Fandom: !Originali
Pairing:
Personaggi: Miguel, Matias, Dimitri
Genere: Drammatico, Introspettivo
Avvisi: Slash, Angst
Rating: R
Prompt: Scritta per far guadagnare punti alla squadra dei vampirli Blood Devils, nel Cow-T di MDC (prompt: Prostituzione).
Note: Ogni settimana una storia del Cow-T!Verse? Forse, non lo so. Se vogliono farsi scrivere... Intanto questa c'è. Miguel - che un tempo era Michele - non è ancora stato vampirizzato e Dimitri fa un ultimo tentativo per riportarlo in Paradiso.

Riassunto: Questa gente è persa e ti stai perdendo con loro.
RATHER THAN BE LESS, CAR'D NOT TO BE AT ALL

Miguel aveva acconsentito a parlare con Dimitri soltanto in virtù della vecchia amicizia che li aveva legati per una parte considerevole della loro esistenza. Questo prima che il proprio libero arbitrio fosse considerato inappropriato fra le schiere degli angeli e lui venisse cacciato. In realtà una scelta gli era stata data, ma naturalmente era obbligata come ogni altra prima di quella, perché il paradiso non ammetteva mai risultati diversi da quelli previsti. Si era stati disposti a perdonarlo, ad essere comprensivi, a considerare i suoi brutti pensieri un momento di confusione; naturalmente solo se avesse ammesso che si sbagliava, che loro avevano ragione e che l'attrazione fortissima e sincera che provava per una creatura che invece avrebbe dovuto uccidere in quanto abominio agli occhi del cielo fosse soltanto una fase dalla quale certo sarebbe uscito con l'aiuto dei suoi fratelli. Aveva risposto di no.
Dimitri lo aveva accompagnato ai confini dei territori degli angeli. Era una bella notte e si erano fermati a parlare in un bar solo per allungare il tempo che ancora potevano passare insieme. Dimitri era così profondamente sconvolto da quello che era successo che Miguel si era perfino sentito in dovere di consolarlo.
Miguel conosceva Dimitri da almeno tre secoli, cioè da quando Gabriel lo aveva portato da lui perché gli facesse da mentore. Allora Dimitri non era che un cosino arruffato, le cui ali dovevano ancora mettere le piume più alte mentre lui era all'apice della sua forza e al comando delle legioni già da vent'anni. Era anche molto stupido allora e l'idea di dover togliere tempo all'esercito per stare dietro ad uno degli ultimi arrivati gli era sembrata quasi una punizione. Era un compito, quello, di cui avrebbe potuto benissimo occuparsi qualcuno degli altri, non certo lui che aveva così tanto da fare. Ma gli ordini di Gabriel non erano discutibili e Miguel – che allora era Michele – non aveva potuto far altro che predere Dimitri con sé ed insegnargli tutto ciò che doveva sapere per prendere il suo posto nelle schiere celesti.
Dimitri era stato un buon allievo e un discepolo fedele. Determinato e attentissimo, aveva seguito le sue lezioni e fatto proprie le sue strategie e i suoi metodi di organizzazione, attacco e difesa, tanto che adesso occupava il posto che Miguel aveva lasciato vacante. Si fosse trattato di qualsiasi altro, Miguel si sarebbe indispettito, ma sapeva che era un vanto averlo addestrato così bene da renderlo pronto a ricoprire il suo incarico. Dimitri lo era perfino troppo. A differenza di Miguel, era legato alle tradizioni, ne era fortemente ossessionato e mancava di quella che Miguel definiva la capacità critica di interpretarle. Se c'era un difetto che gli si potesse attribure, quella era la sua inabilità a mutare nel tempo per adattarsi realmente a ciò che lo circondava. Egli guardava al cielo come unica regola, dimenticando di osservare con attenzione l'umanità che cercava di proteggere. Ma era un difetto che condivideva con la quasi totalità degli angeli, la quale dimostrava uno strano modo di perdonare le persone. L'unica cosa che lo salvava dal disgusto che Miguel provava per la sua stessa gente, era l'affetto che aveva sviluppato crescendolo e il fatto che Dimitri fosse davvero un puro di cuore, cosa che gli arcangeli – lui compreso – avevano smesso di essere da tempo.

Il luogo in cui Miguel aveva accettato di incontrare Dimitri era una sorta di lounge bar, ricavato da un vecchio capannone abbandonato nella zona industriale aldilà del fiume, proprio nel cuore stesso del territorio dei vampiri. Miguel non aveva mai capito che cosa ci trovassero loro nelle lamiere dimesse, ma sembravano tutti quanti attratti morbosamente dall'idea decadente dei luoghi abbandonati. La zona industriale in particolare era un cimitero in cui le vecchie fabbriche automobilistiche smantellate sembravano scheletri di giganteschi animali accasciati su un fianco. Miguel le aveva sempre trovate molto tristi.
L'Esqueleto Negro era costruito su due piani e sfruttava tutta l'altezza del capannone, dividendolo per verticale in due metà perfette. La parte sottostante era aperta a chiunque avesse del denaro contante da consegnare alla cassiera. Era la metà perfettamente legale del locale dove la gente aveva a disposizione tre sale di musica diversa e altrettanti bar per stendersi come voleva.
La parte superiore ufficialmente non esisteva. Enormi vampiri facevano la guardia di fronte alle entrate e avevano l'ordine di fare passare solo la clientela selezionata che era stata informata precedentemente della parola d'ordine o che, molto più frequentemente, aveva diritto al passaggio per questioni d'affari. Dimitri non rientrava in nessuna delle due categorie e si chiedeva se gli sarebbe stato permesso di passare o se avrebbe dovuto richiedere insistentemente che Miguel si degnasse di scendere per lui, possibilità che sembrava perfettamente in linea con il nuovo atteggiamento di Miguel.
Quando consegnò il denaro alla ragazza alla cassa, per un attimo quella lo scrutò da capo a piedi con un sorrisetto compiaciuto finché non colse il suo profumo e allora arricciò il naso infastidita, ringhiando leggermente mentre gli consegnava il resto, ficcandoglielo in mano con forza. Dimitri pensò che fosse un esempio perfetto di quello che erano i vampiri: creature accecate dalla bellezza, che solo dopo esserne state ipnotizzate e poi corrotte si accorgevano di quello che avevano davvero davanti.
Si avventurò lentamente all'interno del locale mentre la gente si faceva largo a spallate intorno a lui e rideva, persa nell'oblio dell'alcol e nell'aria febbricitante del venerdì sera. Per quanto cercasse di non guardare, ovunque posasse gli occhi non vedeva che umanità disperata che si illudeva di divertirsi. Quello che aveva visto nei soli due metri quadri che aveva appena percorso era sufficiente a fargli venire voglia di tornare indietro. Sentì le ali fremere, invisibili sulle sue spalle ma le ignorò, proseguendo.
All'interno del locale il numero dei vampiri e quello degli esseri umani era quasi lo stesso. I primi erano ovviamente consapevoli dei secondi, ma non valeva il contrario; comunque l'angelo era certo che non si trattasse di un mattatoio, cioè un luogo in cui esseri umani venivano condotti con l'inganno e dove era più facile cibarsi di loro ma, soprattutto, dove non c'era bisogno di pensare a sbarazzarsi del corpo perché c'erano persone che se ne occupavano al posto tuo. Una sorta di servizio aggiuntivo per abbonati. Naturalmente si trattava di attività illegali che violavano i patti. I vampiri erano liberi di cacciare, non di giocare al massacro. Gli angeli sapevano che ce n'era uno in città e lo cercavano da mesi, ma i mattatoi erano difficili da individuare, non possedevano l'insegna brillante dell'Esqueleto Negro e nemmeno gli informatori amavano parlarne perché rivelare l'ubicazione di un mattatoio non era un tradimento che veniva perdonato. Qui davvero si ballava e basta e a giudicare dal gruppo di uomini di Antonio in fondo alla sala, anche i cavalieri non sembravano disdegnare il posto.
Scosse la testa e raggiunse la creatura enorme che guardava la porta. Era infilata in un completo elegante che non solo faceva a pugni con il dress code della serata ma faticava a contenerlo tutto.
"Vorrei salire al piano superiore, per favore," disse con tranquillità.
Il vampiro non si mosse e lo guardò con sdegno, le mani incrociate di fronte sé. "Non c'è niente da vedere, amico."
"Quindi ti hanno messo a guardia della porta di uno sgabuzzino?"
Il vampiro si accigliò, vedendosi preso in giro. "Io guardo che gli stronzi come te non rompano le palle, bello. Vedi di fare un giro prima che m'incazzi davvero."
Dimitri sospirò, stancandosi presto dell'atteggiamento. "Devo vedere Miguel."
"Oh, perché non lo hai detto subito? Allora prego, passa pure. Aspetta solo che vada a prenderti il tappeto rosso," sputò il buttafuori, ironico.
Dimitri stava per rispondere, quando un altro vampiro, fisicamente molto più giovane del primo si staccò dal muro lì di fianco dove stava appoggiato e sbuffò con fastidio. "Blas, lascialo entrare. Miguel lo sta aspettando," disse, facendogli cenno con la testa di aprire la porta. "E ti do un consiglio, impara a riconoscere almeno i capi delle bande. Potrebbe tornarti utile."
Il buttafuori grugnì delle scuse poco sentite e quindi aprì la porta per loro, lasciandoli passare. Dimitri seguì il vampiro più giovane su per una stretta rampa di scale. "Non la prendere sul personale. Blas non è molto sveglio, faceva solo il suo lavoro," disse, voltandosi un attimo. "Qui lo sapevamo tutti che saresti venuto. Insomma, Miguel ci aveva avvertito."
Dimitri annuì comprensivo. "Posso immaginarlo. Comunque grazie per aver intercesso per me..."
"Cruz. Mi chiamo Cruz," annuì il vampiro. Poi si fermò in cima alle scale, sbarrando la porta e quello che c'era dietro. Sembrò pensoso per qualche istante. "Senti, senza offesa, ma io non ho mai avuto molto a che fare con voialtri. Non sono, diciamo, uno di quelli che bazzica le strade quindi...So che siete molto, come dire, tradizionalisti su certe cose e questo posto ecco," emise una risatina nervosa, "è tutto meno che tradizionale."
Dmitri sorrise divertito per la quantità di parole che Cruz era riuscito a pronunciare nel breve arco di tempo che li aveva portati in cima a due rampe di scale. "Sei molto gentile, Cruz, ma credo di poter gestire qualunque cosa stia avendo luogo in questo posto."
Cruz allargò le braccia e sorrise in maniera così sincera che nemmeno i canini acuminati che spuntavano appena dietro le sue labbra riuscirono a dimezzarne l'effetto. "Volevo solo esserne sicuro, amico. Non tutti vogliono vedere queste cose. Questione di gusti, no? Per dire, io lo so che facciamo schifo a tanta gente. Non è che ci perdo il sonno, ma non te lo sbatto in faccia, ecco. Non lo so, è una questione di educazione. Vieni, allora, ti faccio strada."
Dimitri lo seguì oltre una tenda nera, dietro la quale si apriva una stanza ancora più buia di quella dalla quale provenivano. L'ambiente era diviso da separé che servivano a dare una parvenza di intimità ma in sostanza ogni singola zona era piuttosto esposta ed era possibile vedere cosa vi accadeva all'interno quando ci si passava davanti. Comunque gli occupanti dei vari cubicoli non sembravano farci caso.
Erano uomini soli, più raramente in gruppo, che si intrattenevano con le ragazze messe loro a disposizione dal locale. Erano tutte quante umane, Dimitri ne vedeva chiaramente l'aura brillare nel buio, per quanto sporcata dagli atti in cui erano coinvolte. I gemiti che riempivano l'aria erano nauseanti e provò il forte impulso di chiudersi all'interno delle proprie ali per non venire toccato da ciò che lo circondava.
Un casellario appeso accanto alla porta, conteneva targhette simili a quelle indossate dai soldati, ognuna con un numero diverso. Ne mancavano dieci, come le ragazze presenti nella stanza.
Incrociò lo sguardo di una di esse. Era bionda, poco più che una ragazzina, che se ne stava piegata su un tavolo, la testa sorretta da un braccio e l'aria annoiata di chi sta solo aspettando qualcosa. L'uomo dietro di lei era vecchio abbastanza da poter essere suo padre. Le stringeva i fianchi con mani nervose e se la tirava contro sbrigativamente, rendendo il gesto se possibile ancora più vuoto di quanto non lo fosse già in una stanza adibita soltanto allo scopo. Nelle mani che la ragazza lasciava pendere giù dal tavolino, c'erano i soldi che le spettavano, le banconote erano spiegazzate come la gonna che aveva ancora addosso.
"Non farci caso," gli disse Cruz, notando il suo sguardo. "E comunque sono tutte quante maggiorenni. Non siamo illegali in quel senso. Miguel è stato categorico e io sono d'accordo, amico. Insomma, tutti abbiamo avuto delle sorelline o delle cuginette, no?"
"Questo non rende le cose migliori," gli fece notare Dimitri.
Cruz si strinse nelle spalle mentre superavano un altro separè. "Ma non le rende neanche peggiori. Come dico sempre: ora come ora se le cose non peggiorano, puoi già dire di essere fortunato."
Ovunque guardasse, Dimitri vedeva corpi nudi avvinghiati gli uni agli altri, le conversazioni ridotte a poche parole grugnite. L'assenza non solo di affetto, in quella stanza, ma di semplice rispetto tra le persone lo disturbava e non aveva un solo dubbio che Miguel lo avesse chiamato lì di proposito.
"Da questa parte," lo chiamò ancora Cruz, indicando un angolo più buio oltre i separè. "C'è una zona più tranquilla là in fondo. Lui sta lì con mio fratello."
Dimitri si accigliò, ma non chiese altro. Si lasciò condurre oltre quello spettacolo nauseante, contento di potersene allontanare.
Cruz lo condusse ad un salottino privato più elegante degli altri, dal quale proveniva una luce soffusa e morbida e un mormorio sommesso che non aveva niente a che vedere con i suoni – ora apparentemente lontani – che aveva appena sentito. Miguel sedeva su un divanetto rotondo insieme ad un ragazzo e sembrava del tutto ignaro della loro presenza. Il naso premuto contro quello del ragazzo, gli dava piccoli baci sulle labbra sussurrandogli qualcosa che Dimitri non riusciva a distinguere. Il ragazzo sorrise, mostrando la punta dei canini e sollevò una mano per accarezzargli una guancia e avvicinarlo a sé.
Tossendo educatamente, Cruz li interruppe prima che il bacio potesse diventare imbarazzante. Il ragazzo si voltò di scatto, letteralmente sibilando. Il lampo d'odio che si era acceso nei suoi occhi si dissolse non appena riconobbe chi aveva davanti. Rabbuiato, ma più tranquillo, tornò a sedersi composto, liberando le gambe dal groviglio di quelle di Miguel.
"Spiacente di interromperti, capo. C'è qui Dimitri," si giustificò Cruz.
Miguel si passò una mano sul viso e tra i capelli, liberandosi dall'intorpidimento delle effusioni e annuì, cercando sul tavolo un bicchiere ancora pieno per darsi una svegliata. "Grazie, puoi andare."
Cruz accennò il divano a Dimitri con un cenno della testa e poi si dileguò.
Dimitri si avvicinò di qualche passo e gli rivolse un sorriso triste. "E' bello rivederti," mormorò.
Miguel faticò a mantenere l'espressione disinteressata con la quale lo aveva accolto. Dentro di lui la nostalgia del paradiso era forte quanto la rabbia. "Stasera sono abbastanza felice da poter dire lo stesso."
"Che cosa ti rende tale in un posto come questo?"
La mano di Miguel scivolò su quella di Matias e giocò distrattamente con le sue dita. "Non capiresti."
Dimitri seguì con lo sguardo il movimento della sua mano, l'espressione sul suo viso si fece addolorata come se starsene di fronte alla realtà delle cose fosse troppo da sopportare. "Così è lui il vampiro," disse.
"Il vampiro ha un nome, si chiama Matias," s'intromise il ragazzo, attirando l'attenzione dell'angelo su di sé. Dimitri sentì il suo fastidio investirlo come un'ondata di calore e notò la posa leggermente avanzata a proteggere il corpo di Miguel. Come un animale, Matias si assicurava che nessuno vi si avvicinasse. La sottile differenza fra la preda e il compagno era a malapena distinguibile ai suoi occhi. "Che cosa ci fai lui qui?"
Miguel sospirò. "Voleva parlarmi, ho deciso di ascoltarlo."
Questo sembrò infastidire Matias ancora di più. Si alzò dal divano lentamente e recuperò un mazzo di chiavi dal tavolo. Miguel lo afferrò per un polso e si scambiarono una lunga occhiata prima che il ragazzo si liberasse con uno scatto della sua stretta e se ne andasse senza dire una parola.
"Ho detto qualcosa che non dovevo?" Chiese Dimitri.
Miguel sospirò. "Non sapeva che saresti venuto, tutto qui." Gli fece cenno di sedersi. "Gli sconosciuti lo innervosiscono, specialmente se sono angeli."
Dimitri si avvicinò al divano, spostò con delicatezza un cappotto che vi era stato appoggiato sopra e che probabilmente apparteneva a Matias, quindi si sedette accanto a Miguel. "Sembra molto giovane," commentò.
"Non farti ingannare, è un vampiro. Ha molti più anni di quelli che dimostra."
"Quanti in più? Dieci? Quindici?" Insistette Dimitri. "Anche se avesse un secolo, cosa che non credo affatto, sarebbe comunque una creatura ben lontana dall'esserti coeatanea."
Miguel prese di nuovo il suo bicchiere e finì con un sorso quello che c'era dentro. Il suo volto si tese per il fastidio. "Sei venuto qui a farmi di nuovo la predica, Dimitri? Non so se posso sopportarne un'altra."
Dimitri scosse la testa. "Sono qui soltanto per parlare," mormorò. "Sono felice che tu abbia accettato di incontrarmi."
Miguel si strinse nelle spalle, con un sorrisetto ironico. "Noi non mettiamo alla porta nessuno, se si comporta gentilmente."
L'angelo ebbe un fremito di dolore, i suoi occhi si fecero tristi e nonostante il suo viso non mostrasse che la stessa amorevole pietà di sempre, fu comunque attraversato dal un barlume di sofferenza. La notte che Michele era stato cacciato, non vi era stato nessun processo. Quando gli altri arcangeli avevano scoperto quello che aveva fatto e stava facendo, gli avevano intimato di smetterla e quando lui aveva rifiutato, lo avevano esiliato senza aspettare oltre. La sua possibilità di parlare era stata ridotta alla scelta di accettare o meno un volere più alto di lui, non aveva avuto modo neanche di raccontare quello che l'aveva spinto a percorrere la strada sbagliata, di giustificarsi. E per quanto Dimitri si rimettesse al volere dell'Altissimo, non aveva mai completamente accettato che le cose per Michele non si fossero svolte come per chiunque altro. Probabilmente era lì anche per quello. "Io voglio solo capire, Michele."
"E' Miguel adesso," gli fece presente lui. "E non c'è niente da capire."
Le ali dell'angelo fremettero attirando l'attenzione di Miguel. Le sue erano accuratamente ripiegate sotto la sua maglietta, altrettanto invisibili, ma risposero a quel fremito con naturalezza, perché ogni piuma angelica riverberava del movimeno di tutte le altre, era questo a creare i cori. Per un momento, uno soltanto, anche quella piccola saletta buia sembrò risplendere della luce del paradiso. "Perché non vuoi tornare?" Chiese Dimitri, pacatamente.
"Siete stati voi... " Miguel si interruppe e riformulò la frase. "Sono stati loro a cacciarmi, Dimitri. Io non ho mai voluto andarmene da casa mia."
"Ci sono delle regole."
"Sono sbagliate," replicò Miguel.
Dimitri prese una delle sue mani fra le proprie. "Ho visto come lo guardi e non dubito che tu tenga a lui sinceramente. Lo sbaglio non è che ti sia innamorato, quello non dipende da te. Ma dovresti lasciarti aiutare invece che ostinarti in maniera così violenta. Lo sai anche tu che è la cosa che li indispone di più."
Miguel emise una risatina rassegnata, ma gli lasciò tenere la mano. "Farmi aiutare significa lasciarlo andare, Dimitri, non lo capisci? E io non voglio, perché non ritengo affatto di dover essere aiutato. Avrei voluto poter continuare a vivere fra di voi, a casa mia, ma non me lo avete permesso e ho dovuto fare una scelta."
"Ed è questa la tua scelta?" Dimitri gli indicò il luogo che li circondava, avvolto nell'eco lontana dei gemiti nell'altra metà della stanza e dai bassi che rimbombavano sotto ai loro piedi. "Questo... postribolo lurido? Queste creature morte che si nutrono dei vivi per sopravvivere? Che scelta sarebbe questa, Michele? Il tuo posto è il paradiso."
Miguel si alzò di scatto e fece qualche passo come volesse andarsene ma rimase lì. Per un attimo combatté contro la voglia di urlare qualcosa, la rabbia gli passò sotto pelle come un brivido. Quando si girò di nuovo verso Dimitri quasi tremava. "A differenza di voi, loro non mi hanno giudicato," sibilò.
"Perché gli servi, Michele," rispose Dimitri. "Tu hai un potere che loro non hanno, gli sei utile e ovviamente preferiscono averti qui."
"E' vero," concesse l'altro angelo. "Ma non lo hanno mai negato. Questo è uno scambio alla pari tra me e loro. Io ho Matias e loro hanno me."
Lo sconvolgimento negli occhi di Dimitri fu totale. "E tu combatteresti contro i tuoi fratelli?" Esplose, indignato. Le sue ali si aprirono con uno scatto improvviso, buttando a terra quello che incontrarono sulla strada. Persero la trasparenza, stagliandosi bianche contro il buio della parete.
Quelle di Michele fecero lo stesso, ma erano plurime e almeno due volte più grandi. Per il lunghissimo istante in cui rimasero aperte sembrarono occupare tutto lo spazio disponibile, le estremità si piegarono per rientrare nei confini della stanza e li racchiusero entrambi, come sotto una cupola. "Combatterò contro i miei fratelli perché i miei fratelli mi hanno cacciato," rispose in un ringhio tonante.
"Questa gente non ti merita, Michele. Guardala! E' sporca! Corrotta!" La voce di Dimitri era spezzata dal dolore. "E' persa e ti stai perdendo con loro."
Miguel scosse la testa con rassegnazione. Le sue ali tornarono a ripiegarsi e scomparire con la stessa velocità con cui erano apparse. "E' qui che ti sbagli, Dimitri. Questi," disse, indicando la massa informe degli uomini e delle donne nel buio a qualche metro da loro, "questi sono gli stessi uomini che gli angeli hanno sempre difeso. Non li puoi giudicare per quello che sono, è la loro natura. Lucifero li odiava e sappiamo entrambi la fine che ha fatto, e adesso tu come tutti gli altri, li tratti allo stesso modo perchè ti fa comodo. Il vostro amore e la vostra pietà sono soggette all'utilità di un momento."
"Questi non sono uomini, Michele. Sono abominii."
"Che il Cielo ha permesso," insistette.
Sconvolto, Dimitri si alzò dal divano. "Tu non sai più quello che dici. Non è per volere di Dio che camminano sulla Terra."
"Ma non ha fatto niente per fermarli."
"Perché non può!" Gli occhi di Dimitri si riempirono di lacrime per la frustrazione. "Egli non può impedire che il male esista, lo sai bene. Può solo contrastarlo con tutto l'amore che rappresenta, solo questo. Queste... creature che tu consideri con tanto affetto hanno preso la strada sbagliata e non puoi più fare niente per loro. Non puoi salvarle, Michele. Puoi solo perderti anche tu e lo stai facendo."
"Forse non vogliono essere salvate," gli fece notare Michele. "Forse sono esattamente quello che vogliono essere. Hanno compiuto una scelta."
"Quella sbagliata!" Esplose Dimitri. "E tu non dovresti incoraggiarli nella perpetrazione dei loro peccati, ma guidarli lontano da essi!"
"Non è così che funziona, Dimitri. La natura umana non può essere modificata. Alcuni di loro seguono le vostre regole, altri non lo fanno e non vogliono farlo. Qualcuno si perde, ma la maggior parte vuole solo fare di testa propria ed è esattamente quello che voglio fare io!" Replicò, spossato più dal dover litigare con quello che una volta era il suo discepolo più che dalla rabbia in sé. "E' così che stanno le cose e non si possono cambiare. E' prendere o lasciare e Lucifero lo ha capito prima di tutti quanti noi."
Dimitri scosse la testa. "Non puoi dire sul serio."
"Lo sto facendo."
In un impeto, Dimitri gli prese di nuovo entrambe le mani, scuotendo la testa. "Non potrai tornare con noi se ti ostini a pensarla così, lo sai questo sì?"
Miguel sapeva che quanto stava per dire avrebbe spezzato il cuore ad entrambi, ma la verità era sempre stata lì e spingeva per uscire da che quella storia era cominciata. "Non mi interessa, Dimitri. Il paradiso non mi vuole, quindi vivrò altrove. Con chi voglio e con chi vuole me."
Dimitri chiuse gli occhi per un tempo che sembrò infinito, cercò dentro di sé la calma che aveva perso. "Questo era il mio ultimo tentativo," disse alla fine. "Se insisti, dovremo prendere dei provvedimenti."
Miguel gli sorrise, più tenero di quanto non fosse stato tutta la sera. Gli prese la testa fra le mani e lo baciò sulla fronte. "Lo so."

Erano passate quattro ore e il locale stava ormai chiudendo quando finalmente Miguel si decise a scendere al piano di sotto. All'Esqueleto Negro non c'era quasi più nessuno. Gli ultimi irriducibili ondeggiavano sulla pista da ballo sulle note di un lento quasi fastidioso mentre il DJ riponeva gli ultimi dischi. Miguel trovò Matias su uno dei divanetti più grandi, in fondo alla sala. Seduto al contrario sul cuscino della seduta, con le gambe sulla spalliera, giocava con una console portatile, la cui musichetta ripetitiva si perdeva nel frastuono più assordante delle casse del locale. "Alla fine ti sei degnato," lo apostrofò il ragazzino, senza nemmeno voltarsi. Sapeva che stava arrivando nel momeno in cui aveva messo piede in sala.
Miguel sospirò, aspettandosi quell'atteggiamento. Si sedette accanto a lui e gli accarezzò una caviglia, infilando la punta delle dita sotto la stoffa dei pantaloni. "Scusami, avevo bisogno di riflettere."
Matias continuò a fissare lo schermo del suo videogioco, anche se non giocava più. "E su cosa? Quando e come tornare da loro? E' questo che sei venuto a dirmi?"
"No," rispose l'angelo, con pazienza.
Matias si voltò a guardarlo con espressione accigliata ma almeno spense il videogioco. "Allora cosa?"
L'angelo lo guardò a lungo, come per assicurarsi che la motivazione dietro le sue scelte fosse ancora salda, ma non c'era nemmeno da dubitarne. Il volto di Matias era la prima cosa che gli veniva in mente quando si chiedeva se era ancora felice. "Quello di Dimitri era l'ultimo tentativo di riportarmi indietro ma come vedi non c'è riuscito."
"Meglio così, ti lasceranno in pace."
"No," Miguel scosse la testa. "Sono ancora un angelo e come tale riesco a percepirli e loro percepiscono me, questo è un rischio che loro non possono permettersi di correre."
Matias lo guardò senza capire. "E allora?"
L'angelo sorrise. "Forse è tempo che io smetta di essere un angelo."
Gli occhi di Matias si accesero di comprensione, nonché di una fame diversa dal solito, che aveva radici ben più profonde. Si chinò a baciarlo sulle labbra, accettando una richiesta mai fatta e concedendogli un'ultima alba come creatura del Paradiso.
  1. Sono bellissimi, li amo alla follia *_* i nomi da gang sono fantastici, l’ambientazione da periferia degradata con quel tocco di decadenza vampiresca nell’atmosfera pure. Come fai a rendere affascinante la descrizione di fabbriche abbandonate rimane un mistero… XD Dimitri é cucciolissimo, nella scena in cui lui e Miguel arruffavano le penne mi ha fatto davvero tenerezza. Bellissimo che entrambi siano cosí affezionati e carinissimo Matias che tenta di mantenere la facciata mentre brucia di gelosia. ….e poi vampiri, angeli, cavalieri con tutto questo ben di dio ci sono tutte le premesse perché la vicenda diventi ancora piú figherrima di quanto già sia. Un po’ mi dispiace, so che li farai soffrire *_*

    Leah
    12/03/2012 09:00

  2. gyaaaaaah, che belli!!! *O*
    il mio preferito è mathias! O/ Dimitri è un bel personaggio, ma il fatto che non capisca lo rende fondamentalmente irritante u.u
    La figura di Miguel mi piace molto e la scena in cui gli “scappano” le ali mi ha fatto esaltare! XD
    e come al solito le tue descrizioni mi fanno sempre sognare *sospir* e anche il finale…aaaaw!!! *O*
    brava, bravaaaaa!!!!!:O

    Haru
    14/01/2013 16:00

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