Personaggi: Dave, Blaine, Santana, Sebastian, Kurt
Genere: Commedia
Avvisi: Slash, AU, Violence
Rating: R
Prompt: Scritta per far guadagnare punti alla squadra dei vampirli Blood Devils, nel Cow-T di MDC (Missione 3, Libro, NSFW).
Note: Io non so perché mi costringo a questi tour de force allucinanti per il COW-T. Credo che potesse venire molto meglio con un po' di tempo in più ma non ce l'avevo quindi ho fatto del mio meglio. Un giorno (neanche troppo lontano) riuscirò a scrivere di un pirata!Dave come si deve. Per ora prendetevi la follia :)

Riassunto: Sebastian Smythe, capitano della Dalton, ha rapito Kurt per usarlo come merce di scambio e recuperare un libro che gli appartiene e che ora si trova nelle mani del governatore Blaine Anderson. Per combattere un pirata ci vuole un altro pirata, e così Blaine è costretto a chiedere aiuto al capitano Karofsky.
NOT ALL TREASURE IS SILVER AND GOLD

Il Lima Bean è un buco infognato nella strada peggiore intorno al porto, ma è anche l'unico posto dove Dave Karofsky si sente a casa quando i suoi piedi non toccano le assi sconnesse della Fury. La sua nave ha bisogno di essere rimessa in sesto e di fare rifornimento, perciò si è fermato in porto, ha dato licenza ai suoi uomini e ha deciso che per un paio di giorni potrà ubriacarsi in un luogo che non ondeggerà davvero quanto lui il mattino dopo. Gli hanno appena portato una bottiglia di rum quando il tipo arriva.
E' sempre il solito, naturalmente. In dieci anni che lo conosce non è mai cambiato, ma d'altronde lo stesso si può dire di lui, quindi non può davvero fargliene una colpa.
Quando si avvicina proiettando la propria ombra sul muro, Dave lo riconosce prima ancora che apra bocca perché la ridicola piuma che porta sul cappello dà una forma ridicola anche alla sua testa. “Blaine Anderson! Che sorpresa, pensavo fossi morto di tifo l'anno scorso,” lo saluta senza voltarsi e buttando giù di un fiato il primo bicchiere. Se, come pensa, è venuto a chiedere un favore, ci vorranno ore per mettersi d'accordo e lui non ha intenzione di passarle sobrio.
“Come prego?” Chiede lui, colto di sorpresa.
Dave si volta con un ghigno divertito che mette in mostra il dente d'oro. “L'anno scorso sei sparito per settimane. Correva voce che tu fossi disteso sul letto di morte. D'altronde era quello o la dissenteria, non morite di nient'altro voi damerini.”
“Ero stato ferito all'occhio,” precisa, punto sul vivo. “Un delinquente, un... brigante dei vostri mi ha assalito lungo la strada. Sono stato fortunato a non rimanere cieco!”
Dave non ne è per niente impressionato, anzi continua a ridere. “E dire che la benda ti avrebbe fatto sembrare un uomo finalmente.”
Karofsky ride sguaiato e beve un altro bicchiere di rum, completamente impermeabile all'oltraggio che deforma l'espressione sul viso dell'altro.
“Posso sedermi?” Chiede Blaine, togliendosi il cappello piumato e indicando la sedia dall'altra parte del tavolo.
“E' un mondo libero,” replica Dave, versandosi altro rum
Blaine prende posto di fronte al capitano e solleva una mano per fermare la procace cameriera che è già pronta a servirgli qualunque cosa voglia, se stessa compresa. Scuote la testa e le sorride gentile, sostenendo di essere a posto così. Torna a guardare Karofsky che però lo ignora senza sembrare neanche troppo in difficoltà nel farlo, perciò alla fine si risente. “Non mi chiedi nemmeno per quale motivo sono qui?”
Dave scuote la testa, mentre solleva il naso dall'ennesimo bicchiere. “Non me ne frega niente,” risponde con sincerità.
“Ma dovrebbe, perché ho bisogno del tuo aiuto.”
Dave solleva un sopracciglio e lo guarda con genuina curiosità. “Dovrebbe fregarmene del fatto che ti serva aiuto? Seriamente, Anderson, essere diventato governatore di questo scoglio ti ha dato alla testa. Usa uno di quei simpatici ombrellini di seta la prossima volta, il sole picchia da queste parti.”
Blaine non è mai stato impermeabile all'atteggiamento di Dave, non è in grado di controbattere a tono, perciò si irrita. Anche se poi tutta la sua irritazione viene esternata solo agitandosi indispettito sulla sedia, dando semplicemente l'impressione di essere afflitto da un brutto caso di emorroidi. “Si dà il caso che io sia qui in veste ufficiale per richiedere il tuo intervento in una questione della massima delicatezza a nome mio...”
“Io lavoro su commissione solo se puoi pagare, Blaine, e non ho ancora visto nessun forziere.”
“...E del signor Hummel,” conclude Blaine con un certa soddisfazione, ben sapendo che quel nome zittirà qualunque protesta. Difatti Karofsky tace e rimane immobile a fissare il fondo del bicchiere vuoto. “Ho la tua attenzione, adesso?”
Lo sguardo del capitano si ammorbidisce e diventa malinconico e un po' triste. “Che cosa vuoi?” Borbotta, allontanando da sé il bicchiere. Adesso non ha più voglia di bere.
Dal momento che adesso il capitano Karofsky sembra più propenso a collaborare, Blaine torna a sedersi composto e, ritrovata la calma, recupera mentalmente il bel discorso che ha pensato lungo tutta la strada verso la locanda. “Quattro giorni fa una delle nostre fregate si è scontrata con una nave pirata ed è riuscita ad abbatterla, recuperando...”
“Quale nave?”
“Questo non ha importanza,” commenta stizzito Blaine.
“Quale nave?” Ripete il capitano, senza cambiare tono e senza imbestialirsi, come fosse talmente sicuro che quella discussione non andrà avanti se prima lui non ottiene quel nome, che non ha nemmeno motivo di preoccuparsi.
Blaine espira dal naso rumorosamente. “Si trattava dell'Adrenaline,” risponde.
“St. James è vivo?”
“Siamo riusciti a catturarlo e a portarlo a riva ma durante il trasporto verso la prigione è riuscito a fuggire,” risponde ancora Blaine sbrigativamente.
Karofsky si mette a ridere. “Questo perché voi siete degli incapaci e lui è un gran figlio di puttana,” commenta e poi batte una mano sul tavolo e si versa di nuovo del rum. Gli è tornata voglia di bere. “Sono contento per lui!”
“Come stavo dicendo,” sospira Blaine, “siamo riusciti a recuperare una gran quantità di oggetti che erano stati sottratti agli onesti cittadini di questa città nel corso delle ultime tre settimane. Fra questi, una copia antichissima delle memorie marittime del capitano Colombo.”
“Blaine, riassumere è un'altra delle innumerevoli doti che ti mancano, non è così?”
“Per farla breve,” lo accontenta. “Il libro era custodito in casa mia, in attesa di capire a chi appartenesse. Ieri un altro gruppo di delinquenti, e prima che tu me lo chieda, si fanno chiamare Warblers, si sono introdotti nella mia proprietà per impossessarsene. Quando le mie guardie glielo hanno impedito, hanno preso Kurt in ostaggio.”
“Cosa?” Karofsky alza così tanto la voce che tutti i clienti della locanda si voltano nella sua direzione per vedere se c'è motivo di scatenare una rissa. “Dov'è adesso?”
“Sulla loro nave, la...” Blaine agita una mano in aria, tentando di ricordare.
“La Dalton,” gli viene in aiuto il capitano.
“Esattamente,” Blaine si illumina. “La conosci? Sai chi la governa?”
Dave si alza in piedi, si fruga in tasca e lascia sul tavolo più monete di quante ne deve. “Smythe,” risponde, vomitando il nome come se avesse un cattivo sapore. “E' tornato dalla Francia l'anno scorso. Nessuno ne sentiva la mancanza.”
“Smythe?” Ripete Blaine, recuperando in fretta il cappello e calcandoselo bene in testa mentre segue il capitano fuori dalla locanda. “E' il nome dell'uomo che mi ha quasi menomato. Quel delinquente! Prima mi ferisce, poi tenta di derubarmi e infine si porta via ciò che è più caro al mio cuore! Deve avercela con me senz'altro.”
“Oppure vuole soltanto quel libro e l'anno scorso gli sei solo finito tra le palle,” conclude Karofsky, molto più sbrigativo e logico. “Ha preso Kurt in ostaggio per riavere il libro.”
“Esattamente!” Conferma il governatore. “Dice che ci dà tempo fino all'alta marea per portargli il libro, e poi lo ucciderà!”
“L'alta marea è domani, cosa state aspettando?”
“Non dipende da me,” sospira affranto Blaine. “Se spettasse a me decidere, avrei già preso il libro e sarei andato io stesso a consegnarlo nelle mani di quel furfante per riprendermi Kurt, ma sua maestà dice che non possiamo cedere al ricatto di un predone del mare.”
Dave fa schioccare la lingua. “Il nostro illuminato sovrano si chiede: come mai un pirata dovrebbe interessarsi ad un libro, quelli non sanno leggere! Evidentemente dev'essere un oggetto di valore. E quindi vuole tenerselo.”
Blaine sospira di nuovo affranto. “Credo che si tratti di questo, sì,” ammette. “Per questo sono qui a chiedere il tuo aiuto. Sua maestà interverrà allo scadere dell'ora ma per lui la priorità è il libro.”
Dave grugnisce qualcosa che ha a che fare con le madri incerte di teste coronate e quindi annuisce, mentre raggiungono la Fury. “Salpiamo stanotte. Tu vieni con me.”

*


Santana osserva il governatore riverso per metà fuoribordo che vomita l'anima come se il domani non dovesse mai arrivare e tutto ciò che gli restasse da fare fosse rimettere tutti i cibi ingeriti a ritroso fino all'inizio della settimana. “Ripeta un po', capitano,” commenta, le mani sui fianchi e lo sguardo corrucciato. “Perché lo hai portato a bordo?”
“Può darci una mano,” risponde sbrigativamente Karofsky, manovrando il timone. Il mare è calmo e si vede chiaramente per chilometri. La barca di Smythe è là fuori, da qualche parte, e intende trovarla prima che arrivi la notte e, con essa, l'alta marea.
“Quello non riesce neanche a stare in piedi. L'unico aiuto che può darci è buttarsi da solo in mare adesso, liberando noi dal doverlo fare poi, quando sarà morto di consunzione.”
Il capitano sospira, lo sguardo fisso sulla linea lontana dell'orizzonte. “Se conosco bene Kurt, non si fiderà di me. Il damerino garantirà per la nostra buona fede.”
Santana scuote la testa, agitando i lunghi capelli neri legati in una strettissima coda di cavallo. “E quale sarebbe il motivo per cui stiamo facendo tutto questo? Pensavo fossimo d'accordo sul fatto che non ci muoviamo nemmeno dal porto senza vedere moneta.”
Karofsky avrebbe preferito rimandare questo dialogo ad un momento successivo, quando avrebbe smesso di essere così teso per il destino di Kurt e l'obbligo di dire al suo vice quello che stava facendo non sarebbe sembrato più un onore di cui fare volentieri a meno. “Quando lo avremo recuperato, ci metteremo d'accordo sulla ricompensa. Suo padre e Blaine non lasceranno correre, non preoccuparti.”
Santana lo osserva a lungo, in silenzio. Il suo sguardo è così serio e concentrato che potrebbe passarlo da parte a parte se solo si concentrasse abbastanza. “Stai ancora cercando di riprendertelo,” sentenzia alla fine con uno sbuffo infastidito. “Non posso crederci.”
Il capitano fa di tutto per non scollare gli occhi dalla distesa del mare e spera che questo basti ad evitare anche il vago rossore che sa comparire sulle sue guance ogni volta che si affronta quell'argomento. “Santana, non hai qualcosa da fare altrove?”
“Certo. Volevo solo assicurarmi per che cosa stiamo andando a farci ammazzare stavolta.”
“Ce la caveremo,” risponde sbrigativo.
Santana allarga le braccia in segno di resa. “Va bene, d'accordo. Guardami, non parlo più,” commenta. “Ma dovresti davvero smetterla di prendere decisioni con l'uccello. Io e il resto della ciurma che non ne possiede uno stiamo cominciando ad infastidirci. Ti dico soltanto questo.”
Karofsky vorrebbe richiamarla all'ordine, ma la verità è che con Santana questo non si può fare. Lei non risponde mai agli ordini di nessuno, nemmeno a quelli del proprio capitano. L'unico modo che si ha per farla collaborare è trattarla da pari. E' per questo che il capitano l'ha resa il suo vice. Quand'era un semplice pirata, Santana era assolutamente intrattabile e rischiava di vederla fare accordi con ogni nemico che incrociavano sulla strada. Da quando sente la Fury anche un po' sua, invece, non passa giorno senza che la donna riconfermi una volta per tutte la sua fedeltà a quella ciurma. E comunque è un valido pirata, coraggioso, temerario e soprattutto spietato. Karofsky non aveva mai visto tanti arti separati dal corpo sul ponte di comando come da quando lei comanda le cariche. Se le loro preferenze non fossero così diametralmente inconciliabili, la sposerebbe. Comunque sono quanto di più vicino ci sia ad una vecchia coppia di anziani coniugi, e va bene così.
“Andiamo Anderson!” Urla Santana a gran voce, battendo una mano sulla schiena del governatore che è verde come un cadavere e ha delle occhiaie spaventose. “Vediamo di rimetterla in sesto.”
“Io non credo di poter lasciare il ponte,” si lamenta lui, reggendosi la pancia e cercando di combattere la nausea che da quando sono partiti non fa che tormentarlo.
“Non ha alternative,” Santana gli sorride spietata. “Ho bisogno di spazio per le esercitazioni, quindi può scegliere fra accomodarsi nella sua cabina e farsi curare dal nostro medico di bordo, oppure farsi issare in spalla e buttare in mare.”
Blaine deglutisce un rigurgito acido che gli è salito su per la gola. “Credo che proverò la strada del medico.”
“Saggia scelta. Ora capisco perché l'hanno fatta governatore. Signorina Pillsbury? A lei il relitto umano.”
La giovane signorina Pillsbury esce di corsa sul ponte, camminando a passi velocissimi come un topolino, animale che ricorda nell'aspetto e nella timidezza che la costringe a stare chiusa nella sua cabina tutta la giornata. “Che succede?” Chiede preoccupata, cercando di sostenere Blaine.
“Il governatore non è fatto per la vita di mare. Gli dia qualcosa che gli rimetta a posto lo stomaco e me lo rimandi indietro di un colorito che non faccia pendant con le vele.”
“Farò il possibile, Santana, ma non sono una maga, non faccio miracoli. Il mal di mare potrebbe anche durare dei giorni interi.”
“Oddio, ti prego, no,” si lamenta Blaine con voce spezzata, accasciandosi sul medico di bordo che vacilla sotto il suo peso.
“Allora lo sopprima. Non lo so, s'inventi qualcosa, adesso è un problema suo,” conclude Santana, allontanandosi ancheggiando.

*


La Dalton sta circumnavigando l'isola in attesa della risposta del governatore. La Fury la incrocia a sud, a qualche chilometro dalla baia McKinley, un tratto di spiaggia che prende il nome dal pirata dal quale – in un modo o nell'altro – pensano tutti quanti di discendere. L'uomo ha navigato i sette mari, derubato tutto quello che c'era da derubare e poi si dice che si sia innamorato così perdutamente di una sirena da gettarsi in mare per stare sempre con lei. Alcune leggende dicono che è morto annegato, altre che la sirena era magica e lo ha trasformato in una creatura del mare. In ogni caso la sua nave, misteriosamente priva di equipaggio, è stata trovata ancorata proprio presso la baia più di trecento anni fa. Adesso la baia è diventata il luogo di ritrovo più comune tra i pirati. E' lì che avvengono tutti gli scambi più significativi, quindi sembra appropriato che il fato faccia incontrare in questo luogo i due capitani.
La Dalton è una nave enorme, ben rifinita, con una donna alata come polena. Le sue grandi ali sono spiegate, ogni piuma scolpita con estrema precisione. Tutti sanno che il capitano Smythe ha l'abitudine di presentarsi in piedi tra quelle ali imponenti. Lo sta facendo anche adesso e sorride in direzione della nave di Karofsky che si avvicina.
“Smythe!” Grida il capitano, una volta che le navi si sono affiancate.
“Karofsky,” ridacchia l'uomo, la cui marsina è così impeccabile che sembra quasi più un marinaio del re che non un pirata. “Come mai non sono sorpreso? C'è qualcosa che il governatore riesca a fare senza correre a piangere da voi?”
“Cosa devo dirvi? Non può farne a meno,” Karofsky ride, sinceramente divertito. “Vi va di fare due chiacchiere?”
Sebastian Smythe china brevemente il capo. “Siete il benvenuto sulla mia nave, salite pure.”
Viene calata una scialuppa perché il capitano possa recarsi sulla Dalton. Molti uomini dell'equipaggio si fanno intorno a Karofsky prima che possa salirci sopra e gli chiedono se secondo lui sia una mossa saggia incontrare da solo Smythe sulla sua nave, ma il capitano li rassicura, dicendo loro che Smythe è un bastardo e come tutti i bastardi segue il codice del mare. Ad un capitano invitato a salire non può essere fatto del male, a meno che egli non decida di minacciare il proprio ospite.
Smythe, affascinante come sempre, gli va incontro non appena mette piede sulla nave. E' magro, ben vestito e non è rinomato per essere bravo con la spada, anche se questa gli pende fedelmente dal fianco. Il capitano Smythe è temuto perché è stato in grado di vincere battaglie senza muovere un dito. E' un ottimo stratega, abile negli scambi e Karofsky non spera affatto di vincere sul suo stesso piano.
“Da quanto non ci vedevamo?” Esclama il suo ospite, porgendogli la mano.
“Non ho mai tenuto il conto degli anni perché speravo di non rivedervi più,” ammette Karofsky, stringendola.
Sebastian annuisce. “Neanche io pensavo di tornare, ma sapete com'è: la corrente ci riporta sempre a casa,” si stringe nelle spalle e poi sospira, invitandolo verso un tavolo approntato per l'occasione direttamente sul ponte della nave. “Penso di sapere a cosa devo la vostra visita, ma l'etichetta m'impone di chiedervelo.”
“Avete qualcosa che appartiene al governatore.”
“E lui ha qualcosa che appartiene a me,” sorride Sebastian. “Direi che siamo pari. Del vino?”
Karofsky scuote la testa. “Non berrei mai dalla vostra bottiglia.”
“Né io dalla vostra lo capisco,” Smythe annuisce, comprensivo. “Ad ogni modo, a meno che non abbiate con voi il libro e siate autorizzato a restituirmelo, temo che siate venuto fin qui per nulla perché non lascerò libero il signor Hummel.”
“Quel libro non vi appartiene.”
“Al contrario, capitano,” dice Smyth, accavallando le gambe. “St. James lo ha sottratto a me, ma dubito che il governatore me lo avrebbe restituito senza fare storie pertanto mi sono, diciamo, tutelato.”
“Sua maestà è deciso ad intervenire,” gli fa notare il capitano.
Sebastian emette una risatina che finisce in un sospiro profondo e un po' paternalistico. “Sua maestà può intervenire quanto vuole, la mia nave è pronta a rispondere a qualsiasi attacco. Ma francamente credo che per lui abbia più valore quel libro che non il signor Hummel, dico bene?”
Karofsky è preoccupato per la piega che la cosa sta prendendo, ma tenta di non darlo a vedere. “Come sta?”
“Come stiamo noi, piuttosto,” risponde annoiato Smythe e con un cenno si fa portare un'altra bottiglia e un altro bicchiere, lasciando quella offerta al suo ospite assolutamente intatta. “Il vostro amico è, volendo essere gentile, insoffribile, viziato e in generale un perfetto esempio di come i nobili e i borghesi andrebbero eliminati in fasce prima che possano rendere la vita degli altri un inferno. Capirete quindi che non ho nessun interesse a tenerlo sulla mia nave più del dovuto. Restituitemi il libro e lo riavrete indietro. Tra le altre cose, mi dicono che sareste interessato a tenerlo voi o sbaglio? Si vocifera di una tresca.”
“Quello che si vocifera non ha nessuna importanza.”
Smythe ridacchia. “Tranne quando si tratta della verità. Ad ogni modo, credo che abbiamo raggiunto un punto di stallo, dico bene? Immagino che la signorina Lopez sia già pronta ad assaltarci. Sì pulì le mani con il tovagliolo e si alzò in piedi. “Vogliamo cominciare?”

*


La battaglia infuria quasi subito.
Karofsky voleva evitarla, ma Sebastian ha deciso di non cedere – come del resto c'era da aspettarsi – perciò il capitano non ha intenzione di andarci leggero. Ad un suo cenno, Santana e metà dell'equipaggio atterrano letteralmente sul ponte della Dalton, con la donna in prima linea che agita in aria due spade corte. I primi tempi, si parla di molto tempo fa, le entrate ad effetto di Santana si concludevano con i nemici piegati in due dal ridere perché lei è magrissima, è donna e dà l'impressione di non poter aprire da sola nemmeno un barattolo di sottaceti, figurarsi uccidere un uomo. Poi lei ha iniziato a sbudellare chi le si parava davanti e a contare in testicoli il successo di ogni attacco. Più alto il numero, più grande la vittoria. Prima che Karofsky le dicesse di smettere, la donna se li portava dietro in barattoli, conservandoli in formalina.
Anche se non può più farlo, perché il suo capitano ne era profondamente disturbato, può comunque avventarsi come una belva sui poveri malcapitati che ancora non la conoscono e quindi non fuggono di fronte alla sua persona. Mentre i suoi uomini le combattono intorno, lei si apre un varco, un colpo dopo l'altro fino a raggiungere il capitano. Uno dei marinai di Smythe le fa lo sgambetto e la manda a rotolare lunga distesa. Santana se lo sente addosso l'attimo dopo e fa in tempo a girarsi per fermare un colpo di spada con le proprie incrociate a qualche centimetro dal viso. L'uomo è più forte di lei, ma lei è più agile, così quando lui fa pressione sull'arma per tagliarle la gola, lei lo colpisce alla schiena piegando una gamba. L'uomo grida di dolore, espone il collo che la spada di Santana passa da parte a parte. Quando l'osso si spezza, l'uomo le ricade addosso come un pupazzo, riempiendola di sangue da capo a piedi. “Vaffanculo,” Santana spinge con tutta la forza che ha e rotola via dal cadavere, pulendosi la bocca con il dorso della mano, altrettanto sporco anche quello. Rabbiosa, tra un calcio al cadavere prima di ricordarsi che era diretta altrove. Ovunque sul ponte, la gente sta combattendo. Brittany, la sua bellissima e bionda Brittany, atterra su uno dei nemici appesa ad una delle cime. La sua spada trapassa il cranio da sopra ed esce dall'occhio. Anche da lontano, Santana lo vede letteralmente esplodere e spargere sangue ovunque. Brittany resta sul posto un po' più a lungo del necessario, nel tentativo di estrarre la lama rimasta incastrata. Poco più avanti, Puck sta mietendo vittime come non faceva da settimane. Dopo la morte di Lauren, la sua compagna, si era come spento ma, come Santana, la promessa del sangue lo ha risvegliato da ogni torpore. Santana sa che quando si avventa sul nemico e lo disarma tagliandogli la mano all'altezza del polso e quindi affondando la lama nello stomaco, girando fino a spegnere ogni luce negli occhi di chi ha per le mani, Puck si sente vivo come lei.
Qualsiasi tristezza possa averla colta, qualsiasi dolore può essere cancellato nel sangue altrui.
Quando raggiunge il capitano, non senza difficoltà, perché gli uomini di Smythe continuano a spuntare da tutte le parti, costringendola a fermarsi e ucciderli, lui sta giusto togliendo la spada dal torace di un uomo ai suoi piedi. “Dov'è Smythe?” Chiede.
“E' dentro, dobbiamo trovare Kurt,” sospira Dave.
Santana annuisce. “Pensaci tu, io trovo il bastardo.”

*


Kurt sta strillando da ore. Letteralmente da quando la battaglia è iniziata, e forse anche da prima. Solo che non lo sente nessuno perché il clangore delle spade copre qualunque cosa, perfino il disco che ha messo sul grammofono. Grammofono che quel bruto di Smythe pensava potesse essere una distrazione sufficiente alla sua prigionia, ma niente potrebbe esserlo! Il disco finisce e lui lo rimette, ma sono tutti troppo impegnati ad ammazzarsi tra loro per venire a vedere cosa succede.
Non è carino prendere in ostaggio qualcuno e poi ignorarlo, lo ritiene un atto offensivo. Non è così che si fa! Il braccio del grammofono torna a posto per la decima volta, così lui prende e lo rimette da capo mentre un uomo passa urlando di fronte al suo oblò e finisce in acqua con un gran tonfo.
“Mi scusi?” Grida lui, affacciandosi per quello che può – nessuno ha pensato a chiudergli la finestra tanto non ci passerebbe e, anche passandoci, di certo non può tornare a casa a nuoto – si sbraccia per tentare di attirare l'attenzione dell'uomo. “Mi vede? Sono quaggiù! La smetta di agitarsi! Vi stanno attaccando, vero? Potrebbe avvisare qualcuno che sono qui?”
Ma l'uomo continua ad urlare e a muoversi convulsamente finché poco a poco affonda, mentre una chiazza di sangue si dissolve nell'acqua.
“Che maleducato,” protesta Kurt, tornando a sedersi sul letto. Non poteva che essere altrimenti, d'altronde. Smythe è un uomo orribile e fastidioso, e la sua ciurma certo non può essere da meno. Kurt si sente oltraggiato, offeso e ritiene che una grave irregolarità sia stata commessa al codice cavalleresco. E' stato ingiustamente prelevato dalla propria casa e sbattuto in questa stanzetta del tutto priva di comodità per poi essere completamente ignorato. Smythe non si è neanche sprecato a venire di persona a minacciarlo, a fare sporche battute a doppio senso o a tentare di imporsi su di lui con la forza. Questo non è il modo di trattare con i prigionieri del suo livello.
E' allora, mentre sta per lasciarsi andare al dramma, che sente i passi nel corridoio. “Finalmente!” Esclama, lisciandosi la giacca sui fianchi e sistemandosi la sciarpa al collo. “Sono qua! Salvatemi! Aiuto! Fate presto!”
“Kurt! Siete qua dentro?”
Kurt si acciglia. C'è qualcosa in quella voce che gli suona familiare, così si ferma e resta in ascolto. “Chi è là?”
Dall'altra parte della porta, Karofsky alza gli occhi al cielo. “Allontanatevi dalla porta, sto per buttarla giù.”
“Guardi che le ho fatto una do–“ Kurt non fa in tempo a finire la frase che la porta viene abbattuta ed atterra, fra i suoi strilli, a pochi centimetri dai suoi piedi. “Ma siete impazzito? Ma cosa vi salta in mente? Voi siete.... siete voi!”
Karofsky alza di nuovo gli occhi al cielo e si chiede per quale motivo lo sta facendo. Poteva rimanere nella locanda, lasciare Kurt a Sebastian e vivere una vita felice lontano da questo strazio. “Sono io e sono qui per salvarvi,” dice, guardandosi velocemente intorno. “Possiamo rimandare la chiacchierata a più tardi.”
“Possiamo anche non farla mai, per quanto mi riguarda.”
“Ottimo,” Karofsky gli tende la mano. “Andiamo, vi porto via di qui.”
“Io non vado da nessuna parte. Sto aspettando di essere salvato da mio marito, il governatore Anderson.”
Il capitano sospira. “Sono qui per conto del governatore e di vostro padre.”
Kurt emette una risatina sarcastica. “E vi aspettate che io ci creda?” Chiede incrociando le braccia al petto. “Voi siete qui per vostro tornaconto e io non muoverò un passo se siete voi a chiedermelo.”
“Non ho tempo di convincervi Kurt. Posso dirvi questo, però. Il re attaccherà la nave tra poche ore, ma il suo obbiettivo non è salvare voi, bensì eliminare Smythe. Sono stato abbastanza chiaro?”
Kurt lo guarda con sospetto, anche se adesso c'è una vena di turbamento nei suoi occhi. “Il re non farebbe mai una cosa simile.”
“Il re farebbe questa cosa e molte altre, ve lo assicuro. Ora, volete per cortesia seguirmi? Che motivo avrei di rapirvi?”
“Per chiedere un riscatto! Devo dirvelo io?!”
“Io non rapisco nessuno!” Protesta Karofsky, il quale in effetti si guadagna da vivere come un pirata alla vecchia maniera: assaltando navi e rubando bottini, e lasciando stare le giovani donne o i giovani uomini che incontra lungo la strada.
Kurt batte il piede in terra. “Con me lo avete già fatto!”
“Stavo cercando di dichiararmi!” Sbotta Karofsky “Ma voi siete duro di comprendonio!”
“E voi siete un bruto!”
Karofsky ringhia, stremato. “E va bene! Come volete voi!” Sbotta, caricandoselo in spalla così velocemente che Kurt non può nemmeno reagire.
“Che cosa state facendo? Mettetemi subito giù!” Urla isterico l'altro ragazzo, tempestandogli la schiena di pugni. “Come vi permettete? Io sono Kurt Hummel-Anderson, degli Hummel di Lima. Mio marito è il governatore Blaine Anderson! Avete capito?”
Karofsky fa un respiro profondo per cercare di mantenere la calma mentre percorre a ritroso il corridoio della nave per tornare sul ponte e da lì alla Fury.
“Ve la vedrete con mio marito! Con mio padre!” Strilla Kurt, agitando le gambe e rischiando di scivolargli dalle spalle. “Con il re in persona!”
“Volete stare zitto un momento? Sto cercando di capire dove si trova Santana.”
“Lasciatemi andare! Subito!” Borbotta Kurt. “Voi state violando delle regole!”
Karofsky naturalmente lo ignora e continua a camminare finché non intravede un paio di lunghe gambe spuntare aldilà di una porta. Santana è piegata in avanti, un braccio sollevato dietro di sé e pronto a sferrare un colpo di spada.
“Santana ce ne stiamo andando,” Le dice sorpassandola.
Lei gli solleva addosso un paio d'occhi sconvolti e delusi. “E questo?” Chiede, indicando Smythe che tiene inchiodato al pavimento premendogli la punta dello stivale contro il collo.
“Lo avrai un'altra volta. Muoviti!”
Con un ringhio, Santana lascia andare il capitano, che non può fare a meno di ridere appena smette di tossire.

*


“Ho dovuto ritirarmi!
“Mi avete sollevato di peso, come un sacco! Siete un bruto!
“Io non so se hai una vaga idea di quello che sono stata costretta a fare!”
“Voi mi dovete delle scuse!”
“Tu mi devi un risarcimento!”
Karofsky si porta le mani alle tempie, massaggiandole. “State zitti! Tutti e due!” Urla all'improvviso, non riuscendo più a sopportare il cicaleccio continuo di Santana e Kurt che è iniziato non appena hanno rimesso piede sulla Fury. Solleva lo sguardo solo quando è sicuro che quei due hanno smesso di gridargli addosso come scimmie inferocite.
“Santana, vai a prendere il governatore, così che le due piaghe possano riunirsi,” le ordina.
Lei lo fissa intensamente per qualche istante, quasi fumando dal naso, ma poi cede. Anche perché una parte di lei non vede l'ora di liberarsi sia di Hummel che di Anderson.
Nell'attesa, Kurt decide che può mettere il broncio. Karofsky lo ignora, aprendo il diario di bordo per cercare di dare un senso a questa orrenda giornata. Per qualche minuto lo scricchiolio della sua penna d'oca sul foglio di pergamena è l'unico rumore nella stanza, se non si conta il rotolare avanti e indietro di una biglia sulla scrivania per colpa del movimento della nave. Kurt la prende al volo quando gli passa davanti per la quarta volta e comincia a giocarci. “Che fate?”
“Scrivo.”
Kurt si sporge per controllare, ma al contrario non riesce a leggere niente della grafia dell'uomo, e forse non riuscirebbe neanche guardandolo per il verso giusto. “E' vero quello che mi avete detto?”
“Che cosa?” Karofsky intinge il pennino e continua a scrivere.
“Beh...” esita Kurt, strusciando un piede a terra e facendo girare la biglia sul palmo della mano. “...che stavate cercando di farmi capire qualcosa, quella volta.”
Karofsky sospira e alla fine alza lo sguardo su di lui. “Cambierebbe qualcosa? Siete sposato, ormai. Allora non lo eravate.”
Kurt sta per dire qualcosa, ma non fa in tempo. La porta si apre e un Blaine molto preoccupato fa irruzione nella stanza, attirandolo subito a sé. “Oh grazie al cielo stai bene! Sei tutto intero? Ti hanno fatto qualcosa?” Chiede a raffica.
Kurt annuisce, un po' distratto forse, ma poi alla fine riesce a scuotersi e a guardare Blaine, facendogli un sorriso. “Sì, sto bene. Non preoccuparti.”
Blaine lo guarda con occhi adoranti, gli accarezza una guancia ed emette un mugolio intenerito e innamorato che fa salire la nausea a Santana.
“D'accordo, abbiamo capito,” li apostrofa con disgusto. Quindi gli indica la porta. “Andate, c'è una scialuppa che vi riporterà a terra.”
Kurt si volta, prima di uscire. “Capitano Karofsky?”
Il capitano alza lo sguardo.
“Grazie per avermi salvato.”
Karofsky sorride, ma la sua felicità dura poco.
Appena la porta si chiude, Santana lo guarda come volesse scuoiarlo. “Bravo, ridi. Lo hai salvato, sei contento?” Esclama. “Ora quello può tornare con quello gnomo ridicolo di suo marito e tu puoi continuare a a viaggiare da solo come un cane.”
Karofsky sospira. “Non potevo fare altrimenti.”
“Oh, potevi fare tante di quelle cose, Dave! Ma fra le tante, potevi aspettare che finissi di fare il mio lavoro!” Protesta lei, le mani sui fianchi e il suo accento spagnolo che ogni tanto fa capolino fra una parola e l'altra, ora che è arrabbiata. “Stavo per ucciderlo e tu cosa fai? Tu mi dici che ce ne andiamo! Ma certo! Lasciamolo vivere! Sentivamo proprio bisogno di uno come Smythe in giro per il mondo. Ma mi stai ascoltando? Ho dovuto ritirarmi! Ritirarmi! Io! Io non mi sono ritirata nemmeno quando eravamo in svantaggio! Non mi ritiro mai io! Mi devi un risarcimento e–“
Karofsky solleva soltanto un dito ed indica il forziere alle sue spalle, dal quale escono monete, gioielli e altri oggetti preziosi. “Prendi tutto quello che vuoi, poi esci da questa stanza e ti prego, ti scongiuro, ti supplico, non farti vedere prima di domattina.”
Santana sorride, quindi gli lascia un bacio sulla tempia e si appresta a portar via tutto quello che è in grado di trasportare. Il forziere vuoto che si è portata dietro le tornerà utile.

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