.
Esistono solo punti dai quali non vuoi tornare e, con un po' di fortuna, questo è uno di quelli.

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