Personaggi: Gale, Liala, il Capitano
Genere: Commedia
Avvisi: -
Rating: R
Prompt: Scritta per far guadagnare punti alla squadra deivampirli Blood Devils, nel Cow-T di MDC (prompt: Prostituzione).
Note: Questa cosa! Questa cosa non so nemmeno cos'è, ma mi piace tanto. Potrei scrivere mille storie su questo universo. Magari lo faccio, chissà?
Riassunto: Si chiede vagamente dove vadano i soldi delle tasse se la giunta comunale non li usa nemmeno per riparare il tetto del municipio. Ne ha una vaga idea conoscendo l'amore del sindaco per le belle donne e, in questo momento, gli va anche bene così perché è proprio al bordello che sta andando e gli serve che quello sia in piedi.
Genere: Commedia
Avvisi: -
Rating: R
Prompt: Scritta per far guadagnare punti alla squadra dei
Note: Questa cosa! Questa cosa non so nemmeno cos'è, ma mi piace tanto. Potrei scrivere mille storie su questo universo. Magari lo faccio, chissà?
Riassunto: Si chiede vagamente dove vadano i soldi delle tasse se la giunta comunale non li usa nemmeno per riparare il tetto del municipio. Ne ha una vaga idea conoscendo l'amore del sindaco per le belle donne e, in questo momento, gli va anche bene così perché è proprio al bordello che sta andando e gli serve che quello sia in piedi.
Questa è una piccola città dove le case sono abbarbicate le une sulle altre, scappare correndo sui tetti non è generalmente un problema. Lo diventa quando ad inseguirlo c'è mezzo corpo di polizia e mentre gli agenti che gli stanno alle calcagna a malapena riescono ad attaccarsi ad un cornicione quando ne saltano un altro non ti fanno molta paura, gli automezzi che lo seguono da terra con sopra i cecchini pronti a far fuoco lo preoccupano un po' di più. Gale si libra nell'aria e atterra sulle mattonelle sconnesse del tetto del municipio, che scivolano facendogli perdere l'equilibrio. Fa appena in tempo ad aggrapparsi alla bandieruola a forma di gallo mentre le mattonelle rotte cadono nel vuoto. Si chiede vagamente dove vadano i soldi delle tasse se la giunta comunale non li usa nemmeno per riparare il tetto del municipio. Ne ha una vaga idea conoscendo l'amore del sindaco per le belle donne e, in questo momento, gli va anche bene così perché è proprio al bordello che sta andando e gli serve che quello sia in piedi.
Si lascia scivolare lungo una grondaia e poi sparisce alla vista degli agenti attraverso un vicolo laterale quasi invisibile che gli è dato di conoscere solo perché gli capita di scappare spesso.
La città è un groviglio di strade, specie quando l'attraversi dal basso, ma non sarebbe il ladro più ricercato – letteralmente, in questo momento – della città se non conoscesse un trucchetto o due per orientarsi anche in corsa e quando gli preme non doversi fermare a leggere i nomi delle strade.
Con la coda dell'occhio segue la fila di negozi alla sua destra e sa che dovrà girare a destra non appena vedrà l'insegna della macelleria. Da piccolo lo stratagemma di inquadrare la strada prendendo come punto di riferimento le botteghe gli serviva per scappare da sua madre, che lo inseguiva col battipanni e cercava di tirargliele perché aveva fatto qualcosa di male. A quanto pare tutta quella ginnastica gli è servita a qualcosa.
Il bordello sorge al confine della città, ma non certo perché sia qualcosa di cui la città si vergogna. Il palazzo è piuttosto grande e non c'era spazio per lui nel dedalo di viottoli che compone il centro, così il sindaco – sempre molto attento alle esigenze delle signorine a pagamento, lo ha spostato vicino alle mura, ed è così ben servito che sta quasi decentrando il traffico verso la periferia.
Decidere di nascondersi là dentro potrebbe sembrare una mossa azzardata, ma è proprio sotto gli occhi di tutti che le cose si nascondo meglio, no? E quello è il primo posto dove la polizia guarderà, quindi lui farà meglio a farcisi trovare dentro.
Sfrutta gli involuti arabeschi barocchi della facciata per arrampicarsi fino all'ultimo piano. Le tendine rosa sono tirate, ma la finestra è aperta, perciò scivola all'interno e sopporta con rassegnata pazienza le grida isteriche delle signorine all'interno. Fanno sempre così, ormai ci ha fatto l'abitudine.
"Scusate! Permesso! Chiedo scusa!" Le sposta una per una con delicatezza perché quelle rimangono lì impalate con i vestiti in mano, sconvolte dalla sua presenza. "Bel completino! Seta, bella scelta! Dio solo sa se non vorrei restare qua dentro! Arrivederci!"
Si chiude la porta alle spalle e per un momento ci si appoggia sopra, tirando un mezzo sospiro di sollievo mentre il gallinaio si spegne nell'attimo stesso in cui lui sparisce dalla loro vista.
Il bordello è organizzato come un vero è proprio albergo. Al piano terra c'è una reception dove i clienti possono richiedere quello che vogliono. Le ragazze e i ragazzi sono divisi per tipologie, così che i clienti e chi lavora ad un piano non possa infastidire con qualche caratteristica particolare quelli che invece hanno altri gusti. La stanza di Liala è al terzo piano e deve sperare che quello sia uno dei rari momenti in cui lei in effetti si trova là dentro invece che in giro per la proprietà ha sistemare questioni, perché non può permettersi di scendere fino al piano terra a cercarla.
Ora che è nel corridoio, cammina con disinvoltura e finge di dirigersi alla stanza che gli è stata assegnata, quindi si infila nell'ascensore foderato di rosso e sopporta con pazienza la musica d'ambiente che lo accompagna per quattro piani.
Al terzo piano ci sono quelle che lui chiama le persone normali. Non che abbia qualcosa in contrario se qualcuno vuole farsi frustrare o preferisce guardare o qualunque altra cosa avvenga dietro le porte di tutti gli altri piani. Ma qui con le donne che si ispirano alla tradizione millenaria di questo lavoro, lui si sente più a suo agio. Si affretta a raggiungere la stanza di Liala e bussa un paio di volte prima di entrare comunque. Mentre lascia andare la sua tracolla per terra e si sta già accomodando, lei esce dal bagno spazzolandosi i capelli. La spazzola finisce quasi subito per terra, quando lei sussulta e caccia uno strillo acutissimo.
"Cosa diavolo ci fai tu qui?" Sibila poi, quando si è ripresa, guardandosi intorno come se qualcuno potesse sentirla.
Gale le regala un sorriso da orecchio ad orecchio. "Non sei contenta di vedermi?"
"No!" Protesta Liala, chiudendosi la vestaglia sul petto e passandosi una mano tra i capelli scompigliati.
Lui si acciglia, rimanendoci male. "Ma come no? Ma che razza di sorella sei, tu? Insensibile mostro senza cuore che non gioisce alla vista del fratello minore che vive di stenti e soffre la fame!"
Liala alza gli occhi al cielo e quindi scuote la testa, lasciandosi andare seduta sul letto e incrociando le gambe. "Primo, tu non stai morendo di stenti. L'ultima volta che ti ho visto avevi un sacco di soldi nascosti da qualche parte in un fosso nel bosco."
Gale sgranò gli occhi e si portò un dito alle labbra. "Shh, ma sei pazza? Anche le mura hanno le orecchie! E poi nessuno dovrebbe saperlo, nemmeno tu! Come fai a saperlo?"
"Eri ubriaco," spiega lei, guardandolo con pietà.
"Oh."
"Secondo, non sono contenta di vederti perché quando quando arrivi tu, succede sempre qualcosa e l'ultima cosa di cui ho bisogno adesso sono altri guai," continua lei. "Quindi, di qualsiasi cosa tu abbia bisogno, prenditela ma poi vattene."
Gale la raggiunge sul letto. "Non posso, ho bisogno di un posto dove nascondermi."
Lei scrolla le spalle. "E' pieno di cassonetti in città."
Gale rotea gli occhi al cielo in maniera molto plateale. "Andiamo! Se mi trovano, stavolta sono finito. E per finito intendo finito-finito, che ti chiameranno, dovrai trovare un velo nero, coprirti da capo a piedi e venire a piangere al cospetto della mia bara."
Liala non sembra affatto impressionata dall'idea della sua morte. "Chi ti dice che ci verrei?"
"D'accordo! Non venire, ma anche così io preferirei non morire affatto, grazie!" Sbotta, incrociando le braccia al petto. "Mi serve solo una stanza in cui chiudermi per un paio di giorni, non chiedo tanto! E tu sei piena di stanze. Quanto personale hai qua dentro fra uomini e donne? Venti, trenta persone? Ci sono duecento stanze, ne potrò usare una, no?"
Liala sospira. "Non è questo il punto. Sono tua sorella, l'unico parente che ti è rimasto in questa città. Questo sarà il primo posto in cui cercheranno. Posso darti tutte le stanze che vuoi, ma me le faranno aprire e a meno che tu non abbia imparato a trasformarti in un comodino, ti troveranno!"
"A questo ci penso io, tu non preoccuparti."
"No, se permetti mi preoccupo. Non posso aiutarti, stavolta."
Gale si acciglia. "Beh, lo farai o sono morto. E tu non mi vuoi morto, giusto? Ricordi cos'ha detto il vecchio quando se n'è andato: tieni d'occhio tuo fratello."
Liala non può ribattere su questo. Ha promesso sul letto di morte di suo padre che si sarebbe occupata di Gale e adesso nemmeno il suo cinismo le permette di buttarlo fuori a calci dal bordello e lasciarlo a cavarsela da solo. Inoltre – e questo è solo un dettaglio, una minuzia quasi invisibile – la loro eredità è congelata fino alla maggiore età di Gale. Se lui muore, niente eredità neanche per lei. E' il modo subdolo in cui suoi padre si è assicurato che lei non lo lasciasse morire in qualche vicolo lurido.
Liala stringe i pugni e si trattiene dal non prenderlo a sberle quando lui la guarda soddisfatto, sapendo di aver fatto leva sull'unica cosa a cui lei non può ribattere. "E va bene, d'accordo!" Concede alla fine. "Posso almeno sapere che diavolo hai combinato e che cosa devo aspettarmi?"
Gale recupera la sua tracolla e fa una smorfia. "Magari è meglio di no. Meno sai, meglio è, sai come si dice," risponde vago. "Quando il Capitano arriverà, tu digli che non mi hai visto. Lui non ci crederà, ribalterà questo posto, non mi troverà e sarà costretto a lasciarti in pace. Dopodiché io me ne andrò e non mi vedrai più... per un po' di tempo almeno."
Liala gli fa strada verso una delle camere dismesse e sospira.
La polizia non arriva subito, come Liala si è aspettata.
Il Capitano, un uomo dai baffi immensi che gli coprono metà faccia e la divisa sempre impeccabile, si prende tutto il tempo di recuperare un mandato prima di presentarsi lì, sicuro non solo di trovarci Gale ma che quello non si muoverà di lì per parecchio tempo. D'altronde dove altro dovrebbe andare quando ha fatto chiudere le porte della città e le strade sono tappezzate con i manifesti della sua faccia? Chiunque lo veda e lo denunci alla polizia, avrà una tale ricompensa da poter vivere di rendita per i due anni successivi. L'intera città è pronta a braccarlo, se necessario; quindi non può andare proprio da nessuna parte.
Quando il Capitano varca la soglia, nel primo pomeriggio del giorno, con un gruppo di uomini, la metà dei quali sono clienti fissi, Liala sta presentando i suoi dipendenti ad un cliente.
L'ambiente è molto confortevole e ricalca in tutto e per tutto l'entrata di un albergo, con il bancone per ricevere i clienti, una bacheca con le chiavi delle camere, il pavimento in marmo bianco e una scalinata che porta ai piani superiori. L'unica differenza è che al posto di un concierge e di facchini vestiti di rosso, ci sono uomini e donne poco vestite, anche se Liala ci tiene molto all'eleganza e quindi il suo personale non è mai volgare. In base al piano su cui lavorano, i suoi dipendenti indossano un colore specifico in modo che siano fin da subito facilmente riconoscibili. Le ragazze hanno tuniche leggere ma lunghe fino alle caviglie – per lasciare un po' di spazio all'immaginazione del cliente, recita lo statuto della casa – e i ragazzi pantaloni stretti ma non troppo aderenti per lo stesso motivo. Quando non stanno effettivamente lavorando, hanno l'obbligo di stare in mostra al primo piano.
"Da questa parte ci sono le ragazze," dice la donna con un sorriso gentile verso il distinto uomo d'affari che è appena arrivato. "Ha la possibilità di sceglierle in base a quella che più le interessa sul momento, oppure consultare i profili che trova nello schedario."
Liala mostra all'uomo un faldone contenente le schede personali di ogni singolo dipendente. All'interno di ognuna di esse erano presenti la foto, le caratteristiche, le specialità e una breve anamnesi che per legge deve comunicare al cliente, anche se attualmente il soggetto è assolutamente sano.
"Quando avrà fatto la sua scelta, e naturalmente può prendersi tutto il tempo che vuole," continua la donna, sempre con il sorriso plastificato della buona venditrice sulle labbra, "mi comunichi il nome e io le darò una stanza. Come può vedere là in alto ci sono delle spie luminose in corrispondenza di ogni nome. Quelle accese indicano che la ragazza o il ragazzo sono impegnati. Naturalmente può sceglierli comunque ma dovrà tenere presente che tra una seduta e l'altra i dipendenti hanno diritto a mezz'ora di pausa. Nel caso, può usufruire del nostro bar per passare il tempo."
L'uomo annuisce, prendendo in mano il faldone per dargli un'occhiata e sfogliando le pagine con estrema lentezza e attenzione. "Quali sono le regole della casa?"
"Sono quelle standard, niente di troppo complicato. Non ammettiamo nessun genere di violenza, fatta eccezione per quella controllata del quarto piano per la quale, comunque, abbiamo procedure particolari che le verranno spiegate nel caso decida di sceglierle," risponde Liala. "Le ragazze e i ragazzi sono a sua disposizione per un'ora a seduta, che verrà pagata in anticipo. Più sedute sono possibili ma, come ho detto, non consecutive. Per periodi di tempo più lunghi occorre una prenotazione e in ogni caso verranno accordati personalmente con me, non esistono piani tariffari. Una volta in stanza, può fare e chiedere quello che desidera nei limiti del consentito. I miei dipendenti saranno a sua completa disposizione. Quello che non le è permesso è richiedere attività particolari se fuori dal loro piano di appartanenza. E' diritto dei miei dipendenti rifiutarsi nel caso ritengano che lei stia violando le regole. Gli abusi non sono tollerati. A parte questo, si goda pure il suo soggiorno qui."
A quel punto la donna si volta, perché il Capitano sta giusto spingendo le porte a vetri con un cipiglio talmente marcato che sembra sia pronto a buttare giù tutto. "Signorina Liala," la saluta con un mezzo inchino e mostrando subito il foglio firmato dal sindaco e controfirmato dal giudice.
"Oh, un mandato," esclama lei, prendendolo e guardandolo da cima a fondo. "Erano almeno due mesi che non ne vedevo uno. Non si è stancato di frugare in queste stanze?"
Il Capitano non si scompone. "Abbiamo motivo di credere che lei stia dando alloggio a suo fratello, signorina. Immagino sappia che si tratta di un reato."
Liala piega il mandato in quattro parti e poi lo consegna ad una delle ragazze perché lo riponga da qualche parte insieme alle centinaia di altri con i quali il Capitano si è presentato in passato. "Non che io lo abbia visto, ben inteso," sorride, "ma ha combinato qualcos'altro?"
"Scommetto che lo sa già."
"No, non lo so," Liala scuote la testa, sempre sorridendo. "Comunque, se vuole, può controllare lei stesso. Non sto nemmeno a darle indicazioni, sa già come fare, vero?"
Il Capitano batte le mani e la squadra si mette sull'attenti. "I suoi dipendenti sono tutti qui?"
"Alcuni sono in camera."
"Li chiami."
Liala usa l'interfono che è collegato con tutte le stanze per richiamare i suoi ragazzi. E' tutto denaro che dovrà ridare indietro e la cosa la indispone, ma finirebbe a perdere molti più soldi se si rifiutasse, per cui non le resta altro da fare che obbedire. Nel giro di dieci minuti, quindici persone sono schierate in fila all'entrata e mentre i suoi uomini salgono di corsa per setacciare i vari piani, il Capitano passeggia di fronte a loro, scrutando le loro facce arrossate e gli abiti un po' stropicciati.
"Lei lo sa, signorina Laila, che se io trovo suo fratello qui dentro lei sarà accusata di favoreggiamento, non è così? La buona reputazione di questo posto non gli impedirà di venire chiuso."
Liala viene scossa da un brivido mentre l'uomo passa in rassegna le sue ragazze, soffermandosi su ognuna di loro e scrutandole con attenzione. "Certo, lo so bene. Ma non lo troverà perché non è qui, perciò sono assolutamente tranquilla," mente.
"Tu," esclama il Capitano, indicando una giovane bionda, con un bel nasino alla francese e una tunica azzurra. "Hai mai visto quest'uomo qui?"
Lei sorride e abbassa gli occhi pudicamente, ma non risponde. Così Liala interviene. "Giada è qui soltanto da qualche settimana, Capitano. E' molto timida, deve ancora ambientarsi," dice, passando un braccio intorno alle spalle della ragazza e stringendola a sé in maniera molto materna. "La prego, non la spaventi con le sue domande."
Il Capitano indugia sul visino arrossato di Giada e dunque passa oltre, scegliendo dal gruppo un ragazzo che sembra più adeguato a rispondere alle sue domande. Li interroga tutti quanti, senza ottenere grandi risultati. Gale è stato lì innumerevoli volte, certamente, ma moltissimo tempo fa. Nessuno lo vede da mesi. Alla fine, dopo due ore di interrogatori, anche i suoi soldati tornano al primo piano, ammettendo che hanno ribaltato anche le pareti ma di quel ladruncolo non c'è traccia.
Liala sta già sorridendo, tenendo loro aperta la porta. "Arrivederci Capitano! E torni a trovarci," cinguetta, sventolando il fazzoletto di pizzo mentre uno dopo l'altro i soldati sfilano fuori. Li osserva allontanarsi e non smette di sorridere finché anche l'ultimo non è sparito in fondo alla strada. A quel punto si volta, il suo viso è la maschera della morte. "Ti ha dato di volta il cervello?" Sbraita.
"Giada? Fra tutti i nomi possibili tu mi chiami Giada?" Sbraita suo fratello, togliendosi di dosso la parrucca e appoggiandola su un tavolino.
"E' il primo nome che mi è venuto in mente, d'accordo? Che ne sapevo che ti saresti presentato qui proprio davanti ai suoi occhi!" replica lei, allibita. "Poteva riconoscerti!"
"Ma non l'ha fatto!" Gale sorride e poi fa una smorfia di dolore. "Fammi togliere queste scarpe, sono micidiali. Si può sapere come fate a portarle tutti i giorni?"
Si toglie le scarpe in maniera sgraziata e si siede a massaggiarsi la punta dei piedi.
Lei lo osserva ancora arrabbiatissima. "E adesso che cosa pensi di fare?"
"Riposarmi, magari? Aspetterò che abbia finito di cercarmi ovunque e rinunci. Non appena riaprirà le porte della città, me ne andrò di qui e tu sarai libera."
Liala sbuffa una risatina ironica. "Non ti aspetterai di stare qui a sbafo, spero. Oggi ho perso un sacco di soldi per colpa tua."
Gale si stende comodo su uno dei divanetti, incurante di avere ancora addosso la tunica di Giada. "Lo sai che posso ripagarti. Devi solo aspettare che possa lasciare la città."
"Certo, così puoi non tornare più."
"Liala, cosa vuoi che faccia? Di certo non posso lavorare qui."
In quel momento, si avvicina l'uomo d'affari che stringe ancora al petto il faldone. "Signorina Liala, mi perdoni, ma non riesco a trovare il profilo di Giada nello schedario."
Gale non fa in tempo ad urlare, che lei l'ha già preso amorevolmente per un polso. "Oh, accidenti, dev'essere andata perduta," sorride amabile. "Ma non si preoccupi, posso spiegarle tutto a voce."
Giada cerca di attaccarsi al divano, ma inutilmente.