Fandom: !Originali
Personaggi: Dimitri, Aalim, Vretiel
Genere: Drammatico, Introspettivo
Avvisi: Slash
Rating: R
Prompt: Scritta per far guadagnare punti alla squadra dei vampirli Blood Devils, nel Cow-T di MDC (prompt: Ovest).
Note: La storia della settimana dedicata al Cow-T!Verse! Siamo appena dopo l'inizio della guerra e Dimitri sta ancora cercando il mattatoio di cui parlava già in Rather than be less, car’d not to be at all. Miguel (ossia Michele) è scomparso dalla circolazione e potrebbe o non potrebbe essere già stato vampirizzato.

Riassunto: Cercavano il mattatoio da così tanto tempo che cominciava seriamente a pensare che non esistesse nemmeno e che mentre loro cercavano un luogo che fosse abbastanza grande da essere adatto allo scopo, i vampiri facessero strage per le strade senza preoccuparsi di nascondersi dietro a delle porte chiuse.
LOSS IS NOTHING ELSE BUT CHANGE

Più che una vera e propria banda, gli angeli erano un gruppo di tipo paramilitare.
Quando all'inizio del secolo erano stati costretti a scendere fisicamente sulla Terra e a nascondere le ali, abbracciando una vita completamente diversa da quella che vivevano in cielo, avevano sentito la necessità di mantenere integra almeno la struttura delle legioni che, fra le altre cose, sarebbero state più semplici da controllare se divise in plotoni com'erano sempre state. Il comportamento umano era per gli angeli quasi sempre incomprensibile, ma se c'era una cosa che riuscivano a capire, quello era l'esercito, l'organizzazione militare, la vita del soldato che combatte per una causa che non lo tocca mai singolarmente ma che difende perché essa regola la propria vita nella comunità.
C'erano settantadue legioni, due delle quali stanziate in città e alle dirette dipendenze di Damabiah – che aveva successivamente assunto il nome di Dimitri – che ne aveva il comando ma anche la responsabilità. Ogni morte di un angelo doveva essere giustificata, ogni defezione punita, e lui al momento si trovava a non poter fare nessuna delle due cose.
Nelle ultime settimane, aveva perso due soldati per mano dei vampiri e Michele se n'era andato, affiancando le stesse creature che avevano ucciso i suoi fratelli. La guerra scatenata dalla Veggente impediva a Dimitri di chiederle aiuto e giustizia per le perdite subite, e tutti i tentativi di ritrovare il suo antico maestro per porre fine alla sua insubordinazione una volta per tutte – sempre che vi fosse riuscito, una volta avutolo davanti – erano stati infruttuosi perché la sua aura angelica aveva smesso di brillare. Dimitri cominciava a temere di sapere il perché e ogni volta che quella consapevolezza gli sfiorava la mente, lui la ricacciava indietro, seppellendola dentro di sé nel tentativo di dimenticarla.
Dimitri posò la stilografica accanto al diario che stava cercando di tenere aggiornato. Da un po' di tempo a questa parte non scriveva nient'altro che pagine e pagine di morti. I successi che erano riusciti ad ottenere – anche quando erano stati grandi – non bastavano a compensare le perdite, né l'amarezza che una lotta senza esclusione di colpi come quella che stava avvenendo aveva generato.
Osservò la città oltre l'ampia vetrata senza tende colorarsi d'arancio mentre il sole calava all'orizzonte. Il tramonto era un momento delicato lì alla base. Le truppe notturne si preparavano ad uscire in città per affrontare la banda dei vampiri che appena svegli erano ancora più affamati e violenti del solito. La base era attraversata da una tensione quasi palpabile che rendeva ogni gesto più secco e ogni parola più significativa perché ognuno di loro aveva la certezza che avrebbe varcato i cancelli ma non quella di tornare indietro.
Doveva prepararsi anche lui. Per quanto i suoi ufficiali lo volessero lontano dal campo di battaglia, terrorizzati all'idea di poter perdere anche lui, Dimitri non avrebbe mai potuto convivere con l'idea di mandarli a morire mentre se ne stava comodamente seduto dietro ad una scrivania.
Stava recuperando la giacca della divisa dall'attaccapanni quando qualcuno bussò alla porta.
"Avanti," disse a gran voce, accogliendo il suo ospite con un'occhiata stanca mentre chiudeva la cerniera sul davanti e sistemava il colletto.
Aalim fece qualche timoroso passo all'interno della stanza e chinò brevemente il capo in segno di rispetto. Indossava già la divisa e le sue ali erano invisibili e accuratamente ripiegate dietro la schiena, l'unico segno della loro presenza era l'onda di calore che faceva tremare l'aria in corrispondenza del loro profilo.
"Aalim," Dimitri gli rivolse un sorriso. Era l'unico angelo che fosse riuscito a trovare un nome falso che sembrasse vagamente più angelico di quello vero. "Pensavo che la tua squadra fosse già uscita."
"Questo era il piano, signore," annuì quello, "ma ci sono delle novità riguardo alla questione del mattatoio."
Dimitri sospirò, desiderando di non doverci pensare adesso. Cercavano il mattatoio da così tanto tempo che cominciava seriamente a pensare che non esistesse nemmeno e che mentre loro cercavano un luogo che fosse abbastanza grande da essere adatto allo scopo, i vampiri facessero strage per le strade senza preoccuparsi di nascondersi dietro a delle porte chiuse. "Sentiamo, lo avete trovato?"
"Forse, signore. La creatura ha ceduto," annuì Aalim. "Dice di sapere dove si trova, ma si rifiuta di dircelo. Vuole parlare solo con lei."

Quattro giorni prima una delle squadre che perlustrava i confini del territorio angelico, aveva segnalato un'intrusione notando come parte della recinzione che circondava la zona del mercato fosse stata abbattuta e il guardiano del parcheggio poco distante giacesse immobile e con il collo spezzato. L'uomo portava i segni di un morso fresco di qualche ora, ma la pozza di sangue che si allargava sotto il suo cadavere faceva pensare che il suo assalitore fosse stato interrotto mentre si nutriva o era così di fretta da non avere il tempo di gustarsi la preda a dovere. In entrambi i casi, qualcosa lo aveva spinto ad andarsene controvoglia, questo era certo perché un vampiro non lasciava mai che il sangue andasse sprecato.
Seguendo gli ordini di Dimitri, la squadra aveva cercato il sospetto per ore, perlustrando la zona palmo a palmo e chiudendo ogni via d'uscita possibile. Dimitri era andato personalmente dai vampiri chiedendo di Michele per avere delle spiegazioni, ma non lo avevano lasciato passare e Matias aveva negato con insistenza che uno di loro mancasse all'appello. "Siamo tutti qui," gli aveva detto, il viso immobile e lo sguardo disinteressato. "Sono spiacente di non poterti aiutare. Se mai un vampiro mai esistito dovesse tornare qui, te lo farò sapere."
Avevano trovato l'intruso due giorni più tardi, malnutrito e quasi in preda alla follia. Non sentendosi al sicuro, il vampiro era rimasto sveglio, nascondendosi ai raggi del sole, ma questo l'aveva indebolito e fatto cadere in una grave forma di paranoia violenta. C'erano voluti quattro angeli per immobilizzarlo e portarlo alla base, dov'era stato nutrito con sangue animale e sedato, così che il suo corpo potesse riabilitarsi e lo rendesse capace di rispondere alle loro domande. Ovviamente quando il vampiro era stato in grado di parlare, si era guardato bene dal farlo. Dimitri aveva ordinato che continuassero ad interrogarlo finché le domande non gli fossero venute a noia, ma quello aveva evidentemente più pazienza e lui non aveva potuto fare altro che passare alle maniere forti. Dopo quasi due giorni di torture con l'acqua santa, era arrivato alla logica conclusione che era meglio parlare e rischiare – forse – di venire ucciso dai suoi simili, invece che continaure a tacere e venire – sicuramente – sfigurato a vita dagli angeli.

Per raggiungere la sala degli interrogatori, Dimitri doveva attraversare quasi tutta la base. Lui e Aalim si incamminarono per il lungo corridoio che portava dapprima al centro di comando e da lì alle camerate e quindi alle celle. Aalim gli camminava davanti in silenzio, facendo strada anche se non ce n'era affatto bisogno, dal momento che Dimitri si trovava lì da molto più tempo di lui ed era stato presente quando gli angeli si erano insediati in quel luogo per la prima volta. Il corridoio era vuoto, così come gran parte delle stanze che vi si affacciavano. Per contrastare il gran numero di battaglie che affrontavano ogni giorno, la base aveva dovuto adattarsi ad andare avanti con il personale ridotto al minimo, perciò, a parte i due angeli nella sala comunicazioni e la squadra che controllava il perimetro, la base era praticamente vuota.
"In che condizioni è?" Chiese Dimitri all'improvviso.
Aalim ci pensò su qualche istante, valutando la risposta da dargli. "Buone, tutto considerato. E' stato davvero ostinato."
"Non avrei voluto arrivare a tanto."
Aalim si voltò a guardarlo solo per annuire con un misto di comprensione e severità sul volto. "Certo, signore, è assolutamente comprensibile, ma non potevamo fare altrimenti."
Dimitri sapeva che era così ma non poteva impedire ad una piccola parte di sé di chiedersi quale fosse il grande piano incomprensibile alla propria mente che un'azione come quella poteva aver aiutato. Sospirò e cercò di non pensarci; era sempre più convinto che ciò che era successo nelle ultime settimane fosse il motivo per cui adesso dubitava di qualunque cosa.
Aveva appena superato una stanza senza nessuna indicazione quando si bloccò e rimase immobile in mezzo al corridoio per qualche istante, costringendo Aalim a fare lo stesso per non perderlo per strada. "Qualcosa non va?" Chiese l'angelo.
Dimitri non si voltò a guardarlo ma scosse la testa. "No, è tutto a posto. Va' pure avanti, ti raggiungo dopo."
Aalim esitò ma non osò contraddirlo. Dimitri attese che l'eco dei suoi passi si fosse estinta prima di tornare indietro alla porta anonima e fermarsi sulla soglia. All'interno la stanza era completamente bianca, dalle pareti al pavimento, fino al più piccolo pezzo di mobilia. La scrivania appoggiata alla parete opposta era quasi del tutto sgombra, fatta eccezione per una lastra traslucida che emetteva un bagliore bluastro e opaco.
Davanti ad essa, una mano appena appoggiata sopra, c'era un uomo che dava le spalle alla porta.
"Damabiah entra," disse, la voce arrochita ma ancora forte e chiara, "non rimanere sulla soglia."
L'angelo sussultò, colto di sorpresa, ma fece qualche passo nella stanza e chinò il capo brevemente. "Venerabile Vretiel, mi avete sentito arrivare."
"Ti ho visto arrivare," lo corresse Vretriel. Quando si voltò, sorrideva. I suoi occhi erano coperti da una patina bianca fin dalla nascita, ma l'assenza della vista era compensata dalla sua capacità di vedere il futuro. "Qualcosa ti turba, figliolo?"
Dimitri sospirò e si avvicinò ulterioremente, rimanendo però ancora ben distante dall'angelo inginocchiato e dalla lasta traslucida sulla quale si muovevano immagini vaghe e fumose che il vecchio Vretriel – uno degli angeli più vecchi del paradiso – era in grado di interpretare. "Sì, signore," rispose. "La sua assenza comincia a preoccuparmi. Sembra essere sparito."
Vretiel spostò lo sguardo verso l'alto come stesse guardando il soffito, pensoso. "Io non credo che lo sia," disse alla fine.
"Non lo vedete?"
Il vecchio angelo scosse la testa. "Ho perso la sua traccia qualche tempo fa. Pulsava brillante come tutte le altre, e all'improvviso è scomparsa," spiegò, solo leggermente addolorato. Il suo potere lo aveva reso più distaccato, poiché se i sentimenti di pietà e d'amore avessero avuto su di lui lo stesso effetto che avevano su qualsiasi altro angelo, Vretiel avrebbe vissuto nella disperazione.
Gli occhi di Dimitri si fecero tristi. "Quindi Michele è..."
"Morto?" Suggerì Vretiel, alzando la voce e voltandosi seguendo il suono di quella di Dimitri. "Oh no, Damabiah, no. Se Michele fosse morto, tutti quanti lo avremmo sentito, non solo le mie vecchie, povere ali. Il potere di Michele costituisce la cerchia più alta, la sua perdita avrebbe creato uno scompenso tale da lasciarci tutti quanti deboli e inermi per settimane."
Dimitri non si sentiva sollevato come avrebbe dovuto, forse perché percepiva che c'era qualcosa di peggio nascosto tra le parole del vecchio. "Quindi, sta bene?" Tentò comunque.
"No, non sta bene." Vretiel scosse la testa. "E io credo che tu sappia perfettamente quello che è successo."
Il cuore di Dimitri ebbe un fremito e i suoi occhi si fecero così tristi che non sarebbe stato sorprendente vederlo piangere. "E questo che cosa comporterà?"
Le lunghe dita dell'angelo più vecchio scivolarono con maestria sulla lastra traslucida, premendone delle zone e accarezzandone altre. La superficie sotto di esse si illuminò, emettendo lo stesso suono delle corde del violino quando vi si fa scivolare sopra l'archetto. "Non posso dirlo," mormorò Vretiel alla fine. "Questo non è mai successo in passato, così il futuro è ancora più incerto."
"Ma se la mancanza del suo potere ha effetti sulla cerchia," tentò Dimitri, improvvisamente allarmato, "allora se il suo potere è corrotto, corromperà anche la cerchia."
Il viso di Vretiel era teso e serio. "Non posso dirlo," ripeté di nuovo.
"Ma avrete pure un'idea a riguardo!"
Il vecchio angelo non se la prese per l'irruenza di Dimitri, ben sapendo quanto fosse legato a Michele e che quello scatto dipendeva da questo. "Io penso che il potere di Michele sia rimasto forte com'era, ma che sia mutato com'è mutato lui," rispose piano. "Se la mutazione potrà o meno interagire con il resto dei poteri della cerchia, solo il tempo potrà dirlo Damabiah."

La stanza degli interrogatori era asettica e quasi del tutto vuota, ricavata dal magazzino dei materiali di una vecchia fabbrica. C'erano ancora le scaffalature di ferro arrugginito su una delle pareti e il mucchio di catene e utensili buttati in un angolo le davano un'aria sinistra, come lo scantinato di qualche pericoloso pazzo omicida che tortura le sue vittime per divertimento; l'unica differenza era che in questo caso i torturatori venivano direttamente dal paradiso. Dimitri non approvava i metodi coercitivi, ma non era tipo da ribellarsi se essi erano necessari per uno scopo superiore. Michele gli diceva sempre che avrebbe dovuto ragionare e che stringere i denti in previsione di un futuro migliore, di un mondo migliore in cui le catene arroventate, l'argento e l'acqua santa non sarebbero più stati necessari era un modo ingenuo di credere nel futuro, che le cose non andavano sperate ma fatte accadere. Quando era più giovane e Michele parlava per insegnargli, Dimitri pensava che fosse il suo modo per addestrarlo a non esitare mai e ad agire in qualunque situazione. Adesso che era più vecchio – più saggio forse no, ma di certo con molta più esperienza – aveva abbracciato le regole del paradiso come Michele non aveva mai fatto e guardava oltre gli atti spiacevoli, concentrandosi esclusivamente sulla necessità del risultato. Questo non significava che non provasse dolore o sconcerto di fronte al dolore dei prigionieri. Soprattutto in situazioni come quella che gli si presentava davanti in quel momento. Il vampiro che avevano catturato era giovanissimo, probabilmente della stessa età di Matias. Per un attimo Dimitri aveva temuto che si trattasse di lui e, per qualche motivo, l'idea gli era stata sgradevole più del solito, perché aveva discusso con la creatura di Michele e questo la rendeva meno distante, meno sconosciuta. Ma non si trattava di lui. Matias aveva la pelle chiara dei portoricani, mentre il vampiro che era legato alla sedia in mezzo alla stanza, era olivastro, quasi nero. E i suoi occhi, quando si sollevarono su di lui che era appena entrato, erano pieni di odio, di rabbia e di una vena di follia che sembrava essersi trasmessa alle sue labbra, piegate in un sorriso ironico. Nello sguardo scostante di Matias, Dimitri non aveva letto niente, se non una scintilla di possessività quando aveva tentato di avvicinarsi a Michele. Ma la differenza davvero importante fra i due era che Matias non sembrava ancora un vampiro, se lo si osservava di sfuggita. Soltanto uno sguardo attento e la consapevolezza di avere davanti una creatura non morta potevano riuscirci. Ma era rinato da pochissimo tempo, la sua pelle arrossiva ancora e non aveva ancora perso l'abitudine a respirare, Dimitri ricordava di aver notato ogni singolo particolare.
Quello che aveva davanti adesso, invece, era un vampiro molto più vecchio – non tanto da essere antico, e quindi rispettato dalla comunità, per questo nessuno era venuto a cercarlo ma certo non aveva più niente di vivo – per questo vedere metà del suo viso bruciato dall'acqua santa non fu così devastante come avrebbe potuto esserlo in un altro caso.

"Hanno chiamato il grande capo," rise il vampiro, finendo poi per tossire e vomitarsi addosso una bava sanguinolenta. La superficie della sua pelle sulla parte destra del viso sfrigolava ed emanava un fumo bianco opaco. "Allora le mie richieste sono state esaudite."
Dimitri guardò altrove per un istante, per trovare la forza di sopportare la visione, più che per togliersi la compassione di dosso. "Non sono il grande capo, qua non ce ne sono," disse poi, tornando a fissarlo. "Qual è il tuo nome?"
"Che le importa del mio nome, capitano?" Sorrise quello. "Non siamo tutti uguali per voialtri?"
"Non sono capitano," ci tenne a precisare Dimitri. Poi sospirò. "Hai delle informazioni da darmi?"
Il vampiro annuì, rilassandosi per quanto poteva sulla sedia. "Voglio qualcosa in cambio, però."
Dimitri se lo era aspettato, ma era disposto a concedere quasi qualunque cosa in cambio di un'informazione valida sul mattatoio. "Che cosa vuoi?"
"Una cosa molto semplice: passare la frontiera," rispose il vampiro e poi si indicò la faccia. "E un bel po' di sangue per sistemare questo schifo. Mi rimarranno comunque le cicatrici, ma voglio almeno darmi una sistemata."
Dimitri la trovò una richiesta insolita per un vampiro. Erano come animali ed erano stanziali, non amavano affatto cambiare panorama, specialmente quando facevano parte di un gruppo potente come quello della città. "Noi potremmo proteggerti," gli fece notare.
Il vampiro si mise a ridere di cuore, reclinando la testa all'indietro e battendosi una mano sulla coscia per meglio sottolineare l'ilarità dell'affermazione. "No, voi non potete proprio un cazzo," disse alla fine, quando ebbe finito di darsi alla pazza gioia. "Se quelli decideranno che vale la pena muovere il culo per farmi fuori, lo faranno. E stia sicuro, capitano, che vorranno togliermi di mezzo quando mi lascerete andare perché allora sapranno che vi ho detto qualcosa. Quindi voglio passare la frontiera."
"E non pensi che ti seguiranno anche lì?"
"Questi sono cazzi miei, non le pare?" Sbottò il vampiro. "Ora, vogliamo fare questo patto o no? Altrimenti può anche andarsene perché io non dirò una parola."
Dimitri finse di valutare la proposta per qualche istante, ma a conti fatti gli angeli non avevano niente da perderci e tutto da guadagnare. "D'accordo," disse alla fine. "Ti faremo arrivare vivo alla frontiera e avrai a disposizione sangue a sufficienza per guarire. Ma sarà animale, non umano."
"Che sia vivo, almeno, l'animale."
"D'accordo," acconsentì Dimitri. "Adesso dicci dove si trova il mattatoio."
Il vampiro indicò le catene. "Le dispiace?"
Dimitri fece un cenno con la testa ad Aalim che si affrettò a liberare il vampiro. Gli altri soldati presenti nella stanza mossero contemporaneamente un passo avanti, minacciosi.
Il vampiro li guardò, mentre si massaggiava i polsi. "Siete sempre così fiduciosi nel prossimo," commentò ironico.
"Il mattatoio," gli ricordò Dimitri. "Dove si trova?"
"Da nessuna parte," rispose quello. "Il mattatoio cambia luogo ogni quindici giorni. La notizia gira con il passaparola."
"D'accordo, dove hanno intenzione di muoverlo?"
Il vampiro lo guardò a lungo, quasi stesse decidendo se credere o meno alle promesse che gli ha fatto e alla fine deve convincersi che Dimitri non sta mentendo. "Ad ovest, nella vecchia villa degli Hastings. E' un palazzo fatiscente appena dopo il fiume."
"Quel posto è pericolante," esclamò Dimitri. "Credevo che fosse sigillato."
Il vampiro gli dedicò un'occhiata apertamente impietosita. "Allora bisognerà avvisare gli organizzatori. La sicurezza prima di tutto," commentò.
Le ali di Dimitri emisero un fremito, ma non mostrò la propria rabbia in nessun altro modo. "Quanti vampiri ci saranno?"
"Una decina a controllare la situazione, e praticamente tutti gli altri vampiri della città," fu la risposta. "Il mattatoio è un evento che nessuno vuole perdersi: cibo comodo e pulizia inclusa nel biglietto d'entrata. E' il miglior servizio offerto dal clan. Non potrete avvicinarvi. La sorveglianza è altissima."
"Questo lascialo decidere a noi."

Gli Hastings erano la famiglia più importante della città fino ai primi del secolo. Christopher Hasting aveva aperto la prima industria e suo figlio Hunter aveva fatto fallire l'ultima. Agli inizi degli anni '90, sull'orlo della bancarotta, aveva venduto ai cinesi che avevano spostato la produzione a Beijīng. Così le fabbriche avevano chiuso, centinaia di persone avevano perso il posto di lavoro e la zona ovest della città era stata quasi del tutto abbandonata e lasciata nelle mani delle bande che se l'erano spartita.
La villa degli Hastings, un tempo enorme dimora vittoriana che sovrastava la città ed era il centro di tutta la vita sociale dell'alta società locale, era ora un gigantesco rudere e si innalzava davanti ai loro occhi buia e apparentemente priva di vita. Il tetto era crollato, abbattendo l'ultimo piano e i rampicanti ricoprivano la facciata quasi per intero, nascondendo le finestre e i buchi nelle pareti dovuti ad altri crolli successivi.
Il giardino intorno alla villa era silenzioso e buio. Ad una prima occhiata sembrava che il posto fosse disabitato, ma Dimitri aveva percepito del movimento, delle ombre che si muovevano agli angoli della sua visuale. Era stato come fissare una stanza buia e sapere che c'era qualcuno all'interno, senza poterlo vedere.
"Gli uomini sono in posizione," mormorò Aalim, avvicinandosi al gruppo di superiori che stava studiando la mappa del luogo, srotolata a terra. Indossavano tutti quanti la divisa, anche quello un vezzo che si portavano dietro direttamente dal paradiso. Avevano bisogno di un simbolo, un segno di apparentenza, e il grigio dei pantaloni militari, gli anfibi e il giubbotto antiproiettile – divenuto indispensabile da quando in molti avevano scoperto che le armi da fuoco erano di grande aiuto alle zanne, alle spade e potevano essere rese più forti dagli incantesimi – li rendevano facilmente riconoscibili.
"La villa ha quattro accessi conosciuti," spiegò Dimitri, indicandoli sulla mappa. "Ogni squadra ne utilizzerà uno. Non sappiamo quale sia la situazione all'interno, perché avvicinarsi più di così è impossibile. Dovremo improvvisare. Al mio segnale, entreremo in azione. Una volta dentro, avete il permesso di sparare a vista alle creature, ma ricordate che la priorità sono gli esseri umani. In caso di pericolo, dovete prima salvare la vittima. Intesi?"
Gli altri angeli annuirono, pronti a riferire gli ordini alle proprie squadre.
"Un'ultima cosa," Dimitri li guardò uno ad uno, "Dite ai vostri uomini che se Michele è là dentro, lui è mio."
Aalim si schiarì la voce. "E nel caso che fuggisse, vuole che lo fermiamo?"
"Non preoccuparti, se è là dentro non scapperà."

I soldati di Dimitri fecero irruzione all'interno della villa e furono accolti dallo spettacolo disgustoso di creature che si nutrivano in ogni angolo, appoggiate ai vecchi divani che facevano parte dell'arredamento della villa, o in terra o contro le pareti. Le vittime erano tutte ipnotizzate, spesso sorridenti, del tutto ignare di ciò che stava avvenendo. Era un'immagine surreale. Ovunque volgessero lo sguardo, qualcuno stava morendo, ma non c'era una goccia di sangue né sui vampiri, né sulle vittime né sulle pareti. Quel luogo non aveva niente del nome che portava ma era, a tutti gli effetti un mattatoio. I cadaveri venivano portati via quasi subito e fu uno dei due vampiri che si stava appunto occupando di questo lavoro a cadere per primo sotto i colpi dei soldati angelici quando attaccarono. Molti dei vampiri risposero all'offensiva, ma la maggior parte fuggì per essere massacrata appena fuori dalla villa. Ovunque si dirigessero c'era una squadra pronta ad ucciderli. Quattro dei capi furono abbattuti, gli altri si fecero scudo con i corpi di esseri umani ancora ipnotizzati e gli angeli furono costretti a lasciargli andare. Alla fine dell'attacco, che non durò più di mezz'ora, le vittime umane erano comunque il numero più alto. Prima dell'arrivo degli angeli, i vampiri avevano ucciso già una ventina di persone e altre venti erano morte dissanguate nei minuti successivi all'irruzione, alcune erano state uccise per vendetta davanti agli occhi degli angeli. Così, alla fine, quando le ambulanze furono arrivate, il gruppo dei vivi era davvero esiguo. Michele non faceva parte di esso, né di quello dei morti. Di lui non c'era traccia e nessuno lo aveva visto fuggire, perciò era ragionevole pensare che non vi fosse mai stato.
Dimitri non sapeva se esserne sollevato perché almeno lui non era coinvolto o se invece dovesse iniziare a preoccuparsi. Vretiel aveva lasciato intendere che ciò che temeva era giusto, che Michele era stato trasformato, ma quale posto migliore per nutrire un vampiro appena nato se non il mattatoio? Se Michele era vivo da qualche parte, dove lo tenevano? Dimitri aveva un forte desiderio di parlargli ancora una volta, di provare a convincerlo ancora contro ogni speranza.
Sospirò e mentre si dirigeva alla jeep per tornare alla base, il suo telefono squillò. Quando rispose, la voce di Michele era sempre melodiosa ma aveva una sfumatura inquietante che gli mandò un brivido lungo la schiena. "Bravo Damabiah, hai vinto una battaglia," mormorò, lasciando scivolare le parole una sull'altra come fossero pieghe sul velluto. "Puoi stare certo che non ti farò vincere nient'altro."
Dimitri strinse il telefono e rimase ad ascoltare il silenzio dall'altra parte della cornetta.

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