Fandom: !Fanfiction, Glee
Pairing:
Personaggi: Kurt Hummel, Dave Karofsky
Genere: Introspettivo, angst
Avvisi: Lemon, Slash
Rating: R
Note: Storia scritta per la maritombola di maridichallenge (prompt nr.45: "Bagno pubblico") e per il quarto P0rn!Fest (prompt: Glee, Dave Karofsky/Kurt Hummel, Bagno pubblico).

Riassunto: Kurt non sa proprio come siano finiti nei bagni del primo piano.
GUILTY PLEASURE


Il rubinetto del lavandino gli si infila nella schiena quando Dave lo solleva di peso e ce lo sbatte contro senza controllare che cos'abbia alle spalle. Kurt non sa proprio come siano finiti nei bagni del primo piano. Dave che gli infila le mani sotto il pullover e poi sotto la maglia alla ricerca anche del minimo centimetro di pelle scoperta che tiene gelosamente nascosto è quanto di più lontano ci sia dall'idea che aveva in mente quando si è diretto spedito negli spogliatoi della squadra di football.
Voleva parlare, immagina, ma non ne è troppo sicuro nemmeno lui. Quello che sa è che era stufo di subire passivamente le angherie di un ragazzo incapace di venire a patti con il proprio cervello prima ancora che con la propria sessualità. Kurt vorrebbe innanzi tutto che decidesse se vuole baciarlo o picchiarlo, oppure se vuole fare entrambe le cose contemporaneamente; in qualche modo lo consolerebbe il saperlo dedito a certe pratiche, piuttosto che pazzo. L'imprevedibilità delle sue azioni lo mette più a disagio delle azioni stesse.
Alla fine, però, non si sono scambiati nemmeno una parola perché, quando ha varcato la soglia dello spogliatoio con le mani strette intorno alla tracolla, Dave era solo e non gli ha lasciato il tempo di aprire bocca. Ha emesso una specie di basso grugnito mentre gli si avvicinava minaccioso e quando Kurt già pensava di finire in infermeria con il naso rotto, ecco che lui lo ha fatto di nuovo. Gli ha preso la testa tra le mani e l'ha tenuta ben ferma dov'era, leccandogli le labbra perché le aprisse e Kurt ha dovuto obbedirgli, se non altro per evitarsi la spiacevole esperienza di essere ricoperto di bava. O almeno, questo è quello che si racconta mentre gli strattona la maglia e mugola sulla lingua di Dave che esplora la sua bocca senza avergli mai chiesto il permesso di farlo; Kurt ha il forte sospetto che non ne senta neanche il bisogno, come se il suo essere così alto, muscoloso e forte gli dia il diritto di prendersi più o meno qualunque cosa.
Il cervello di Kurt è incline a pensarla allo stesso modo mentre insinua le dita sotto la giacca rossa della squadra per fargliela scivolare giù dalle spalle e poter stringere in tutta libertà quei bicipiti che sembrano quasi scoppiare sotto la maglietta nera aderente.
Dave se lo sta rigirando tra le mani come e quanto vuole e per quanto Kurt cerchi disperatamente di aggrapparsi a quel po' di razionalità che ancora gli è rimasta nella tasca dei calzoni che l'altro sta strattonando, sa benissimo che non ha più scuse e che mentre tenta di dare un senso qualsiasi a ciò che sta avvenendo, ha già allargato le gambe per fargli spazio e sono le sue mani – non quelle di Dave! – che sganciano la fibbia, tirano giù la cerniera e calano tutto fino alle caviglie.
Dave lo tira giù di colpo e Kurt si ritrova a fissare i propri occhi nello specchio prima di essersi davvero reso conto di toccare di nuovo a terra con i piedi. Gli sembra di essere una bambola in mano ad un bambino troppo agitato, Dave non ha nessuna considerazione di lui – lo prende, lo gira, lo scaraventa – eppure non è davvero violento; per quanto lo sbatta contro tutto ciò su cui lo appoggia, Kurt non si è sgualcito nemmeno un po' e quando Dave gli si preme addosso, non ha nessuna voglia di scappare. La stretta di quelle mani sui suoi fianchi minaccia di non lasciarlo andare ma promette anche di non farlo cadere mentre lui punta le mani bene aperte sul muro, e questa è l'unica cosa che al momento gli interessi, perché la vertigine è più forte della paura, o della domanda che salterà fuori quando avranno finito, e che ora è solo un presentimento, così debole che può ricacciarlo facilmente in fondo allo stomaco, dove fa caldo, dove sta bollendo, e non pensarci più.
Kurt inspira ed espira, quando per un attimo sente soltanto il corpo pesante di Dave sulla schiena e il desiderio – suo e quello di Dave – che gli preme fra le gambe – le sue, soltanto – finché lui non scende ad accarezzarlo tra le natiche e allora si stupisce di questa gentilezza, perché non se l'aspettava affatto.
Dave si fa strada dentro di lui senza esitare, però; non rallenta nemmeno quando Kurt emette un singhiozzo confuso e tenta istintivamente di ritrarsi. Lo tiene fermo e continua, forse perché se lo facesse dovrebbe pensare e invece è meglio fare tutto di filata, in apnea e aspettare di prendere fiato alla fine se non si è morti prima. Lo tiene fermo e Kurt non tenta più di sfuggirgli perché è peggio e perché lentamente si è lasciato andare contro il lavandino, con le guance rosse di una consapevolezza completamente nuova. Per la prima volta da quando si sono scontrati, lui e Dave vogliono esattamente la stessa cosa; si chiede se anche lui lo sappia.
Quando Dave entra lo fa all'improvviso, senza avvertirlo. Entra in lui com'è entrato nella sua vita, rubandogli un'altra prima volta, spingendo forte e baciando piano. Kurt non vuole perdersi nel dolore e non vuole nemmeno piangere, così si concentra in quanto c'è di bello in tutto ciò, ed è il calore del corpo dell'altro contro il suo, che gli manca dalla prima volta che l'ha sentito. E' la mano di Dave che si stacca dal suo fianco per raggiungere la sua sul muro in un gesto tenero ma goffo che si perde per strada sui suoi polsi e torna a stringere. E' il suo respiro caldo sul collo che rende accettabile il grugnire indistinto e animalesco che gli scivola nelle orecchie mentre Dave si spinge più affondo dentro di lui, con più forza e più veloce, finché l'eco dei gabinetti vuoti non rimanda tutto il rumore che stanno facendo e del quale Kurt non si capacita finché non lo sente ovunque intorno a loro.
Dave non lo tocca mai, così deve farlo da solo; deve cercare di sostenersi e seguirlo, e non è facile quando le gambe gli si fanno molli e anche la presa dell'altro comincia un po' a vacillare. Per questo Dave lo schiaccia forte contro il lavandino, così non possono cadere mentre si riversa dentro di lui con un gemito quasi addolorato e Kurt fa appena in tempo a seguirlo, prima di sentirlo uscire.
“Stammi lontano finocchio,” è l'assurdo che gli esce di bocca, quando Kurt trova la forza per girarsi a guardarlo. E in tutta onestà è davvero colpito di trovarlo ancora in piedi, sconvolto e spaventato che lo fissa come se non fosse stato lì tutto il tempo. Vorrebbe saltargli al collo e scuoterlo, urlargli che non sono due Kurt diversi quello che offende nei corridoi e quello che ha scopato adesso, ma non dice una parola.
Si prende il tempo di rivestirsi, e lo fa davanti ai suoi occhi perché Dave si nasconde già troppe cose da solo perché possa farlo anche lui.
Questo silenzio è pesante, non è come quello che li ha accompagnati finora. Non lo rassicura affatto.
Kurt ha un serio bisogno di sentire la propria voce, la usa così tanto durante il giorno che sembra quasi innaturale non sentirla anche adesso, ma non la trova. Si è nascosta da qualche parte in fondo alla sua gola, consapevole di poter dire cose spiacevoli o troppo compromettenti. Intime, quasi.
“Stammi lontano,” la voce di Dave si fa sentire, invece, e riempie tutta la stanza, come fisicamente sta facendo lui che gli torreggia addosso anche quando si china a riprendere la maglia a terra, perché in fondo Kurt è minuscolo. “Non ti azzardare mai più ad avvicinarti.”
Se ne va con la stessa rabbia con cui è entrato e Kurt non ha nemmeno il tempo di ripetergli ancora una volta che non è sua la colpa. Ma cosa cambierebbe?
In fondo non è neanche colpa di Dave se Kurt vuole fare cose che non dovrebbe.

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