human!kaa+mowgli

Le nuove storie sono in alto.

Personaggi: Human!Kaa, Mowgli
Genere: Introspettivo
Avvisi: Lemon, slash, underage
Rating: NC-17
Prompt: Scritta per il porn!Fest, prompt: Human!Kaa/Mowgli, "Trust in Me", underage.
Note: La prima storia del 2012... è un porno. Dovrei preoccuparmi? Forse dovrei inquietarmi di più perché ho appena fatto copulare Mowgli con Kaa. L'ultima volta che ho visto questo cartone animato, avevo tipo dieci anni. C'è qualcosa di profondamente sbagliato nell'aver ripreso in mano questa storia per scriverci un porno, immagino. Oh beh, chi se ne frega.

Riassunto: La legge della giungla è quella del più forte, ma non è sempre chi attacca per primo quello che alla fine resta a battersi il petto. A volte, basta soltanto aspettare.
YEARS TEACH US PATIENCE


La legge della giungla è quella del più forte, ma non è sempre chi attacca per primo quello che alla fine resta a battersi il petto. A volte, basta soltanto aspettare.
Kaa lo sapeva bene, perché la sua attesa era durata cinque lunghi anni. Sepolto nel cuore della giungla si era preso tutto il tempo a sua disposizione per inquadrare la situazione da ogni lato; aveva pensato, considerato, esaminato e misurato sistematicamente ogni singola, sottile sfumatura. Finché non aveva compreso. Era inutile, per quanto in qualche modo vagamente romanzesco – per non dire romantico – cercare di avvicinare il cucciolo d'uomo come avrebbe fatto con qualsiasi altro animale.
Mogwli apparteneva ad una razza completamente diversa, una che da qualsiasi lato la si volesse guardare non aveva niente in comune con le sue spire, con le zanne delle pantere o le zampe pelose degli orsi. Era un essere umano, una creatura che si credeva così intelligente da non stare a sentire nient'altro che se stessa. Bagheera e Baloo – con l'integrità morale il primo e la stupidità del proprio carattere il secondo – avevano trovato il modo di stargli vicino, ma questa era una cosa che quelli come lui non potevano fare.
A lui come a Shere Khan mancava quel sostrato di tenerezza, la volontà, per così dire, di tenere qualcun altro al sicuro a dispetto della propria persona. Era una cosa di cui difettavano per natura e che, a pensarci, appariva insensata e controproducente.
Re Louie c'era andato più vicino con la storia dell'amicizia; d'altronde Mowgli era quasi una scimmia, era stato piuttosto semplice anche per la sua mente di bambino afferrare le similitudini tra lui e l'orango. Quello di Louie era stato un errore di concentrazione. Si era lasciato distrarre dall'idea del potere, invece di sfruttare un'intuizione fortunata verso uno scopo più immediato, più pratico. Era anche vero che le scimmie erano vegetariane, quindi ci sarebbe stato da aspettarselo che fossero più interessate al fuoco che alle carni tenere.
Kaa aveva compreso che l'unico modo per avere la fiducia di Mowgli era scendere al suo livello, pensare come un essere umano. Essere un essere umano.
Gli erano serviti cinque anni per trovare la maniera di liberarsi delle sue squame, di scivolare giù dal tronco dell'albero sul quale dormiva e camminare su due gambe nella foresta, di liberare per sempre quel suo naso sottile dalla sinusite rendendolo più morbido e ampio. Aveva trovato rovine antiche – molto più antiche della giungla in cui sorgevano – e disegni sulle pareti che parlavano di uomini che si tramutavano in animali. Lui aveva fatto il contrario e la deliziosa ironia del fatto che sarebbe stato un antico incantesimo umano a far capitolare il cucciolo d'uomo lo rendeva così felice da far formicolare tutte le sue nuove appendici.
Si guardò di nuovo nello specchio d'acqua dello stagno, la testa piegata di lato come a valutare con attenzione quello che stava guardando.
Era un giovnae uomo adulto, a quanto pareva. Non avrebbe saputo darsi un'età, ma a giudicare dai ragazzini che di tanto in tanto si sfidavano l'un l'altro a chi si inoltrava di più nella giungla, aveva superato da un pezzo l'adolescenza ma era ben lontano dalla vecchiaia. E nonostante avesse questo aspetto ormai da due settimane abbondanti, non riusciva ancora a staccare gli occhi dal proprio riflesso, ovunque gli capitasse di vederlo. Era affascinato dalla trasformazione.
Sebbene gli zigomi alti e marcati e gli occhi piccoli e nerissimi suggerissero ancora vagamente la sua forma passata, non c'era nient'altro che gli fosse appartenuto anche prima. Aveva due gambe e due braccia ora e capelli, qualcosa di cui non aveva mai sentito il bisogno finché non si era ritrovato a possederne. Agitò la testa per vederli muovere e poi a fatica si staccò dalla propria immagine, supponendo che non fosse granché producente – per quanto interessante – starsene lì nudo a gambe larghe ad ammirare la propria nuova bellezza in tutto il suo splendore.
Si vestì in fretta con gli abiti che aveva recuperato. Era fiero di aver imparato a muovere braccia e gambe tanto bene da potersi infilare con naturalezza un paio di pantaloni e una maglia, per quanto scomodi potessero essere. C'era voluto del tempo anche per quello, ma ogni buon piano ha le sue tempistiche e la pazienza era stata essenziale.
Si avviò lungo il sentiero che dal cuore della giungla portava al villaggio degli uomini e non resistette al desiderio di mettersi a correre per sfogare parte dell'eccitazione che lo scuoteva da capo a piedi.

*


Mowgli andava ogni giorno a prendere l'acqua alla fonte, nonostante fosse un lavoro da donne.
Non è che gli piacesse particolarmente uscirsene di casa per trascinare avanti e indietro orci così pesanti da piegargli la schiena in due, ma lo specchio d'acqua era vicino alla giungla, e ogni scusa era buona per poter scorgere anche solo un accenno del ricco fogliame verde.
Dopo cinque anni ne sentiva ancora il richiamo, violento e suadente come il primo giorno che se n'era allontanato. C'erano giorni in cui il villaggio gli stava stretto e aveva come l'impressione di vivere nel posto sbagliato, come se quello di stare tra gli uomini non fosse mai stato il suo destino. Allora pensava di lasciar perdere tutto e di tornare là dentro, di trovare Bagheera e Baloo – o di starsene anche da solo per conto suo, se loro non avessero voluto! – e trovarsi un posto per lui, come lo avevano tutti gli altri. Poi però la brocca si riempiva e lui doveva riportarla indietro, tutti i pensieri svanivano di nuovo così com'era comparsi e per un altro po' di tempo non ci pensava più.
Lo stava facendo anche adesso, d'altronde, mentre posava un orcio pieno sul carro e lo tappava, per poi prenderne uno vuoto.
Fu mentre si chinava per iniziare a riempire anche quello che lo vide, un uomo riflesso nell'acqua ai suoi piedi. Si tirò indietro di scatto, alzando lo sguardo ma aspettandosi di non trovare nessuno. Non sarebbe stata la prima volta che il caldo afoso del primo pomeriggio gli faceva vedere cose che non c'erano affatto.
E invece l'uomo era ancora lì, sulla sponda opposta del piccolo laghetto e sorrideva.
"Scusa, mi dispiace," gli disse, rimanendo appoggiato com'era al tronco di un albero. "Non volevo spaventarti."
Mowgli si raddrizzò subito e corrugò la fronte, punto sul vivo. "Non mi hai affatto spaventato," disse, mettendo sul carro un vaso ancora vuoto per metà pur di darsi qualcosa da fare.
"Sembrava il contrario," disse lo sconosciuto.
"Beh, ti sembrava male," replicò il ragazzino, sempre più irascibile. L'uomo emise una risatina appena accennata, che si riflesse nei suoi occhi, facendoli brillare in maniera inquietante. Mowgli avrebbe voluto staccare gli occhi da lui, ma non ci riuscì. "Che cosa c'è di tanto divertente?"
Quello scosse la testa, continuando a ridere un altro po'. "Non lo so, tu?" Disse, ma poi si raddrizzò e si schiarì la gola tentando di ricomporsi. "No, davvero, scusami. Stavo solo scherzando. E' che ti sei subito offeso quando non c'era niente da offendersi. Avere paura è comprensibile quando uno sconosciuto si presenta all'improvviso, no?"
Mowgli lo fissò senza cambiare espressione, la fronte corrucciata e lo sguardo furioso. "Per l'ennesima volta, non ho avuto paura, d'accordo?"
L'uomo allargò le braccia, in segno di scuse. "D'accordo, d'accordo. Senti, siamo partiti con il piede sbagliato, che ne dici se ricominciamo tutto da capo?"
Mowgli si strinse nelle spalle magre, che erano rimaste tali anche se l'adolescenza gli aveva regalato centimetri in altezza. Per quanto provasse a sollevare pesi o a fare flessioni, rimaneva la figurina magra che era sempre stato. "Fa' come credi," rispose. "Ma in fretta, come vedi ho delle cose da fare."
"Naturalmente. E' importante fare parte di una comunità e svolgere il proprio compito," annuì lo sconosciuto, prima di fare un mezzo inchino veloce. "Io comunque sono Kaa."
Mowgli sussultò al solo sentire quel nome. Lo stomaco gli si annodò in quel modo non completamente doloroso in cui lo faceva quando qualcosa della sua vita precedente gli tornava alla memoria. Perfino l'idea del vecchio nemico serpente lo riempiva di nostalgia.
"Cosa c'è?" Chiese Kaa. "Ho detto qualcosa che non va?"
Mowgli scosse la testa lentamente, immaginando senza volerlo l'unica creatura che conosceva che avesse quel nome. Era buffo come le lunghe spire del pitone sembrassero adattarsi perfettamente alle curve morbide delle spalle dello sconosciuto, al torso, alla vita. "No, niente," disse alla fine, cercando di riscuotersi dal torpore insensato provocato da quella visione. "E' solo che... conoscevo un serpente con quel nome."
Kaa rise di nuovo. "Mi hanno detto di tutto, ma mai una cosa del genere. Di me puoi fidarti, comunque. Non sono affatto velenoso."
Mowgli continuava vagamente a fissarlo, senza riuscire a scrollarsi di dosso la strana sensazione di conoscere lo sconosciuto che gli stava davanti ora che gli aveva rivelato la sua identità. "Io sono Mowgli," disse per cercare di portare il discorso altrove.
"E vivi da queste parti?" Chiese Kaa. Le sue labbra erano sempre impercettibilmente piegate verso l'alto, come se tentasse di trattenersi dal ridere.
Mowgli annuì e indicò vagamente alle proprie spallle dove si intravedevano i tetti di paglia. "Al villaggio. Tu, invece, non sei di qui."
"Lo sono eccome. Vivo nella giungla."
Il ragazzo fece una smorfia. "Nessuno può vivere nella giungla," protestò. "E' pieno di animali feroci. Io lo so perché è lì che mi hanno abbandonato quando ero piccolo. Anzi, se fossi in te non starei da quella parte del lago, pantere e orsi escono dalle loro tane e si abbeverano proprio lì, dove stai tu adesso."
"Pantere e orsi non mi faranno niente," lo rassicurò Kaa, prima di accosciarsi sul bordo del lago, immergere le mani nell'acqua fresca e bagnarsi il viso. Quando sollevò lo sguardo, i suoi occhi nerissimi furono attraversati da un veloce bagliore violaceo. "E perché adesso vivi con gli uomini? Se ti eri stancato degli animali, non hai fatto un gran bell'affare."
"Nessuno vive nella giungla," ripeté Mowgli.
Nella sue parole non c'era la convinzione che avrebbe dovuto esserci però.
Per questo per Kaa fu piuttosto facile.

*


Kaa camminava parlando di cose prive di senso – del cielo d'estate, delle fronde degli alberi, delle cascate, dei fiumi, dei laghi e della vita che apparentemente conduceva nella giungla – e mentre Mowgli si lasciava andare ai propri ricordi più che alle sue parole, lui gli lanciava occhiate di tanto in tanto e cercava di ritrovare il ragazzino di dieci anni con le ginocchia puntute che si arrampicava sugli alberi, nel giovane che adesso gli camminava a fianco. Non era cambiato poi molto, anche se adesso i lineamenti rotondi del suo viso si erano allungati e fatti più severi. E non portava più quelle ridicole mutande rosse, ma una paio di lunghi pantaloni da uomo. Kaa immaginò che sotto al turbante anche i capelli fossero più lunghi.
"Allora, dove stiamo andando esattamente?" Gli chiese Mowgli all'improvviso. "Non conosco questa parte della giungla, non ci sono mai stato."
"Non la conosce quasi nessuno, per questo ci vivo," gli spiegò Kaa, mentre scorgeva in lontananza il rosso dei mattoni consunti del tempio appena dietro il primo fogliame. "Ma non preoccuparti, ci siamo quasi."
Il piano era piuttosto semplice, ma ne andava abbastanza orgoglioso. Abituato com'era a vivere da solo, a cacciare senza l'aiuto di un branco e a stritolare pazientemente le sue vittime con la sola forza delle proprie spire, procedeva sempre secondo schemi piuttosto lineari perché era già fin troppo difficile portare a termine qualcosa da soli per poter anche inventarsi procedimenti arzigogolati. Inoltre, cinque anni di attesa potevano considerarsi un tempo sufficiente per ciò che stava per fare.
Lo avrebbe ucciso con quelle mani nuove di zecca, pensava. O forse con un coltello. Un ragazzino di quindici anni sotto peso non avrebbe certo consituito un grave pericolo per la sua persona anche se non aveva proprio un controllo perfetto del proprio corpo. Era comunque più grosso e pesante di lui. Oppure lo avrebbe rapito, quindi si sarebbe trasformato e una volta tornato il serpentifero Kaa di una volta lo avrebbe avvolto tra le sue spire e strangolato, per poi gustarlo con comodo e chiudere una partita che andava avanti da più di dieci anni ormai.
"D'accordo, adesso basta," Mogwli si fermò di colpo, costringendolo ad una brusca frenata. "Camminiamo da mezz'ora, comincio a credere che stai raccontando soltanto balle."
"No, no, calmati," Kaa gli sorrise e lo superò, aggirandolo. "Non sto mentendo. Anzi, siamo arrivati."
Mowgli si guardò intorno, quella era solo una radura. "Qua non c'è niente."
"Questo perché non guardi abbastanza attentamente."
Kaa lo condusse alla prima macchia d'alberi e ne scostò le fronde per rivelare un passaggio che si perdeva nel buio di una caverna. Il ragazzino lo guardò dubbioso.
"Che cosa c'è? Tu non hai paura, no?" Gli chiese il serpente, senza mai perdere il sorriso. "Così mi hai detto."
"No, è solo che..."
Kaa passò dietro di lui e riprese a parlare, così Mowgli dovette voltarsi per continuare ad ascoltarlo. "Se ci fosse qualcosa per cui spaventarsi, d'altronde, te lo direi subito, non ti sembra?" Sorrise. "Fidati di me."
Mowgli fece un passo indietro mentre quelle parole e il modo in cui l'uomo le aveva pronunciate gli entravano nella testa e confondevano le immagini che aveva davanti agli occhi.
"Mowgli?" Lo chiamò Kaa.
"Non mi sento bene," rispose il ragazzo. "Io... credo di dover tornare al villaggio."
Kaa gli si parò immediatamente davanti, impedendogli di muovere un passo. "Ma come, sei appena arrivato. Pensavo che volessi vedere dove vivo," mormorò, cercando di incrociare il suo sguardo. "Vivo nella foresta, Mowgli. E' possibile e posso mostrarti come."
La voce di Kaa era suadente e morbida, scivolava su certi suoni esattamente come quella del serpente nei suoi ricordi. Ma non aveva alcun senso, perciò doveva trattarsi di qualcos'altro. Un'allucinazione, magari.
"Io devo andare," mormorò di nuovo, incosciamente evitando di alzare gli occhi più su delle proprie ginocchia.
Kaa lo afferrò per un polso e fu del tutto diverso che avvolgergli intorno la fine della propria coda. Per un attimo perse il filo dei propri pensieri mentre tastava la consistenza della sua pelle sotto dita mai usate. "Mowgli guardami," ordinò. Stavolta la sua voce era ferma, anche se ancora bassa e morbida.
"E' meglio che torni a casa," insistette il ragazzino, cercando di tirarsi via dalla sua stretta, che all'improvviso si fece ancora più forte.
"Guardami," ripeté Kaa. "Non c'è niente di cui aver paura. Puoi fidarti."
Mowgli strattonò di nuovo, ma il suo braccio rimase dov'era. La voce di Kaa si faceva sempre più chiara, come se lentamente gli altri rumori nella giungla fossero scomparsi. Fu costretto ad alzare lo sguardo per vedere dove si trovava e perché la voce fosse così netta, così prepotente nel vuoto assoluto che si era andato a creare. E quando incrociò il suo sguardo, gli occhi neri di Kaa – l'uomo o il serpente del suo passato, non aveva più molta importanza – erano due pozzi scuri, in cui cadde senza nemmeno un suono.

*


Poteva ucciderlo.
Kaa pensava questo mentre lo fissava dondolare leggermente in preda alla sonnolenza innaturale che la sua ipnosi aveva indotto. Mowgli era inerme come lo era stato allora, prima che Shere Khan venisse a disturbarlo, togliendolo letteralmente dalle sue spire. Non poteva più farlo, nessuno poteva.
Gli lasciò scivolare una mano lungo le guance e il collo, disegnando i contorni delle sue spalle nude e delle sue braccia, come avrebbe fatto se fosse stato ancora se stesso. Ma la pelle del cucciolo d'uomo gli dava una sensazione completamente diversa ora che era come la sua.
Le squame della sua coda non ne avevano colto la morbidezza, la loro stretta era stata fredda, chirurgica, impersonale; adesso Kaa sentiva ogni brivido che attraversava il ragazzo e il suo respiro caldo a poca distanza dal suo viso quando la stretta delle sue dita ne disturbava il sonno senza svegliarlo.
Il coltello che aveva impugnato cadde a terra quasi subito, poiché Kaa aveva perso qualsiasi interesse a maneggiarlo. Qualunque istinto lo avesse guidato per cinque anni verso Mowgli non era più lo stesso che ora guidava le sue mani alla scoperta del suo corpo.
Si avvicinò lentamente, annusandogli il collo e arricciando il naso quando vi trovò lo stesso odore di una volta, ma senza trarne lo stesso affamato piacere. Era diversa la pulsione che lo spingeva verso il suo corpo. Non più carni tenere da addentare, ma la voglia di strisciargli addosso, ammesso che con quel nuovo corpo fosse possibile alla stessa maniera.
"Kaa, che stai facendo?" Chiese Mowgli, mentre lo spingeva a terra. La sua voce era appena un bisbiglio. Si voltò a guardarlo, ma i suoi occhi erano vuoti.
Kaa non rispose. Provò a sfiorare la sua pelle con le labbra, raccolse sulla lingua l'odore che sentiva nelle narici e si fermò ad assaporarlo come fosse stato qualcosa di solido. Si chinò sul suo viso a leccarne ancora, finendo sulle sue labbra quasi per sbaglio. Il bacio che ne seguì fu confuso ed umido e nel sonno che sembrava sempre sul punto di prenderlo senza mai davvero farlo, Mowgli vi si perse quasi all'istante, allungando la mano libera per afferrare la nuca di Kaa e tirarlo giù.
Qualunque cosa gli occhi di Mowgli stessero vedendo, non aveva importanza. Kaa decise di approfittarne e lasciò che le mani del ragazzino riflettessero il movimento delle sue e lo aiutassero a liberare entrambi dall'ingombro fastidioso e inutile dei vestiti.
Quell'odore si fece più forte. Kaa andò cercandolo lungo il collo di Mowgli, sul suo petto e di nuovo sulle sue labbra, finché quell'impulso a cui non sapeva dare un nome non si fece troppo forte per continuare ad ignorarlo. Avrebbe voluto identificarlo per quello che era, ma il suo cervello si confondeva ogni secondo di più e non era molto più lucido della mente ipnotizzata della sua preda, ormai.
Fu allora che Mogwli si spostò sotto di lui e sollevò il bacino per cercare un po' di sollievo per la propria erezione, costringendolo a fare lo stesso. La scarica elettrica che ne seguì rese Kaa più impaziente.
Si chinò di nuovo a baciarlo, muovendosi al ritmo del suo mugolare indistinto e di tutte le domande che restavano senza risposta, mentre le dita di Mowgli si aggrappavano disperatamente alle sue spalle e il ragazzino lo chiamava per nome, anche se ormai non era più chiaro a quale Kaa si riferisse, se a quello dei suoi ricordi o all'altro, più vivo e caldo e confuso che gli respirava addosso ora. O se fossero ormai la stessa cosa.
Affondò in lui trainato dal desiderio di entrambi, senza più pensare a che diavolo stesse facendo, al perché e al fatto che il suo bel piano lineare fosse andato a rotoli. Serrò gli occhi mentre scompariva nel corpo di Mowgli guadagnandosi da parte sua un gemito più forte e più acuto degli altri.
Gli afferrò entrambi i polsi e glieli portò sopra la testa per spingersi con più forza dentro di lui, il brivido violento che li scosse tutti e due strappò un ringhio dalla gola di Kaa e Mogwli dalle sue spire.
Quando i loro sguardi si incrociarono, gli occhi del cucciolo d'uomo erano lucidi e vivi.
Kaa sentì il suo respiro farsi più pesante e più veloce, così spostò lentamente una mano verso il coltello lasciato cadere, senza mai staccare gli occhi da lui.
"Fidati di me," Mowgli ripeté le sue parole, prendendolo in giro. "Non sei cambiato poi così tanto." La sua mano si mosse di scatto e strinse con forza il polso di Kaa. Poi la sua presa si allentò, e il ragazzino intrecciò di nuovo le dita con le sue. "Finisci quello che hai cominciato, serpente. Questa volta non ci sono tigri che tengano."
Kaa sorrise. "Asssssolutamente."