mario lopez+shane sparks

Le nuove storie sono in alto.

Personaggi: Mario Lopez, Shane Sparks
Genere: Humor, Romantico
Avvisi: slash, spoiler sulla finale della s4 di ABDC
Rating: PG 13
Note: Non avrei mai pensato, in vita mia, di scrivere qualcosa su Mario Lopez. Ma in vita mia non avrei mai pensato nemmeno di scrivere fanfiction slash su delle persone vere in generale quindi, in sostanza, cosa non avrei mai pensato in vita mia conta veramente poco.
I riferimenti all'ultima puntata della quarta serie di America's Best Dance Crew sono tutti veri, compreso il dialogo tra Mario e Shane durante la puntata (quello in camerino no, ovviamente xD). L'esibizione degli Afroborikè in questione è questa (minuto 0.04, per essere precisi). E Julio è il cagnolino che Mario ha comprato di recente e del quale ci parla costantemente sul twitter (raccontandoci anche di come, appunto, si sia gettato nella piscina rischiando di annegare perché è di una razza che non può farlo, il bulldog mi pare).

Riassunto: Lo sentiva nell'aria dove sarebbe andato a parare e lui davvero, davvero non voleva.
BURRITO Y YO


Dopo quattro serie, Mario sapeva ormai per esperienza che le finali erano sempre più faticose di tutto quanto il resto e non tanto perché presentarle fosse particolarmente complicato – lui alla fine diceva le stesse identiche cose, nello stesso identico ordine da quattro anni e mezzo e questo perché nessuno si fidava che potesse effettivamente mandare a memoria altre frasi – ma perché l'intera puntata era strutturata in maniera diversa rispetto alle precedenti sette ed era vagamente più libera, perché c'erano più tempi morti, e il miglior modo di riempirli era fare casino.
A Mario il casino non piaceva perché non sapeva gestirlo, non era quel tipo di presentatore in grado di tenere a freno due persone che litigavano o che passavano i limiti; non era neanche un presentatore in generale, a dire il vero, quindi l'idea di qualcosa che potesse andare fuori controllo lo innervosiva.
America's Best Dance Crew lo faceva sentire sicuro proprio perché era prevedibile in maniera commovente, non c'era niente che non accadesse nell'esatto momento in cui la sua bella scaletta ordinata non lo prevedeva: presentazione di una crew, esibizione, giudizio dei giudici e pubblicità. Una via l'altra per il numero totale delle crew rimaste meno le due in fondo alla classifica che si scontravano fra di loro. Poi la chiacchierata con la crew uscente e il suo collaudato “E' tempo che lasciate il palco per l'ultima volta e, mentre lo fate, il vostro stendardo deve cadere” del quale era ragionevolmente orgoglioso perché suonava bene ed era stato un suo pregevole contributo alla lista di frasi preimpostate all'inizio della seconda stagione; perfino Randy Jackson gli aveva tirato un paio di pacche sulla spalla e si era congratulato con lui per lo spirito d'iniziativa. Questo, naturalmente, valeva per tutte le puntate tranne la finale che, appunto, prevedeva tutt'altre cose e – soprattutto – dava molto spazio al trio di giudici, un avvenimento in grado di far cadere Mario nella paranoia più profonda.
Non è che lui avesse qualcosa contro i giudici in generale, e nemmeno contro quei tre in particolare, che tutto sommato erano un gruppo molto gestibile. Il problema era Shane – lui come individuo, per altro, non come giudice – perché da solo poteva generare momenti di potenziale catastrofe. Anzi, lo faceva sempre, soprattutto durante la finale perché sentiva nell'aria il profumo della fine della stagione e si agitava oppure, semplicemente, perché gli piaceva metterlo in imbarazzo, fare il cretino con le ballerine e poi ridere quando lui andava nel panico oppure s'imbestialiva. O, nella peggiore delle ipotesi, si imbestialiva andando nel panico.
La quarta stagione era stata particolarmente divertente per una serie di novità fra le crew e per l'indiscutibile talento di un paio di esse che poi, tra l'altro, erano anche arrivate in finale. Mario era un po' emozionato all'idea che quest'anno, che fossero gli Afroboriké a vincere oppure le We are heroes, una donna avrebbe sollevato in aria il trofeo. Non era mai successo, era una cosa nuova della quale poter gioire senza per questo sentire la pressione dell'imprevedibilità.
Tra le altre cose, forse avrebbe anche dovuto smettere di fantasticare a bordo palco, perché le due crew finaliste stavano per concludere l'esibizione congiunta e lui doveva salire sul palco esattamente allo spegnersi della musica. “Cazzo, Mario, devi fare quattro cazzo di cose in tutta la puntata, falle almeno quando cazzo devi farle!” gli diceva sempre Randy, con quel suo modo di parlare come parla la gente del ghetto. O così almeno credeva, perché lui nel ghetto non c'era mai veramente stato, giacché veniva da San Diego e suo padre faceva l'impiegato statale. Forse non erano ricchissimi, ma di sicuro non così poveri da vivere per le strade.
Salì correndo un po' i gradini che portavano sul palco mentre i ragazzi si dividevano nei loro due gruppi. Dedicò qualche complimento alle crew, prima di chiedere ai giudici i loro pareri finali. Evitò accuratamente di guardare Shane mentre gli chiedeva degli Afroboriké perché lo sentiva nell'aria dove sarebbe andato a parare e lui davvero, davvero non voleva.
“Innanzi tutto volevo farvi i complimenti,” esordì Shane che, bene o male, non aveva mai esordito in altra maniera “perché all'inizio di questa stagione nessuno aveva la minima idea di cosa facevate e adesso guardatevi, siete in finale!” Shane volse lo sguardo su di lui, invece che sui ragazzi portoricani, ben consapevole che lui era lì ad aspettare di sentirgli dire solo quello, oppure qualcosa di straordinariamente simile. “Di tutti i momenti pazzeschi che ci avete regalato, però, uno è senz'altro quello che preferisco!”
Ecco, pensò Mario, ci siamo.
Shane si mise a ridere prima ancora di spiegarsi, il che non fece altro che dimostrare la veridicità delle teorie di Mario che sospirò e attese mentre la regia mandava il replay di una delle puntate precedenti in cui i tre ragazzi della crew avevano preso le ragazze per il collo, tenendole ferme fra le proprie gambe, in una sequenza di ballo così sensuale che, per tenerla, Randy aveva dovuto litigare con più di una persona.
Il pubblico esplose in un boato di fronte alle immagini e Mario guardò Shane come l'avrebbe guardato se lo avesse trovato a guardarsi un film porno durante la notte, che poi era un po' la stessa cosa visto che i ragazzi degli Afroborikè non guardavano ai limiti della decenza se dovevano rigirarsi le loro ballerine.
“Sapevo che quello sarebbe stato il tuo momento preferito, Shane,” sibilò con lo stesso tono con il quale gli comunicava che non lo avrebbe toccato mai più nei secoli dei secoli giusto un secondo prima che l'altro mandasse in frantumi i suoi propositi; ma sorrise a favore di camera così che il mondo potesse prendere quell'affermazione per cameratismo. Cameratismo, il cazzo.
“Taci” lo apostrofò Shane. “Taci perché era anche uno dei tuoi momenti preferiti, ne abbiamo già discusso.”
Non ne avevano esattamente discusso, anche perché c'era poco da discutere sull'oggettiva sensualità di tre donne in mano ad altrettanti uomini con un movimento pelvico da scossa sismica. Quello che avevano discusso, più che altro, era stato se guardare le ragazze oppure i ragazzi perché quello era un argomento che ancora li riempiva di dubbi, fin da quella prima notte di quattro anni prima quando si erano ritrovati a condividere il letto per colpa di una delle ubriacature più grosse che entrambi ricordassero. E dire che Mario era finito a quattro di bastoni sul pavimento molte volte nel corso della sua vita, non era uno che non reggeva l'alcol; ma qualunque cosa fosse quel vino che J.C. gli aveva regalato quella sera, sia lui che Shane – passato di lì totalmente per caso, e anche totalmente convinto di concludere la serata con una ballerine random delle trenta che aveva a disposizione – avevano perso totalmente la brocca.
Come poi erano andati avanti tra alti, bassi e Lil'Mama, senza che un altro goccio di quello stesso vino fosse coinvolto anche per vie traverse, ancora non lo sapevano. Ma avevano deciso di saperlo, un giorno, e per tanto si ritrovavano ancora ogni sera e, fra una cosa e l'altra, ne discutevano. Anche se poi erano una cosa e poi l'altra a tenerli impegnati.
“Ancora non so come siamo riusciti a passarla liscia con questa cosa!” Stava dicendo Shane e Mario si voltò di scatto, convinto per un attimo che quella di cui stava parlando fosse la loro una cosa – oppure l'altra – ma poi si rese conto che stava ancora parlando dei ballerini, dei loro bacini e delle donne che se li erano visti agitare davanti. Shane sapeva essere ridondante quando entrava in fissa con una cosa e oltre a non fare altro che ripeterla, rideva pure nel farlo, come se fosse una gran trovata.
Alla fine toccò anche agli altri giudici e Mario si rifiutò insistentemente di posare gli occhi su Shane che probabilmente era ancora perso nel suo trip mentale in cui i ballerini afferravano di nuovo le ballerine per il collo. Avrebbe impiegato mesi a levarglielo dalla testa e forse ci sarebbero volute altre coreografie. O una badilata, Mario doveva ancora decidere.
Dopo le cose erano filate piuttosto lisce. C'era stato l'annuncio del vincitore e un sacco di amore sul palco, naturalmente, con i coriandoli e i fuochi d'artificio – Mario aveva sempre trovato la cosa molto d'effetto, anche se forse un po' pacchiana visto che i coriandoli e i fuochi d'artificio c'erano anche alla festa dei burritos del suo quartiere e quelli non si addicevano granché ad una gara di ballo conosciuta a livello internazionale. Il discorso di Randy era stato lungo e noioso e anche un po' ripetitivo, pieno di tutti quegli intercalari che lui provava sempre a ripetere senza riuscirci e che facevano sempre ridere Shane – che di Yo! Yo! riempiva le frasi come se piovesse perché tanto erano gratis – come non ci fosse un domani.
Era contento che fosse stata Hiroka a sollevare la coppa e rispondere, con quel suo inglese stentato, alla domanda su come ci si sentisse ad essere la prima crew tutta femminile a vincere la coppa. Lei aveva detto: “Non lespilo” quando le era mancato il fiato per l'emozione e a lui aveva fatto tenerezza perché quella ragazza non aveva beccato una R che fosse una dall'inizio del programma. Gli Afroboriké e il loro ritmo latino avevano scodinzolato un po' su titoli di coda, ma Mario aveva fatto in modo di mettersi tra Shane e Veronica che era il sogno proibito del coreografo dal primo giorno. Quindi si era dato alla macchia, giusto per far capire che non tirava aria e che qualcuno, se proprio voleva, doveva venire strisciando e farsi prendere parecchio a pugni prima di farsi perdonare.
Shane non era arrivato strisciando, ma ondeggiando e pavoneggiandosi in tutti gli specchi che aveva incontrato dal proprio camerino a quello di Mario, che aveva una stella con il suo nome e un buffo cartello con su scritto “Attenti al cane” anche se Julio, poverino, non avrebbe fatto del male ad una mosca, visto che, quando non dormiva, era impegnato a gettarsi nelle piscine dove rischiava di affogare, per cui...
Shane bussò con disinvoltura e poi entrò senza aspettare il permesso. “Se ti aspetti che mi scusi, sei fuori strada,” disse subito. “Anche perché non ho fatto niente.”
“Tu non fai mai niente, tranne mettermi in imbarazzo.”
Shane lo avvolse in una morsa da orso, passandogli velocemente le nocche sulla testa con il doppio intento di spettinargli i capelli impomatati e, probabilmente, anche di perforargli la testa in una sola abile mossa. “Io non ho alcun bisogno di metterti in imbarazzo, Mario, perché lo fai già da solo stando al mondo,” commentò.
“Stronzo.”
“Sì, lo so, sono meraviglioso e non puoi starmi lontano,” rise il coreografo.
Mario, che aveva la mobilità di un ciocco di legno, ci mise quasi due minuti prima di tornare diritto mentre Julio abbaiava felice, scodinzolando intorno a Shane che aveva sempre qualcosa da mangiare da dargli, nelle tasche. “Oh posso starti lontano eccome.”
“Finirò per dover prendere per il collo anche te.”
Mario sgranò gli occhi. “Se il tuo pube si avvicina al mio viso anche solo di mezzo metro, ti massacro di botte,” commentò, ben sapendo di poterlo fare. Era stato un campione di lotta mica per niente.
“L'accusa è retroattiva?” Rise Shane. Mario gli tirò un pugno su una spalla che lo ribaltò sul divano, dove continuò a ridere. “Allora, dove andiamo a mangiare?”
“Noi non andiamo da nessuna parte,” puntualizzò il presentatore. “Sono arrabbiato.”
Shane annuì. “Si come no. Ok, decido io,” concluse alzandosi e spintonandolo fuori dal camerino poco garbatamente. “Ecco cosa faremo: tu porterai il tuo bel culo messicano e arrabbiato al ristorante cinese e poi, in camera mia, io farò in modo che torni soltanto messicano.”
“Non smetterà di essere arrabbiato dopo due involtini primavera,” commentò Mario, mentre entrambi uscivano dagli studi di Los Angeles e si mettevano il casco.
Shane aspettò che Mario fosse salito sulla moto e poi salì anche lui, ghignando. “Gli involtini saranno solo l'inizio,” spiegò. Mario sentì un brivido lungo la schiena anche se il rombo di accensione aveva coperto le parole dell'altro. C'era qualcosa nell'aria, l'aveva detto, doveva essere la primavera.