Personaggi: Freddo, Dandi, Libanese
Genere: Introspettivo, Angst
Avvisi:Spoiler fine s1/inizio s2
Rating: PG 13
Prompt: Storia scritta per la maritombola di maridichallenge (prompt nr.25: "Dal niente si partì verso il niente.").
Note: Io a Romanzo Criminale ci sono arrivata in ritardo, anche se forse questo era il momento perfetto, in ogni caso mi ha completamente stravolta. Da una settimana non vedo, sento, parlo, respiro nient'altro, sono l'incubo di chi mi conosce (e me ne frego, per altro). Tra me e lui è stato amore a prima vista, di quelli da farfalle nello stomaco. E' una cosa bellissima ^O^.
Questa shot non è niente di originale, anzi, per una storia come questa, direi che è anche piuttosto banale, ma le voglio bene lo stesso (e soprattutto) perché si è fatta scrivere con forza. L'ho tenuta dentro per giorni finché non sono esplosa e questo è il risultato. L'unica cosa che mi dispiace è che nella mia testa il testo aveva il forte accento dei personaggi della serie, e avrei voluto riuscire a renderlo, ma non era proprio cosa. Ho fatto quel che ho potuto con l'italiano :)

Riassunto: Dal niente al niente e ritorno.
GNENTE


Il Libanese lo ha ammazzato la banda.
Freddo non pensa ad altro da quando hanno spinto la sua bara dentro quel buco nel muro. Si tiene impegnato a cercare gli assassini, a tenere lontana la mafia, a proteggere quello che è rimasto dell'uomo che rispettava, ma in realtà lo sa bene che se lui non c'è più adesso è perché loro non c'erano quando serviva.
Certo sono comparsi dopo, sotto la pioggia, ma un attimo prima, quando il Libanese era così fatto da non reggersi nemmeno in piedi, loro non c'erano. Se tutti gli avessero prestato un po' più di attenzione nei giorni precedenti, se non si fossero voltati tutti quanti dall'altra parte, fingendo di avere altri cazzi per la testa, lui non si sarebbe ridotto in quello stato e forse non avrebbe avuto da ridire coi Gemito, forse si sarebbe accorto di loro mentre lasciava la casa di sua madre.
Freddo è sicuro che a rimettere a posto tutti quei se, il Libanese sarebbe ancora vivo e questa consapevolezza se lo sta mangiando vivo. E' un topo che da dentro rosica e non gli vuole uscire di bocca. Cerca di venirci a patti da settimane, ma non ci riesce, non finché non lo urla in faccia al Dandi che lo guarda con aria strafottente dall'altra parte del tavolo da biliardo e gli dice che Libano era fuori di testa, che s'era bruciato il cervello e nessuno poteva farci niente perché quello non ascoltava.
Freddo sa che queste cose sono vere e che Libano ci ha messo del suo a sfondarsi di roba. Quello non dava mai retta a nessuno nemmeno quando le cose andavano bene, non ha certo iniziato a farlo quando tutti quanti gli hanno voltato le spalle; però questo non li giustifica. Non possono dire che non è colpa loro solo perché anche lui ha sbagliato.
Freddo pensa che hanno passato la vita dando la colpa a qualsiasi cosa tranne che a loro stessi – allo stato, ai padri assenti, allo schifo in cui vivevano – e devono finirla. E' ora di guardarsi in faccia e dirsi che sono degli stronzi come e più di quelli che fanno fuori, perché non sono capaci di ammettere di aver fallito nell'unica cosa che erano buoni a fare. Sostenere chi li aveva portati ai soldi, al potere, al rispetto non solo di un quartiere ma di Roma intera.
Pijamose Roma e se la sono presa. A loro è rimasta, in pezzi e in briciole, lui invece c'è morto e loro non hanno le palle nemmeno per ammettere le loro colpe, per chiedergli perdono e vendicarlo come merita, non perché era il Libanese, ma perché era loro amico e se lo sono perso per strada.
Dandi non risponde, e con lui tutti gli altri che seduti nella saletta del bar li guardano con occhi vuoti e instupiditi, in attesa di quello che verrà dopo, e qualunque cosa sia non sarà bella.
Ogni cosa in quella stanza parla della tensione che si portano addosso, l'unica cosa che ormai li tiente uniti: la voglia di prendersi a ceffoni, di sfogarsi, di dirsi in faccia l'un l'altro quanto si fanno schifo perché non sanno dirselo allo specchio.
Il Freddo afferra il cappotto e corre fuori, ignorando quelli che, passato il momento, si sentono in diritto di andargli dietro e pretendere da lui risposte che prima di allora non gli aveva mai dato. Da quando Libano è morto è un casino sopra l'altro e, visto che il Dandi se ne frega, vengono a battere cassa da lui. Freddo però non vuole essere un capo – la banda non ha capi – la banda è un mostro senza più una testa che brancola nel buio in attesa di sfaldarsi, pezzo dopo pezzo.
Lasciate che muoia anche lei, senza Libano, lasciate che muoia.
Sale in moto prima che lo afferrino e lo trascinino di nuovo in quel buco lurido sotto le luci al neon, dove non si vedono mai per davvero. Solo frammenti di volto, mai uomini interi.
Tira la moto così tanto che sente il manubrio tremare sotto le dita. Si concentra sul sole, sul vento, su tutto quello che gli ricorda che ancora respira, che ancora vive, che questo senso di soffocamento è soltanto un'illusione. Non sei sotto terra, Freddo. Non sei dietro al cemento. Sei vivo, ma solo. Lui è solo, ed è morto.
Non sa di essere diretto al cimitero finché non parcheggia la moto davanti al cancello e anche allora non si rende conto. Deve percorrere tutto il viale sotto ai cipressi e salire le scale di marmo, deve vedere il muso duro del Libanese che lo guarda incazzato dalla foto sulla tomba per capire dove si trova.
Non si domanda, perché è tutto dolorosamente chiaro. Parla come se non ci fosse niente di più naturale, d'altronde il Libanese è lì perché il Freddo è lì e forse ci sarebbe comunque, anche al bar, alla bisca o al bordello di Patrizia, gli basterebbe portarlo fin là. Non ha bisogno di una tomba, ma la tomba aiuta.
Il Libanese lo ascolta mentre gli dice che è uno stronzo e un coglione, mentre gli chiede che cazzo dovrebbe fare, secondo lui, adesso che è rimasto solo e non c'è più nessuno a tenerli insieme. Lo ascolta quando gli racconta che adesso vogliono ammazzarsi fra di loro e gli avvoltoi girano sopra le loro teste, aspettando un varco per riprendersi un pezzo di Roma bella. E' roba tua, Libane', e ne fanno scempio. E' roba tua e la danno a me, ma io non la voglio. La terrei in caldo solo per te quando torni, ma non torni, quindi che diventi pure fredda, non m'importa, come il marmo, come la morte, come te.
Si siede a terra sotto la foto e pensa al niente che erano quando Libano li ha uniti e al niente che sono adesso che Libano se n'è andato; in mezzo c'è tutto quello che hanno accumulato e, accumulandolo, hanno perso. Dal niente al niente e ritorno.
Ma sono meno che all'andata.

Vuoi commentare? »





ALLOWED TAGS
^bold text^bold text
_italic text_italic text
%struck text%struck text



Nota: Devi visualizzare l'anteprima del tuo commento prima di poterlo inviare. Note: You have to preview your comment (Anteprima) before sending it (Invia).