Personaggi: Langley, Shannen
Genere: Introspettivo
Avvisi: -
Rating: PG-13
Prompt: Scritta per far guadagnare punti alla squadra dei vampirli Ombrarossa, nel Cow-T di MDC (Missione 1, Sacrificio).
Note: Aw, Langley <3

Riassunto: Langley dovrebbe passare le sue giornate a studiare, come lo studente che è, ma sarebbe troppo noioso, perciò trascorre le sue giornate facendo atti di vandalismo, seppur artistici. E ne vale la pena se questo gli permette di intaccare la dura corazza di pietra del gelido Shannen.
ART FOR ART'S SAKE


Langley era molto fiero di sé.
Non che gli capitasse di rado – aveva quel tipo di carattere, come diceva sempre suo padre con orgoglio, che gli dava la capacità di sentirsi sicuro di stare facendo la cosa giusta nonostante il resto del mondo potesse incautamente pensare il contrario o le conseguenze potessero dimostrarlo – ma stavolta si era decisamente superato. Non si era mai neanche considerato un artista – le sue capacità, e questo lo sapevano tutti, riguardavano ben altri ambiti – ma quella mattina si era svegliato evidentemente pervaso dal sacro fuoco dell'arte e vi aveva dato sfogo in maniera squisita. Per quante critiche gli si potessero fare – e immaginava che ce ne fossero almeno un paio che sarebbero arrivate da lì a qualche ora – di certo non si poteva dire che la sua opera non avesse quel qualcosa in più che la distingueva da un tentativo qualunque di espressione artistica, sebbene amatoriale. Era stato un gesto nato di getto, ma non per questo affrettato. Fare le cose a metà o farle male non era da lui. Anzi, c'era una buona dose di pignoleria in tutte le cose che faceva, il che forse era anche quello che lo rendeva tanto bravo in materie come pozioni e unguenti. Le quantità degli ingredienti erano numeri ben precisi, il quanto basta non era contemplato quando un grammo in più o in meno trasformava una pozione purificante in un veleno mortale. E Langley aveva, coscientemente o inconsciamente, esteso quella stessa filosofia a tutto il resto della sua vita. Erano i dettagli ben realizzati a distinguere un semplice atto di vandalismo, in un'azione geniale.
Si sedette sul primo gradino della scalinata all'entrata che portava ai piani superiori mentre i primi studenti che attraversavano il corridoio cominciavano a notare qualcosa di strano sugli stemmi delle quattro case appesi al muro. Si era già formato un piccolo capannello di ragazzini del primo anno che osservavano a bocca aperta quello che, con ogni probabilità, interpretavano come un evento sconvolgente, qualcosa che avrebbe sicuramente portato atroci conseguenze a qualcuno. Un dramma, tuttavia, che attendevano con ansia, perché avrebbe probabilmente scosso la monotonia della giornata. Era sempre così quando eri al primo anno, ogni cosa appena leggermente fuori dalle regole ti faceva pensare che qualcuno sarebbe stato punito severamente, consegnato nelle mani di genitori furibondi oppure espulso. Col tempo imparavi che, al netto dei veri e propri incidenti, tutto il resto degli eventi che, in un modo o nell'altro, interrompevano il normale corso delle lezioni, erano sempre azioni premeditate e quasi mai nessuno veniva espulso per questo. Langley era quasi certo che la coppa delle case fosse stata ideata con l'apposito obbiettivo di non dover mai buttare fuori nessuno dalla scuola. La politica dell'Accademia tendeva più a spronare il singolo studente a comportarsi bene per non far sfigurare il resto della sua squadra. Più ti comportavi bene, più punti guadagnavi. Era certamente più motivante sapere di poter guadagnare cinquanta o cento punti ed essere osannato dalla tua squadra che non perderne anche solo venti ed essere esposto al pubblico ludibrio dei tuoi coetanei. Ecco perché due anni prima, quando un Lunacciaio del secondo anno aveva pensato che sarebbe stato divertente aprire le gabbie dei draghi da allenamento, non era stato espulso, ma aveva perso tutti i punti guadagnati dalla sua squadra fino a quel momento (e questo nonostante uno degli esemplari più grossi si fosse quasi mangiato la preside). Dopo aver superato a stento il linciaggio dei propri compagni di casa, non si era più azzardato nemmeno ad arrivare in ritardo a lezione. Nelle intenzioni, dunque, il ragionamento funzionava. E poi c'erano gli Ombrarossa, che riuscivano perfettamente a sorvolare sulla perdita di punti se la causa era qualcosa di veramente grandioso, il che annullava completamente tutto il ragionamento di cui sopra. Non è che non volessero vincere – anzi, era imperativo farlo – ma erano più propensi a lavorare il doppio per riguadagnare i punti persi che a non perderli per evitare di infrangere le regole. Era tutta questione di come ti approcciavi alla faccenda delle regole, pensava Langley. Per gli Ombrarossa, ma soprattutto per lui, c'era da dire, non erano tanto regole quanto indicazioni. E lui ne teneva conto quasi quanto le previsioni del tempo.
Nel frattempo, le persone di fronte agli stemmi erano diventate almeno una cinquantina, tutte ammassate contro la parete. Il mormorio era quasi assordante, ma non abbastanza da coprire un rumore di passi che conosceva benissimo. Non si voltò, aspettò che si sedesse sul suo stesso gradino, anche se a debita distanza, come sempre. “Che cos'hai combinato stavolta?” Chiese Shannen.
“Chi ti ha detto che sono stato io?” Commentò Langley, voltandosi verso di lui. Di solito non aveva problemi a parlare con chiunque. La vergogna, come gli diceva sempre Nox, lui non sapeva nemmeno dove stava di casa. Ma con Shannen era diverso. C'era qualcosa in lui che gli bloccava gli ingranaggi del cervello. Per un certo periodo Langley aveva anche pensato che Shannen gli avesse fatto qualche sortilegio, ma con suo grande disappunto aveva scoperto che era semplicemente la sua persona, la sua presenza. La cosa lo avrebbe fatto molto arrabbiare se Shannen non fosse stato così illegalmente bello da eclissare ogni altro desiderio in Langley se non quello di portarselo a letto.
“Hai il solito ghigno soddisfatto sulla faccia,” rispose Shannen. “Quindi, o hai fatto qualcosa o stai per fare qualcosa. O ti sei fatto qualcuno. Ma vista tutta quella gente, direi che stai ammirando quello che consideri l'ultimo parto della tua mente geniale.”
Langley avrebbe dovuto sentirsi offeso dal neanche tanto velato tono sarcastico delle parole dell'altro, ma l'unica cosa che riuscì a notare fu che Shannen doveva conoscerlo proprio bene per sapere così tanto di lui. “Ho pensato che il motto della mia casa avesse bisogno di un rinnovamento.”
“Hai toccato gli stendardi?”
Era una nota di ammirazione quella che Langley sentiva nella voce del suo insoddisfatto sogno erotico degli ultimi tre anni? “Ho toccato gli stendardi,” confermò.
Shannen lo guardò corrucciato per almeno cinque lunghissimi secondi, gli occhi azzurri come ghiaccio e altrettanto duri. “Tu non sei mica normale,” esclamò alla fine, con quello che sembrava disprezzo. Sì, decisamente disprezzo. “Devi avere qualcosa che non ti funziona nel cervello.”
Su due piedi, Langley non seppe cosa dire perché, onestamente, si aspettava un complimento e quella frase era stata una doccia fredda. Così, perse la possibilità di dire qualsiasi cosa perché Shannen si alzò e se ne andò senza salutarlo, sparendo dopo qualche passo nel mare di studenti che ormai si affollavano di fronte agli stendardi, nonostante la preside Flowerbloom continuasse a gridare che le facessero spazio, così da poter vedere anche lei. Shannen, invece, si fece strada a gomitate, incurante delle costole che andava ad ammaccare e dei nasi che andava a rompere, così arrivò sotto gli stendardi prima ancora che la donna, senza voce e tristemente inascoltata, potesse anche solo provare ad affrontare la massa mormorante dei suoi studenti.
A prima vista i quattro stendardi erano tutti uguali – fatta eccezione per i simboli e i motti – e tutti esattamente com'erano sempre stati, ma ad una seconda occhiata lo stendardo degli Ombrarossa, sormontato da un drago, recava un motto di due parole e non una.
Sotto alla scritta sacrificio era stato aggiunto umano, con le stesse lettere e nello stesso colore, tanto che non sembrava affatto un aggiunta, ma le legittime parole ufficiali della casa.
Shannen non poté fare a meno di sorridere. “Che deficiente,” mormorò, pur ammettendo che bisognava dargli atto di una certa bravura.
Qualche metro più indietro, oltre la quasi totalità del corpo studenti e ancora seduto sul primo scalino della gradinata, Langley sorrise nello stesso momento.

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