Personaggi: Karkat, Gamzee, (La Dolorosa)
Genere: Introspettivo
Avvisi: Gen, AU
Rating: PG
Prompt: Scritta per far guadagnare punti alla squadra deivampirli Blood Devils, nel Cow-T di MDC (Missione 1) e per la quarta notte bianca del Carnevale delle Lande per il prompt di Aerith1992 (per altro fraintendendolo): Homestuck!AU
Note: Questa storia me l'aveva chiesta Liz tempo fa dopo aver visto una fan art di Karkat e Gamzee che però non ho salvato quindi non posso linkarla. Vi basti sapere che erano entrambi tenerissimi e Gamzee aveva dei pantaloni così stretti che sembravano calzamaglie (aaw!).
Riassunto: "Mi odiano tutti, non ci voglio andare."
Genere: Introspettivo
Avvisi: Gen, AU
Rating: PG
Prompt: Scritta per far guadagnare punti alla squadra dei
Note: Questa storia me l'aveva chiesta Liz tempo fa dopo aver visto una fan art di Karkat e Gamzee che però non ho salvato quindi non posso linkarla. Vi basti sapere che erano entrambi tenerissimi e Gamzee aveva dei pantaloni così stretti che sembravano calzamaglie (aaw!).
Riassunto: "Mi odiano tutti, non ci voglio andare."
Karkat non vuole andare a scuola.
Quando la mamma entra in camera per svegliarlo, lui si gira dall'altra parte, si raggomitola tra le coperte e nasconde la testa sotto il cuscino. "Sto male, non posso andare," mugola, sperando che lei gli creda.
La donna si siede sul bordo del letto. "Tesoro, lo sai che non puoi restare a casa per sempre," gli dice, pazientemente.
"Ma sono malato," protesta lui ed esce dal suo nascondiglio per mostrare un faccino imbronciato.
La mamma gli posa una mano sulla fronte e sulle guance. "Non hai la febbre," gli fa notare.
Allora Karkat si mette a tossire. "Vedi? Devo avere l'influenza."
La mamma gli lancia lo sguardo. Lo sguardo è inequivocabile: significa che ancora non è arrabbiata, ma che manca pochissimo ed è meglio se non insiste.
Karkat si arrende e con un sospiro che lo scuote tutto, scivola giù dal letto, rimanendo penzoloni per un po' prima di riuscire a toccare terra perché il letto è altissimo e lui è piccolo piccolo. "Ma mi picchieranno di nuovo," protesta, alzando le braccia per permettere alla mamma di infilargli la maglietta.
"Se lo fanno, tu dillo alla maestra."
"Ma mamma!" Protesta lui. "Se lo faccio, diranno che sono un fifone."
La mamma sorride tenera mentre gli pettina i capelli arruffati. "E tu lasciali dire."
"Mi odiano tutti, non ci voglio andare," mugola lui, cercando di convincerla.
La mamma si piega per lasciargli un bacio sulla fronte, sulla porta di casa. "Non è vero che ti odiano tutti, io ti voglio bene," dice, prima di stringerlo in un abbraccio e poi fargli il solletico.
Karkat non può fare a meno di ridacchiare.
Cerca di farsi coraggio lungo tutto il tragitto che da casa porta alla scuola.
Se fa vedere che non ha paura di loro, i ragazzi più grandi lo lasceranno in pace. Questa volta gli terrà testa e non lo picchieranno, andrà sicuramene tutto bene. Se lo ripete così tante volte che quando arriva alla scuola quasi ci crede, ma non dura a lungo perché loro sono già lì che lo aspettano davanti alla porta per non farlo entrare.
"Ecco il granchietto," dice uno, indicandolo. "Guardate che braccia. Ma tua madre te lo dà da mangiare o è troppo povera per fare la spesa?"
Karkat stringe le mani intorno agli spallini dello zaino e respira a fondo, ma non risponde. Fra le tante cose per cui lo prendono in giro, c'è anche che lui e sua madre vivono da soli e devono risparmiare perché lui non ha un papà che possa aiutare la sua mamma con le spese di casa.
"Ehi, il gatto ti ha mangiato la lingua?" Chiede un altro, spingendolo.
Karkat stringe i denti e continua a camminare. Sale le scale e finge di non vederli e di non sentirli, fa anche finta che il ginocchio non faccia male, ma quello fa di tutto per ricordargli che ieri lo hanno preso a calci.
"Dove credi di andare, Vantas?" Esclama quello più grosso. E' un bambino immenso, Karkat ne ha una paura folle perché ha un anno più di lui ma sembra alto come la sua mamma. E la sua mamma è altissima.
Lui comunque non risponde. Pensa che se non gli dà modo di attaccarlo, non lo attaccheranno. Così cerca di superarlo e di entrare a scuola.
"Mi hai sentito?" Il bambino enorme lo spinge e quasi lo fa cadere indietro per le scale. "Tu non puoi entrare."
"La scuola è di tutti," protesta.
"Non degli scemi come te," replica il bambino. Si mette a ridere e lo fanno anche tutti gli altri.
Karkat li osserva sbellicarsi dalle risate e gli viene da piangere. E più gli viene da piangere più si arrabbia perché vorrebbe che le loro parole non avessero nessun effetto su di lui, e invece ce l'hanno.
E' così nervoso che comincia a tremare e quando gli occhi gli si riempiono di lacrime, la rabbia esplode e, non sa nemmeno lui come, ma si avventa sul bambino che ha davanti e gli tira un pugno fortissimo. Quello incassa, ma poi cala il silenzio. Karkat deglutisce così forte che sente le orecchie stapparsi.
"Che cos'hai fatto?" Gli chiede il bambino enorme, una mano a coprirsi il naso che sanguina.
Se lo chiede anche lui. Indietreggia di un passo, ma alle spalle ha le scale e gli altri gli si stringono intorno minacciosi. Non si era mai difeso in nessun modo prima, ora lo ammazzeranno.
Il bambino grasso solleva la mano e Karkat cerca di coprirsi la testa. Quando sente il botto, stringe i denti e aspetta di sentire dolore ma non succede.
Quando apre gli occhi il bambino davanti a lui si sta massaggiando la testa, qualcosa lo ha colpito e gli altri mormorano e indietreggiano, sembrano atterriti. "Andiamo via!" Grida uno.
"Scappiamo," esclama un altro. "E' quello pazzo!"
Karkat si gira e vede che dietro di lui c'è un bambino alto e magrissimo. Porta un paio di calzamaglie viola con dei cerchi disegnati sopra e non ha i pantaloni. Solo una maglietta che gli arriva alle ginocchia. Si è disegnato una maschera da clown sulla faccia con i pennarelli e tiene in mano una clava della palestra. "Bu!" dice all'improvviso e i bulli se la danno a gambe, agitando le braccia.
Quando si gira verso Karkat, però, sorride. "Tutto a posto, fratello?" Dice.
Karkat non sa cosa pensare. "Credo di sì, grazie," mormora.
"Ho visto che ti davano fastidio anche oggi e ho pensato che ti servisse una mano."
Karkat lo guarda stranito e sbatte le palpebre un paio di volte, senza sapere che cosa dire.
"Io sono Gamzee," dice il bambino.
"Karkat."
"Ti prendono in giro perché non hai un papà, vero?"
Karkat si stringe nelle spalle e annuisce.
Gamzee sorride e solleva una clava mentre recupera l'altra che ha usato contro il bambino. "Da oggi non lo faranno più, ci sono io a proteggerti. Saremo migliori amici."
Gamzee gli passa un braccio intorno alle spalle e sorride.
Migliori amici, suona bene.