Personaggi: Bill, Bushido
Genere: Commedia
Avvisi: Slash
Rating: PG 13
Note: Dunque, questa shot nasce dal fatto che per raggiungere la soglia minima di Gennaio per FDP mi mancavano esattamente 666 parole, quindi mi sembrava d'obbligo scrivere una storia che ne contasse esattamente questo numero. Il titolo proviene da una spilla che io bramo da sempre e che recita, appunto, 668 neighbour of the Beast. Questo non è decisamente il Bushido che sono abituata a scrivere e la storia non è un granché, ma io le voglio molto bene perché non ha fatto tante storie per farsi scrivere. *Spuccia shottina* Per chi non lo sapesse, quella delle circostanze confuse è ovviamente una citazione di Liz!Eko. Era un tormentone irrinunciabile :)

Riassunto: Io sono Bushido, okay? Vogliamo ripeterlo, sì? Io sono una leggenda.
668, IL VICINO DELLA BESTIA


Io sono un uomo sicuro di me stesso.
Quando prendo una decisione, non la rimpiango mai, anche se il resto del mondo magari mi guarda e si chiede se invece non dovrei farlo. E' una questione di orgoglio maschile e di orgoglio del ghetto, due elementi che non andrebbero mai mischiati insieme dal momento che danno vita a miscele esplosive dei cui effetti negativi la mia persona è un esempio più che perfetto.
Tutte le mie decisioni nascono dall'estro del momento, il che equivale a dire che se qualcosa mi fa partire la brocca io decido un certo corso di eventi e poi, generalmente, ne affronto le conseguenze. Ora, dal momento che faccio sempre le cose senza realmente pensare a queste conseguenze, ma piuttosto scrollando le spalle e decidendo che qualunque esse saranno io sarò ben in grado di sopportarle, visto che io posso tutto, mi ritrovo sempre a dover risolvere una serie di problemi collaterali. Generalmente si tratta di gente che mi odia, gente che mi vuole morto e gente che prova a farmi fuori, quindi è facile. Insomma, io ci sono nato in mezzo a queste cose, non è che siano difficili da gestire. Non era mai capitato prima di oggi che non mi riuscisse. Io sono Bushido, cazzo, sono il re dei re. Io non solo riesco in tutto ciò che faccio, ma quello che faccio è tipo la cosa migliore che potesse essere fatta nel preciso momento in cui la faccio io.
Io sono Bushido, okay? Vogliamo ripeterlo, sì? Io sono una leggenda.
Eppure stavolta guardo fuori dalla finestra e mi tocca ammettere che ho sbagliato – anzi no, perché il sottoscritto non sbaglia mai – diciamo che circostanze confuse mi hanno indotto in errore. O qualcosa del genere. Insomma, io ho visto Bill Kaulitz, ci siete? La prima volta, intendo, quella che tutti nel mondo condividiamo, ossia quando accendi la televisione e lo scambi per una femmina, presente? Lo abbiamo fatto tutti. Ecco, io lo vedo e dopo averlo visto quella volta lì, lo vedo altre mille volte, tipo, ovunque e mi rendo conto che il ragazzino si sta impossessando della Germania armato solo di un paio di ciglia finte – perché di cantare, vero, non è mica capace. Un paio di ciglia finte, non so se mi spiego. E la Germania è mia. Non posso permetterlo. Così dopo che l'ho visto sculettare un paio di volte penso che non posso perdermi quest'occasione. Immagino che serva qualcuno con una faccia come il culo che vada in televisione e lo castighi. E' chiaro che servo io. Mi immagino che dopo che gli ho chiesto un pompino, per lo meno mi denunci per molestie. Sarebbe un sacco di pubblicità gratis. E invece quello prende casa vicino a me e mi riempie la cassetta della posta di lettere. La veranda di rose. E il muro di fronte – che Dio lo fulmini – dei testi strampalati delle sue canzoni di merda. Io decido di essere disgustoso e lui s'innamora.
E la demoniaca insistenza con la quale mi perseguita è intollerabile, senza contare che questa storia l'ho iniziata io, quindi dovrei essere io a tormentarlo. Non ha senso, deve finire. E quasi mi chiedo se non dovrei chiamarlo io il mio avvocato e denunciare lui per molestie.
Quando suona il campanello, sono già pronto ad avvisarlo che lo lascerò in mutande a furia di denunce. “Senti ragazzino io-”
“Stai zitto,” mi fa, gettandosi alle spalle il piattino con i biscotti che si era portato dietro per fingere di seguire la regola del buon vicinato. Mi si pianta lì davanti con le mani sui fianchi e continua inviperito: “Le lettere non le leggi, i bigliettini nei fiori neanche e, a quanto pare, nemmeno le scritte sui muri sono abbastanza esplicite. Cosa devo fare con te? La risposta è sì.”
“Di cosa diavolo stai parlando?”
Lui sospira teatralmente come la diva navigata che è e mi spinge dentro casa senza dire una parola. L'attimo dopo capisco. A quanto pare sarà davvero lui a lasciarmi in mutande.

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