Fandom: !Fanfiction, Glee
Pairing:
Personaggi: Kurt Hummel, Dave Karofsky
Genere: Introspettivo
Avvisi: Slash, spoiler 1x18 (Born this way)
Rating: PG 13
Prompt: Scritta per la seconda Notte Bianca di maridichallenge, su prompt di Liz (Letterman Jacket).
Note: Adoro questa storiella perché l'ho scritta alle tre di notte, il che ha del miracoloso. Il riassunto piange perché sa di essere brutto, ma non avevo proprio voglia.

Riassunto: Se il malefico piano di Santana ha portato qualcosa di buono, quello è dare a Kurt la possibilità di prendere Karofsky per la manica della giacca e trascinarlo in un gabinetto.
DON'T SAY IT ALOUD (OR IT BECOMES REAL)


La storia dei guardiani nei corridoi è un'idiozia. Non è che Kurt non creda nell'idea in generale, più che altro non crede che possa funzionare nel suo liceo, dove è evidente che se sei sfigato resti sfigato anche se ribalti il mondo per cambiare l'opinione comune. Lui fa parte del Glee club ed è pure omosessuale – punteggio doppio! – e non basteranno certo un paio di pattugliamenti a far capire alla gente che questi non sono due buoni motivi per sfotterlo e schiantarlo contro gli armadietti.
Non basterà nemmeno che a capo di questo nuovo esercito di angeli custodi pronti a tutto per proteggere i reietti della società ci sia Dave Karofsky, che delle granite in faccia alla gente come lui aveva fatto un marchio di fabbrica. D'accordo, Kurt lo ammette, da quando Dave si è pentito – votandosi al culto di Santana – il tasso della criminalità da corridoio scolastico è calato bruscamente, ma è solo questione di statistiche e matematica. Era lui che faceva il maggior numero di danni. Se non c'è lui, i danni diminuiscono. Non potrebbe essere più semplice di così. Ma morto – si fa per dire – un Karofsky, se ne fa subito un altro.
Kurt sa che è solo una questione di tempo prima che un nuovo re venga incoronato, a difesa di un popolo di scimmioni selvaggi ed eterosessuali pronti a ricoprire di ghiaccio e coloranti qualunque cosa sia diverso da loro. Per questo fa la strada verso la classe con lo stesso misto di supponenza e paura che ha sempre provato, prima, dopo e anche durante il trasferimento alla Dalton.
Kurt crede davvero che Dave si sia pentito, però. Non lo credeva possibile quando il preside li ha convocati entrambi nel suo ufficio ma, Santana o meno, ha visto nei suoi occhi qualcosa che prima non c'era, o che prima era nascosto. Non lo sa. Qualcosa che Dave ha così tanta paura di tirare fuori che preferisce negarlo, come se non fosse così teneramente evidente.
Kurt prova per lui una sorta di strano affetto, adesso. Sarà perché Dave sembra più spaventato ora di quando lo ha lasciato qualche mese fa, o forse perché la sua trasferta temporanea gli ha dato modo di pensare e, armato di courage, vede il mondo in tutt'altra maniera. Il punto è che se Dave vuole davvero provare a cambiare, lui non vuole togliersi la possibilità di dargli una mano, non fosse altro per poter dire alla fine, te l'avevo detto. E poi Dave è ormai troppo grande per stare dentro ad un armadio.
Kurt ha deciso di aspettare qualche giorno, vedere come procedono i pattugliamenti, ma soprattutto vedere come si comporterà Dave quando si accorgerà che a pentirsi e dimostrare pietà per il resto del mondo che non gioca a football ma canta e balla, ci si ritrova dall'altra parte e non c'è modo di tornare indietro. Stavolta non gli basterà la scusa di voler vincere il campionato per giustificarsi e dovrà prendere posizione.
Quello che non ha calcolato è che Dave sta pattugliando il corridoio proprio in quel momento e gli viene incontro a grandi falcate che generano involontari, brutti ricordi. L'ultima volta che lo ha visto avvicinarsi in quel modo, è finito contro gli armadietti e il suo telefono si è irrimediabilmente rovinato finendo a terra con un rumore tragico che ancora gli riverbera nelle orecchie, così si ferma immobile come un gatto abbagliato dai fari di un'auto. Ci pensa anche, a infilare il primo corridoio disponibile e fuggire a gambe levate, ma non sarebbe dignitoso. E soprattutto non sarebbe coerente. Se ti fidi, ti fidi, pensa, non è che prendi e scappi.
Dave gli sorride – d'accordo, è più che altro un ghigno, ma può valere come sorriso – e lui si sente così scemo che s'impone di scuotersi. Risponde con una mezza smorfia di supponenza, mentre stringe le mani intorno alla tracolla e deglutisce così forte che gli fa male la gola.
“Va tutto bene?” Chiede Dave.
Lui si affretta ad annuire e poi nota che la divisa da guardiano dei poveri non c'è. Al suo posto è tornata la vecchia divisa rossa e giallognola, quella della squadra, e quella giacca sportiva che è così brutta anche solo a livello concettuale che Kurt non ha mai capito perché sia universalmente adottata come indumento da chicchessia. “E il tuo basco, dov'è finito?” Lo apostrofa.
Dave diventa subito rosso, che è una cosa assurda per uno grande e grosso come lui. “Era ridicolo,” si giustifica.
“E quella giacca no?” Chiede Kurt, ghignando. Senza nemmeno pensarci stringe con due dita la stoffa di una manica e gli tira su un braccio. All'inizio fa un po' fatica perché Dave oppone resistenza, come il diffidente che è, ma poi alla fine lo lascia fare. “Il taglio è datato, cade male a chiunque, indipendentemente dal tipo di fisico, e i colori sono un insulto a qualunque tavola cromatica.”
“E' solo una giacca sportiva,” protesta debolmente Dave. Ma poi, rendendosi conto che qui non si lede soltanto la sua immagine ma anche quella della squadra aggiunge con più vigore, “E' la giacca della squadra!”
“E questo dovrebbe renderla meno ridicola.... perché?”
Dave non è molto bravo con le domande sarcastiche. Non è molto bravo con il sarcasmo in generale, il che lo rende contemporaneamente molto ottuso ma anche molto tenero. Kurt ha da tempo una certa inclinazione per i tipi un po' scemi – Finn ne è un esempio – e la sua vocazione da crocerossina ha un che di antico e romantico che lo fa sciogliere come neve al sole, quando ci pensa. A volte si immagina a recitare in vecchi film in bianco e nero pieni di neve e scene di guerra, mentre stringe tra i denti un fazzoletto. In tempi non sospetti il coprotagonista era il suo fratellastro, ora non ha più un volto. E' una creatura fumosa, ipoteticamente pronta a prenderlo tra le sue possenti braccia.
“Perché è la giacca della squadra,” ripete Dave, che non ha trovato niente di meglio da dire.
Kurt lo guarda con pietosa accondiscendenza, un po' come lo guarda sempre ogni volta che si parla della sua omosessualità. “No, ma dico, ti sei mai visto con quella addosso?” Esclama poi esasperato, quando l'occhiata non è abbastanza per far capire a Dave che sta dicendo idiozie e dovrebbe per lo meno ammetterlo.
Lo afferra e lo trascina lungo il corridoio e dentro il primo bagno che trova, ignorando le sue proteste che si fanno sempre più forti. “No, aspetta!” Sbraita Dave, cercando di divincolarsi ma, terrorizzato alla possibilità di fargli male, lo fa con poca convinzione e quindi i suoi tentativi sono del tutto inutili. A fronte di una differenza di peso notevole, Kurt riesce a portarlo dove vuole. “Io qui dentro non posso entrare! E' il bagno delle ragazze!”
Kurt lancia appena un'occhiata alla porta che ancora ondeggia. “Ho solo bisogno di uno specchio,” lo liquida. “E poi se tanto mi da tanto, è meglio che ti ci abitui.”
“Io non sono una ragazza!” Protesta Dave, mentre Kurt lo spinge letteralmente davanti alla grande specchiera sopra i lavandini.
“Sfido chiunque a non notarlo,” replica Kurt con un sospiro mentre lo posiziona meglio, come fosse un vetrinista e Dave un manichino nella vetrina dei saldi.
Dave aspetta che Kurt lo abbia lasciato andare solo per incrociare le braccia al petto e imbronciarsi. “Non voglio stare qui, Hummel,” sibila stizzito. “Dimmi quello che devi dirmi e fammi andare.”
Kurt questa volta sorride per davvero. Le sue labbra si tendono nel proprio riflesso e Dave un po' lo guarda perplesso e un po' si scioglie. “Beh? Che cos'hai da ridere?”
“Ora ti riconosco,” commenta Kurt, con decisione. “Burbero, cocciuto e infantile. Si può avere un po' più Dave Karofsky e un po' meno guardiano dei corridoi? Mi dai i brividi. E non in maniera positiva.”
Lui lo guarda storto. “Devo tornare a picchiarti?”
Kurt gli sistema la giacca addosso e Dave è così confuso dall'ultimo scambio di battute che nemmeno se ne accorge. “Dovrò introdurti al fantastico mondo delle mezze misure,” commenta. “Dopo averti introdotto al fantastico mondo del...”
“Non lo dire. Io non l'ho ancora ammesso.”
Kurt ride. “Non sai nemmeno che cosa volevo dire.”
“Sì che lo so. Ma non è perché tu sei... sei così, devo per forza esserlo anch'io,” borbotta Dave, che vorrebbe tornare ad incrociare le braccia ma Kurt continua a tirargliele giù lungo i fianchi.
“Così come? Indiscutibilmente bello e affascinante?”
“Anche.”
Il sorriso ironico di Kurt si congela in una specie di smorfia. Si solleva lentamente e, anche se non vorrebbe, il suo sguardo incrocia quello di Dave nello specchio. Si guardano fin troppo a lungo perché Kurt non perda le parole e reagisca con un secondo di ritardo quando Dave non ce la fa più a sopportare l'imbarazzo e questa volta si divincola più violentemente.
“Dave, aspetta!” Gli grida dietro Kurt, ma non serve a niente.
Dave lo strattona e quando lui non molla la presa, deciso a trattenerlo, preferisce scivolare fuori dalla maglia piuttosto che restare ed affrontarlo. Lui e la situazione e tutto quel non detto che a quanto pare ha una gran voglia di uscirgli di bocca.
Kurt rimane ad osservare la porta del bagno che ondeggia anche dopo che Dave è sparito chissà dove e stringe la giacca rossa fra le dita. Ci affonda il naso dentro, e non sa perché, finché la campanella suona.

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